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Giurisprudenza
Diritto Processuale Processo e procedure di: penale, civile, amministrativo, comunitario...
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Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000 - 1999-92 (N.B.: queste pagine continueranno ad essere aggiornate)
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DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Computo dei termini - Sabato -
Equiparazione ai giorni festivi - Limiti - Art. 52, c. 5 c.p.a. Il sabato è
equiparato ai giorni festivi (in virtù della novella di cui all'art. 2, co. 11,
d.l. n. 263 del 2005, in vigore dal 1° marzo 2006) solo al fine del compimento
degli atti processuali svolti fuori dell'udienza che scadono di sabato, onde
consentire agli avvocati di procedere ai relativi adempimenti, concernenti i
termini di notifica e deposito che scadono di sabato, il successivo lunedì; a
tutti gli altri effetti il sabato è considerato giorno lavorativo. Il c.p.a.
esplicita l'applicabilità della disciplina sul sabato anche al processo
amministrativo (art. 52, co. 5, c.p.a).Questa regola, però, vale solo per i
termini che si calcolano in avanti, e non anche per i termini che si calcolano a
ritroso; infatti l'art. 52, co. 5, c.p.a. estende al sabato solo la proroga di
cui al comma 3, ossia la proroga dei giorni che scadono di giorno festivo, e
dunque non anche il meccanismo di anticipazione di cui al co. 4; ne consegue che
se un termine a ritroso scade di sabato, esso non va anticipato al venerdì, così
come se il termine a ritroso scade di domenica, va anticipato al sabato e non al
venerdì. (Cons. St. Sez. V, 31.5.2011 n. 3252). Pres. f.f. Branca, Est. Quadri -
Provincia di Pavia (avv. Ferrari) c. Fondazione V e altro (avv.ti Zanuttigh e
Scoca) - (Riforma T.A.R. LOMBARDIA - MILANO, Sez. IV n. 7136/2010) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 25 luglio 2011, n. 4454
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - DIRITTO URBANISTICO - Convenzione di
lottizzazione - Esecuzione di obbligazioni - Controversia - Giurisdizione del
giudice amministrativo - Art. 11 L. n. 241/1990 - Art. 34 d.lgs. n. 80/1998 -
Art. 133 cod. proc. amm. Appartiene alla giurisdizione del giudice
amministrativo la controversia attinente all'esecuzione di obbligazioni
derivanti da una convenzione di lottizzazione, stipulata ex art. 28, commi 5 e
segg., della legge n. 1150/1942, la quale integra uno strumento di
pianificazione di tipo attuativo del piano regolatore, e rientra tra gli accordi
sostitutivi di provvedimento ex art. 11 della legge n. 241/1990. Quest'ultimo,
in particolare, al comma 5 devolve al giudice amministrativo la giurisdizione
esclusiva sulle controversie relative alla formazione, conclusione ed esecuzione
degli accordi conclusi, nel pubblico interesse, dall’amministrazione con i
soggetti privati (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29.2.2008, n. 781; Cass. S.U.,
25.5. 2007, n. 10186). Inoltre, coinvolgendo la controversia atti e
provvedimenti in materia urbanistica, essa rientra nella giurisdizione esclusiva
del TAR anche ex art. 34 del d. lgs. n. 80/1998 (cfr. TAR Veneto, II, 1.12.2010,
n. 6321; TAR Veneto, II, 11.6.2009, n. 1731). Tali principi valgono anche con
riferimento al nuovo art. 133 del cod. proc. amm., relativo alle materie di
giurisdizione esclusiva, che ha sostituito le rammentate disposizioni.
TAR VENETO, Sez. II - 13 luglio 2011, n. 1219
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - DIRITTO URBANISTICO - Esecuzione delle
obbligazioni derivanti da convenzione di lottizzazione - Richiesta di sentenza
costitutiva ex art. 2932 c.c. al giudice amministrativo - Ammissibilità. Non
si ravvisano ostacoli alla pronuncia di una sentenza costitutiva ex art. 2932
c.c., da parte del giudice amministrativo,in tema di obbligazioni derivanti da
convenzione di lottizzazione, considerato che la convenzione ha natura
tipicamente negoziale, e non ha pertanto i requisiti di esecutorietà ex art. 21
ter della legge n. 241/90: in altri termini, per dare forzata attuazione alle
obbligazioni patrimoniali, assunte con la convenzione, è comunque necessario un
provvedimento giurisdizionale, e non v’è ragione di escluderne quelli avente
efficacia costitutiva, come appunto la sentenza ex art. 2932 c.c., dovendo
comunque l’ordinamento garantire la piena tutela effettiva delle posizione
soggettive paritetiche, incluse naturalmente quelle degli Enti pubblici (cfr. in
termini TAR Veneto, II, 11.6.2009, n. 1731). D’altro canto, il citato art. 11
della legge n. 241/90 attribuisce, senza alcuna limitazione, al giudice
amministrativo la decisione delle controversie per l’esecuzione degli accordi
conclusi, e tale è inequivocabilmente quella in esame ( cfr. TAR Liguria,
19.10.2007, n. 1760; TAR Campania, Napoli, 23.3. 2007, n. 2773). Pres. Urbano,
Est. Perrelli - Comune di Gambellara (avv.ti Baciga e Sartori) c. C. s.r.l. (n.c.)
-
TAR VENETO, Sez. II - 13 luglio 2011, n. 1219
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Ricorso principale e ricorso incidentale - Ordine di trattazione. In tema di ordine di trattazione del ricorso principale e di quello incidentale, in assenza di una pertinente regola generale vincolante anche in seno al Codice del processo amministrativo approvato con d.lgs,.2 luglio 2010 n.104, il giudice può, a seconda dei casi, esaminare prima il ricorso decisivo per dirimere la lite, dipendendo la scelta dal concreto atteggiarsi dei motivi di ricorso e dell'interesse delle parti, secondo i criteri dell'effettività della tutela giurisdizionale e dell'economia processuale (ex multis T.A.R. Emilia-Romagna Bologna, sez. II, 08 luglio 2009 , n. 1064, Consiglio di Stato sez VI 19 giugno 2009 n.4147). Pres. Morea, Est. Amovilli - S. s.r.l. (avv.ti Bavaro e Bonasia) c. Comune di Giovinazzo e altro (n.c.) - TAR PUGLIA, Bari, Sez. III - 9 luglio 2011, n. 1054
DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Ordinanze di sequestro preventivo o probatorio - Ricorso per cassazione – Limiti - Violazione di legge - Errores in iudicando o in procedendo. Il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. (Cass., Sez. U, n. 25932 26/06/2008, Ivanov; in precedenza, Cass. Sez. U, n. 5876 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, è stato precisato che mentre rientra nel sindacato di legittimità la mancanza di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, non vi rientra la sua eventuale illogicità manifesta). (conferma ordinanza n. 569/2010 TRIB. LIBERTA' di ROMA, dei 21/06/2010) Pres. De Maio, Est. Rosi, Ric. Venditti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 7/7/2011 (Cc. 23/3/2011), Sentenza n. 26728
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sentenze di primo e secondo grado - Integrazione tra le due motivazioni - Unico complessivo corpo argomentativo - Criteri omogenei e passaggi logico-giuridici. Quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo (Cass., Sez. 2, n. 5606 dell'8/2/2007, Conversa e altro; Sez 1, n. 8868 dell'8/8/2000, Sangiorgi; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, Ambrosino). Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorché i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002, Lombardozzi, Rv. 221116). (conferma sentenza n. 4254/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 27/05/2010) Pres. Petti, Est. Rosi, Ric. Comini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 7/7/2011 (Ud. 24/3/2011), Sentenza n. 26710
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Denuncia anonima - Notitia criminis
- Nullità del sequestro - Esclusione - Presupposti. Gli elementi contenuti
nelle denunce anonime possono senz'altro stimolare l'attività di iniziativa del
P.M. e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a
verificare se dall'anonimo possano ricavarsi estremi utili per l'individuazione
di una "notitia criminis" (Cass. Pen., sez. 6, Sentenza n. 36003 del
21/09/2006, Sez. 4, Sentenza n. 30313 del 17/05/2005). (conferma ordinanza n.
48/2010 TRIB. LIBERTA' di RAGUSA, del 29/10/2010) Pres. Squassoni, Est. Sarno,
Ric. Grosso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6/7/2011 (Cc. 3/5/2011) Sentenza n. 26379
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Riapertura delle indagini - Difetto di
autorizzazione - Inutilizzabilità degli atti di indagine - Compiuti dopo il
provvedimento di archiviazione - Esercizio dell'azione penale - Preclusione -
Condizioni. Il difetto di autorizzazione alla riapertura delle indagini
determina l'inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo
il provvedimento di archiviazione e preclude l'esercizio dell'azione penale per
lo stesso fatto di reato oggettivamente e soggettivamente considerato. (Sez. U.
n. 33885 del 24/06/2010 Rv. 247834). (conferma ordinanza n. 48/2010 TRIB.
LIBERTA' di RAGUSA, del 29/10/2010) Pres. Squassoni, Est. Sarno, Ric. Grosso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6/7/2011 (Cc. 3/5/2011) Sentenza n. 26379
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI
- Zona vincolata - Ampliamento di un preesistente fabbricato - Assenza:
autorizzazione paesaggistica, permesso di costruire e progetto esecutivo redatto
da un tecnico - Polizia Giudiziaria - Verbale di sequestro senza sentire il
verbalizzante - Attività irripetibile - Utilizzabilità - Artt. 44 lett. c) e 64,
65 e 72 d.P.R. n. 380/2001 - Art. 181 D. L.vo n. 42/2004. Anche in materia
urbanistica e di tutele dei beni culturali ed ambientali, il verbale di
sequestro compiuto dalla polizia giudiziaria, entrando a fare parte del
fascicolo del dibattimento, relativamente alla descrizione della cosa
sequestrata ed alla stato dei luoghi ed in genere relativamente all'attività
irripetibile compiuta dalla polizia giudiziaria, può essere utilizzato anche
senza sentire il verbalizzante (Cass. 6/04/2008, Giordano; Cass. 24/05/2007 De
Filippo). Fattispecie: reati di cui agli artt. 44 lettera c) e 64, 65 e 72
d.P.R. n. 380 del 2001; 181 decreto legislativo n 42 del 2004, per avere, in
zona vincolata, ampliato un preesistente fabbricato con strutture in cemento
armato senza l'autorizzazione paesaggistica, senza il permesso di costruire e
senza un progetto esecutivo redatto da un tecnico. (dich. inamm. il ricorso
avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli del 4/5/2009) Pres. De Maio,
Est.Petti, Ric. Sasso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6/07/2011 (Ud. 26/05/2011) Sentenza n.
26366
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Prove - Utilizzazione - Lettura o indicazione
condizione indispensabile - Esclusione - Concetto di "acquisizione" - Artt. 191
e 526 c.p.p.. L'omessa lettura o l'omessa indicazione degli atti
utilizzabili non può essere considerata causa di nullità, non essendo
specificamente sanzionata in tal senso né può essere inquadrata in alcuna delle
cause di nullità di cui all'articolo 178 c.p.p. né di inutilizzabilità di cui
all'articolo 191 c.p.p., non incidendo l'omessa lettura o l'omessa indicazione
sulla legittimità dell'acquisizione delle prove documentate negli atti (nella
specie di sequestro). D'altra parte negli artt. 191 e 526 si fa riferimento
soltanto al concetto di "acquisizione" e quindi ad un'attività che logicamente e
cronologicamente precede la lettura o l'indicazione e si distingue da esse
(Cass. 14/10/2005, Safsaf). (dich. inamm. il ricorso avverso la sentenza della
Corte d'appello di Napoli del 4/5/2009) Pres. De Maio, Est.Petti, Ric. Sasso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6/07/2011 (Ud. 26/05/2011) Sentenza n.
26366
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Manifesta infondatezza dei motivi -
Inammissibilità del ricorso - Prescrizione maturata dopo la decisione impugnata
- Effetti - Esclusione. L'inammissibilità del ricorso per la manifesta
infondatezza dei motivi impedisce di dichiarare la prescrizione maturata dopo la
decisione impugnata (Cass. Sez. Unite sent. 22711/2000 De Luca). (dich. inamm.
il ricorso avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli del 4/5/2009)
Pres. De Maio, Est.Petti, Ric. Sasso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 6/07/2011 (Ud. 26/05/2011) Sentenza n.
26366
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Nullità della sentenza per difetto di contestazione - Presupposto - Art. 522 c.p.p.. La nullità ex art. 522 c.p.p. sussiste solo quando il fatto accertato è totalmente diverso da quello oggetto di imputazione e non quando le differenze sono marginali. (conferma sentenza in data 21.5.2010 del Tribunale di Padova, sezione distaccata di Este) Pres. Petti, Est. Lombardi, Ric. Bottaro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06//2011 (Ud. 25/05/2011) Sentenza n. 25045
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Definitività delle sentenze - Rapporti tra ricorso straordinario per errore di fatto e procedura di correzione degli errori materiali - Artt.130 e 625-bis c.p.p.. Non è consentito ricorrere alla procedura per la correzione degli errori materiali al fine di emendare gli errori di fatto in cui sia incorso il giudice: in tal modo, infatti, verrebbe dato ingresso ad un mezzo volto non già ad un'emenda del testo della sentenza, ma ad una inammissibile modifica della decisione. Inoltre, non è consentito il ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, prevista dall'art.130 c.p.p., per porre rimedio ad errori di fatto contenuti in provvedimenti della Corte di Cassazione, emendabili soltanto a norma dell'art.625-bis dello stesso codice che disciplina l'unico rimedio esperibile per l'eliminazione di quest'ultimo tipo di errori. (riforma sentenza n. 10387/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 16/02/2010) Pres. De Maio, Est. Fiale, Ric. Corandente ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 22/06/2011 (Ud. 23/03/2011) Sentenza n. 25011
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sentenza di non luogo a procedere ex art.606/1
lett.d) ed e) cpp. - Controllo della Corte di Cassazione. Il controllo della
Corte di Cassazione sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere ex
art.606/1 lett.d) ed e) cpp., deve essere riferito alla prognosi sull'eventuale
accertamento di responsabilità alla stregua dei risultati provvisoriamente
offerti dagli atti di indagini, nonché delle prove irripetibili o assunte in
incidente probatorio (Cass. Sez.V, 3/2-19/3/2010 n.10811). (riforma sentenza n.
536/2008 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di CASTROVILLARI, del 11/05/2009) Pres.
Garribba, Est. Gramendola, Ric. Pubblico Ministero in proc. Bria.
CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 15/06/2011 (Ud. 18/05/2011) Sentenza n. 24022
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sentenza di non luogo a procedere - Utilità o
meno del dibattimento - Criterio di valutazione - Poteri del G.I.P.. Il
criterio di valutazione, al quale deve riferirsi il giudice dell'udienza
preliminare non è l'innocenza dell'imputato, ma l'utilità o meno del
dibattimento, anche in presenza di elementi contraddittori o insufficienti. Ne
deriva che solo una prognosi di inutilità del dibattimento, relativa
all'evoluzione, in senso favorevole all'accusa, del materiale probatorio
raccolto - e non un giudizio prognostico in esito al quale il giudice pervenga
ad una valutazione di innocenza dell'imputato - può condurre ad una sentenza di
non luogo a procedere (Cass. Sez.V 15/5-3/6/2009 n.22864). (riforma sentenza n.
