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Giurisprudenza Acqua Inquinamento idrico Inquinamento idrico, acque, tariffe, ATO, marittimo ed altro...
Anno 2011
Vedi gli anni: 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 -2000-87
Si veda anche: Urbanistica Vincoli - Aree Protette - Inquinamento - Demanio - Inquinamento - atmosferico
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Inquinamento idrico, acque, tariffe, ATO, marittimo ed altro...
Inquinamento idrico, acque in genere, tariffe, ATO ed altro ^
ACQUA E CORSI D’ACQUA - Argini -
Divieto di costruzione ex art. 96, lett. f), T.U. n. 523/1904 - Carattere
legale, assoluto e inderogabile - Normativa locale - Deroga di carattere
eccezionale - Limiti. Il divieto di costruzione di opere dagli argini dei
corsi d'acqua, previsto dall'art. 96, lett. f), t.u. 25.07.1904 n. 523, ha
carattere legale, assoluto e inderogabile, ed è diretto al fine di assicurare
non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche (e
soprattutto) il libero deflusso delle acque (cfr. Cassazione civile, sez. un.,
30.07.2009, n. 17784); esso è cioè teso a garantire le normali operazioni di
ripulitura/manutenzione e a impedire le esondazioni delle acque. La deroga
contenuta nella lettera F del citato art. 96, per cui la distanza minima si
applica in mancanza di “discipline vigenti nelle diverse località” è quindi di
carattere eccezionale e ciò significa che la normativa locale (espressa anche
mediante uno strumento urbanistico), per prevalere sulla norma generale, deve
avere carattere specifico (cfr. Cassazione civile, sez. un., 18.07.2008, n.
19813). Di conseguenza, solo se lo scopo dell'attività costruttiva lungo il
corso d'acqua è quello specifico di salvaguardarne il regime idraulico la
disciplina locale assume valenza derogatoria della norma statale, in quanto
meglio ne attua l'interesse pubblico perseguito (cfr. TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 13.06.2007 n. 540); ne deriva che nessuna opera realizzata in
violazione della norma de qua può essere sanata e che è legittimo il diniego di
rilascio di concessione edilizia in sanatoria relativamente ad un fabbricato
realizzato all'interno della c.d. fascia di servitù idraulica (art. 33 l.
28.02.1985 n. 47). Pres. ed Est. Calderoni - O. s.r.l. (avv.ti Ferrari e
Fontana) c .Regione Lombardia (avv. Vivone) e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1 agosto 2011, n. 1231
ACQUA E CORSI D’ACQUA - Fascia di rispetto dagli argini - Art. 96, lett. f) R.D.
n. 523/1904 - Regolamenti comunali - Tolleranza verso abusi edilizi -
Conferimento di diritti edificatori - Esclusione. I regolamenti comunali (o
le linee-guida regionali) possano disciplinare diversamente la fascia di
rispetto dagli argini prevista dall’art. 96 lett. f) del RD 523/1904 solo sulla
base di un esame dettagliato della condizione dei luoghi, così da garantire in
misura equivalente gli interessi pubblici (idraulici e ambientali) coinvolti (v.
TAR Brescia Sez. I 26 febbraio 2010 n. 986; TAR Brescia Sez. I 26 giugno 2007 n.
578). In questo quadro la tolleranza mantenuta in passato verso certe tipologie
di edificazione non acquista lo status di elemento normativo e non può
costituire un presupposto idoneo per conferire ulteriori diritti edificatori.
Pres. Calderoni, Est. Pedron - S. s.n.c. (avv. Canu) c. Comune di Corteno Golgi
(avv.ti Fontana, Ferrari e Fontana) -
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. II - 1 agosto 2011, n. 1228
ACQUA - Concessione di grandi
derivazioni d’acqua per uso idroelettrico - Art. 15, c. 6 ter, lett. b) e d)
d.l. n. 78/2010 - Art. 15, c. 6-quater d.l. n. 78/2010, conv. dalla L. n.
122/2010 - Illegittimità costituzionale. Sono costituzionalmente illegittimi
l’art. 15, comma 6-ter, lettere b) e d), del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e l’art.
15, comma 6-quater, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n.
122 del 2010, nella parte in cui prevede che le disposizioni del comma 6-ter,
lettere b) e d), si applicano fino all’adozione di diverse disposizioni
legislative da parte delle Regioni, per quanto di loro competenza; le
disposizioni, in quanto attengono alla durata ed alla programmazione delle
concessioni di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico, si ascrivono
alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia»,
attribuita alla competenza legislativa concorrente: il criterio di riparto di
competenze delineato dall’art. 117, terzo comma, Cost., non è tuttavia temperato
dall’esigenza di dare attuazione ai principi generali posti dalla legislazione
statale in materia, i quali, peraltro, pongono obiettivi non perfettamente in
linea con quelli perseguiti dalle norme impugnate. Pres. Quaranta, Est. Frigo -
Regioni Liguria ed Emilia Romagna c. Presidente del Consiglio dei Ministri -
CORTE COSTITUZIONALE - 13 luglio 2011, n. 205
ACQUA - RIFIUTI - Liquami
zootecnici - Spandimento - Materiale detenzione dei terreni - Necessità -
Formale disponibilità giuridica - Insufficienza. In tema di attività di
spandimento dei liquami zootecnici, allorché sorga un contrasto tra privati in
ordine all’uso di date aree, l’Amministrazione deputata al rilascio del titolo
abilitativo deve necessariamente tenere conto dello stato di materiale
detenzione del bene e non già della formale disponibilità giuridica dello
stesso, giacché è dal suo effettivo impiego che deriva il presupposto perché sia
riconosciuta, in quella fase storica, all’uno anziché all’altro soggetto la
capacità di operarvi. (Nella specie, , la ditta affittuaria delle aree
interessate si era opposta allo spandimento dei liquami della ricorrente: la
mera pretesa di quest’ultima a che la ditta che aveva la materiale detenzione
dei terreni si attenesse all’impegno assunto in sede contrattuale risultava
carente del requisito dell’«effettività», acquisibile solo con una pronuncia del
giudice civile che desse concreta attuazione al diritto asseritamente disatteso,
così rendendolo effettivo). Pres. Arosio, Est. Caso -B.G. (avv.ti Bongiorno e
Marchesi) c. Provincia di Piacenza (avv. Manfredi) -
TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 28 giugno 2011, n. 217
DIRITTO DELLE ACQUE - Nozione di "scarico" - Sistema stabile di collegamento tra la fonte di produzione del refluo ed il luogo di immissione sul suolo - Necessità - Disciplina vigente - Fattispecie: ruscellamento - Artt. 74 e 137 D. Lgs n. 152/2006 - D. Lgs n. 4/2008. L'art. 2, comma 5, del D. Lgs 16 gennaio 2008 n. 4 ha modificato l'art. 74, comma 1 lett. ff), del D. Lgs n. 152/2006 e, quindi, la nozione di "scarico" con la quale attualmente deve intendersi "qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche se sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti dall'art. 114. Occorre, pertanto, per la configurabilità del reato di cui all'art. 137 del D. Lgs n. 152/2006, un sistema stabile di collegamento tra la fonte di produzione del refluo ed il luogo di immissione sul suolo, nel sottosuolo o in rete fognaria. Fattispecie: ruscellamento di acque reflue provenienti dagli impianti di un frantoio. (annulla con rinvio sentenza in data 24.5.2010 del Tribunale di Crotone) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Olivo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III del 22/06/2011 (Ud. 25/05/2011), Sentenza n. 25037
ACQUA - Scarichi idrici -
Competenza legislativa esclusiva dello Stato - Disciplina statale - Limite
inderogabile dalle Regioni. La disciplina degli scarichi idrici, come più in
generale la tutela delle acque dall’inquinamento, è ascrivibile alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato (sentenza n. 44 del 2011). Nello svolgimento
di siffatta competenza, pertanto, lo Stato è abilitato ad adottare una propria
disciplina, che costituisce un limite adeguato di tutela non derogabile dalle
Regioni (sentenza n. 61 del 2009). Queste ultime, a loro volta, attesa la
possibilità che la competenza in materia ambientale sia intercettata dalle
competenze, concorrenti o residuali, proprie delle Regioni, possono,
nell’esercizio di queste ultime, o adeguarsi al predetto limite ovvero
determinare limiti di tutela più elevati rispetto a quelli statali (sentenza n.
