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Giurisprudenza

 

Pubblica Amministrazione

Diritto amministrativo

 

 

2011

 

Si veda anche: Appalti - Urbanistica - Procedure e Varie - Espropriazione - Lavoro - Giurisprudenza

 

 

 Vedi: Pubblica Amministrazione anni

 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005 - 2004 - 2003 - 2002 - 2001 - 2000 -1999 -1998 -1997-92

(N.B.: queste pagine continueranno ad essere aggiornate)

 

 

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Abuso d’ufficio - Dirigente dell'ufficio tecnico - Rilascio concessione edilizia in sanatoria per opera non conforme agli strumenti urbanistici generali vigenti - Configurabilità - Artt.81, 323, 378 c.p.. Configura un ingiusto vantaggio patrimoniale anche il mero incremento del valore commerciale dell'immobile, per cui ben può essere chiamato a rispondere di abuso di ufficio il responsabile del settore urbanistico del Comune che abbia rilasciato una concessione edilizia in sanatoria per un'opera non conforme agli strumenti urbanistici generali vigenti in quel Comune (Cass. Sez.6, del 6/6/2008, n.35856 Morelli). (conferma sentenza n. 1493/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del 11/02/2010) Pres. De Maio, Est. Rosi, Ric. Capodieci. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 14/07/2011 (Ud. 23/03/2011) Sentenza n. 27703

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Accesso ai documenti amministrativi - Interesse ad agire - Omissione di atti di ufficio - Art.25 L. n.241/1990 - Art.328 cp.. In tema di omissione di atti di ufficio, con particolare riferimento alla richiesta di accesso ai documenti amministrativi ai sensi dell'art.25 legge 7/8/1990 n.241, dalla lettura del secondo comma dell'art.328 cp., si ricava che la facoltà di interpello del privato, cui corrisponde un dovere di rispondere o di attivarsi servizio, interesse da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico è riconosciuta esclusivamente al soggetto, che abbia interesse al compimento dell'atto. Tale interesse non si identifica con quello generale al buon andamento della pubblica amministrazione, che riguarda tutti i consociati, ma in quello che fa capo ad una situazione soggettiva, sulla quale il provvedimento è destinato direttamente ad incidere (Cass. Sez. VI 4/2-29/5/2008 n.21735). (riforma sentenza n. 536/2008 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di CASTROVILLARI, del 11/05/2009) Pres. Garribba, Est. Gramendola, Ric. Pubblico Ministero in proc. Bria. CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 15/06/2011 (Ud. 18/05/2011) Sentenza n. 24022
 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Circolare della pubblica amministrazione - Effetti non vincolanti - Natura ed efficacia delle circolari - Uffici gerarchicamente sottordinati - Vincolo - Esclusione. La circolare interpretativa è atto interno alla pubblica amministrazione che si risolve in un mero ausilio interpretativo e non esplica alcun effetto vincolante non solo per il giudice penale, ma anche per gli stessi destinatari poiché non può comunque porsi in contrasto con l'evidenza del dato normativo. Pertanto, va sottolineata la natura di atti meramente interni alla pubblica amministrazione che esprimono esclusivamente un parere dell'amministrazione medesima non vincolante per il destinatario, per gli uffici, per la stessa autorità che l'ha emanata e per il giudice. Sicché, la circolare nemmeno vincola gli uffici gerarchicamente sottordinati, ai quali non è vietato di disattenderla (evenienza, questa, che, peraltro, è raro che si verifichi nella pratica), senza che per questo il provvedimento concreto adottato dall'ufficio possa essere ritenuto illegittimo "per violazione della circolare". La circolare non vincola, il Giudice (e, a maggior ragione, la Corte di Cassazione) dato che per l'annullamento di un atto impositivo emesso sulla base di una interpretazione data dall'amministrazione e ritenuta non conforme alla legge, non dovrà essere disapplicata la circolare, in quanto l'ordinamento affida esclusivamente al Giudice il compito di interpretare la norma (Cass. SS. UU. civili n. 23031, 2/11/2007 in materia tributaria). (conferma ordinanza emessa il 9110/2009 dalla Corte d'Appello di Salerno) Pres. Petti, Est. Ramacci, Ric. Santoriello. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 17/5/ 2011 (Ud. 27/4/2011) Sentenza n. 19330