536/2008 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di CASTROVILLARI, del 11/05/2009) Pres.
Garribba, Est. Gramendola, Ric. Pubblico Ministero in proc. Bria.
CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 15/06/2011 (Ud. 18/05/2011) Sentenza n. 24022
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Violazione dei sigilli - Configurabilità in caso di inefficacia o illegittimità del provvedimento di sequestro e di apposizione dei sigilli - Rimozione esclusiva dell'autorità competente - Art. 349 cod. pen.. Il delitto di cui all'art. 349 cod. pen. è configurabile anche in caso di inefficacia o illegittimità del provvedimento di sequestro e di apposizione dei sigilli, atteso che la norma in questione richiede soltanto che l'apposizione dei sigilli derivi da una disposizione di legge o da un ordine dell'autorità. Sicché, una volta che il vincolo sia stato apposto, a tutela della identità e della conservazione della cosa, esso non può essere violato dal privato sino a quando non sia formalmente rimosso dall'autorità competente (Cass. Sez. 3, n. 47443 del 06/11/2003). conferma sentenza n. 748/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del 12/05/2010) Pres. Squasssoni, Est. Sarno, Ric. Trane. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/6/2011 (Ud. 13/4/2011) Sentenza n. 23955
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Manufatto edilizio abusivo - Sequestro - Sentenza di condanna irrevocabile e sentenza non definitiva - Effetti. In tema di misure cautelari reali, mentre l'irrevocabilità della sentenza di condanna determina la perdita di efficacia del provvedimento di sequestro preventivo di un manufatto edilizio abusivo, diversamente la non definitività della sentenza ne impedisce la restituzione, salvo che le esigenze cautelari giustificative del vincolo siano cessate (Cass. Sez. 3, n. 6462 del 14/12/2007 conf. Cass. Sez. 6, n. 40388 del 26.5.2009). (conferma sentenza n. 748/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del 12/05/2010) Pres. Squasssoni, Est. Sarno, Ric. Trane. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/6/2011 (Ud. 13/4/2011) Sentenza n. 23955
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Struttura motivazionale della sentenza di appello - Integrazione con quella di primo grado - Elementi di prova concordanti - Necessità. Laddove le due pronunce di primo e di secondo grado risultino concordanti nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a base delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda e si integra con quella precedente di primo grado (Cass. Sez. 2^ 10.1.2007 n. 5606, Conversa e altri; Cass. Sez. 1^ 26.6.2000 n. 8868, Sangiorgi; Cass. Sez. Un. 4.2.1992 n. 6682, Pm: p.c., Musumeci ed altri). (conferma sentenza del 17/9/2010 Corte di Appello di Napoli) Pres. Gentile, Est. Grillo, Ric. Iacono. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 1/06/2011 (Ud. 17/02/2011) Sentenza n. 21842
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Indagini preliminari - Decorrenza del termini - Ritardi nella iscrizione - Effetti e limiti - Gravi indizi di reato e indispensabilità dell’intercettazione - Fattispecie: intercettazioni telefoniche relative ad un imponente traffico di rifiuti pericolosi - Artt. 407, co. 3, 266 e ss. c.p.p.. Il termine delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il p.m. ha iscritto nel registro delle notizie di reato il nome della persona cui il reato è attribuito, senza che al Gip sia consentito stabilire una diversa decorrenza. Sicché gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato, quanto del nome della persona cui lo stesso reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall'art. 407, co. 3, c.p.p.. Né l'eventuale violazione del dovere di tempestiva iscrizione, che pur potrebbe configurare responsabilità disciplinari o addirittura penali a carico del p.m. negligente, è causa di nullità degli atti compiuti, non ipotizzabile in assenza di una espressa previsione di legge, in ossequio al principio di tassatività, fissato dall'art. 177 del codice di rito (Cass. S.U. 24/9/09, n. 40538; Cass. 8/4/08, Bruno). Conseguentemente la tardività della iscrizione nel registro delle notizie del reato non può determinare la inutilizzabilità delle indagini (intercettazioni telefoniche) acquisite precedentemente a detta iscrizione (Cass. S.U. 21/6/2000, Tammaro). Sicché, i gravi indizi di reato, che costituiscono, il presupposto per il ricorso alle intercettazioni attengono alla esistenza dell'illecito penale e non alla colpevolezza di un determinato soggetto, sicché per procedere legittimamente ad intercettazioni non è necessario che tali indizi siano a carico di una persona individuata o del soggetto le cui comunicazioni debbano essere captate a fine di indagine (Cass. 21/12/06, n. 42017 ). Nella specie, le disposte intercettazioni telefoniche risultavano pienamente giustificate dal fatto che erano in corso indagini relative ad un imponente traffico di rifiuti pericolosi. (conferma sentenza n. 10974/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 25/02/2009) Pres. Squassoni, Est. Gazzara, Ric. Roma. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 27/5/2011 (Ud. 13/4/2011) Sentenza n. 21311
DIRITTO PROCESSALE PENALE - Ricorso di legittimità - Vizio di motivazione per travisamento delle risultanze probatorie - Presupposti - Onere dei ricorrente - Autosufficienza dell'atto probatorio - Cc.d. prova dichiarativa - Criterio di valutazione. In tema di vizio di motivazione per travisamento delle risultanze probatorie, tale deduzione presuppone che la motivazione si fondi, in modo decisivo, su una prova non esistente in atti, su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale oppure sia evidentemente smentita da una prova presente in atti ma non presa in considerazione (Cass. Sez. VI n. 18491, 14/5/2010; Cass. Sez. III n. 39729, 12/10/2009; Cass. Sez. V n. 39048, 23/10/2007). E' inoltre, onere dei ricorrente assicurare il requisito dell'autosufficienza dell'atto probatorio provvedendo alla allegazione al ricorso dell'atto integrale o della sua trascrizione essendone precluso l'esame diretto in sede di legittimità salvo nel caso in cui il vizio non emerga dalla stessa articolazione del ricorso (Cass. Sez. I n. 6112, 12/02/2009; Cass. Sez. VI n. 20059, 20/5/2008). Infine, con specifico riferimento alla prova dichiarativa, si è affermato che il giudice di legittimità deve limitarsi a verificare se il senso probatorio, attribuito dal ricorrente in contrasto con quello eletto nel provvedimento impugnato, presenti una verosimiglianza non immediatamente smentibile e non imponga, per il suo apprezzamento, ulteriori valutazioni in relazione al contenuto complessivo dell'esame del dichiarante. (conferma sentenza emessa il 19/3/2010 dalla Corte d'Appello di Salerno) Pres. Petti, Est. Ramacci, Ric. Ferraro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 17/5/2011 (Ud. 27/4/2011), Sentenza n. 19316
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Erronea presentazione dell’atto di appello - Effetti - Fattispecie: appello convertito in ricorso per cassazione. L'erronea presentazione di un atto di appello avverso una sentenza inappellabile ne ha determinato la conversione in ricorso per cassazione e come tale, pertanto, andrà trattato e deciso con la inevitabile e conseguente inammissibilità di tutte le doglianze riferibili a questioni di fatto, stante l'effetto devolutivo limitato di tale mezzo di impugnazione. Fattispecie: appello, convertito in ricorso per cassazione trattandosi di impugnazione relativa a sentenza di condanna alla sola pena pecuniaria e, conseguentemente, inappellabile. (conferma sentenza emessa il 16/11/2009 dal Tribunale di Tribunale di Catania - Sezione Distaccata di Giarre) Pres. Petti, Est. Ramacci, Ric. Manera. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 17/05/2011 (Ud. 27/04/2011) Sentenza n. 19315
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Sistema probatorio - Art. 46, c. 3 cod.
proc. amm. - Principio dispositivo con metodo acquisitivo - Art. 43, c. 1 cod.
proc. amm. - Art. 2697 c.c. - Uguaglianza di posizioni tra la P.A. e il privato
- Fattispecie: risarcimento del danno. Nel processo amministrativo, anche
dopo l’entrata in vigore del nuovo codice approvato con D.L.vo 2 luglio 2010 n.
104 (cfr. art. 64, comma 3), il sistema probatorio è fondamentalmente retto dal
principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte
del giudice, il quale comporta l’onere per il ricorrente di presentare almeno un
indizio di prova perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori
(cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 2009, n. 6118): e ciò, per
l’appunto, è contemplato dal “sistema” proprio in quanto il ricorrente, di per
sé, non ha la disponibilità delle prove, essendo queste nell’esclusivo possesso
dell’amministrazione ed essendo quindi sufficiente che egli fornisca un
principio di prova. Viceversa, la disciplina contenuta nell’art. 2697 cod. civ.
(corrispondente, ora, all’art. 64, comma 1, cod. proc. amm.) secondo la quale
spetta a chi agisce in giudizio indicare e provare i fatti, deve trovare
integrale applicazione anche nel processo amministrativo ogniqualvolta non
ricorra tale disuguaglianza di posizioni tra Pubblica Amministrazione e privato,
come nel caso di specie, laddove si verte esclusivamente sulla spettanza, o
meno, di un risarcimento del danno: con la conseguenza che, a pena di
un’inammissibile inversione del regime dell’onere della prova, non è consentito
al giudice amministrativo di sostituirsi alla parte onerata quando quest’ultima
si trovi nell’impossibilità di provare il fatto posto a base della sua azione
(cfr., al riguardo, ex plurimis, Cons. Stato , Sez. V, 10 novembre 2010 n.
8006). Pres. Giaccardi, Est. Rocco - F.G. (avv.ti Camerini e Rossi) c. Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti (n.c.) - (Riforma T.A.R. per il Lazio,
Roma, n. 8218/2004) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 16 maggio 2011, n. 2955
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Norma penale - Interpretazione estensiva e analogia - Differenza - Art. 12 delle Disp. Gen.. Con l'analogia vietata in via di principio, non va confusa l'interpretazione estensiva, che si ha quando l'ambito di applicazione di una norma penale viene, per necessità logica e non per similitudine di rapporti, esteso ad un caso, che non essendo ivi previsto, si deve ritenere compreso nella norma stessa, risalendo all'intenzione del legislatore, cui si riferisce l'art. 12 delle Disposizioni della legge in generale. (Cass. Sez. 4, n. 11380 del 27/04/1990). (annulla senza rinvio, sentenza n. 7095/2009 TRIBUNALE di MILANO, del 24/02/2010) Pres. Ferrua, Est. Sarno, Ric. Burani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/05/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n. 18503
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Condanna in primo grado - Intervenuta prescrizione del reato - Interessi civili - Poteri giudice di appello - Art. 129, c.2. c.p.p.. Il giudice di appello, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, è tenuto a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili ed a tal fine "i motivi di impugnazione proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi trovare conferma della condanna, anche solo generica, al risarcimento del danno dalla mancanza di prova della innocenza degli imputati secondo quanto previsto dall'art. 129, c.2. c.p.p. (Cass. Sez. 6, n. 3284 del 26/1/2010, Mosca). (conferma sentenza n. 13651/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del 20/11/2009) Pres. Lombardi Est. Rosi Ric. Boccardo ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 12/05/2011 (Ud. 12/01/2011) Sentenza n. 18815
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure cautelari reali - Diversa qualificazione al reato - Provvedimento di sequestro - Tribunale di riesame - Poteri - Artt. 324. C.7° e c.9° 309 cod. proc. pen.. In tema di riesame delle misure cautelari reali, in base al richiamo del settimo comma dell'art. 324 cod. proc. pen. al nono comma dell'art. 309 cod. proc. pen. il tribunale di riesame è autorizzato a confermare il provvedimento di sequestro anche per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del relativo decreto, ed eventualmente a rimediare alla sua mancanza sino a dare, sia pure ai fini cautelari, una diversa corretta qualificazione al reato, purché ovviamente sia riaffermata la correlazione della cosa con il fatto per cui si procede (Cass. Sez. 5, n. 1202 del 11/03/1997). (annulla con rinvio ordinanza n. 431/2010 TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del 24/09/2010) Pres. Ferrua Est. Sarno Ric. Ferraioli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/05/2011 (Cc. 16/3/2011), Sentenza n. 17864
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Sentenza penale cha ha accertato la
sussistenza di fatti materiali - Autorità di cosa giudicata - Presupposto.
Ai sensi dell'art. 654 c.p., nel giudizio amministrativo la sentenza penale che
ha accertato la sussistenza di fatti materiali ha autorità di cosa giudicata
quanto ai fatti accertati solo se l'Amministrazione, in esso intimata, si sia
costituita parte civile nel giudizio penale, mentre se non è intervenuta i suoi
poteri istituzionali non possono essere incisi da accertamenti o da valutazioni
del giudice penale resi in un processo al quale è rimasta estranea (fermo poi
restando che comunque l'accertamento compiuto dal giudice penale concerne i meri
fatti materiali della vicenda, non l'interpretazione di norme giuridiche
extra-penali). In tale ultimo caso, quindi, i poteri dell'autorità
amministrativa e del giudice chiamato a conoscere del loro esercizio non sono
condizionati dal giudicato penale (Cons. St., Sez. VI, 10 dicembre 2010 n.
8705). Pres. Petruzzelli, Est. Conti - S.M. (avv. Pedercini) c. Comune di
Tremosine (avv. Bezzi)
-
TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 5 maggio 2011, n. 662
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro probatorio - Motivazione per relationem - Atti redatti dalla polizia giudiziaria - Richiami - Consegna del verbale di sequestro - Notifica del provvedimento e successivo deposito - Art. 324, c.6°, C.P.P.. E’ ritenuto sufficientemente argomentato il provvedimento nel quale il Pubblico Ministero richiami per relationem, ai fini dell'individuazione del fatto per cui si procede e delle ragioni del sequestro, gli atti redatti dalla polizia giudiziaria, senza necessità di riprodurli ed è stata esclusa, in tale ipotesi, una eventuale lesione del diritto di difesa, che risulta garantito dalla consegna del verbale di sequestro e, comunque, dalla notifica del provvedimento del PM e dal successivo deposito ex art. 324, comma sesto C.P.P. (Cass. Sez. III n. 20769, 3/6/2010; Cass. Sez. II n. 38603 18/10/2007; Cass. Sez. V n. 7278, 28/02/2006; Cass. Sez. V n. 2108, 8/6/2000). In definitiva, tranne nei casi in cui l'esigenza probatoria del "corpus delicti" sia in "re ipsa" (Cass. Sez. IV n. 8662, 3/3/2010, relativa ad un sequestro di stupefacenti) è necessario che il provvedimento di convalida di sequestro probatorio effettuato dal Pubblico Ministero o il decreto di sequestro probatorio dallo stesso emesso contengano, quantomeno, una indicazione, ancorché essenziale e sintetica, delle esigenze probatorie che giustificano il vincolo. (Annulla con rinvio al Tribunale di Padova l'ordinanza emessa il 22/9/2010 dal Tribunale di Padova) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Spinello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (Cc. 13/04/2011) Sentenza n. 16727
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso per cassazione - Sequestro (probatorio o
preventivo) - Proponibilità - Limiti - Art.o 606 lett. e) C.P.P.. Il ricorso
per cassazione avverso l'ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di
sequestro (probatorio o preventivo) è proponibile esclusivamente per violazione
di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all'articolo 606 lettera
e) C.P.P. pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di
motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente (Cass. Sez. V,
1/10/2010 n. 35532). (conferma ordinanza emessa il 29/7/2010 dal Tribunale di
Latina) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric. Di Fazio.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (CC. 13/04/2011) n. 16728
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro - Termine di 48 - Decorrenza - Art.