30 del 2009), ma mai dettarne di nuovi più blandi. Pres. Maddalena, Est.
Napolitano - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Marche -
CORTE COSTITUZIONALE- 15 giugno 2011, n. 187
ACQUA - Depurazione delle acque reflue urbane - Regione Marche - Art. 30 L.r. n.
16/2010 - Previsione di tempistica difforme dai termini fissati dall’art. 27 del
d.lgs. n. 152/1999 - Illegittimità costituzionale - Intervenuta abrogazione del
d.lgs. n. 152/1999 ad opera del d.lgs. n. 152/2006 - Irrilevanza - Ragioni.
La legislazione della Regione Marche (art. 30 L.r. n. 16/2010), individuando una
tempistica per la realizzazione e l’adeguamento di impianti per la depurazione
delle acque reflue urbane relativi ad insediamenti con oltre duemila abitanti
equivalenti, consente il protrarsi della attuale situazione di diffusa
irregolarità addirittura sino al 31 dicembre 2015, cioè per oltre 10 e 15 anni
rispetto ai termini fissati dall’art. 27 del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152. La
circostanza che il suddetto d.lgs. n. 152 del 1999 sia stato abrogato dall’art.
175 del successivo d.lgs. n. 152 del 2006 non influisce sulla precedente
conclusione, in quanto l’abrogazione è stata disposta quando il termine (anche
quello più ampio, relativo agli agglomerati con un numero di abitanti compreso
tra le 2.000 e 15.000 unità) era già scaduto e, quindi, quanto era previsto
dalla citata disposizione legislativa doveva ritenersi già attuato. In assenza
di una proroga di detti termini, da disporsi prima della scadenza, o di una
riapertura dei termini stessi, l’abrogazione della suddetta disposizione non
vale infatti a far venir meno l’obbligatorietà di un adempimento che doveva
essere effettuato prima della data in cui l’abrogazione è stata disposta. Del
resto il d.lgs. n. 152 del 2006, nel dettare un’ulteriore e più significativa
disciplina relativa agli scarichi, parte dal presupposto che quanto disposto in
tale materia dal precedente d.lgs. n. 152 del 1999 sia stato realizzato (cfr.
artt. 100, 101, 105 e 116). Pres. Maddalena, Est. Napolitano - Presidente del
Consiglio dei Ministri c. Regione Marche -
CORTE COSTITUZIONALE- 15 giugno 2011, n. 187
ACQUA - Servizio idrico integrato - Qualifica di “servizio di rilevanza
economica - Regione Marche - Art. 40, c. 2 L.r. n. 16/2010 - Qualificazione
difforme - Illegittimità costituzionale. Il legislatore statale, in coerenza
con la normativa comunitaria e sull’incontestabile presupposto che il servizio
idrico integrato si inserisce in uno specifico e peculiare mercato (come
riconosciuto da questa Corte con la sentenza n. 246 del 2009), ha correttamente
qualificato tale servizio come di rilevanza economica, conseguentemente
escludendo ogni potere degli enti infrastatuali di pervenire ad una diversa
qualificazione (sentenza n. 325 del 2010). La difforme affermazione contenuta
nell’art. 40, comma 2, della legge regionale n. 16 del 2010 (secondo cui “Il
servizio idrico integrato in quanto di interesse generale riconducibile ai
diritti fondamentali della persona non rientra tra i servizi pubblici locali a
rilevanza economica”) è, pertanto, affetta da un evidente vizio di legittimità
costituzionale. Pres. Maddalena, Est. Napolitano - Presidente del Consiglio dei
Ministri c. Regione Marche -
CORTE COSTITUZIONALE- 15 giugno 2011, n. 187
ACQUA - SALUTE - Sicurezza degli
alimenti - Produzione di sostanze alimentari - Utilizzo di acque non potabili
nelle operazioni di pulizia di impianti, attrezzature e utensili destinati a
venire in contatto con gli alimenti - Divieto - Art. 28 D.P.R. n. 327/1980 -
Art. 2 DP.R. n. 236/1988 - Regolamento CE n. 852/2004. Ai sensi dell’art. 28
del DPR n. 327/1980, nel combinato disposto con l’art. 2 del D.P.R. 24 maggio
1988, n. 236, è espressamente vietata l’utilizzazione delle acque non potabili
non soltanto nella produzione di sostanze alimentari, incluso il vino, bensì
anche “nella pulizia degli impianti, delle attrezzature e degli utensili
destinati a venire a contatto con tali sostanze”; le deroghe disposte dal
successivo art. 29 non sono nella disponibilità dei produttori, ma devono in
ogni caso essere autorizzate dall’autorità sanitaria. La normativa in vigore,
ivi compreso il regolamento CE n. 852 del 2004, non consente pertanto di
affermare che nella produzione vinicola sia sufficiente “acqua pulita”, perché
nulla autorizza a sostenere che contenitori e attrezzature possano essere lavati
con acqua non potabile, potendo in effetti avvenire la contaminazione degli
alimenti, anche per contatto con contenitori e attrezzature che non siano stati
lavati con acqua potabile. Vale la pena di precisare che la potabilità delle
acque risponde a giudizi tecnico-scientifici che possono competere solo
all’autorità sanitaria. Pres. ed Est. Messina - Società Agricola P. s.p.a.
(avv.ti Figuera e Altobello) c. Azienda Sanitaria Provinciale di Catania (avv.
Stimoli) -
TAR SICILIA, Catania, Sez. IV - 25 maggio 2011, n. 1280
ACQUA - RIFIUTI - Fanghi
biologici - Regione - Adozione di misure interdittive al di fuori dei casi
previsti dall’art. 4 del d.lgs. n. 99/92 - Illegittimità. Non compete alla
Regione l’adozione di misure interdittive all’utilizzazione dei fanghi biologici
in agricoltura al di fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore
mediante il disposto dell’art. 4 del d.lgs. n. 99/92, dovendo, invece,
l’amministrazione limitarsi all’esplicazione dei poteri previsti dall’art. 6
dello stesso d.lgs., fra i quali è ricompresa la possibilità di adottare mere
limitazioni nel rispetto dei presupposti espressamente previsti dalla
disposizione normativa. Pres. Leo, Est. Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e
Robald) c. Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione
Lombardia (avv. Pujatti) e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio 2011, n. 1262
ACQUA - RIFIUTI - Fanghi biologici - Art. 127 d.lgs. n. 152/2006 - Assenza di
particolare potenzialità inquinanti - Riutilizzo. Ai sensi dell’art. 127 del
d.lgs. n. 152/2006, i fanghi biologici devono essere riutilizzati ogni qualvolta
il loro reimpiego risulti appropriato, ipotesi che ricorre certamente nei casi
in cui non emerga una particolare potenzialità inquinante. Pres. Leo, Est.
Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e Robald) c. Provincia di Bergamo (avv.ti
Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione Lombardia (avv. Pujatti) e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio 2011, n. 1262
ACQUA - RIFIUTI - Fanghi biologici - Art. 101, c. 10 d.lgs. n. 152/2006 -
Stipula di accordi di programma - Recupero dei fanghi di depurazione. L’art.