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Sportello unico edilizia - Amministrazioni comunali - Mancata istituzione - Poteri delle Regioni. L'articolo 5 del D.P.R. 380/01, stabilisce che le amministrazioni comunali, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, provvedano, anche mediante esercizio in forma associata delle strutture ai sensi del capo V, Titolo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ovvero accorpamento, disarticolazione, soppressione di uffici o organi già esistenti, alla costituzione di un ufficio denominato sportello unico per l'edilizia, destinato a curare tutti i rapporti fra il privato, l'amministrazione e, ove occorra, le altre amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto della richiesta di permesso o di denuncia di inizio attività. Ciò posto, deve rilevarsi che la mancata istituzione è del tutto indifferente per quanto riguarda il conseguimento dei titoli abilitativi ed, in ogni caso, la definizione delle pratiche inerenti la disciplina urbanistica ed edilizia. Lo sportello unico costituisce, pertanto, il tramite tra il privato e l'amministrazione per il rilascio dei titoli abilitativi ed uno strumento di semplificazione dei relativi procedimenti amministrativi ed è stato modellato su quello già previsto per le attività produttive di cui al d.p.r. 20 ottobre 1998 n. 447. Sebbene la costituzione dello sportello unico sia obbligatoria, non sono tuttavia previsti termini temporali né sanzioni in caso di mancata istituzione ed inoltre, la natura di norma regolamentare dell'articolo 5 menzionato ed il riferimento dello sportello unico alla disciplina di "governo del territorio" determinano, quali eventuali conseguenze, la possibilità per le Regioni di disciplinarlo con proprie leggi o addirittura sopprimerlo e, per i Comuni, di organizzarne la gestione e l'organizzazione. E' di tutta evidenza che la mancata istituzione dello Sportello Unico non incide in alcun modo sul regime autorizzatorio degli interventi edilizi disciplinato da specifiche disposizioni normative che sarà comunque gestito dall'amministrazione competente. (conferma sentenza emessa il 16/11/2009 dal Tribunale di Tribunale di Catania - Sezione Distaccata di Giarre) Pres. Petti, Est. Ramacci, Ric. Manera. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 17/05/2011 (Ud. 27/04/2011) Sentenza n. 19315
 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - DIRITTO URBANISTICO - Reato di abuso d'ufficio - Configurabilità - Vantaggio privato affiancato ad una finalità pubblica - Fattispecie - Art. 323 c.p.. Nell'ipotesi di reato contenuta nell’articolo 323 c.p., occorrerà verificare quali sia stato il vero fine, vantaggio privato o finalità pubblica, che ha mosso l'agente ed in che misura un fine abbia avuto la prevalenza sull'altro ed escludere il reato allorché il fine pubblico ha avuto la prevalenza sull'altro. In definitiva il vantaggio o danno per il privato può essere affiancato anche da una finalità pubblica che rappresenti una mera occasione o pretesto per coprire la condotta illecita. (Fattispecie: lavori realizzati in totale difformità dalla concessione edilizia). (riforma sentenza della Corte d'appello di Roma del 4/5/2010) Pres. Ferrua, Est. Petti, Ric. Cesaroni ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/5/2011 (Ud. 24/2/2011), Sentenza n. 18895

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Reato di abuso d'ufficio - Elemento soggettivo del reato - Fine politico dell’agente - Antitesi con la finalità altruistica e collettiva - Fattispecie: Sindaco con smania di protagonismo e finalità propagandistica per aumentare il consenso elettorale - Art. 323 c.p.. Ai sensi dell’art. 323 c.p. (abuso d'ufficio) il perseguimento del fine pubblico dell’agente non vale ad escludere il dolo sotto il profilo dell’intenzionalità, allorché, rappresenti un mero pretesto con il quale venga mascherato l’obiettivo reale della condotta. Sicché, il vantaggio o danno per il privato può essere affiancato anche da una finalità pubblica che rappresenti una mera occasione o pretesto per coprire la condotta illecita. La finalità pubblica non deve essere confusa con il fine politico dell’agente, con l’esigenza di dimostrare la propria capacità di “governo” ai consociati, con la smania di protagonismo, con la finalità propagandistica, con l’aspirazione ad aumentare il consenso elettorale perché questi sono motivi egoistici che si pongono in antitesi con la finalità altruistica e collettiva che deve connotare la finalità pubblica. (Fattispecie: lavori realizzati in totale difformità dalla concessione edilizia da parte del Sindaco con smania di protagonismo e finalità propagandistica per aumentare il consenso elettorale). (riforma sentenza della Corte d'appello di Roma del 4/5/2010) Pres. Ferrua, Est. Petti, Ric. Cesaroni ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/5/2011 (Ud. 24/2/2011), Sentenza n. 18895

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Condotta del sindaco - Violazione della normativa di settore - Reato di abuso d'ufficio - Configurabilità - Fattispecie: Esautorazione e sostituzione di funzionari con altri più compiacente e malleabili - Art. 323 c.p.. Integra il reato di abuso d'ufficio la condotta del sindaco di un Comune che, in violazione della normativa di settore, conferisca un incarico dirigenziale a persona priva dei requisiti di legge, arrecando così intenzionalmente un danno ingiusto al dirigente che ne ha diritto. Il perseguimento del fine pubblico dell'agente non vale ad escludere il dolo dell'abuso d'ufficio sotto il profilo dell'intenzionalità allorché rappresenti un mero pretesto con il quale venga mascherato l'obiettivo reale della condotta. (Cass. Sez. VI 19/05/2010 n.23421). (Nella specie: funzionari del comune che avevano espresso parere contrario, sono stati esautorati e sostituiti con altri più compiacente e malleabili). (riforma sentenza della Corte d'appello di Roma del 4/5/2010) Pres. Ferrua, Est. Petti, Ric. Cesaroni ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/5/2011 (Ud. 24/2/2011), Sentenza n. 18895