321 c.3bis, C.P.P. - Scadenza del termine di 48 ore - Effetti - Inefficacia del
provvedimento cautelare - Esclusione - Fondamento. Il termine di 48 ore
previsto dal comma 3bis dell'articolo 321 C.P.P., entro il quale il Pubblico
Ministero deve richiedere la convalida al G.I.P., decorre dalla esecuzione del
sequestro e non dall'adozione del provvedimento (Cass. Sez. III, 10/02/2005
n.4871). Tuttavia, l'eventuale scadenza del termine di 48 ore previsto per la
convalida del sequestro preventivo disposto dal Pubblico Ministero non determina
l'inefficacia del provvedimento cautelare, ben potendo il giudice avvalersi
delle attribuzioni conferitegli dall'art. 321 C.P.P. imponendo lui stesso il
vincolo reale sul bene e ciò in quanto il termine predetto non costituisce
presupposto o condizione di legittimità dell'emissione del provvedimento da
parte del giudice, poiché non è possibile ritenere che l'esercizio del potere
attribuitogli in via ordinaria sia assoggettabile a condizioni dipendenti dalla
sfera di discrezionalità del Pubblico Ministero (Cass. Sez. III, 15/04/2009 n.
15717; Cass. Sez. III, 4/11/2004 n. 42898; Cass. Sez. III, 7/4/2003 n. 16284;
Cass. Sez. VI, 15/3/1996 n. 5023; Cass. Sez. V, 8/6/2010 n. 21920). (conferma
ordinanza emessa il 29/7/2010 dal Tribunale di Latina) Pres. Gentile, Est.
Ramacci, Ric. Di Fazio.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 29/04/2011 (CC. 13/04/2011) n. 16728
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro probatorio - Motivazione idonea -
Necessità - Richiami per relationem - Atti redatti dalla polizia
giudiziaria - Art. 324 c.6° C.P.P. - Rapporto di pertinenza fra le cose
sequestrate ed il reato - Esclusione. Con riferimento alla motivazione del
sequestro probatorio va ricordato, che, anche tale tipologia di sequestro deve
essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione circa il presupposto
della finalità perseguita, in concreto, per l'accertamento dei fatti (Cass. SS.
UU., 13/02/2004, n. 5876). Di conseguenza, il Pubblico Ministero deve fornire il
provvedimento con il quale dispone o convalida il sequestro di adeguata
motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per
l'accertamento dei fatti (Cass. Sez. VI, 29/05/2008, n. 21736). Con riferimento
a tale motivazione si è ritenuto sufficientemente argomentato il provvedimento
nel quale il Pubblico Ministero richiami per relationem, ai fini
dell'individuazione del fatto per cui si procede e delle ragioni del sequestro,
gli atti redatti dalla polizia giudiziaria, senza necessità di riprodurli ed è
stata esclusa, in tale ipotesi, una eventuale lesione del diritto di difesa, che
risulta garantito dalla consegna del verbale di sequestro e, comunque, dalla
notifica del provvedimento del PM e dal successivo deposito ex art. 324 comma
sesto C.P.P. (Cass. Sez. V, 28/02/2006 n. 7278; Cass. Sez. V, 8/06/2000 n.
2108). In definitiva, tranne nei casi in cui l'esigenza probatoria del "corpus
delicti" sia in "re ipsa" (Cass. Sez. IV, 3/3/2010 n. 8662, relativa
ad un sequestro di stupefacenti) è necessario che il provvedimento di convalida
di sequestro probatorio effettuato dal Pubblico Ministero o il decreto di
sequestro probatorio dallo stesso emesso contengano, quantomeno, una
indicazione, ancorché essenziale e sintetica, delle esigenze probatorie che
giustificano il vincolo. Tali esigenze, peraltro, non presuppongono
necessariamente che il rapporto di pertinenza fra le cose sequestrate ed il
reato per cui si procede debba essere considerato in termini esclusivi di
relazione immediata, poiché può assumere rilievo e, conseguentemente, essere
oggetto di ricerca ed apprensione ogni elemento utile a ricostruire i fatti che,
anche in forma indiretta, possono contribuire al giudizio sul merito della
contestazione (Cass. Sez. III, 10/04/2002 n. 13641). (conferma ordinanza del
16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro) Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric.
Siracusa.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n.
16592
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro probatorio - Sindacato del giudice del
riesame - Limiti. In tema di sequestro probatorio, che il sindacato del
giudice del riesame non può investire la concreta fondatezza dell'accusa, ma è
circoscritto alla verifica dell'astratta possibilità di sussumere il fatto in
una determinata ipotesi di reato e al controllo circa la qualificazione
dell'oggetto sequestrato come corpus delitti e, quindi, all'esistenza di una
relazione di immediatezza tra il bene stesso e l'illecito penale (Sez. V n.
9258, 2 marzo 2009; Sez. II n. 34625, 27 settembre 2005; Sez. I n. 4274, 23
luglio 1997). (conferma ordinanza del 16/9/2010 dal Tribunale di Catanzaro)
Pres. Gentile, Est. Ramacci, Ric. Siracusa.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 28/04/2011 (CC. 31/03/2011) Sentenza n.
16592
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo - Poteri della polizia giudiziaria - Presupposti - Esecuzione del sequestro - Art. 321, c. 3bis C.P.P.. L'articolo 321, comma 3bis C.P.P. stabilisce, con riferimento al sequestro preventivo eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria, che lo stesso può essere effettuato, nel corso delle indagini preliminari, in tutti i casi in cui una situazione di urgenza impedisca di attendere l'intervento del Pubblico Ministero. Pertanto, l'esigenza per la polizia giudiziaria di fronteggiare una eventuale situazione imprevista legittima l'esecuzione del sequestro non solo nei casi in cui il personale di polizia agisca di iniziativa, ma anche qualora l'intervento sia effettuato nell'ambito di attività delegata dall'autorità giudiziaria (Cass. Sez. III n. 36174, 22/09/2003; Cass. Sez. II n. 3460, 31/07/1995). Si richiede, che sussista il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati e che non sia possibile attendere nel frattempo il provvedimento del Pubblico Ministero. (conferma ordinanza emessa il 26/7/2010 dal Tribunale di Chieti) Pres. Ferrua Est. Ramacci Ric. Catabbi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 21/04/2011 (Ud. 16/03/2011) Sentenza n. 16054
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Impugnazioni - Richiesta di rinnovazione di consulenza tecnica - Censure sulle valutazioni effettuate dal consulente tecnico - Sindacato giudiziale - Estensione. La consulenza tecnica può essere sia strumento di valutazione tecnica che di accertamento di situazioni di fatto rilevabili solo mediante il ricorso a determinate cognizioni tecniche. Qualora si richieda la rinnovazione della consulenza contestando non i dati tecnico - storici accertati, ma le valutazioni tecniche del consulente fatte proprie dal giudice di primo grado, il giudice non ha obbligo di motivare il diniego, che può essere anche implicito, bensì solo quello di rispondere alle censure tecnico - valutative mosse dal convenuto alle valutazioni di uguale natura contenute nella decisione (Cass. 14 febbraio 1980 n. 1103. Fattispecie in tema di violazione di distanze tra proprietà contigue mediante costruzione di opere su parti di fondo altrui e conseguente esercizio di azione giudiziale tendente all'ottenimento della rimessione in pristino, alla demolizione dei fabbricati abusivi e al risarcimento danni. (annulla con rinvio sent. n. 758/2004 della Corte d'appello di Bologna, depositata il 13 maggio 2004). Pres. Rovelli - Est. Falaschi - P.M. Russo - Ric. Te. Pe. e altri - Controric. Ag. Pe. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 18/04/2011, Sentenza n. 8870
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Distanze nelle costruzioni - Azione di regolamento di confini associata a richiesta di rilascio o di riduzione in pristino di un fondo usurpato - Litisconsorzio necessario nei confronti dei titolari di diritti reali sulla porzione di fondo ritenuto usurpato - Sussistenza. Nell'azione di regolamento dei confini non ricorre ipotesi di litisconsorzio necessario in quanto la domanda finium regundorum è in sé strutturalmente diretta ad ottenere una sentenza dichiarativa (Cass. 9 febbraio 1995 n. 1462). Nel caso in cui, invece, la predetta azione sia associata a richiesta di rilascio o di riduzione in pristino della parte di fondo che si ritiene usurpata in conseguenza dell'incertezza oggettiva o soggettiva dei confini, il contraddittorio esige di essere esteso, e se del caso integrato, sul versante passivo, nei confronti di tutti coloro che vantano diritti reali su tale parte del fondo o sulle opere e sui manufatti su di essa insistenti, stante l'inscindibilità e indivisibilità della situazione dedotta in giudizio. Pertanto si versa in un'ipotesi di litisconsorzio necessario laddove vi sia coesistenza, in un unico processo, di un'azione tendente all'accertamento dei limiti della dimensione spaziale del diritto di proprietà e di una azione tendente ad ottenere la modificazione fisica di una situazione di fatto correlata ad una situazione di diritto strutturalmente plurisoggettiva, ma unitaria ai fini della tutela di un interesse di cui non è concepibile il concreto soddisfacimento se non nell'esecuzione nei confronti di tutti i soggetti congiuntamente portatori di un diritto confliggente con l'interesse dell'attore, con incidenza sulla sfera giuridica di ciascuno di essi (v. Cass. 20 gennaio 2010 n. 921; Cass. 7 maggio 1997 n. 9510). Fattispecie in tema di violazione di distanze tra proprietà contigue mediante costruzione di opere su parti di fondo altrui e conseguente esercizio di azione giudiziale tendente all'ottenimento della rimessione in pristino, alla demolizione dei fabbricati abusivi e al risarcimento danni. (annulla con rinvio sent. n. 758/2004 della Corte d'appello di Bologna, depositata il 13 maggio 2004). Pres. Rovelli - Est. Falaschi - P.M. Russo - Ric. Te. Pe. e altri - Controric. Ag. Pe. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 18/04/2011, Sentenza n. 8870
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Principio di correlazione tra accusa e sentenza in tema di reati colposi. In tema di reati colposi, può ritenersi violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza solo quando la causazione dell'evento venga contestata in riferimento ad una singola specifica ipotesi colposa e la responsabilità venga invece affermata in riferimento ad un'ipotesi differente. Se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa (e cioè si faccia riferimento alla colpa generica), la violazione suddetta non sussiste. é consentito, infatti, al giudice aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e quindi non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa, a tutela del quale la normativa é dettata (Cass. 19 giugno 2007 n. 35666). (conferma sentenza n. 109/2009 Corte di Appello di Cagliari Sez. Dist. di Sassari, del 23/03/2010). Pres. Brusco - Est. Maisano - P.G. Gialanella - Ric. Ma. Lu. Mi. (fattispecie in tema di omicidio colposo ex art. 589 c.p. ult. co. in riferimento agli artt. 168 e 169 D.P.R. n. 547/1955 contestato al direttore del cantiere rappresentante del datore di lavoro, e responsabile della sicurezza del lavoro, nei confronti di dipendenti di ditte subappaltatrici). CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 11/04/2011, Sentenza n. 14527
DIRITTO PROCESSUALE PENALE -
Impugnazioni - Vizio di illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma
1, lettera e) - Sindacato di legittimità - Limiti. L'illogicità della
motivazione, censurabile a norma dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e),
é quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi,
in quanto l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione
ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare
l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica
della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Cass. nn.
18/2003, 12/2000; 24/1999; 6402/1997). Più specificamente, esula dai poteri
della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti
a fondamento della decisione, la cui valutazione é, in via esclusiva, riservata
al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la mera
prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione
delle risultanze processuali (Cass. sezioni unite 30.4.1997, Dessimone).Il
riferimento dell'articolo 606 c.p.p., lettera e) alla "mancanza o manifesta
illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del
provvedimento impugnato" significa in modo assolutamente inequivocabile che in
Cassazione non si svolge un terzo grado di merito, e che il sindacato di
legittimità é limitato alla valutazione del testo impugnato. (conferma sentenza
n. 109/2009 Corte di Appello di Cagliari Sez. Dist. di Sassari, del 23/03/2010).
Pres. Brusco - Est. Maisano - P.G. Gialanella - Ric. Ma. Lu. Mi.
CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 11/04/2011, Sentenza n. 14527
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Risarcimento del danno - Art. 30 c.p.a. -
Condotta attiva o omissiva contraria al principio di buona fede o al parametro
di diligenza - Omessa attivazione dei rimedi idonei ad evitare il danno -
Conseguenza. L’art. 30, c. 3 del codice del processo amministrativo, pur non
evocando in modo esplicito il disposto dell’art. 1227, comma 2, c.c., sancisce
la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta,
attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede ed al parametro della
diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati
evitati secondo il canone della causalità civile imperniato sulla probabilità
relativa, recide, in tutto o in parte, il nesso causale che, ai sensi dell’art.