101, comma 10, del codice dell’ambiente prevede la possibilità da parte delle
autorità competenti di stipulare accordi di programma con i soggetti economici
interessati, al fine di favorire il recupero dei fanghi da depurazione e di
fissare limiti in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle
norme comunitarie e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di
qualità. Risulta, infatti, quanto più opportuna in materia ambientale
l’utilizzazione del modulo convenzionale che, sulla scia dell’art. 11 della
legge generale sul procedimento amministrativo, permetta l’esplicazione della
potestà pubblica secondo modalità flessibili, in relazione alle complesse
situazioni che la stessa si trova ad affrontare in tale ambito di attività ed in
considerazione della particolare rilevanza degli interessi pubblici alla stessa
sottesi. Pres. Leo, Est. Quadri - E. s.r.l. (avv.ti Ferraris e Robald) c.
Provincia di Bergamo (avv.ti Vavassori, Pasinelli e Nava), Regione Lombardia
(avv. Pujatti) e altro (n.c.) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV -17 maggio 2011, n. 1262
ACQUA - Servizio idrico integrato
- Autorità d’ambito territoriale - Soppressione - Art. 2, c. 186 bis L. n.
191/2009 - Proroga al 31 dicembre 2011 ex DPCM 25 marzo 2011. L’art. 2,
comma 186 bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (inserito dall’art 1, co. 1
quinquies, d.l. 25 gennaio 2010, n. 2, come convertito con l. 26 marzo 2010, n.
42), ha previsto la soppressione delle Autorità d’ambito territoriale, decorso
un anno dalla sua entrata in vigore (termine che è stato prorogato dapprima con
l’art. 1, co. 1, d.l. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito con legge 26 febbraio
2011, n. 10, e successivamente, fino al 31 dicembre 2011, con D.P.C.M. 25 marzo
2011). Pres. Guida, Est. Guarracino - G. s.p.a. (avv.ti Percuoco e Satta Flores)
c. Regione Campania (avv. Marzocchella) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 9 maggio 2011, n. 2589
ACQUA - Servizio idrico integrato - Opere e interventi di competenza regionale -
Opere a carattere infraregionale - Competenza degli Enti d’ambito e dei soggetti
gestori - L.R. Campania n. 14/97 - Disciplina ex artt. 147 e 150 d.lgs. n.
152/2006 - Affidamento da parte della Regione di opere acquedottistiche di
natura infraregionale ad un terzo gestore - Illegittimità. L’Ente d’ambito
predispone il programma degli interventi necessari per il conseguimento degli
obiettivi previsti dalla legge (artt. 8 e 13 l.r. Campania 14/97) ed assume
l’esercizio di tutte le funzioni in materia di servizi idrici degli enti
consorziati, con cessazione delle gestioni esistenti a far data dalla stipula
della convenzione da parte del soggetto gestore (art. 12 l.r. 14/97). Restano di
competenza regionale le infrastrutture per il trasporto di acqua tra regioni
diverse (art. 11, co. 2, l.r. 14/97), nonché le funzioni di programmazione e di
controllo (art. 14 l.r. 14/97). Sulla base di tale quadro normativo, dunque, le
opere e gli interventi di acquedotto a valle dei recapiti terminali delle
strutture di adduzione dell'acqua da altre regioni esulano dalla sfera delle
infrastrutture di competenza della Regione per rientrare, avendo carattere
infraregionale, nella competenza degli Enti di ambito e dei soggetti gestori
dagli stessi individuati. Il quadro, non è mutato a seguito dell’abrogazione
(quasi integrale) della legge n. 36 del 1994, da cui non si è significativamente
discostata la disciplina ora contenuta nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (si
vedano in particolare gli artt. 147 e 150). Ne consegue che la Regione non può
disporre l’affidamento di infrastrutture ed opere acquedottistiche di natura
infraregionale ad un terzo gestore che non sia quello individuato in base al
quadro normativo sopra ricostruito, interferendo con l’attuazione del piano
d’ambito. Pres. Guida, Est. Guarracino - G. s.p.a. (avv.ti Percuoco e Satta
Flores) c. Regione Campania (avv. Marzocchella) -
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 9 maggio 2011, n. 2589
ACQUA - Servizio idrico integrato - Organizzazione Autorità d’Ambito - Piano
d’ambito - Tariffa - Artt. 141 e ss. d.lgs. n. 152/2006 - Metodo normalizzato -
DM 1 agosto 1996. A partire dalla legge 36/1994 (c.d. legge Galli), oggi
sostituita dal d.lgs. 152/2006 (c.d. codice dell’ambiente), nell’ordinamento
italiano è stato introdotto il servizio idrico integrato, quale sistema di
gestione - secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità - dei
segmenti di servizio riferiti all’adduzione, captazione, distribuzione di acqua
ad usi civili, fognatura e depurazione delle acque reflue (articolo 141 del
d.lgs. 152/2006). L’organizzazione di detto servizio pubblico è rimessa alla
competenza degli enti locali, che provvedono, nelle forme di Autorità di Ambito
(articolo 148), a svolgere le funzioni di scelta della forma di gestione, di
determinazione e modulazione delle tariffe all’utenza, di affidamento del
servizio e relativo controllo (articolo 142); lo strumento per la programmazione
del servizio è il Piano d’Ambito, costituito dalla ricognizione delle
infrastrutture, dalla ricognizione degli interventi, dal modello gestionale
organizzativo e dal piano economico-finanziario (articolo 149). La gestione del
servizio si basa sulla tariffa, stabilita in applicazione del “Metodo
Normalizzato per la definizione delle componenti di costo e la determinazione
della tariffa di riferimento del servizio idrico integrato”, di cui al d.m. 1
agosto 1996, emanato in attuazione dell’articolo 13 della legge 36/1994, che
continua ad applicarsi in base all’articolo 170, comma 3, lettera l), del d.lgs.
152/2006 (nelle more dell’emanazione, ai sensi dell’articolo 154, comma 2, di un
nuovo regolamento in materia). La normativa statale è volta a garantire un unico
metodo tariffario applicabile su tutto il territorio nazionale, a tutela della
concorrenza e della parità di trattamento tra gli utenti del servizio idrico
integrato. Pres. Lamberti, Est. Ungari - Ambito Territoriale Integrato 4 Umbria
(avv.ti Menaldi e Mariani Marini) c. Commissione Nazionale per la Vigilanza
sulle Risorse Idriche e altro (Avv. Stato) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 5 maggio 2011, n. 126
ACQUA - Funzioni in materia di tutela delle risorse idriche e relativa gestione
- Attribuzione al Ministero dell’ambiente - Art. 35 d.lgs. n. 300/1999. Le
funzioni in materia di “tutela delle risorse idriche e relativa gestione” sono
state attribuite al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio
dall’articolo 35 del d.lgs. 300/1999, e con esse la legittimazione passiva nei
riguardi degli atti e regolamenti precedentemente adottati in materia dal
Ministero dei lavori pubblici. Pres. Lamberti, Est. Ungari - Ambito Territoriale
Integrato 4 Umbria (avv.ti Menaldi e Mariani Marini) c. Commissione Nazionale
per la Vigilanza sulle Risorse Idriche e altro (Avv. Stato) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 5 maggio 2011, n. 126
ACQUA - L.r. Umbria n. 43/1997 - Disposizioni incompatibili con il d.lgs. n.
152/2006 - Implicita abrogazione. Le disposizioni della l.r. Umbria n.
43/1997, ove discordanti da quelle del d.lgs. 152/2006, devono considerarsi
abrogate per incompatibilità con la normativa statale sopravvenuta in materia
riservata alla potestà legislativa statale (cfr. articolo 1, comma 2, legge
131/2003). Pres. Lamberti, Est. Ungari - Ambito Territoriale Integrato 4 Umbria
(avv.ti Menaldi e Mariani Marini) c. Commissione Nazionale per la Vigilanza
sulle Risorse Idriche e altro (Avv. Stato) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 5 maggio 2011, n. 126
ACQUA - Servizio idrico integrato - Infrastrutture idriche di proprietà degli
enti locali - Affidamento in concessione d’uso gratuita - Art. 153, c. 1 d.lgs.
n. 152/2006 - Applicabilità alle sole concessioni nuove o rinnovate. Secondo
l’articolo 153, comma 1, del d.lgs. 152/2006, “Le infrastrutture idriche di
proprietà degli enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in
concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del
servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini
previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare”. Tuttavia, la Corte
Costituzionale, con la sentenza n. 246/2009 ha precisato che la norma “si
applica alle concessioni nuove o rinnovate e non a quelle già in essere; si
applica cioè ai soli “nuovi affidamenti” regolati dal comma 2 dell’articolo 172”
Pres. Lamberti, Est. Ungari - Ambito Territoriale Integrato 4 Umbria (avv.ti
Menaldi e Mariani Marini) c. Commissione Nazionale per la Vigilanza sulle
Risorse Idriche e altro (Avv. Stato) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 5 maggio 2011, n. 126
ACQUA - Servizio idrico integrato - Comuni - Concessionari degli impianti e
percettori dei canoni - Componenti dell’ATI competente a determinare le tariffe
- Posizioni differenziate. Deve ritenersi distinta la posizione dei Comuni,
da un lato quali concessionari degli impianti e percettori dei relativi canoni
dal SII, e quali partecipanti al SII, dall’altro, componenti dell’ATI competente
a determinare, nel rispetto dei limiti normativi, la tariffa del servizio
applicabile da parte del SII; nel primo caso, l’attività e le scelte dei Comuni
incidono sulla situazione dei cittadini, nel secondo su quella degli utenti del
servizio. Per evitare che i Comuni beneficino degli effetti di costi impropri o
eccessivi posti a carico degli utenti, la normativa prevede un sistema di
calcolo della tariffa, ma non arrivava (prima dell’introduzione del principio di
gratuità di cui all’articolo 153, comma 1 del d.lgs. n. 152/2006) a stabilire
che i Comuni dovessero concedere gratuitamente i beni per un servizio da
svolgere a beneficio degli utenti. Pres. Lamberti, Est. Ungari - Ambito
Territoriale Integrato 4 Umbria (avv.ti Menaldi e Mariani Marini) c. Commissione
Nazionale per la Vigilanza sulle Risorse Idriche e altro (Avv. Stato) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 5 maggio 2011, n. 126
ACQUA - Servizio idrico integrato - Tariffa - Artt. 148, c. 4 e 154, c. 1 d.lgs.
n. 152/2006 - Costi relativi alla struttura operativa - Costi di funzionamento.
Secondo l’articolo 148, comma 4, del d.lgs. 152/2006, “I costi di funzionamento
della struttura operativa dell’Autorità d’ambito, determinati annualmente, fanno
carico agli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale, in base
alle quote di partecipazione di ciascuno di essi all’Autorità d’ambito”; secondo
l’articolo 154, comma 1, “La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio
idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa
idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari,
dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della
remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di
salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità
d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di
investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e
secondo il principio "chi inquina paga. Tutte le quote della tariffa del
servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo”. Dunque - a meno di non
ritenere che le due previsioni siano in conflitto - deve concludersi che una
quota dei costi di funzionamento può gravare sulla tariffa del servizio, mentre
quelli relativi alla “struttura operativa” rimangono a carico degli enti locali.
Pres. Lamberti, Est. Ungari - Ambito Territoriale Integrato 4 Umbria (avv.ti
Menaldi e Mariani Marini) c. Commissione Nazionale per la Vigilanza sulle
Risorse Idriche e altro (Avv. Stato) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 5 maggio 2011, n. 126
ACQUA - Servizio idrico integrato - Tariffa - Equilibrio economico finanziario -
Modalità di revisione ordinaria e straordinaria. L’equilibrio economico
finanziario (e con esso la remunerazione della gestione) sono obiettivi da
conseguire, anche mediante una corretta determinazione delle tariffe,
all’interno dei periodi gestionali oggetto del Piano (art. 149, c. 4 d.lgs. .n
152/2006); non invece dei postulati generali, che devono essere comunque
garantiti a posteriori. Se il Piano è basato su ipotesi corrette e lungimiranti,
esse troveranno conferma nella gestione e gli obiettivi verranno conseguiti,
nella misura prevista (o in misura maggiore); altrimenti, qualora nel corso
della gestione i parametri iniziali non trovino riscontro nella realtà e non
garantiscano l’equilibrio, ovvero sopravvengano fattori esterni tali da mettere
in discussione le previsioni, l’ATI ha a disposizione lo strumento della
modifica della tariffa, previsto dall’articolo 8 del Metodo. Ma tale modifica ha
effetto per il futuro. Infatti, il Metodo normalizzato prevede due modalità di
revisione del sistema tariffario da parte dell’ATI. Quella c.d. ordinaria, che
interviene ad ogni periodo regolatorio triennale, e quella c.d. straordinaria,
ai sensi dell’articolo 8, comma 2. Dunque, nella prospettiva di evitare
squilibri di natura economico-finanziaria nella gestione programmata, la norma
prevede che qualora si registrino degli scostamenti, si possa intervenire
prontamente attraverso la revisione straordinaria del piano, comunque
applicabile esclusivamente per il futuro. In particolare, l’articolo 8 prevede
che, in vista di ogni periodo regolatorio, l’ATI proceda alla revisione
tariffaria, verificando che il gestore abbia conseguito solo il livello di
ricavo permesso (tetto sui ricavi ottenibili dalla gestione del servizio,
stabilito all’inizio del periodo ed aggiornato di anno in anno,
indipendentemente dai costi effettivamente sostenuti dall’impresa, che in tal
modo è incentivata ad accrescere l’efficienza produttiva perché ogni riduzione
di costo superiore ai miglioramenti minimi prefissati si tradurrebbe in una
rendita); se questo viene superato, il gestore restituirà i maggiori ricavi a
vantaggio delle tariffe del periodo successivo; viceversa, se ne resta al di
sotto, otterrà il mancato ricavo nelle tariffe degli anni successivi. Il sistema
delineato dal Metodo non pregiudica il principio di remuneratività della
gestione, e consente, a fronte di eventuali errori nella pianificazione e/o di
fattori sopravvenuti e imprevisti, l’attivazione di adeguati meccanismi di
riequilibrio. Pres. Lamberti, Est. Ungari - Ambito Territoriale Integrato 4
Umbria (avv.ti Menaldi e Mariani Marini) c. Commissione Nazionale per la
Vigilanza sulle Risorse Idriche e altro (Avv. Stato) -
TAR UMBRIA, Sez. I - 5 maggio 2011, n. 126
DIRITTO DELLE ACQUE - Reflui da
attività domestiche - Indicatore della provenienza - Natura - Grandi comunità
(alberghi, ospedali etc.) - Verifica delle effettive caratteristiche chimiche e
fisiche - Necessità. In tema di scarichi, l'indicatore della provenienza dei
reflui da attività domestiche è un concetto chiaramente riferibile alla
convivenza e coabitazioni di persone, ma che non può prescindere, specie quando
riguarda grandi comunità (alberghi, ospedali etc.), da una considerazione anche
delle effettive caratteristiche chimiche e fisiche delle acque reflue che devono
essere corrispondenti non tanto per quantità, quanto per qualità a quelli
derivanti dai comuni nuclei abitativi. (conferma sentenza del 15/1/2008
Tribunale di Firenze) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. Ciappi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 27/04/2011 (Ud. 16/03/ 2011) Sentenza n.