1223 c.c., deve legare la condotta antigiuridica alle conseguenze dannose
risarcibili (cfr cfr. Tar Sicilia, Catania, IV, 16.12.2010, n. 4735, Cass.,
S.U.11.1. 2008, n. 577; Cass. Civ., sez. III, 12.3. 2010, n. 6045). Ne discende,
dunque, la rilevanza, sul versante causale, dell’omessa attivazione di tutti i
rimedi potenzialmente idonei ad evitare il danno, come fatto che preclude la
risarcibilità di pregiudizi che sarebbero stati presumibilmente evitati, così
come la necessità di valutare anche l’omissione di ogni altro comportamento
esigibile in quanto non eccedente la soglia del sacrificio significativo
sopportabile anche dalla vittima di una condotta illecita alla stregua del
canone di buona fede di cui all’art. 1175 c.c.. Pres. De Zotti, Est. Perrelli -
M.A. s.r.l. (avv.ti Tassetto e Zambelli) c. Regione Veneto (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. II - 7 aprile 2011, n. 582
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Prescrizione delle contravvenzioni successiva alla sentenza di secondo grado - Declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione - Prevalenza. La declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione prevale su quella di estinzione delle contravvenzioni per prescrizione maturata dopo la sentenza di secondo grado, é, pertanto, preclusa la possibilità di dichiarare il reato estinto per prescrizione (Cass., Sezioni unite 22 marzo 2005, Bracale). Fattispecie in tema di responsabilità del datore di lavoro e del responsabile di cantiere per lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica, in danno di lavoratore dipendente, per omessa informazione dei rischi specifici inerenti all'attività lavorativa di posa in opera di tubazioni per fognatura e per omessa adozione di qualsivoglia opera provvisionale antismottamento volta ad impedire i prevedibili franamenti del terreno argilloso in cui l'operaio infortunato prestava l'attività lavorativa, nonché per le contravvenzioni previste dal D.P.R. n. 164/1956, articolo 77, lettera c) in relazione al D.P.R. n. 547/1955, artt. 4 e 389 lettera c), e D.P.R. n. 164/1956, artt. 13, comma 1 e 77, lettera b). (dichiara inammissibile ricorso avverso sent. n. 3677/2008 della Corte di Appello di Palermo, del 17/12/2009). Pres. Zecca - Est. Piccialli - P.G. Stabile - Ric. Cu. Vi e altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 7/04/2011, Sentenza n. 13749
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Prescrizione di reato contravvenzionale maturata dopo la pronuncia della sentenza impugnata - Declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione - Prevalenza. La declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione prevale su quella di estinzione delle contravvenzioni per prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata, con conseguente preclusione della possibilità di dichiarare il reato estinto per prescrizione (Cass. S.U. 21.12.2000 n. 32). Fattispecie in tema di smaltimento di materiale vario composto da detriti di varia natura provenienti da demolizioni (in prevalenza calcinacci anche di notevoli dimensioni e parti di cemento), con riconoscimento dell'ipotesi di reato di cui all'art. 256 co. 1 lett. a) D.Lgs. 152/2006. (dichiara inammissibile ricorso avverso sent. del 9 luglio 2009 pronunciata dal Tribunale di Cremona). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. Ro. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/04/2011, Sentenza n. 13717
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso per cassazione - Vizio di mancata assunzione di una prova decisiva ex art. 606 c.p.p. comma 1 lett. d) - Deducibilità in sede di giudizio di legittimità - Limiti. Il vizio consistente nella mancata assunzione di una prova decisiva, ex art. 606 c.p.p., comma 1 lett. d), può essere dedotto in sede di legittimità solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione a norma dell'articolo 495 c.p.p., comma 2, con la conseguenza che il relativo motivo di ricorso non potrà essere invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l'invito rivolto al giudice ad avvalersi dei poteri integrativi previsti dall'articolo 507 c.p.p., che il giudice ha ritenuto poi di non esercitare in relazione alla ritenuta non necessità della c.d. "prova integrativa" (Cass. Sez. 6 5.8.2003 n. 33105).. (dichiara inammissibile ricorso avverso sent. del 9 luglio 2009 pronunciata dal Tribunale di Cremona). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.M. D'Ambrosio - Ric. Ro. Ma.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 6/04/2011, Sentenza n. 13717
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Domiciliazione legale presso la segreteria del Tar - Procuratore appartenente alla stessa circoscrizione del giudice adito - Applicabilità. La regola della domiciliazione legale presso la Segreteria del T.A.R. si applica ad ogni procuratore, anche quando questi appartenga alla stessa circoscrizione del giudice adito - e non solo quando appartenga ad un altro foro ai sensi dell’art. 82 r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 -, qualora non fosse stato eletto il domicilio nel Comune di sede del T.A.R.; tale domicilio assume rilievo ai fini della notifica della sentenza per il decorso del termine breve per l’impugnazione a norma del combinato disposto degli artt. 285, 170 e 326 c.p.c. (v. in tal senso, per tutte, C.d.S., Sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7610; C.d.S., Sez. VI, 6 giugno 2003, n. 3177). Pres. Coraggio, Est. Lageder - f. s.p.a. (avv. ti Tardella, Brunetti e Scanzano) c. Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel territorio della Regione Calabria (Avv. Stato) - (Dichiara irricevibile il ricorso avverso T.A.R. CALABRIA, Catanzaro, n. 600/2005) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 4 aprile 2011, n. 2084
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Patrocinio a spese dello Stato -
Onlus -Spettanza - Esclusione. Il patrocinio a spese dello Stato non spetta
alle associazioni che, pur non perseguendo scopo di lucro, godono di introiti
superiori al limite di legge, specie quando quegli introiti derivano da
versamenti degli associati corrisposti anche allo specifico scopo di tutelare in
giudizio interessi diffusi. Pres. Nicolosi, Est. Correale - WWF Italia (avv. Zuccaro) c. Provincia di Arezzo (avv. Manneschi) -
TAR TOSCANA, Sez. II - 1 aprile 2011, n. 569
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Giudizio di Appello - Esame di consulenze tecniche d'ufficio disposte in primo grado tra loro contrastanti - Motivazione. Qualora il giudice di appello, esaminando i risultati di due successive consulenze tecniche di ufficio disposte in primo grado e fra loro contrastanti, aderisca al parere del secondo consulente respingendo quello del primo, la motivazione della sentenza é sufficiente anche se tale adesione non sia specificamente giustificata ove il parere cui é prestata adesione fornisca gli elementi che consentano, su un piano positivo, di delineare il percorso logico seguito e, su un piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno contrario, siano essi esposti nella seconda relazione o deducibili "aliunde" (Cass., n. 9567 del 2001, n. 9300 del 2004, n. 4850 del 2009 - contra Cass. n. 3517 del 2000). La suddetta specifica giustificazione é, invece, necessaria nella diversa ipotesi di adesione alle conclusioni della prima di due divergenti consulenze tecniche disposte dallo stesso giudice. (conferma sentenza n. 678/2008 della Corte d'Appello di Genova, depositata il 05/08/2008). Pres. Miani Canevari - Est. Balestrieri - P.M. Finocchi Ghersi - Ric. Be. Gi. e altri - Controric. INPS. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. Lavoro, 31/03/2011, Sentenza n. 7494
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ordine di demolizione di opere abusive - Ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica - Sospensione dell’esecuzione
dell'ordine di demolizione - Presupposti - Fattispecie. La presentazione di
un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (procedura che non è
soggetta a definizione entro termini perentori) non è di per sé sufficiente per
poter disporre la sospensione dell’esecuzione dell'ordine di demolizione, non
essendo prevedibile né se si verificherà in concreto una causa estintiva del
reato né comunque se questa sì verificherà in tempi brevi. Nella specie, il
ricorrente non ha, nemmeno nel ricorso per cassazione, prospettato quali
sarebbero gli elementi concreti sulla base dei quali potrebbe ritenersi
concretamente probabile l'emanazione entro breve tempo di un provvedimento
amministrativo o giurisdizionale contrario all'ordine di demolizione. Rendendo,
anche sotto questo profilo, il ricorso anche generico. (dichiara inammissibile
il ricorso avverso ordinanza emessa il 26/11/2009 dal giudice dell'esecuzione
del tribunale di Rimini) Pres. Squassoni, Est. Franco, Ric. Venturi.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 31/03/2011 (Cc. 18/01/2011) Sentenza n.
13337
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo - Beni non appartenenti all'indagato - Legittimità. Il sequestro preventivo si fonda sulla correlazione tra i beni e il reato, avendo l'istituto la finalità di impedire l'aggravamento delle conseguenze dell'illecito, così che il sequestro di beni non appartenenti alla persona indagata non si pone affatto in contrasto con l'ordinamento, atteso che è consentito al titolare dei beni di azionare gli strumenti di tutela e di richiedere la restituzione delle cose qualora non sussistano o cessino le ragioni della misura cautelare (fattispecie relativa a richiesta di restituzione di mezzi meccanici posti in sequestro in relazione al reato di realizzazione di una discarica non autorizzata ai sensi dell'art. 51 D. Lgs. n. 22/1997). (dichiara inammissibile ricorso avverso ordinanza del 8 Aprile 2010 del Tribunale di Messina). Pres. De Maio - Est. Marini - P.M. De Santis - Ric. Ma. Sa.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/03/2011, n. 13118
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure cautelari reali - Revoca
conseguente a versamento di cauzione - Interesse ad impugnare - Sussistenza.
L'interesse ad impugnare ed alla verifica della legittimità di una misura
cautelare reale non viene meno in presenza di una revoca della stessa a seguito
di prestazione di una cauzione, allorché la decisione sull'impugnazione possa
avere effetti significativi sul mantenimento della cauzione già versata (Cass.
n. 27964/01). Sussiste, pertanto l'interesse ad impugnare del responsabile
civile, pur dopo l'intervenuta revoca di un decreto di sequestro, conseguente al
versamento da parte dello stesso di una cauzione, a garanzia dei danneggiati,
ritenuta congrua dal Tribunale. (riforma ordinanza n. 12/2010 del 27/03/2010 del
Tribunale della Libertà di Prato). Pres. Morgigni - Est.Foti - P.G. Gialanella -
Ric. Qu. e. Se. S.p.A.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV , 29/03/2011, Sentenza n. 12710
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure cautelari reali - Sequestro conservativo
di un bene appartenente a terzi - Formale assunzione della qualità di
responsabile civile - Citazione in giudizio - Necessità. L'azione introdotta
dalla parte civile nei confronti del responsabile civile é un rapporto regolato
dalle norme processuali civili, per quanto compatibili (Cass. n. 6339/81), ne
deriva che il sequestro conservativo di un bene appartenente ad un terzo, in
relazione ad un'obbligazione civile nascente da reato, può essere disposto solo
dopo che egli abbia assunto la veste di responsabile civile attraverso la
rituale citazione dello stesso nel processo penale, nelle forme previste dagli
articoli 83 e segg. c.p.p. (Cass. nn. 4316/94, 12709/06). (riforma ordinanza n.
12/2010 del 27/03/2010 del Tribunale della Libertà di Prato). Pres. Morgigni -
Est.Foti - P.G. Gialanella - Ric. Qu. e. Se. S.p.A.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV , 29/03/2011, Sentenza n. 12710
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Responsabile civile - Omessa citazione - Intervento del responsabile civile nel giudizio pendente tra altre parti civili - Efficacia sanante - Presupposti. La citazione del responsabile civile é autonoma rispetto alla costituzione di parte civile. L'irritualità della mancata citazione del responsabile civile é sanata se essa sia effettuata all'atto della costituzione di parte civile nei confronti del responsabile civile che sia presente in dibattimento. Più specificamente, la formalità della citazione del responsabile civile ad istanza della parte civile, prevista dagli articoli 107 e 108 c.p.p., può ritenersi non necessaria allorché la parte intervenga nel giudizio pendente tra altre parti civili ed il medesimo responsabile civile, purché dichiari che gli effetti della sua costituzione sono rivolti nei confronti del responsabile civile già presente nel giudizio e tale dichiarazione sia formalmente espressa non oltre il termine utile per la Costituzione di parte civile (Cass. 24.3.1981, Nardiello). (riforma ordinanza n. 12/2010 del 27/03/2010 del Tribunale della Libertà di Prato). Pres. Morgigni - Est.Foti - P.G. Gialanella - Ric. Qu. e. Se. S.p.A. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV , 29/03/2011, Sentenza n. 12710
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Vizio di motivazione - Valutazione delle risultanze probatorie - Sindacato di legittimità - Limiti - Art. 606 lett. e) c.p.p. È inammissibile il ricorso per cassazione proposto da una parte del processo, nella specie il responsabile civile, avverso la sentenza d'appello, qualora la stessa non abbia impugnato la decisione di primo grado, per lei sfavorevole. Tale principio, affermato con riferimento alla parte civile (Cass., Sezione 2, 10 novembre 1988, n. 2212, Chiarina; Cass., Sezione 3, 23 settembre 1986, Di Sario) é fondato sulla condivisibile considerazione che il rapporto processuale civile d'impugnazione trova la sua ragione d'essere sia nella volontà della parte, la quale deve essere costantemente attiva nel formulare le sue domande, che nell'interesse al gravame, fondamento unico per la prosecuzione del giudizio negli ulteriori gradi. Ne deriva che la parte processuale, qualora voglia ottenere una modifica in senso per lei vantaggioso della pronuncia di primo grado, deve proporre rituale impugnazione attraverso l'appello della sentenza. L'omessa tempestiva impugnazione contro la decisione di primo grado comporta quindi la "consunzione" del relativo diritto e la conseguente acquiescenza alla sentenza. (dichiara inammissibile ricorso avverso sent. n. 141/2007 del 18/03/2010 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO). Pres. Brusco Est.Bianchi - P.G. Gialanella - Ric. Cu An. e altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sezione IV, 28/03/2011, Sentenza n. 12458
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Vizio di motivazione - Valutazione delle
risultanze in sede di giudizio di merito di merito - Sindacato di legittimità -
Limiti. Spetta, in via esclusiva, al giudice del merito il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove,
di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, cosi, liberamente
prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi
tassativamente previsti dalla legge), mentre al giudice di legittimità non é
conferito il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale
sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo
della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle
argomentazioni svolte dal giudice del merito (Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 e
Cass. 27 luglio 2008 n. 2049). (conferma sentenza n. 771/2009 della CORTE
D'APPELLO di MILANO, depositata il 26/09/2009). Pres. Miani - Est. Napoletano -
P.M. Fucci - Ric. AL. GE..
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 28 marzo 2011, n. 7038
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Obbligo di motivazione - Adempimento da parte del
giudice. Al fine di adempiere all'obbligo della motivazione, il giudice del
merito non é tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed
a confutare tutte e argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece
sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso,
indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento,
dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e
circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente
incompatibili con la decisione adottata (per tutte Cass. 25 maggio 1995 n.
5748). (conferma sentenza n. 771/2009 della CORTE D'APPELLO di MILANO,
depositata il 26/09/2009). Pres. Miani - Est. Napoletano - P.M. Fucci - Ric. AL.
GE..
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 28 marzo 2011, n. 7038
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Legittimazione
al ricorso - Criterio della vicinitas - Limiti. Il criterio della vicinitas,
seppur idoneo a supportare la legittimazione al ricorso, non esaurisce certo gli
ulteriori profili dell’interesse concreto all’impugnazione, costituito dalla
lesione effettiva e documentata delle facoltà dominicali del ricorrente (cfr.
Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 9537 del 29.12.2010, T.A.R. Bari, Sezione III,
n. 659 del 25 marzo 2009). Pres. Morea, Est. Amovilli - Consorzio O. (avv.
Dentamaro) c. Ente Parco Nazionale del Gargano e altro (Avv. Stato) -
TAR PUGLIA, Bari, Sez. III - 25 marzo 2011, n. 500
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Consulenza tecnica d’ufficio - Prova dei
fatti dedotti dalla parte - Ripartizione dell’onere della prova - Art. 2697 c.c.
La consulenza tecnica d'ufficio ha la funzione di fornire all'attività
valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche da lui non possedute, ma
non è destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti da essa dedotti e
posti a base delle sue richieste, che devono essere dimostrati alla stregua dei
criteri di ripartizione dell'onere della prova posti dall'art. 2697 c.c.
(Consiglio di Stato, Sezione VI, n 5864 del 29 settembre 2009). Pres. Morea,
Est. Amovilli - Consorzio O. (avv. Dentamaro) c. Ente Parco Nazionale del
Gargano e altro (Avv. Stato) -
TAR PUGLIA, Bari, Sez. III - 25 marzo 2011, n. 500
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Valutazione delle risultanze probatorie - Sindacato di legittimità - Limiti. Una volta che il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della propria analisi probatoria l'esame del giudice di legittimità non può andare oltre il controllo della chiave interpretativa essendo preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (Cass., Sez. 1, 27.9.07, Formis; Cass., Sez. 2, 11.1.07, Messina). (dichiara inammissibile ricorso avverso sent. del Tribunale Monocratico di Termini Imerese del 20.1.10). Pres. Teresi - Est. Ramacci - P.M. Izzo - Ric. Ci. Sa. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/03/2011, Sentenza n. 12000
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Giudizio di Cassazione - Decisione - Erroneità
delle richieste delle parti - Irrilevanza. Il giudice di legittimità
provvede d'ufficio sulla cassazione della sentenza impugnata con o senza rinvio
o decidendo nel merito, secondo che il vizio riscontrato rientri nelle ipotesi
previste dagli articoli 382 e 383 c.p.c., o articolo 384 c.p.c., comma 1, ult.
parte, sicché é irrilevante l'eventuale erroneità delle richieste delle parti in
un senso o nell'altro (Cass. n. 12235 del 2002; Cass. sez. un. n. 6994 del 2010;
per una particolare ipotesi di rilevanza della richiesta della parte ricorrente
con riguardo ad error in procedendo, si veda Cass. n. 917 del 2010).
(riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 -
dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA).
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011,
Sentenza n. 6525
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Qualificazione giuridica del fatto - Omessa
impugnazione - Limiti nel successivo giudizio di legittimità. Ove il giudice
d'appello affermi che la riconduzione da parte del giudice di primo grado della
vicenda giudicata sotto una certa disciplina normativa, non essendo stata
sottoposta ad impugnazione, é coperta da giudicato interno e, quindi, ritenga di
dover esaminare i motivi di appello proposti tenendo ferma la qualificazione
della vicenda sulla base di quella disciplina, la Corte di cassazione, in sede
di ricorso contro la sentenza d'appello, qualora l'affermazione sull'esistenza
del detto giudicato non sia stata censurata, é anch'essa vincolata a procedere
all'esame dei motivi di ricorso sulla base della stessa disciplina normativa.
(riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 -
dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA).
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011,
Sentenza n. 6525
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Omessa sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c. - Nullità della sentenza ex art. 360, n. 4, c.p.c. - Deducibilità con ricorso per cassazione. La mancata sospensione del giudizio, nei casi in cui se ne assume la necessarietà, integra un vizio della decisione, astrattamente idoneo ad inficiare la successiva pronuncia di merito, essa, traducendosi nella violazione di una norma processuale, ricade nella previsione dell'articolo 360 c.p.c., n. 4, ed é quindi deducibile con il ricorso per cassazione avverso la sentenza che contenga eventuali provvedimenti sulla sospensione, ovvero ribadisca o modifichi precedenti ordinanze adottate in materia nella fase dell'istruzione della causa, fermo restando che eventuali provvedimenti di sospensione, se positivi, sono autonomamente impugnabili con istanza di regolamento di competenza, ai sensi dell'articolo 42 cod. proc. civ., come sostituito dalla Legge 26 novembre 1990, n. 353, articolo 6 (Cass. n. 16992 del 2007). (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 65255
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Impugnazioni - Rigetto della domanda sulla base di una pluralità di autonome statuizioni - Motivi di appello aventi ad oggetto solo alcune statuizioni della sentenza - Riforma integrale della sentenza - Esclusione. Affinché possa ritenersi che l'atto di appello investa nella sua totalità la sentenza impugnata, la quale abbia rigettato la domanda con una pluralità di autonome statuizioni, non é sufficiente la richiesta di riforma integrale della sentenza medesima o il generico richiamo alle domande ed eccezioni formulate in primo grado, qualora le censure svolte con i motivi siano limitate soltanto ad una od alcune di dette statuizioni, e, quindi, precludano di individuare un'inequivoca volontà di devolvere al giudice di secondo grado il riesame anche delle altre (Cass. n. 22271 del 2004). (riforma sentenza n. 2757/2005 della Corte di Appello di Milano del 16/11/2005 - dep. 26/11/2005). Pres. Preden - Est. Frasca - Ric. Comune di Marnate (VA). CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 22/03/2011, Sentenza n. 6525
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Condanna per la responsabilità civile - Dovere del giudice di distinguere danni materiali e danni morali - Esclusione. Per effetto dell'articolo 538 c.p.p., comma 1, rientra nei poteri del giudice pronunciarsi, in caso di condanna dell'imputato, sulle domande dirette alle restituzioni ed al risarcimento del danno. Il giudice penale non é tenuto ad operare alcuna distinzione tra danni materiali e danni morali, né deve espletare alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, ben potendo circoscrivere il suo accertamento alla potenziale capacità lesiva del fatto dannoso ed all'esistenza di un nesso di causalità tra il fatto produttivo di danno ed il pregiudizio lamentato (Cass. Sez. 5, 5.6.2008 n. 36657; Cass. Sez. 5, 19.10.2000 n. 191). (Dichiara inammissibile ricorso avverso sentenza-ordinanza emessa il 22/05/2009 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere). Pres. Ferrua - Est. Grillo - P.G. D'Ambrosio - Ric. Ci. Vi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, Sentenza 22 marzo 2011, n. 11489
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Richiesta di archiviazione da parte del P.M. - Rinuncia intervenuta prima della decisione del GIP - Successivo esercizio dell’azione penale - Legittimità. Non si ravvisano, nel codice di rito, specifiche disposizioni che inibiscano al Pubblico Ministero di rinunciare alla richiesta di archiviazione inoltrata al Giudice delle indagini preliminari, ma ancora non valutata e decisa, e sollecitare la restituzione degli atti al fine di procedere ad approfondimenti. Non sussistono, pertanto, profili di nullità o di preclusione rispetto al successivo esercizio dell'azione penale (Seconda Sezione Penale - Quarta Sezione Penale, sentenza n. 26872 del 2006). (riforma sentenza del 6 Ottobre 2009 della Corte d'Appello di Brescia). Pres. FERRUA - Est. MARINI - P.G. D’AMBROSIO - Ric. Bo. Fr. e Ro. Gi. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III penale, 22 marzo 2011, n. 11488
DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Principio di proporzionalità - Tutela del legittimo affidamento - Controllo giurisdizionale - Limiti - Artt. 40 e 43 TFUE. Il principio di proporzionalità, che è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che i mezzi approntati da una disposizione del diritto dell’Unione siano idonei a realizzare l’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo (C.G.E.o, sentenze 14/12/2004, causa C-210/03, Swedish Match, nonché C.G.E. 7/07/2009, causa C-558/07, S.P.C.M. e a.). Secondo costante giurisprudenza, il legislatore dell’Unione dispone in materia agricola, inclusa la pesca, di un ampio potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche che gli artt. 40 TFUE - 43 TFUE gli attribuiscono. Conseguentemente, il controllo giurisdizionale deve limitarsi ad accertare che il provvedimento di cui trattasi non sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere, ovvero che l’autorità in questione non abbia manifestamente ecceduto i limiti del suo potere discrezionale (C.G.E. sentenza 12/07/2001, causa C-189/01, Jippes e a.; C.G.E. 9/09/2004, Spagna /Commissione; C.G.E. 23/03/2006, causa C-535/03, Unitymark e North Sea Fishermen’s Orgnisation). Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale delle condizioni di attuazione di siffatto principio, considerato l’ampio potere discrezionale di cui dispone il legislatore dell’Unione in materia di politica agricola comune, inclusa la pesca, solo il carattere manifestamente inidoneo di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Prim’Awla tal-Qorti Civili (Malta). Pres. Cunha Rodrigues, Est. Lindh. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 17/03/2011, Sentenza C-221/09
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Consulenza tecnica - Natura - Esercizio del relativo potere da parte del giudice - Sindacato di legittimità - Esclusione. La consulenza tecnica non è un mezzo di prova, bensì un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice, al quale spetta decidere sulla esaustività degli accertamenti già compiuti e valutare l'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative di quelle già espletate, ovvero di sentire a chiarimenti il consulente, nonché di procedere alla rinnovazione delle indagini con la nomina di altri consulenti. L'esercizio di tale potere (così come il suo mancato esercizio) non può essere sindacato in sede di legittimità sotto il profilo del difetto di motivazione, salvo che l'esigenza di procedere a una nuova consulenza (o di chiamare il consulente a chiarimenti o, ancora, di effettuare accertamenti suppletivi o integrativi) sia stata segnalata dalle parti e il giudice non ritenga di accogliere la relativa istanza (Cass. nn. 17906/2003, 5777/1998, 8611/1995, 10972/1994). (conferma sentenza n. 439/2008 della Corte di Appello di Genova). Pres. MIANI CANEVARI - Est. COLETTI DE CESARIS - P.M. FINOCCHI GHERSI - Ric. RO. LU., CR. FR. (avv. Storace) c. INAIL (avv.ti Valente, Patteri e Riccio). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione Lavoro, 11 marzo 2011, n. 5896
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Vizio di motivazione - Valutazione delle risultanze probatorie - Sindacato di legittimità - Limiti - Art. 606 lett. e) c.p.p. Il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa previsione normativa, al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell'apparato argomentativo con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (limitatamente alla pronunce successive alle modifiche apportate all'articolo 606 c.p.p. dalla Legge n. 46 del 2006, Sez. 6, n. 10951, 29 marzo 2006; Sez. 6, n. 14054, 20 aprile 2006; Sez. 6, n. 23528, Sez. 3, n. 12110, 19 marzo 2009). Conferma sentenza emessa il 25 novembre 2009 dalla Corte d'Appello di Lecce. Pres. Ferrua - Est. Ramacci - P.M. Passacantando - Ric. Tu. Al. Gi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 10 marzo 2011, n. 9690
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro (probatorio o preventivo) - Ordinanza emessa in sede di riesame - Ricorso per cassazione - Art. 606 lett. e) C.P.P.. Il ricorso per cassazione è proponibile avverso l'ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all'articolo 606 lettera e) C.P.P. pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente (v., da ultimo, Sez. V n. 35532, 1 ottobre 2010). (conferma ordinanza emessa i16/7/2010 dal Tribunale di Salerno) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. Stanzione. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/03/2011 (Cc. 24/02/2011) Sentenza n. 9308
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Principio di necessaria correlazione fra accusa e sentenza - Violazione - Effetti. La violazione del principio di necessaria correlazione fra accusa e sentenza dà luogo ad una nullità non rientrante fra quelle assolute ed insanabili, ma a regime intermedio, sicché tale vizio non può essere dedotto per la prima volta in sede di legittimità ove esso non sia stato denunciato nei motivi di appello (Cass. sez. V, 28.9.2005 n. 44008, Di Benedetto ed altro). (conferma sentenza del 20.9.2010 della Corte di Appello di Trieste, con la quale, confermava quella del Tribunale di Udine) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric. Saviano. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/3/2011 (Ud. 26/1/2011) Sentenza n. 9282
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Responsabilità ex art.40 cpv. c.p. - Configurabilità - Mancato impedimento dell'evento - Punibilità della condotta illecita a carico di determinati soggetti - Presupposti. L'obbligo giuridico menzionato dal capoverso dell'art.40 c.p. non si riferisce all'ipotesi in cui un determinato e specifico comportamento sia imposto dall'ordinamento (si che la relativa inosservanza dell'obbligo integra il reato). Esso è riferibile, invece, alla disciplina del rapporto di causalità tra l'evento ed un qualsiasi comportamento omissivo in relazione all'ipotesi in cui un comportamento attivo (non determinato) avrebbe potuto evitare l'evento. In tale ipotesi, e solo con riferimento a questa, la norma dell'art.40 cpv. c.p., posta l'equivalenza tra la diretta causazione e mancato impedimento dell'evento, limita l'equivalenza detta (e quindi la sussistenza del nesso di causalità) al caso in cui il soggetto, restato inerte, aveva l'obbligo giuridico di evitare l'evento" (Cass.pen.sez.4, 5.11.1983 n.9176). Sicché, la disposizione del capoverso dell'art.40 del codice penale ha inteso,estendere la punibilità della condotta illecita a carico di determinati soggetti per eventi che colpiscono altre persone e che non siano da loro procurati, perché conseguenti all'azione di terzi o di altri fattori anche di natura accidentale, ma che pure si sarebbero evitati se fosse stato posto in essere un intervento teso ad eliminare la lesione del bene posto in pericolo, intervento richiesto come doveroso da una norma che imponga a tali soggetti di attivarsi (Cass. pen. sez.1 n.9901 del 16.10.1992). Deve quindi trattarsi, per potere ritenere configurabile la responsabilità ex art.40 cpv. c.p., di una omissione (vale a dire, "il mancato compimento dell'azione che si attendeva" da parte di un soggetto che era obbligato giuridicamente a compiere una determinata azione, che, se compiuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento). Si è, invece, al di fuori della previsione normativa quando l'agente abbia posto in essere una condotta commissiva, contribuendo con essa alla produzione dell'evento. (annulla con rinvio sentenza del 25.11.2009 del Tribunale di Catania) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Bucolo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/03/2011 (Ud.26/01/2011), Sentenza n. 9281
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudizio di legittimità - Funzione e limiti - Esame del materiale processuale - Art. 606, 1° c. lett. e), c.p.p., mod. dall'art. 8, 1° c. lett. b), L. n. 46/2006. Il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado di giudizio diretto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione. (Cass. sez. un. 23.11.1995 n. 2110, Facchini; Cass. sez. II, 5.5.2006 n. 19584, Capri ed altra; Cass sez. VI, 20.3.2006 n. 14054, Strazzanti). Tale impostazione, anche dopo la modifica dell'art. 606, primo comma lett. e), c.p.p., disposta dall'art. 8, comma primo lett. b), della legge 20 febbraio 2006 n. 46, è stata ribadita dalla giurisprudenza, secondo la quale può aversi vizio di travisamento della prova quando l'errore sia in grado "di disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione" e che questo può avvenire solo nei casi in cui "si introduce in motivazione un'informazione rilevante che non esiste nel processo", oppure "si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della decisione". (Cass. sez. II, 23.5.2007 n. 23419, P.G. in proc. Vignaioli; Cass. sez. I, 15.6.2007 n. 24667, Musumeci). L'esame del materiale processuale previsto dalla norma non può mai comportare per la Corte di legittimità una nuova valutazione del risultato probatorio e delle sue ricadute in termini di ricostruzione del fatto e delle responsabilità, ma deve limitarsi a verificare che la sentenza impugnata non sia incorsa nel vizio di travisamento della prova. Né i vizi logici, che devono essere manifesti, possono essere ravvisati nel fatto che il ricorrente abbia ritenuto non soddisfacenti le argomentazioni con le quali la sentenza impugnata ha risposto ai rilievi formulati nei motivi di gravame. (riforma sentenza del 5.3.2010 Corte di Appello di Firenze, con la quale, conferma Tribunale di Grosseto, sezione distaccata di Orbetello, del 26.2.2009) Pres. Ferrua, Est. Lombardi, Ric. Berti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 9/03/2011 (Ud. 26/01/2011) Sentenza n. 9278
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Mezzi di prova - Prova decisiva - Mancata assunzione - Superfluità di ulteriori mezzi istruttori - Art. 495 c. 2 c.p.p.- Art. 507 c.p.p.. La mancata assunzione di una prova decisiva può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione ai sensi dell'art. 495 comma 2 c.p.p. con la conseguenza che il relativo motivo non può essere fatto valere in sede di legittimità ove quel mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l'invito rivolto al giudice di merito ad avvalersi dei poteri integrativi probatori ex art. 507 c.p.p. senza esito positivo attesa la ritenuta non necessità da parte del giudice investito della questione ai fini della decisione (Cass. Cass. Sez. 6^ 5.8.2003 n. 33105). (riforma sentenza della Corte di Appello di Brescia del 15/01/2010 che confermava la sentenza del Tribunale di Brescia resa in data 25/06/2007) Pres. De Maio, Est. Grillo, Ric. Facchi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 9/03/2011 (Ud. 19/01/2011), Sentenza n. 9276
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Riconoscimento della refurtiva da parte
del derubato - Identificazione diretta - Atto processuale formale - Esclusione -
Mero accertamento di fatto. Per il riconoscimento della refurtiva da parte
del derubato non devono essere necessariamente osservate le formalità stabilite
per la ricognizione di cose; in questo caso, infatti, il derubato, avendo avuto
il possesso delle cose rubate, è in grado di identificarle direttamente, come
chiunque altro ne avesse avuto per ragioni analoghe personale conoscenza, e
quindi la relativa operazione, costituendo un mero accertamento di fatto e non
un atto processuale formale, può essere liberamente utilizzato dal giudice nella
formazione del suo convincimento (Cass. pen. sez. 1 n.5926 del 15.4.1998).