16446
DIRITTO DELLE ACQUE - Tutela delle acque dall'inquinamento - Acque reflue
"domestiche" ed "industriali" - Distinzione - Potenzialità inquinante. La
nozione di acque reflue industriali va ricavata dalla diversità del refluo
rispetto alle acque domestiche ed in essa rientrano tutti i reflui derivanti da
attività che non attengono strettamente alla coabitazione ed alla convivenza di
persone, al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche (Cass. Sez.
III 2/12/2002 n. 42932). La differenza principale ed il conseguente diverso
trattamento da parte del legislatore tiene conto della minore potenzialità
inquinante dei reflui che provengono da attività domestiche e dal metabolismo
umano. Pertanto, regge una stretta e logica correlazione tra attività svolta,
titolare della stessa ed autorizzazione allo scarico. (conferma sentenza del
15/1/2008 Tribunale di Firenze) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. Ciappi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 27/04/2011 (Ud. 16/03/ 2011) Sentenza n.
16446
DIRITTO DELLE ACQUE - Rilascio dell'autorizzazione allo scarico - Esigenze di
tutela delle acque dall'inquinamento - Preventiva verifica della compatibilità -
Enti Consortili - Semplificazione procedurale - Eccezione. La finalità del
regime autorizzatorio degli scarichi è quella di consentire alle autorità
competenti una preventiva verifica della compatibilità dello stesso con le
esigenze di tutela delle acque dall'inquinamento. Di conseguenza
l'autorizzazione viene rilasciata al titolare dell'attività, previo controllo
delle qualità soggettive di affidabilità a garanzia, già nella fase preliminare,
dell'effettiva osservanza delle prescrizioni imposte dalla legge e di quelle
aggiuntive imposte dall'autorità che provvede al rilascio dell'autorizzazione
(Cass. Sez. III, 25/01/2007, n.2877). Una eccezione espressamente prevista in
ragione della particolare natura degli enti consortili finalizzata ad una
semplificazione procedurale che prevede il rilascio di un unico titolo
abilitativo ben distinguendo, tuttavia, le posizioni dei singoli consorziati in
tema di responsabilità. In tutte le altre ipotesi dovrà farsi riferimento allo
specifico caso concreto in relazione alla tipologia e modalità degli scarichi
singoli o unificati in modo distinguibile o indistinguibile. (conferma sentenza
del 15/1/2008 Tribunale di Firenze) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. Ciappi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 27/04/2011 (Ud. 16/03/ 2011) Sentenza n.
16446
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarichi di
acque reflue industriali - Controllo di conformità - Campionamento delle acque -
Modalità - Particolari esigenze - Motivazione espressa nel verbale - All. 5,
D.Lv. n. 152/06. In tema di campionamento delle acque, le disposizioni
vigenti, nell'indicare le modalità, non stabiliscono alcun criterio legale di
valutazione della prova, limitandosi a specificare che la metodica normale è
quella del campionamento medio ma non escludendo che l'organo di controllo possa
procedere con modalità diverse di campionamento, anche istantaneo, in situazioni
particolari. Il D.Lv. n. 152/06, nell'Allegato 5, specifica che le
determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di
acque reflue industriali sono, di norma, riferite ad un campione medio prelevato
nell'arco di tre ore, ma precisa che l'autorità preposta al controllo può, con
motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuarlo su tempi diversi
al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico qualora lo
giustifichino particolari esigenze, quali quelle derivanti dalle prescrizioni
contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo
tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di
continuità dello stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine,
accertamento di emergenza, ecc.). (conferma ordinanza emessa il 26/7/2010 dal
Tribunale di Chieti) Pres. Ferrua Est. Ramacci Ric. Catabbi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 21/04/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n.
16054
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarico in assenza di autorizzazione - Superamento dei
limiti di legge - Pericolo per la salute delle persone - Integrità dell'ambiente
- Inquinamento delle acque - Fattispecie - Art. 321, c. 3bis C.P.P.. In
materia di inquinamento delle acque, la presenza di uno scarico in assenza di
autorizzazione, con superamento dei limiti di legge o comunque con modalità tali
da determinare pericolo per la salute delle persone o l'integrità dell'ambiente
configura quella condizione di urgenza che la norma richiede per l'immediato
intervento della polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 321, comma 3bis
C.P.P.. Nella specie, il rilascio del titolo abilitativo, presuppone una serie
di adempimenti quali, ad esempio, il versamento della somma di cui al comma
undicesimo dell'articolo 124 e l'indicazione delle caratteristiche dello scarico
e di controlli che caratterizzano lo specifico procedimento amministrativo che
non può certo ritenersi neppure iniziato in presenza di una generica richiesta
di rinnovo o di un mero sollecito. (conferma ordinanza emessa il 26/7/2010 dal
Tribunale di Chieti) Pres. Ferrua Est. Ramacci Ric. Catabbi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 21/04/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n.
16054
DIRITTO DELLE ACQUE - DIRITTO AGRARIO - Attività di trasformazione o di
valorizzazione della produzione agricola - Connessione funzionale - Insediamento
industriali - Configurabilità - Presupposti - Art. 74, lett. h) D.Lv. 152/06 -
Fattispecie: attività di produzione vitivinicola. L'attività di
trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola presuppone che
l'impresa eserciti esclusivamente l'attività agricola (o di allevamento) e che,
nell'ambito della stessa, in presenza di un rapporto di stretta connessione
funzionale, proceda poi alla trasformazione ed alla valorizzazione del prodotto
utilizzando, inoltre, materia prima lavorata che deve pervenire in misura
prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui l'impresa disponga a
qualsiasi titolo. Nella fattispecie si versa, al contrario, in una ipotesi in
cui l'insediamento dal quale proviene lo scarico esercita l'attività di
produzione vitivinicola senza alcun rapporto di complementarietà funzionale con
l'attività agricola che, peraltro, non viene svolta direttamente. Pertanto, si
tratta di un insediamento in cui si svolge la produzione di beni ed i cui reflui
sono certamente qualificabili come industriali ai sensi dell'articolo 74,
lettera h) D.Lv. 152/06. (conferma ordinanza emessa il 26/7/2010 dal Tribunale
di Chieti) Pres. Ferrua Est. Ramacci Ric. Catabbi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 21/04/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n.
16054
ACQUA - Art. 133 r.d. 368/1904 -
Distanze dal piede esterno e interno degli argini - Divieto di piantagione di
alberi di edificazione e di movimento del terreno - Corsi d’acqua tombinati -
Applicabilità del divieto - Fondamento. Il divieto di piantagione di alberi,
di edificazioni o fabbriche e di movimento del terreno del piede esterno e
interno degli argini ad una certa distanza dal corso d’acqua (che per i
manufatti è da 4 a 10 metri “secondo l’importanza del corso d’acqua” medesimo)
vale non solo per i corsi d’acqua superficiali, ma anche per le altre opere di
bonificazione (primo comma dell’art. 133 del r.d. 8 maggio 1904, n. 368), tra le
quali va certamente compresa anche la tombinatura che non può dirsi come tale
opera definitiva, essendo possibile riportare in qualunque momento il corso
d’acqua allo stato precedente. In definitiva, il rispetto delle distanze deve
ritenersi inderogabile anche per i corsi d’acqua tombinati, al fine di
consentire uno spazio di manovra nel caso di necessità di porre in essere
attività di manutenzione delle condutture. (Cons. Stato, Sez. IV, 23 luglio
2009, n. 4663. Pres. De Zotti, Est. Gabbricci M.S. (avv. Bucci) c. Comune di
Venezia (avv.ti Gidoni e Venezian) e Consorzio di Bonifica Dese Sile (avv.
Perulli) -
TAR VENETO, Sez. II - 26 aprile 2011, n. 698
ACQUA - Servizio idrico integrato
- Soppressione delle Autorità d’Ambito - Art. 1, c. 1 quinquies del d.l. n.