(conferma ordinanza del 24.3.2010 del Tribunale di Messina) Pres. Ferrua, Est.
Amoresano, Ric. Famà.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/03/2011 (Cc. 9/02/2011), Sentenza n.
8988
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Polizia giudiziaria e potere di sequestro -
Presupposti e limiti - Controllo da parte dell'autorità giudiziaria -
Artt.352-354 c.p.p.. La polizia giudiziaria non ha un generale ed autonomo
potere di sequestro. Tuttavia, gli artt.352-354 c.p.p., prevedono il potere
dovere della polizia giudiziaria di procedere, in casi predeterminati di
necessità e di urgenza, quando cioè non sia possibile un intervento tempestivo
del P.M., a perquisizioni e sequestri. Il legislatore ha previsto, però, un
rigoroso e penetrante potere di controllo da parte dell'autorità giudiziaria per
verificare la legittimità dell'operato della polizia giudiziario ed impedire
possibili arbitri in presenza dell'esercizio di un potere discrezionale.
L'art.355 c.p.p., riproducendo l'art.224 bis (introdotto con l'art.21
L.12.8.1982 n.532) del codice di rito abrogato, stabilisce che il P.M, cui
spetta funzionalmente il potere di disporre il sequestro, convalidi il sequestro
o restituisca le cose sequestrate. Tale controllo successivo ha ovviamente la
funzione di verificare che il potere discrezionale riconosciuto in materia alla
polizia giudiziaria sia stato esercitato nei limiti circoscritti previsti, sia
sotto il profilo dei presupposti che della natura dell'oggetto sequestrato
(corpo del reato e cose a questo pertinenti). (conferma ordinanza del 24.3.2010
del Tribunale di Messina) Pres. Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Famà.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/03/2011 (Cc. 9/02/2011), Sentenza n.
8988
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro di polizia giudiziaria in esecuzione
di un decreto del P.M. - Oggetto del sequestro indeterminato - Convalida -
Necessità - Certezza e concretezza l'oggetto del sequestro - Convalida -
Esclusione. Va considerato sostanzialmente sequestro di polizia giudiziaria
(come tale necessitante di convalida) anche quello eseguito in esecuzione di un
decreto del P.M. tutte le volte in cui siano indeterminate le cose da rinvenire
e sia quindi rimessa alla discrezionalità dell'organo esecutivo la
individuazione del rapporto pertinenziale con il delitto. Laddove, invece, il
decreto dell'autorità giudiziaria sia motivato in ordine alle ragioni in forza
delle quali l'oggetto del sequestro sia da considerare come corpo di reato
ovvero dei motivi che determinino un collegamento tra le cose, indicate
specificamente, da sequestrare ed il reato per cui si procede, risulta
rispettata l'esigenza sopra evidenziata. Sicché, quando, nel decreto del P.M.,
sia stato individuato, con sufficiente certezza e concretezza l'oggetto del
sequestro, non è necessario un ulteriore intervento di controllo (esercitato già
preventivamente). In conclusione, si impone, la convalida ogniqualvolta il
decreto dell'organo dell'accusa non specifichi l'oggetto della misura ma
contenga generica indicazione di corpo e/o pertinenza delle cose (eventualmente)
rinvenute rispetto al reato ipotizzato: poiché siffatta indeterminatezza rimette
al giudizio degli operanti l'individuazione del presupposto fondamentale del
sequestro, il relativo accertamento non può che essere provvisorio e richiede
tempestivo controllo dell'autorità giudiziaria (Cass. pen. sez.5 n.5672 del
2000-Cogni). (conferma ordinanza del 24.3.2010 del Tribunale di Messina) Pres.
Ferrua, Est. Amoresano, Ric. Famà.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 08/03/2011 (Cc. 9/02/2011), Sentenza n.
8988
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Procedimenti incidentali aventi ad oggetto provvedimenti di sequestro - Compiti e controllo del Tribunale. Nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto provvedimenti di sequestro, la verifica, delle condizioni di legittimità della misura - da parte - del Tribunale non può tradursi in una anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità degli indagati in ordine al reato o ai reati oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra fattispecie concreta e fattispecie legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria ed attenta della antigiuridicità penale del fatto (Cass. Sez. Unite, 7.11.1992, ric. Midolini). Inoltre, l'accertamento della sussistenza del "fumus commissi delicti" va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi - consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale, dunque, non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro" (Cass. Sez. Un., 29.1.1997, n. 23, ric. P.M. in protasi e altri). (conferma il decreto di perquisizione e sequestro del 13/07/2010) Pres. Ferrua, Est. Petti, Ric. Ferraioli ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 04/03/2011 (Cc. 10/02/2011), Sentenza n. 8796
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Ricorso proposto sul fondamento dell’art. 226 CE - Parere motivato - Indicazione della violazione del diritto dell’Unione - Necessità. Nell’ambito di un ricorso proposto sul fondamento dell’art. 226 CE, il parere motivato ed il ricorso devono esporre gli addebiti in modo coerente e preciso, al fine di consentire allo Stato membro e alla Corte di conoscere esattamente la portata della violazione del diritto dell’Unione contestata, presupposto questo necessario affinché il suddetto Stato possa far valere utilmente i propri motivi di difesa e affinché la Corte possa verificare l’esistenza dell’asserito inadempimento (C.G.E. sentenze 4/05/2006, causa C-98/04, Commissione/Regno Unito). Pres. Tizzano, Rel. Berger, Commissione europea c. Irlanda. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. I, 03/03/2011, Sentenza C-50/09
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Polizia giudiziaria - Perquisizione - Assenza di
avviso - Casi eccezionali di necessità e di urgenza - Presupposti - Disciplina
del codice di procedura penale e dell'art. 4 L. n. 152/75 (Disposizioni a tutela
dell'ordine pubblico) e L. n. 110/75 (Norme integrative della disciplina vigente
per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi) - (Fattispecie:
armi e sospetto di attività di bracconaggio). La legge n.152/75 è stata
emanata con finalità di tutela dell'ordine pubblico e la disposizione applicata
nella specie (articolo 4) consente alla polizia giudiziaria, nel corso di
operazioni di polizia ed in casi di eccezionali di necessità e di urgenza che
non consentono un tempestivo provvedimento dell'autorità' giudiziaria di
procedere, oltre che all'identificazione, anche all'immediata perquisizione sul
posto di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a
specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo non appaiono
giustificabili, al solo fine di accertare l'eventuale possesso di anni,
esplosivi e strumenti di effrazione. In tali casi la perquisizione può anche
estendersi, per le medesime finalità, al mezzo di trasporto utilizzato dalle
persone suindicate per giungere sul posto. Essa non presuppone, la commissione
di un reato, richiedendo soltanto la presenza di determinate ragioni di
sospetto. Sicché, le attività indicate dall'articolo 356 C.P.P. con riferimento
alla assistenza del difensore sono tutte finalizzate alla assicurazione delle
fonti di prova e sono specificamente indicate con l'indicazione dell'articolo
corrispondente. Lo stesso articolo 114 disp. att. C.P.P., nell'imporre
l'avvertimento del diritto all'assistenza del difensore, richiama unicamente
l'articolo 356 C.P.P.. L'espletamento della perquisizione ai sensi dell'articolo
4 Legge 152/75 non richiede pertanto alcun avviso. (Fattispecie: armi e sospetto
di attività di bracconaggio). (conferma ordinanza n. 24/2010 TRIBUNALE di TEMPIO
PAUSANIA, del 05/10/2010) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. Canu.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2/03/2011 (Ud. 9/02/2011), Sentenza n. 8097
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro ex art. 354 C.P.P. - Presupposti -
Formulazione e modalità dell'avviso - Art. 114 disp. att. C.P.P. - Fattispecie:
artt. 369, 369 bis C.P.P.. Il sequestro, disciplinato dall'articolo 354
C.P.P., presuppone, in base al disposto dell'articolo 114 disp. att. C.P.P., la
formulazione dell'avviso, seppure senza particolari formule sacramentali,
essendo soltanto richiesta l'idoneità al raggiungimento dello scopo. La
disposizione tiene conto della particolarità dell'atto e del momento in cui
viene effettuato, prevedendo che l'avviso sia dato solo all'indagato presente e
senza particolari formalità. In tale evenienza, la polizia giudiziaria non è
tenuta a ricevere l'eventuale nomina del difensore né, tantomeno, procedere alla
nomina di un difensore di ufficio (Cass. Sez. IV n. 26738, 28/07/2006). Nella
specie, la procedura seguita dalla polizia giudiziaria, ancorché effettuata
sulla base di differenti disposizioni (articoli 369, 369 bis C.P.P.) destinate
al Pubblico Ministero che non era tenuta ad applicare, poneva inequivocabilmente
l'indagato in condizione di avvalersi dell'assistenza di un difensore ed era
perfettamente corrispondente alle esigenze di tutela considerate dall'articolo
114 disp. att. C.P.P. (conferma ordinanza n. 24/2010 TRIBUNALE di TEMPIO
PAUSANIA, del 05/10/2010) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. Canu.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2/03/2011 (Ud. 9/02/2011), Sentenza n. 8097
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Principio della correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza. Il principio della correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza non va inteso in senso rigorosamente formale o meccanicistico ma, conformemente al suo scopo ed alla sua funzione, in senso realistico e sostanziale. La verifica dell'osservanza di detto principio non può esaurirsi, quindi, in un pedissequo e mero confronto puramente letterale tra contestazione e sentenza, ma va condotta sulla base della possibilità assicurata all'imputato di difendersi in relazione a tutte le circostanze del fatto, sicché deve escludersene la violazione ogni volta che non sia ravvisabile pregiudizio delle possibilità di compiuta difesa. (In particolare, con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, si da pervenire ad un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione e vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione. Cass. Sezioni Unite - sentenza n.16 del 22.10,1996, ric. Di Francesco). (conferma sentenza n. 144/2009 CORTE APPELLO di POTENZA, del 22/10/2009) Pres. Ferrua, Est. Fiale, Ric. Copeti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 25/02/2011 (Ud. 17/11/2010), Sentenza n. 7214
DIRITTO PROCESSUALE PENALE -
Sequestro preventivo - Procedura. In tema di esecuzione di sequestro
preventivo ed obbligo dell'avviso al difensore di fiducia dell'indagato ovvero
di avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere dal difensore di
fiducia, il codice di rito nulla prevede in tal senso, inoltre, non sono
applicabili le disposizioni contenute nell'articolo 365 c.p.p. quando la misura
cautelare reale corrisponde ad esigenze diverse da quelle previste per il
sequestro probatorio e che sono quelle di evitare che la libera disponibilità
del bene possa protrarre o aggravare le conseguenze del reato o determinare la
commissione di altri reati. Non riguardando le indagini preliminari, pertanto,
non può trovare applicazione una disposizione ad esse espressamente riferita
(Cass. Sez. III, 20/05/1999, n. 1266). (conferma l'ordinanza emessa l' 11/6/2010
dal Tribunale di Pistoia) Pres. De Maio, Est. Ramacci, Ric. De Ieso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Cc. 27/01/2011), Sentenza n.
6890
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro probatorio - Procedura. Il
sequestro probatorio attiene alle indagini del Pubblico Ministero o della
polizia giudiziaria e tale sua caratteristica rende necessario, all'atto
dell'esecuzione, l'assicurazione di garanzie difensive nei limiti fissati dal
codice di procedura non richiesta, invece, per la misura reale la quale,
pervenendo da un soggetto processuale neutrale quale è il giudice, non richiede
analoghe garanzie. (Cass. Sez. IV, 5/11/2009, n. 42512 conf. Cass., 26/10/2010,
n. 37937). Tale distinzione trova peraltro coerente riscontro nelle diverse
conclusioni cui deve giungersi allorquando il sequestro preventivo sia
eccezionalmente eseguito di iniziativa ai sensi dell'articolo 321, comma 3 bis
dalla polizia giudiziaria, poiché in tal caso viene a verificarsi la stessa
situazione prevista per il sequestro probatorio, con la conseguenza che
l'esclusione dell'avviso sarebbe incongrua (Cass. Sez. III, 30/05/2005, n.
20168). (conferma l'ordinanza emessa l' 11/6/2010 dal Tribunale di Pistoia)
Pres. De Maio, Est. Ramacci, Ric. De Ieso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Cc. 27/01/2011), Sentenza n.
6890
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo disposto dal giudice -
Procedura - Compiti del P.M. - Attività di mera esecuzione di un provvedimento.
Nel caso del sequestro preventivo disposto dal giudice, il Pubblico
Ministero si limita a curare l'esecuzione del provvedimento secondo quanto
dispone l'articolo 104 disp. att. C.P.P. il quale, a sua volta, richiama il
precedente articolo 92. Si tratta di attività di mera esecuzione di un
provvedimento, emesso dal giudice previa valutazione della sussistenza dei
presupposti di legge, che non può essere in alcun modo equiparabile alle diverse
attività cui si riferisce l'articolo 370 C.P.P., tanto è vero che nel caso in
cui il Pubblico Ministero, nell'ambito della attività di esecuzione del
sequestro preventivo, adotti provvedimenti specifici quali, ad esempio, lo
sgombero di un fabbricato per il quale è stata disposta la misura reale, si
ritiene che questi rientrino nell'ambito dei poteri esecutivi attribuitigli
dall'articolo 655 C.P.P., con la conseguenza che l'eventuale illegittimità deve
essere fatta valere davanti al giudice dell'esecuzione, cui spetta il potere di
revocare o modificare l'atto (Cass. Sez. III, 28/01/2010 n. 3924). Altrettanto
irrilevante è la mancanza, in ogni caso, della preventiva informazione di
garanzia ovvero della presenza di tutti i suoi contenuti nel provvedimento
cautelare emesso dal G.I.P.. (conferma l'ordinanza emessa l' 11/6/2010 dal
Tribunale di Pistoia) Pres. De Maio, Est. Ramacci, Ric. De Ieso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Cc. 27/01/2011), Sentenza n.
6890
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo - Natura di "atto a
sorpresa" - Avviso dell'informazione di garanzia - Esclusione. La natura di
"atto a sorpresa" del provvedimento di sequestro preventivo esclude la necessità
del previo avviso dell'informazione di garanzia e "agli effetti del congruo
esercizio del diritto di difesa, è lo stesso provvedimento impositivo del
vincolo reale ad essere, a quel fine, atto "autosufficiente", giacché la
motivazione che lo assiste, non può non enunciare - in positivo - l'intera gamma
dei presupposti su cui si radica l'applicazione della misura" (Cass. Sez. Il,
24/06/2008 n. 25694). Deve pertanto affermarsi il principio secondo il quale il
Pubblico Ministero, nel delegare la polizia giudiziaria ad effettuare un
sequestro preventivo disposto dal giudice si limita a curare l'esecuzione del
provvedimento secondo quanto dispone l'articolo 104 disp. att. C.P.P. il quale,
a sua volta, richiama il precedente articolo 92. Trattandosi di attività di mera
esecuzione di un provvedimento emesso dal giudice previa valutazione della
sussistenza dei presupposti di legge, non può essere in alcun modo equiparata
alle diverse attività cui si riferisce l'articolo 370 C.P.P. In conclusione, non
sussiste, l'obbligo del previo avviso al difensore di fiducia dell'indagato
della esecuzione del sequestro disposto dal giudice, né sussiste l'obbligo per
la polizia giudiziaria di avvisare l'indagato della facoltà di farsi assistere
da un difensore di fiducia. Non è inoltre dovuta la preventiva informazione di
garanzia né è richiesta la presenza di tutti i suoi contenuti nel provvedimento
cautelare emesso dal G.I.P.. (conferma l'ordinanza emessa l'11/6/2010 dal
Tribunale di Pistoia) Pres. De Maio, Est. Ramacci, Ric. De Ieso.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Cc. 27/01/2011), Sentenza n.
6890
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Responsabilità nelle contravvenzioni - Esenzione - Presupposti e limiti. Per escludere la responsabilità nelle contravvenzioni è necessario, che l'imputato provi di aver fatto quanto era possibile per osservare la legge e che quindi nessun rimprovero può essergli mosso neppure per negligenza o imprudenza. La buona fede acquista giuridica rilevanza solo se si risolva, a causa di un elemento estraneo all'agente, in uno stato soggettivo che sia tale da escludere anche la colpa. Sicchè la buona fede può esentare da responsabilità penale soltanto se il soggetto abbia violato la legge per cause indipendenti dalla sua volontà: la violazione della norma deve apparire, cioè, determinata da errore inevitabile che si identifica con il caso fortuito o la forza maggiore. Ne consegue che, in presenza di un reato, completo in tutti i suoi elementi costitutivi, incombe all'imputato l'onere di provare che l'evento si sia verificato per un avvenimento imprevedibile, estraneo alla sua volontà e che non può in alcun modo essere fatto risalire alla sua attività psichica. Deve trattarsi, quindi, di un fatto non prevedibile e non evitabile, pur con l'impiego di ogni diligenza. (conferma sentenza del 14.10.2009 del Tribunale di Savona) Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Trinca. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Ud. 19/01/2011), Sentenza n. 6872
DIRITTO PROCESSUALE
AMMINISTRATIVO - Art. 24 L. n. 689/81 - Reato e violazione amministrativa -
Spostamento di competenza - Presupposto. La connessione oggettiva richiesta
dall’art. 24 della L. n. 689/81, per determinare lo spostamento di competenza,
non consiste nella mera identità, totale o parziale, della condotta integrante
entrambe le fattispecie, amministrativa e penale; occorre invece, secondo il
dato normativo testuale, che “l’esistenza” del reato “dipenda” dall’accertamento
della violazione amministrativa (Cassazione civile, sez. trib., 28 febbraio
2008, n. 5242) Pres. Vadalà, Est. Marcelli - F. s.p.a. (avv. Verna) c. Comune di
Serra S. Quirico (avv. Ceruti) - (conferma Tribunale di Ancona, Sez. distaccata
di Fabriano del 16/07/2009) -
CORTE DI APPELLO DI ANCONA - 17 febbraio 2011, n. 159
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudizio di legittimità - Rilettura degli elementi di fatto - Esclusione. Il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado di giudizio volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di contestazione. Pertanto, è preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti. (conferma sentenza della CORTE DI APPELLO DI ROMA emessa il 29/09/2009) Pres. Squassoni, Est. Marini, Ric. Volpetti. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/02/2011 (Ud. 1/12/2010), Sentenza n. 5855
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sequestro preventivo di cosa pertinente al reato - Presupposti - Art. 321 c.p.p.. Il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato. (Cass. Sez. Unite 29.1.2003, sentenza n. 12878, P.M. in proc. Innocenti). (conferma ordinanza n. 2126/2009 TRIB. LIBERTA' di NAPOLI, dell'11/11/2009) Pres. Teresi, Est. Fiale, Ric. Romano. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 3/02/2011 (Ud. 22/10/2010) Sentenza n. 3885
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sentenza di patteggiamento e ricorso per Cassazione - Presupposti e limiti. In tema di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l'erronea qualificazione del fatto contenuta in sentenza deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l'eventualità' che l'accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità (Cass. Sez. IV, 18/3/2010, n. 10692). Inoltre, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti della sentenza di patteggiamento e diretto a far valere asseriti vizi afferenti a questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, poiché l'accusa, come giuridicamente formulata, non può essere rimessa in discussione, in quanto l'applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato. (Cass. Sez. V, 4/6/2010, n. 21287; Conf., Cass. sez. II, 14/01/2009, n. 5420). Sicché, non assume rilievo la mancata indicazione in sentenza degli aumenti imputabili a ciascuno dei reati unificati sotto il vincolo della continuazione (Cass. Sez. I, 5/05/2008 n. 17815) e la mancanza di indicazioni in merito al giudizio di comparazione tra le attenuanti generiche concesse e l'aggravante contestata, essendo la mera affermazione della congruità della pena sufficiente a soddisfare l'obbligo di motivazione (Cass. Sez. III, 11/11/2009, n. 42910; Cass. Sez. V, 10/11/1999 n. 4715). (dich. inammissibile il ricorso avverso la sentenza emessa il 3/12/2009 dal G.U.P. del Tribunale di Larino) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. PG in proc. D’Alessandro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 1/02/2011 (Cc. 21/12/2010) Sentenza n. 3638
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Pagamento della Tariffa di Igiene Ambientale (T.I.A.) - Restituzione delle maggiori somme indebitamente corrisposta a titolo di IVA - Controversia tra soggetti privati - Diritto di rivalsa - Giurisdizione del giudice ordinario - Contemporanea pendenza giudizio tributario - Art. 10, D. L.vo n. 546/1992 - Art. 295 c.p.c.. In tema di IVA, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda proposta dal consumatore finale nei confronti del professionista o dell'imprenditore che abbia effettuato la cessione del bene o la prestazione del servizio per ottenere la restituzione delle maggiori somme addebitategli in via di rivalsa per effetto dell'applicazione di un'aliquota asseritamente superiore a quella prevista dalla legge: poiche', infatti, soggetto passivo dell'imposta e' esclusivamente colui che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, la controversia in questione non ha ad oggetto un rapporto tributario tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra soggetti privati, che comporta un mero accertamento incidentale in ordine all'ammontare dell'imposta applicata in misura contestata" (Cass. SS.UU. 2775/2007; conf. 6632/2003, 1147/2000). Il principio resta valido anche quando, come nella specie, il debito iva venga totalmente contestato. Si tratta, in ogni caso, di una controversia tra privati, alla quale "resta estraneo l'esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà - soggezione, proprio del rapporto tributario" (Cass. SS.UU. 15031/2009). Ne' rileva la circostanza che il giudizio sulla richiesta di rimborso dell'iva implichi la necessità di accertare se l'imposta fosse dovuta e quale sia la natura dell'obbligo di pagare la TIA. Infatti, nelle controversie tra privati, che abbiano ad oggetto la richiesta di rimborso di una imposta che si assume essere stata indebitamente pretesa dalla controparte (non identificabile in uno dei soggetti di cui al Decreto Legislativo articolo 10 n. 546 del 1992, il giudice ordinario competente ha sempre il potere "di sindacare in via incidentale la legittimità dell'atto impositivo ove sia presupposto e di disapplicarlo, ovvero di disporre la sospensione del giudizio, ai sensi dell'articolo 295 c.p.c., in caso di contemporanea pendenza del giudizio tributario" (Cass. SS.UU. 15032/2009). Pres. De Luca, Rel. Merone, Ric. Bo. Gi. C. V. S.P.A.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, 28/01/2011 Ordinanza n. 2064
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Ricorso per cassazione - Compendio probatorio - Rilettura alternativa Esclusione - Declaratoria di inammissibilità del ricorso. In sede di ricorso per cassazione, si impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso per il gravame che si risolve in una mera rilettura alternativa dell'intero compendio probatorio. Sicché, in sede di legittimita' non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass. 23.03.1995, n. 1769; Cass. Sez. 6 dell’8.05.2009 dep. 28.05.2009, sentenza n. 22445). (dich. Inammissibile ricorso avverso sentenza n. 4461 del 16/07/2010, CORTE APPELLO di TORINO) Pres. Morgigni, Est. Montagni, Ric. L'. Gi.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. IV, 26/01/2011 Sentenza n. 2606
DIRITTO PROCESSUALE PENALE -
Ricorso per cassazione - Mancanza di specificità del motivo - Inammissibilità -
Art. 591, c. 1, lett. c). È inammissibile il ricorso per cassazione fondato
su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate
dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La
mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per
la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste
a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni
del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente
dell'articolo 591, comma 1, lett. c), all'inammissibilità" (Cass., Sez. 4,
03/05/2000, n. 5191; Conf: Cass. Sez. 5, 25/03/2005, n. 11933). (conferma
sentenza n. 6274/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 21/04/2009) Pres. Morgigni,
Rel. Romis, Ric. MA. AN..
CORTE DI CASSAZIONE, PENALE Sez. IV 26/01/2011, Sentenza n. 2578
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Sentenza di primo grado e di appello - Doppia
conforme - Risultato organico ed inscindibile delle Motivazioni. Le
motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, nel caso di doppia
conforme, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato
organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per
giudicare della congruità della motivazione (Cass., Sez. 3, 23/04/1994, n.
4700). (conferma sentenza n. 6274/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 21/04/2009)
Pres. Morgigni, Rel. Romis, Ric. MA. AN..
CORTE DI CASSAZIONE, PENALE Sez. IV 26/01/2011, Sentenza n. 2578
DIRITTO PROCESSUALE PENALE -
Giudizio di appello - Rinnovazione del dibattimento - Discrezionalità del
giudice - Istituto di carattere eccezionale. Nel giudizio di appello, la
rinnovazione del dibattimento è un istituto di carattere eccezionale al quale
può farsi ricorso esclusivamente quando il giudice ritenga, nella sua
discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti "sicché non può
essere censurata la sentenza nella quale siano indicati i motivi per i quali la
riapertura dell'istruttoria dibattimentale non si reputi necessaria". (Cass.
Sez. 1 n. 8511/92, Russo; Cass. Sez. 6 n. 6873/93, Rizzo; Cass. Sez. 6 15.3.96,
Riberto). (dich. inamm. il ricorso avverso Sentenza della Corte d'appello di
Lecce del 16.2.09) Pres. Ferrua, Est. Mulliri, Ric. Fe. Ro. Ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 Sentenza n. 2312
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudizio di legittimità - Vizio della
motivazione - Effetti - Art. 606 c.p.. Un vizio della motivazione non dà
luogo a violazione di legge (articolo 606, lettera b), tranne che nei casi di
mancanza assoluta di motivazione (o di motivazione meramente apparente) mentre
l'illogicità manifesta può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto
tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lettera e)
dell'articolo 606, stesso Codice. (dich. inamm. il ricorso avverso Sentenza
della Corte d'appello di Lecce del 16.2.09) Pres. Ferrua, Est. Mulliri, Ric. Fe.
Ro. Ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 Sentenza n. 2312
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudizio di legittimità - Controllo degli
elementi probatori - Esclusione. Il giudice di legittimità (che è giudice
della motivazione e dell'osservanza della legge) non può divenire giudice del
"contenuto della prova" non competendogli un controllo (riservato esclusivamente
al giudice di merito) sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. (dich.
inamm. il ricorso avverso Sentenza della Corte d'appello di Lecce del 16.2.09)
Pres. Ferrua, Est. Mulliri, Ric. Fe. Ro. Ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 Sentenza n. 2312
DIRITTO PROCESSUALE PENALE -
Denuncia del vizio - Presupposti e limiti - Art. 606 c.p.p., lett. e). Ai
fini della denuncia del vizio ex articolo 606 c.p.p., lettera e), è
indispensabile dimostrare che il testo del provvedimento impugnato è
manifestamente carente di motivazione e/o di logica mentre non è, invece,
producente opporre alla valutazione dei fatti, contenuta nella decisione
criticata, una diversa ricostruzione attraverso un nuovo esame di deposizioni o
consulenze dato che, in quest'ultima ipotesi, verrebbe inevitabilmente invasa
l'area degli apprezzamenti riservati al giudice di merito. (Cass., Sez. III,
16/02/2010, Sent. n. 6266, Ric. Bellini). (dich. inamm. il ricorso avverso
Sentenza della Corte d'appello di Napoli del 22.12.09) Pres. Ferrua, Est.
Mulliri, Ric. Ro. Ra..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 Sentenza n. 2311
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Gravità del reato o capacità a delinquere -
Aumento della pena edittale - Provvedimento motivato e logico - Art. 133 c.p..
Una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata
è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media
di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto
dell'impiego dei criteri di cui all'articolo 133 c.p., le espressioni del tipo:
"pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla
gravità del reato o alla capacità a delinquere. (dich. inamm. il ricorso avverso
Sentenza della Corte d'appello di Napoli del 22.12.09) Pres. Ferrua, Est.
Mulliri, Ric. Ro. Ra..