2/2010, introdotto dalla legge di conversione n. 42/2010 - Questione di
legittimità costituzionale - Infondatezza. La disciplina delle Autorità d’àmbito
territoriale ottimale rientra nelle materie della tutela della concorrenza e
della tutela dell’ambiente, di competenza legislativa esclusiva statale. Tale
disciplina attiene alla tutela della concorrenza, perché l’individuazione di
un’unica Autorità d’àmbito consente la razionalizzazione del mercato; attiene,
allo stesso tempo, alla tutela dell’ambiente, perché l’allocazione delle
competenze sulla gestione all’Autorità d’àmbito territoriale ottimale serve a
razionalizzare l’uso delle risorse e le interazioni e gli equilibri fra le
diverse componenti della “biosfera” intesa «come “sistema” [...] nel suo aspetto
dinamico» (sentenza n. 246/2009; nello stesso senso, sentenze n. 168 del 2008,
n. 378 e n. 144 del 2007). Lo Stato ha, pertanto, piena facoltà di disporre -
come ha fatto con l’art. 1, comma 1-quinquies, del decreto-legge 25 gennaio
2010, n. 2, introdotto dalla legge di conversione 26 marzo 2010, n. 42 - la
soppressione delle Autorità d’àmbito. Ciò non significa che alle Regioni sia
vietato qualsiasi intervento al riguardo. Infatti, la stessa norma censurata,
nel prevedere che «le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate
dalle Autorità, nel rispetto dei princípi di sussidiarietà, differenziazione e
adeguatezza», riserva al legislatore regionale un’ampia sfera di
discrezionalità, consentendogli di scegliere i moduli organizzativi piú adeguati
a garantire l’efficienza del servizio idrico integrato e del servizio di
gestione ugualmente integrato dei rifiuti urbani, nonché forme di cooperazione
fra i diversi enti territoriali interessati. Pres. De Siervo, Est. Gallo -
Giudizio promosso dalla Regione Veneto -
CORTE COSTITUZIONALE - 13 aprile 2011, n. 128
ACQUA - Servizio idrico integrato - Quota di tariffa riferita al servizio di
depurazione - Indebita corresponsione - Richiesta di accesso alla documentazione
- Soggetto passivo - Individuazione - D.M-. 30 settembre 2009. Ai sensi del
Decreto del Ministero dell’Ambiente del 30 settembre 2009, il soggetto gestore
del servizio idrico integrato deve mettere a disposizione dell’Autorità d’ambito
(ora la Provincia), su idoneo supporto informatico, la documentazione relativa
al periodo in cui è stata corrisposta indebitamente la quota di tariffa riferita
al servizio di depurazione (art. 4). Soltanto in esito alla trasmissione degli
elenchi da parte dei soggetti gestori, l’Autorità d’ambito, verificata la
correttezza delle informazioni ricevute, deve individuare l’importo da
restituire ad ogni singolo utente (art. 7). Ne deriva che, sino al momento in
cui detta documentazione non sia stata trasmessa all’ATO, questi non può essere
individuato quale soggetto passivo della richiesta di accesso agli elenchi degli
utenti non serviti da impianti di depurazione. Pres. Leo, Est. De Vita -
Associazione C. (avv.ti Strazzeri e Giacomelli) c. Provincia di Milano (avv.ti
Bartolomeo, Ferrari, Gabigliani e Zimmitti) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 6 aprile 2011, n. 908
ACQUA - DIRITTO URBANISTICO -
Rischio idrogeologico - Art. 17, c. 1, primo e secondo periodo e c. 2, primo
periodo del d.l. n. 195/2009 - Illegittimità costituzionale - Statuto speciale
per la Regione Trentino -Alto Adige in materia di urbanistica e opere pubbliche.
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, primo e
secondo periodo, e comma 2, primo periodo, del decreto-legge 30 dicembre 2009,
n. 195, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26
febbraio 2010, n. 26, per la parte in cui non rinvia, per l’applicazione di
detta normativa al territorio delle Province autonome di Trento e di Bolzano,
alle procedure di cui agli articoli 33, 34 e 35 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381
(Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige
in materia di urbanistica ed opere pubbliche). Pres. De Siervo, Est.Criscuolo -
Ricorso promosso dalla Provincia Autonoma di Trento -
CORTE COSTITUZIONALE - 1 aprile 2011, n. 109
DIRITTO DELLE ACQUE - Concessione di derivazione per acque pubbliche -
Riduzione del canone ex art. 18, c. 1 lett. d) L. n. 36/1994 - Giudizio sulla
conservazione delle caratteristiche dell'acqua - Conservazione delle
caratteristiche qualitative dell'acqua - Confronto delle caratteristiche
dell'acqua prima e dopo l'uso - Necessità. Il giudizio sulla conservazione
delle caratteristiche dell'acqua dopo l'uso é un giudizio comparativo tra due
dati. Il giudizio sul livello di inquinamento, invece, é un giudizio assoluto,
formulato sulla base dei parametri fissati dallo stesso legislatore e prescinde
dalla verifica comparativa della possibile trasformazione qualitativa subita
dall'acqua a conclusione del processo produttivo. Per ottenere la riduzione del
canone concessorio, la lettera della legge non richiede che le acque di scarico
non siano inquinate, richiede qualcosa di più e di diverso, cioè che le acque di
scarico vengano restituite "con le medesime caratteristiche qualitative di
quelle prelevate". Non basta dunque che le acque di scarico non siano inquinate,
occorre anche che conservino le stesse caratteristiche organolettiche e chimiche
che avevano prima del prelievo. Il giudizio di conservazione delle qualità
esprime una valutazione che non si limita alla verifica della assenza di
elementi inquinanti, ma richiede altresì, l'accertamento che non vi sia stato un
impoverimento qualitativo, in senso globale, riferito al particolare ecosistema
(vita dei pesci, derivazioni potabili, irrigazioni, ecc.). Pertanto, il giudizio
di persistenza delle caratteristiche qualitative delle acque dopo la loro
utilizzazione, deve essere effettuato confrontando le caratteristiche delle
acque prima e dopo l'uso. (annulla con rinvio sentenza n. 41/2010 del Tribunale
Superiore delle Acque Pubbliche, dep. il 10/03/2010). Pres. Vittoria - Est.
Merone - Ric. Regione Lombardia.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Un., 30/03/2011, Sentenza n. 7189
DIRITTO DELLE ACQUE - Concessione di derivazione per acque pubbliche -
Riduzione del canone ex art. 18, c. 1 lett. d) L. n. 36/1994 - Onere della prova
del presupposto sul quale si basa la richiesta di riduzione del canone - Art.
2697 c.c. Per verificare l'esistenza del presupposto richiesto dalla legge 5
gennaio 1994, n. 36, articolo 18, comma 1, lettera d), ai fini della riduzione
del canone per le utenze di acqua pubblica, occorrono serie analisi delle acque
in entrata ed in uscita. L'onere della prova del presupposto sul quale si basa
la richiesta di riduzione del canone grava sul concessionario, ai sensi
dell'articolo 2697 c.c., trattandosi di circostanza di fatto che giova a
quest'ultimo. (annulla con rinvio sentenza n. 41/2010 del Tribunale Superiore
delle Acque Pubbliche, dep. il 10/03/2010). Pres. Vittoria - Est. Merone - Ric.
Regione Lombardia.
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Un., 30/03/2011, Sentenza n. 7189
DIRITTO DELLE ACQUE - Acque di
falda derivanti da attività di cantiere non contaminate - Assimilazione ai
rifiuti - Esclusione - Mancanza della prescritta autorizzazione - Effetti -
Fattispecie - Art. 124 D. L.vo n. 152/06. Le acque provenienti dalla falda
derivanti da attività di cantiere non possono essere assimilate ai rifiuti, ma
escluse - sempre che non contengano contaminazioni - da qualsivoglia regime
sanzionatorio e la mancanza dell'autorizzazione comunque prescritta a norma
dell'art. 124 del D. L.vo n. 152/06 non implica affatto l'assoggettamento a
sanzione penale. Fattispecie: acque di falda derivanti da attività di
escavazione provenienti da un cantiere edile e convogliate per mezzo di apposita
condotta in mare. (annulla senza rinvio, sentenza emessa l'11.12.2009 dal
Tribunale di Pesaro - Sezione distaccata di Fano) Pres. Ferrua, Est. Grillo,
Ric. Ciocchetti.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/03/2011 (Ud. 15/12/2010) Sentenza n.
11494
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarico di acque reflue industriali - Sanzione penale -
Ratio - Acqua di falda proveniente dall'attività di escavazione - Artt.
137 e 74 c.1 lett. g) D. L.vo n. 152/06 - Concetto di acque reflue industriali.
La ragione dell'assoggettamento a sanzione penale dello scarico di acque
reflue industriali è legata al fatto che i reflui derivanti da dette attività
non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche
come definite dal menzionato art. 74 comma 1 lett. g) (Cass. Sez. 3^ 5.2.2009 n.
12865). Tuttavia, l'acqua di falda proveniente dall'attività di escavazione non
può essere assimilata tout court all'acqua reflua industriale, pur dovendosi
richiedere - anche per tale genere di acqua se scaricata in superficie - una
autorizzazione la cui mancanza, però, non genera conseguenze di tipo penale
previste invece in tutti i casi nei quali lo scarico dell'acqua in superficie
provenga da attività produttive genericamente intese. Infine, laddove, le acque
di falda provenenti da lavori di escavazione siano intorbidate da residui dei
lavori di scavo e di cantiere, esse vanno annoverate nella nozione di acque
derivanti dallo svolgimento di attività produttive non assimilabili, quindi,
alle acque reflue domestiche, sottratte al regime sanzionatorio previsto
dall'art. 137 del D. L.vo n. 152/06 (Cass. Sez. 3^ 21.6.2006 n. 29126). (annulla
senza rinvio, sentenza emessa l'11.12.2009 dal Tribunale di Pesaro - Sezione
distaccata di Fano) Pres. Ferrua, Est. Grillo, Ric. Ciocchetti.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/03/2011 (Ud. 15/12/2010) Sentenza n.
11494
ACQUA E INQUINAMENTO IDRICO - Acque di dilavamento dei piazzali adibiti a parcheggio - Assimilazione agli scarichi industriali - Illegittimità - Art. 74, lett. h) del d.lgs. n. 152/2006 - Connotazione in negativo - Art. 101, c. 7, d.lgs. n. 152/2006. E’ illegittima l’assimilazione agli scarichi industriali, ad opera di un Comune, delle acque di dilavamento dei piazzali adibiti a parcheggio (nella Regione Campania, la delibera di Giunta n. 1350/2008, che prevedeva detta assimilazione, è stata annullata con sentenza n. 19675/2008). La definizione di acque reflue industriali si caratterizza infatti, ai sensi dell’art. 74, lett. h) del D.Lgs. n. 152 del 2006, per la sua connotazione negativa, essendo così definito qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento; il criterio generale adottato dal Legislatore per individuare le acque industriali è, dunque, quello afferente alla qualità del refluo, tant’è che, in applicazione del citato criterio sostanziale, sono individuate dall'art. 101, comma 7, del D.Lgs. alcune tipologie di acque assimilate quelle domestiche ai fini della disciplina degli scarichi. Tra tali tipologie di acque, alla lett. e), sono indicate le acque "aventi caratteristiche equivalenti a quelle domestiche e indicate nella normativa regionale". Costituiscono inoltre "acque reflue industriali", ai sensi dell’art. 74, comma 1, lett. h) del D.Lgs. n. 152 del 2006, come sostituito dall’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 4 del 2008, "qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento". Pres. f.f. Cernese, Est. Nunziata - P. s.n.c. (avv. Pellegrini) c. Comune di Sant’Agnello (avv.ti Pinto, Renditiso e Persico) - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. V - 16 marzo 2011, n. 1479
INQUINAMENTO IDRICO - Nozione di “acque reflue domestiche“ ed “acque reflue industriali”. Le "acque reflue domestiche" sono quelle "provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche". Mentre la nozione di "acque reflue industriali' ricomprende "qualsiasi tipo di scarico di acque reflue scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali e industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento". (conferma sentenza n. 144/2009 CORTE APPELLO di POTENZA, del 22/10/2009) Pres. Ferrua, Est. Fiale, Ric. Copeti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010), Sentenza n. 7214
ACQUA - INQUINAMENTO IDRICO -
Art. 1, c. 12 L.r. Campania n. 2/2010 - Scarico in mare senza trattamento dei
reflui - Illegittimità costituzionale. L’art. 1, c. 12 della L.r. Campania
n. 2/2010, quale rimedio provvisorio in attesa della realizzazione di progetti
per la depurazione delle acque inquinate nel tratto di litorale Domitio-Flegreo,
prevede che lo scarico in alto mare avvenga senza sottoporre i reflui a
trattamento alcuno. La norma è macroscopicamente derogatoria sia alle norme di
indirizzo comunitario sull’inquinamento del mare (dir. 2000/60/CE), sia alle
finalità perseguite e agli strumenti predisposti dall’azione statale a tutela
dell’ambiente(artt. 56, 73,76, 101 e 109 del d.lgs. n. 152 del 2006, c.d. Codice
dell’ambiente). La dichiarata finalità di porre rimedio all’erosione costiera è,
verosimilmente, un pretesto per giustificare un intervento legislativo in una
materia di competenza regionale (qual è considerata il ripascimento delle zone
costiere: sentenza n. 259 del 2004): la finalità è tecnicamente irrealizzabile
con la misura individuata, che ha il solo scopo di allontanare in mare i reflui
stagnanti nei canali litoranei in periodi di magra, in palese contrasto con la
disciplina statale a tutela dell’ambiente, che mira a impedire ed eliminare
l’inquinamento dell’ambiente marino, arrestando o eliminando gradualmente gli
scarichi. In definitiva, la norma è illegittima, per contrasto sia con l’art.
117, primo comma, che con il secondo comma, lettera s), della Costituzione.
Pres. De Siervo, Est. Finocchiaro- Presidente del Consiglio dei Ministri c.
Regione Campania -
CORTE COSTITUZIONALE - 11 febbraio 2011, n. 44
ACQUA E CORSI D’ACQUA - Vincolo di rispetto fluviale - Art. 39 L.r. Lombardia n.
51/75 - Opere edilizie preordinate all’esercizio dell’agricoltura - Esclusione
dal vincolo - Disciplina urbanistica comunale - Previsione di norme più
restrittive - Legittimità. L’art. 39 della L.R. Lombardia 15 aprile 1975, n.
51, nella parte in cui esclude le opere edilizie preordinate all'esercizio
dell'agricoltura, dal vincolo di rispetto fluviale stabilito dalla legge, non
costituisce un limite alla successiva potestà urbanistica comunale. Il vincolo
legale temporaneo introdotto dalla legge regionale non costituisce infatti
oggetto necessario della successiva disciplina urbanistica comunale, la quale
resta libera di dettare norme diverse, anche più restrittive, come si desume
dalla previsione dello scopo “di migliorare le condizioni di tutela del
patrimonio naturale e paesaggistico” e dalla previsione che la disciplina
urbanistica deve obbligatoriamente ridefinire le condizioni del vincolo. Pres.