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/01/2011 Sentenza n. 2311
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Ricorso in Cassazione - Violazione di norme di diritto processuale o di norme di diritto sostanziale - Disciplina e presupposti - Principio d'autosufficienza del ricorso - Art. 112 CPC in relazione all'art. 360 n. 4 CPC - Fattispecie: confine di fatto e confine catastale violazione delle distanze, accertamento tramite ctu, istanza di demolizione. L'omessa pronunzia, quale vizio della sentenza, dev'essere, anzi tutto, fatta valere dal ricorrente per cassazione esclusivamente attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell'art. 112 CPC in relazione all'art. 360 n. 4 CPC e non già con la denunzia della violazione di differenti norme di diritto processuale o di norme di diritto sostanziale ovvero del vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 CPC (Cass. 22.11.06 n. 24856; Cass. 14.2.06 n. 3190; Cass. 19.5.06 n. 11844; Cass. 27.01.06 n. 1755; Cass. 24.6.02 n. 9159; Cass. 11.1.02 n. 317; Cass. 27.9.00 n. 12790; Cass. 28.8.00 n. 11260; Cass. 10.4.00 n. 4496; Cass. 6.11.99 n. 12366). Perché, poi, possa utilmente dedursi il detto vizio, è necessario, da un lato, che al giudice del merito fossero state rivolte una domanda od un'eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si rendesse necessaria ed ineludibile, e, dall'altro, che tali domanda od eccezione siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente e/o per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo del giudizio di secondo grado nel quale l'una o l'altra erano state proposte o riproposte, onde consentire al giudice di legittimità di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività della proposizione nel giudizio a qua ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi: ove, infatti, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, dell'art. 112 CPC, ciò che configura un'ipotesi di error in procedendo per il quale la suprema Corte è giudice anche del "fatto processuale", detto vizio, non essendo rilevabile d'ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità d'esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato all'adempimento da parte del ricorrente, per il principio d'autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l'altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell'onere d'indicarli compiutamente, non essendo consentita al giudice stesso una loro autonoma ricerca ma solo una loro verifica (Cass. 19.3.07 n. 6361; Cass. 28.7.05 n. 15781 SS.UU.; Cass. 23.9.02 n. 13833; Cass. 11.1.02 n. 317; Cass. 10.5.01 n. 6502). (conferma sentenza n. 74/2004 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 03/04/2004) Pres. Schettino, Rel. Correnti, Ric. Ma. Ga.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. II, 21/01/2011, Sentenza n. 1499
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Reati paesaggistici-edilizi - Apposizione del sigillo - Funzione - Violazione di sigilli - Tutela penale riconosciuta a tale strumento - Finalità - Intangibilità della cosa - Art. 349 c.p.. Il reato contenuto all'art. 349 c.p. (violazione di sigilli) è configurabile anche nel caso in cui i sigilli siano stati apposti esclusivamente per impedire l'uso illegittimo della cosa, perché questa finalità deve ritenersi compresa in quella, menzionata nella disposizione, di assicurare la conservazione o la identità della cosa. (Cass. Sez. U., 10/2/2010, n. 5385, D'Agostino). Sicché, oggetto di tutela è l'intangibilità della cosa rispetto ad ogni atto di disposizione o di manomissione e pertanto anche l'interdizione dell'uso disposta dall'autorità ha la finalità di assicurarne la conservazione, a prescindere dalle ragioni del provvedimento di limitazione. Pertanto, l'apposizione del sigillo è un mezzo di portata generale destinato a rafforzare la protezione delle cose che l'autorità giudiziaria o amministrativa è autorizzata dalla legge a rendere indisponibili per il perseguimento dei suoi compiti istituzionali. (Fattispecie: reati di cui agli artt. 110 c.p., 44 lett. c), 64-65-71-72-93 e 95 d.P.R. 380/2001, art. 163 d.lgs 42/2004 e artt. 734 c.p.). (conferma sentenza n. 1746 del 23/11/2009, CORTE APPELLO di SALERNO) Pres. Ferrua, Est. Rosi, Ric. Di Paola ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2011 (Ud. 17/11/2010) Sentenza n. 1521
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Illeciti edilizi - Procedure di sanatoria - Sospensione dei procedimenti penali - Presupposti di legge - Verifica del giudice - Obbligo - Art. 44 L. n. 47/1985 - Art. 32, c.25°, D.L. n. 269/2003, conv. con modif. L. n. 326/2003. In tema di illeciti edilizi, la sospensione dei procedimenti penali fino alla scadenza dei termini per la definizione delle procedure di sanatoria, quale prevista dall'art. 44 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (facente parte delle disposizioni richiamate dall'art. 32, comma venticinquesimo, del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, corni. con modif. in legge 24 novembre 2003 n. 326), richiede la previa verifica, da parte del giudice, della sussistenza dei requisiti astrattamente previsti dalla legge. (Cass. Sez. 3, 26/8/2004, n. 35084, Barreca). (conferma sentenza n. 1746 del 23/11/2009, CORTE APPELLO di SALERNO) Pres. Ferrua, Est. Rosi, Ric. Di Paola ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 19/01/2011 (Ud. 17/11/2010) Sentenza n. 1521
DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Memorie difensive - deposito - Art. 73
codice del processo amministrativo - Termine di trenta giorni - Regime
processuale antecedente - Regime transitorio. L’art. 73 del nuovo codice del
processo amministrativo approvato col D. Lgs. 104/2010 prevede che le memorie
difensive debbano essere depositate almeno 30 giorni liberi antecedenti
l’udienza di trattazione. Ai fini dell’applicazione del precedente regime
processuale, che prevedeva il diverso termine di dieci giorni, va fatto
riferimento non alla data dell’atto di fissazione dell’udienza pubblica, ma alla
condizione di pendenza del termine (cfr. art. art. 2, della parte IV del c.p.a.:
“Per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice
continuano a trovare applicazione le norme previgenti.”). Pres. f.f. Schillaci,
Est. Bruno - I.R.F. (avv. Pergolizzi) c. Comune di Milazzo (avv. Amato).
TAR SICILIA, Catania, Sez.II - 14 gennaio 2011, n. 57
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Misure cautelari reali - Sequestro preventivo -
Giudice del riesame - Poteri e limiti - Giurisprudenza. In materia di misure
cautelari reali il giudice del riesame deve verificare solo la sussumibilità del
fatto nell'ipotesi di reato oggetto di indagine, secondo le prospettazioni della
pubblica accusa, sia pur tenendo conto delle deduzioni difensive dell'indagato,
mentre è escluso l'accertamento della esistenza dei gravi indizi di
colpevolezza. (Cass. sez. un. n. 23 del 1997, Bassi ed altri, giurisprudenza
successiva conforme). (conferma ordinanza del Tribunale di Latina del 29.4.2010,
con la quale è stato confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal
G.I.P. del Tribunale di Latina in data 2.4.2010) Pres. Ferrua, Est. Lombardi,
Ric. Lanzi. CORTE
DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/01/2011 (Cc. 3/12/2010), Sentenza n. 770
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Funzione dell'indagine di legittimità - Elementi probatori - Limite all’interpretazione. La funzione dell'indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l'intrinseca attendibilità dei risultati dell'interpretazione delle prove e di attingere il merito dell'analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici, con l'ulteriore conseguenza che ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un'altra, ancorché altrettanto logica (Cass. 5.12.02 Schiavone; Cass. 6.05.03 Curcillo). (dich. inammissibile i ricorsi avverso sentenza n. 592/2006 TRIB. SEZ. DIST. di AVOLA, dello 05/10/2009) Pres. vecchio, Est. Bonito, Ric. Sommariva ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. I, 14/01/2011 (Ud. 2/12/2010), Sentenza n. 715
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Giudizio per cassazione - Omessa motivazione da parte del giudice di merito - Automatica nullità del provvedimento - Esclusione - Valutazione della Corte - Verifica di motivi manifestamente infondati o comunque inammissibili. Nel giudizio di legittimità l'omessa motivazione da parte del giudice di merito in relazione a motivi libellati dall'interessato non comporta automatica nullità del provvedimento assoggettato ad impugnazione, dovendo valutare, se non si tratti di motivi manifestamente infondati o comunque inammissibili. (dich inamm. il ricorso avverso Corte di Appello di Napoli il 17/11/95 che confermava il Tribunale di Napoli, sez. dist. di Pozzuoli, quale giudice dell'esecuzione, ordinanza del 6/10/09) Pres. Ferrua, Est. Gazzara, Ric. Pa. Ro.. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 14/01/2011 Sentenza n. 758
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Ricorso per cassazione - Rilievi generici, apodittici e carenti - Motivazione recepita "per relationem" - Presupposti per l’impugnazione. Non merita favorevole apprezzamento, il ricorso che si sostanzia in rilievi di errori valutativi, che si rivelano generici, apodittici e carenti anche sotto il profilo dell'autosufficienza, non essendo nemmeno ricondotti a specifiche richiamate risultanze istruttorie. Al riguardo, non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca "per relationem" le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d'ufficio di cui dichiari di condividere il merito. Pertanto, per infirmare, sotto il profilo dell'insufficienza argomentativa, tale motivazione è necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d'ufficio già dinanzi al giudice "a quo", la loro rilevanza ai fini della decisione e l'omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell'elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità. (conferma sentenza n. 5194, depositata il 09/12/2003, CORTE D'APPELLO di ROMA) Pres. Vitrone, Est. Giancola, Ric. Comune di Te.. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sez. II, 13/01/2011 (Cc. 15 /12/2010) Sentenza n. 715
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Ragionevole durata del processo - Poteri del
giudice. Il rispetto del diritto fondamentale a una ragionevole durata del
processo (derivante dall’articolo 111, secondo comma, della Costituzione e dagli
articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali) impone al giudice (ai sensi degli articoli 127 e 175 c.p.c.) di
evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita
definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si
traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue
perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in
particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso
dall’articolo 101 c.p.c., da effettive garanzie di difesa (articolo 24 della
Costituzione) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di
parità (articolo 111, secondo comma, della Costituzione), dei soggetti nella cui
sfera giuridica l’atto finale è destinato a esplicare i suoi effetti (Cass.
Civ., Sez. I, 9 giugno 2010, n. 13896). Giud. Mon. Levita.
TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI, Sez. civile, 12/01/2011
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Consulenza tecnica d'ufficio - Natura -
Richiesta di CTU volta alla ricerca di circostanze non provate - Rigetto -
Legittimità. La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in
senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di
elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitano di specifiche
conoscenze, con la conseguenza che il suddetto mezzo di indagine non può essere
utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume,
ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire
alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere
una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non
provati (Cass. Civ., Sez. Lav., 17 luglio 2009, n. 16778; Cass. Civ., Sez. III,
13 marzo 2009, n. 6155; Cass. Civ., Sez. III, 5 luglio 2007, n. 15219; Cass.
Civ., Sez. I, 2 maggio 2006, n. 10117; Cass. Civ., Sez. III, 14 febbraio 2006,
n. 3191; Cass. Civ., Sez. II, 11 gennaio 2006, n. 212). Giud. Mon. Levita.
TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI, Sez. civile, 12/01/2011
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Danno esistenziale - Risarcibilità - Limiti - Artt. 2059 - 2043 c.c. Il danno c.d. esistenziale, non costituisce una categoria autonoma di pregiudizio, posto che rientra nell'alveo del danno morale, con la conseguenza che non può essere liquidato separatamente solo perché diversamente denominato, restando assorbito dal risarcimento del danno morale in tutti i casi in cui quest’ultimo è ritenuto risarcibile (Cass., Sez. Un. n. 3677/2009; Cass. Civ., Sez. III, n. 19816/2010). Tale assunto discende dalla disposizione normativa di cui all’art. 2059 c.c., da leggersi – non già come disciplina di un’autonoma fattispecie di illecito, produttiva di danno non patrimoniale, distinta da quella di cui all’art. 2043 c.c. – bensì come norma che regola i limiti e le condizioni di risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali (intesa come categoria omnicomprensiva, all’interno della quale non è possibile individuare, se non con funzione meramente descrittiva, ulteriori sottocategorie), sul presupposto dell’esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito richiesti dall’art. 2043 c.c., e cioè: la condotta illecita, l’ingiusta lesione di interessi tutelati dall’ordinamento, il nesso causale tra la prima e la seconda, la sussistenza di un concreto pregiudizio patito dal titolare dell’interesse leso (Cass. Civ., Sez. Un., 19 agosto 2009, n. 18356, Cass. Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974 e 26975). Fattispecie in tema di richiesta di danni patrimoniali e morali per la perdita di un cane volpino azzannato da due cani maremmani (di proprietà di parte convenuta), lasciati incustoditi, e deceduto circa sette mesi dopo. Giud. Mon. Levita. TRIBUNALE DI SANT'ANGELO DEI LOMBARDI, Sez. civile, 12/01/2011
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE - Giudice di merito - Difetto assoluto o motivazione apparente - Omissione - Approfondita disamina logica e giuridica - Necessità - Art. 360 c.p.c., c. 1, n. 5. Ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, risulta, di fatto malgoverno del quadro normativo di riferimento e dei principi in termini, per i quali ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 1756/2006; Cass. n. 890/2006). (annulla con rinvio sentenza n. 235 della Commissione Tributaria Regionale di Bologna, Sez. Staccata di Parma n. 22, del 12.12.2006, dep. 27/02/2007) Pres. Lupi, Est. Di Blasi, Ric. Comune di Casalgrande. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezione Tributaria, Ordinanza 4/01/2011, n. 148
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Art. 58 comma 2 L. 689/1981 - Potere discrezionale del giudice nella sostituzione della pena detentiva - Riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p. - Insindacabilità. E’ esente da vizi la motivazione con la quale il giudice di appello, esercitando il potere discrezionale previsto dalla Legge 24 novembre 1981, n. 689, articolo 58, respinge l’istanza di sostituzione della pena detentiva, in considerazione dei criteri di cui all’articolo 133 c.p., atteso che l’articolo 58, comma 2, della Legge n. 689 del 1981, deve essere letto in relazione al cit. articolo, comma 1, il quale, nell’orientare il potere discrezionale del giudice nella sostituzione della pena detentiva, menziona espressamente i criteri indicati nell’articolo 133 c.p. Pres. MORGIGNI, Est. MONTAGNI - P.G. D’ANGELO - Ric. BR. EZ. - CORTE DI CASSAZIONE, Sezione IV penale, 4 gennaio 2011, n. 127
DIRITTO PROCESSUALE PENALE -
Correlazione tra contestazione e sentenza di condanna. In tema di
correlazione tra contestazione e sentenza di condanna, la contestazione del
fatto non deve essere ricercata soltanto nel capo di imputazione, ma deve essere
vista con riferimento ad ogni altra integrazione dell'addebito che venga fatta
nel corso del giudizio e sulla quale l'imputato sia stato posto in grado di
opporre le proprie deduzioni (Cass. Sez. 4, 5/11/2009, Cacioppo ed altro). Pres.
Morgigni, Rel. Piccialli, Ric. As. Ed altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 4, 4/01/2011, Sentenza n. 122
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Prescrizione del reato - Diritto di rinuncia -
Esercizio e limiti. In tema di prescrizione del reato, il diritto di
rinuncia può essere esercitato solamente dopo che la prescrizione sia maturata,
in quanto solo da quel momento l'interessato può valutarne gli effetti (Cass.
Sez. 2, 15/11/2005, Colanera). Pres. Morgigni, Rel. Piccialli, Ric. As. Ed
altri.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 4, 4/01/2011, Sentenza n. 122
Vedi sullo stesso argomento le massime degli anni
2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 -2001 - 2000 - 1999-92
(N.B.:
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