Leo, Est. Di Mario - N.E. s.r.l. in liquidazione (avv. Pagano) c. Comune di
Cologno Monzese (avv. Pucci) -
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 26 gennaio 2011, n. 239
DIRITTO DELLE ACQUE - Nozione di acque reflue industriali - Scarico di acque reflue industriali - Assenza di autorizzazione - Integrazione del reato di cui all'art. 137 D.L.vo 152/06 (prima art. 59, D.Lgs. n. 152/1999) - art. 74, c.1°, lett. h) D.Lgs. n. 152/2006, (come mod. dal D.Lgs. n. 4/2008). Nella nozione di acque reflue industriali definita dall'art. 74, comma primo, lett. h), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (come modificato dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) rientrano tutti i tipi di acque derivanti dallo svolgimento di attività produttive, in quanto detti reflui non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche di cui alla nozione di acque reflue domestiche, come definite dall'art. 74, comma primo, lett. g), del citato decreto. Inoltre, integra il reato di cui all'art. 59 co. D.l.vo 152/99 (ora art. 137 D.L.vo 152/06) l’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali senza aver ottenuto il prescritto provvedimento di autorizzazione da parte della autorità competenti. Nella specie, si contesta di avere effettuato il lavaggio di cassette di uva durante la vendemmia e fatto defluire l'acqua di lavaggio in un canalone per la raccolta delle acque piovane. In una situazione analoga, anche lo scarico senza autorizzazione di acque reflue derivanti dall'attività di molitura delle olive è stato ritenuto integrare il reato di cui all'art. 137 D.L.vo 152/06 (prima previsto dall'art. 59, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152). (dichiara inammissibile il ricorso avverso sentenza del Tribunale di Crotone, sez. dist. di Strangoli in data 22.1.08) Pres. Ferrua, Est. Mulliri, Ric. Librandi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 (Ud. 15/12/2010) Sentenza n. 2313
ACQUA - Scarico di acqua contenente sostanze pericolose - Superamento dei limiti valori consentiti negli scarichi - Attività di ristorazione ed alberghiera - Responsabilità penali - Concessione di benefici - Esclusione - Legittimità - Art. 59, D. L.vo n. 152/1999. La mancata risposta in tema di concessione di benefici (non menzione della condanna nel casellario giudiziario) già, peraltro, esclusa in primo grado sulla base delle risultanze dello stesso, non vìola alcuna legge, tenuto conto degli effetti deleteri sull'ambiente che comporta ogni inosservanza alla normativa ambientale e del contesto (esercizio di attività commerciale) in cui fu commessa. (dich. inamm. il ricorso avverso Sentenza della Corte d'appello di Napoli del 22.12.09) Pres. Ferrua, Est. Mulliri, Ric. Ro. Ra.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 Sentenza n. 2311
ACQUA - Opere di bonifica - Atti
riguardanti il concorso alle spese - Impugnazione - Giurisdizione del TSAP -
Esclusione - Tassatività dell’elencazione di cui all’art. 143 R.D. n. 1775/1933.
La controversia avente ad oggetto la legittimità degli atti attinenti al
concorso alle spese di opere di bonifica fra enti pubblici - che trovano
disciplina nell’art. 7 del r.d. n. 215 del 1933 - non rientra nella
giurisdizione del Tribunale Superiore delle acque pubbliche: l’elencazione della
tipologia delle controversie riservate alla giurisdizione esclusiva del
Tribunale Superiore delle acque pubbliche contenuta nell’art. 143 del r.d. 1775
del 1933 (t.u. sulle acque pubbliche) è infatti da ritenersi tassativa. Pres. ed
Est. Nicolosi - Comune di Vecchiano (avv. D’Antone) c. Consorzio di Bonifica
Versilia-Massaciuccoli (avv. Chierroni) e Provincia di Lucca (avv. Del Carlo) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 18 maggio 2011, n. 905
ACQUA - Acque pubbliche - Giurisdizione del TSAP - Art. 143 r.d. n.
1775/1933. L’art. 143 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, in tema di
giurisdizione del TSAP, si attaglia a tutti i provvedimenti amministrativi che,
pur costituendo esercizio di un potere non prettamente attinente alla materia,
riguardino comunque l'utilizzazione del demanio idrico, incidendo in maniera
diretta ed immediata sul regime delle acque pubbliche (così Cass., SS. UU. , 27
aprile 2005, n. 8696, che richiama SS. UU. 18 dicembre 1998, n. 12076, e 15
luglio 1999, n. 403). Devono cioè ritenersi devoluti alla cognizione del
Tribunale Superiore anche i provvedimenti amministrativi che, pur incidendo su
interessi più generali e diversi rispetto a quelli specifici relativi alla
demanialità delle acque o ai rapporti concessori di beni del demanio idrico,
attengano comunque all'utilizzazione di detto demanio idrico, interferendo
immediatamente e direttamente sulle opere destinate a tale utilizzazione e, in
definitiva, sul regime delle acque pubbliche (Cass. SS. UU. n. 8696/05 cit. ;
conf. SS. UU. 26 luglio 2002, n. 11099; Cass. SS. UU. 12 dicembre 1996, n.
11090; Cons. St. , V, 14 maggio 2004, n. 3139). Pres. Di Nunzio, Est.Buricello -
Oleificio G. (avv.ti Giantin e Spiazzi) c. Regione Veneto (avv.ti Drago e
Zampieri) -
TAR VENETO, sez. III - 3 maggio 2011, n. 716
ACQUA - Piani per l’assetto idrogeologico - Impugnazione - Giurisdizione del TSAP. Le controversie relative all'impugnazione dei Piani per l'Assetto Idrogeologico (P.A.I.) adottati dalle Autorità di Bacino rientrano nella giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche prevista dall’art. 143, comma 1, lettera a), del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, relativa ai <<ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche>>(Cass. civ. sez. un., 27 aprile 2005, n. 8696; Cons. Stato, Sez. VI, 11 settembre 2003, n. 5096; Trib. Sup. acque pubbliche, 6 ottobre 2004, n. 100; T.A.R. Abruzzo L'Aquila, sez. I, 23 gennaio 2009, n. 44; T.A.R. Veneto, sez. II, 08 ottobre 2004, n. 3622). Pres. Cavallari, Est. Viola - D.C.C. (avv. fanelli) c. Comune di Palagianello (avv. Misserini) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 24 marzo 2011, n. 549
ACQUA - Acque pubbliche -
Cognizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche - Art. 143, c. 1, lett.
a) r.d. n. 1775/1933. L'art. 143 comma 1 lett. a), r.d. 11 dicembre 1933 n.
1775, recante « Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti
elettrici », nella parte in cui individua nel Tribunale superiore delle acque
pubbliche l'organo giurisdizionale al quale spetta la cognizione in materia di
ricorsi per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge avverso i
provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque
pubbliche, si applica anche alle situazioni in cui l'azione amministrativa, pur
andando ad incidere su interessi più generali e diversi rispetto a quelli
specifici relativi alla demanialità delle acque o ai rapporti concessori di beni
del demanio idrico, riguardano comunque l'ambito materiale in questione, nel
senso che l'attribuzione sussiste non solo quando si esplica un potere
strettamente legato allo sfruttamento della risorsa idrica, ma anche quando si
discute di opere destinate ad influire sull'utilizzazione e, in definitiva, sul
regime delle acque pubbliche, con la conseguenza che devono intendersi devoluti
alla cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche i provvedimenti
caratterizzati da incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche, nel
senso che concorrano in concreto a disciplinare la gestione, l'esercizio delle
opere idrauliche, i rapporti con i concessionari, oppure a determinare i modi di
acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere
stesse o a stabilire o modificare la localizzazione di esse o ad influire nella
loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti (
Cons. Stato , sez. IV, 12 giugno 2009 , n. 3701). Pres. Monteleone, Est. Di
Paola - C.R. (avv. Greco) c. Assessorato Regionale dell'Agricoltura e delle
Foreste e altro (Avv. Stato) -
TAR SICILIA, Palermo, Sez. II - 19 gennaio 2011, n. 105
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