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Opera economicamente svantaggiosa per la P.A. - Finalità pubblica - Esclusione - Concetto di pubblica utilità - Principio del buon andamento della P.A. - Art. 97 Cost. - Ordine illegittimo del sindaco - Violazione di legge e tutela della finalità pubblica - Reato di abuso d'ufficio - Configurabilità - Art. 323 c.p.. La finalità pubblica non può essere realizzata ad "ogni costo" o "a qualsiasi prezzo". Non si può parlare di realizzazione di una finalità pubblica, ma eventualmente di finalità politica personale dell'agente, se l'opera è economicamente svantaggiosa per la pubblica amministrazione. Il concetto di pubblica utilità non può prescindere dall'osservanza, anche sotto il profilo economico, del principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Nei fatti, con la riforma del 1997 si è sì ridotta l'area d'intervento del giudice penale in materia di abuso d'ufficio, ma non si è abrogato l'articolo 97 della Costituzione. Pertanto, in presenza di una macroscopica violazione di legge posta a tutela della finalità pubblica e di un vantaggio patrimoniale arrecato al privato, è difficilmente configurabile il contemporaneo interesse pubblico, specialmente quando la finalità pubblica venga realizzata a costi economici esorbitanti. Si configura, invece, il reato di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.). (riforma sentenza della Corte d'appello di Roma del 4/5/2010) Pres. Ferrua, Est. Petti, Ric. Cesaroni ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/5/2011 (Ud. 24/2/2011), Sentenza n. 18895

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Reato di abuso d'ufficio - Dolo intenzionale - Elementi. Il dolo intenzionale, quale atteggiamento psicologico dell'agente, deve ovviamente desumersi dai comportamenti tenuti prima durante e dopo la condotta ed in particolare modo dall'evidenza delle violazioni, dalla competenza dell'agente, dalla reiterazione e gravità delle violazioni, dai rapporti tra agente e soggetto favorito o danneggiato ed, in caso di compresenza di più fini, dalla comparazione dei rispettivi vantaggi o svantaggi; dall'intento di sanare le illegittimità con successive violazioni di legge (Cass. Sez. VI, n 41365/2006). (riforma sentenza della Corte d'appello di Roma del 4/5/2010) Pres. Ferrua, Est. Petti, Ric. Cesaroni ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/5/2011 (Ud. 24/2/2011), Sentenza n. 18895

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Obbligo di provvedere - Assenza di specifica disposizione normativa - Ragioni di giustizia ed equità che impongono l’adozione di un provvedimento - Rilevanza. L’obbligo di provvedere deriva di regola da una norma di legge o di regolamento, ma può talora desumersi anche da prescrizioni di carattere generale o dai principi generali dell’ordinamento che regolano l’azione amministrativa, sicché, ad esempio, può originare dal rispetto del principio di imparzialità o trovare fondamento nel principio di buon andamento dell’azione amministrativa o nel principio di legalità della stessa azione amministrativa. Pertanto, si può ritenere che, a prescindere dall'esistenza di una specifica disposizione normativa, l’obbligo di provvedere sussiste in tutte quelle fattispecie particolari nelle quali ragioni di giustizia ed equità impongano l’adozione di un provvedimento, cioè in tutte quelle ipotesi in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) di quest’ultima (Tar Catanzaro, sez. I, 17 novembre 2010, n. 2704). Pres. Cavallari, Est. Lattanzi - S. s.r.l. (avv. Vergine) c. E.D. s.p.a. (avv.ti Grandolfo, Nicolì e Tanzariello) - TAR PUGLIA, Lecce, Sez. I - 12 maggio 2011, n. 830
 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Diritto di accesso -Rapporto tra accesso e tutela della privacy - Necessità difensive - Prevalenza rispetto alle esigenze di riservatezza - Presupposti - Effettiva necessità di tutela di interessi che si assumano lesi - Dati sensibili - Fattispecie. Il quadro normativo che risulta a seguito delle modifiche apportate, con d.lgs. n. 15/2005, alla L. n. 241/1990, definisce ormai in maniera compiuta il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza di taluni dati; in particolare, pur dovendosi ammettere in generale che le necessità difensive, riconducibili al principi di tutela fissati dall'art. 24 Cost., debbano ritenersi prevalenti rispetto a quelle della riservatezza, è anche vero (ciò discendendo dal comma 7 dell'art. 24, l. n. 241 del 1990) che il legislatore ha chiaramente specificato come non bastino esigenze di difesa genericamente enunciate per garantire l'accesso, dovendo quest'ultimo corrispondere ad una effettiva necessità di tutela di interessi che si assumano lesi; tutela ammessa solo nei limiti in cui sia la conoscenza di documenti, contenenti "dati sensibili e giudiziari", sia strettamente indispensabile. (nella specie, un’associazione di consumatori aveva richiesto al Comune l’ostensione delle domande di rateizzazione dei debiti relativi alla fornitura idrica: il TAR ne ha ritenuto la natura riservata, sul presupposto che tali domande possono contenere il riferimento a dati personali o familiari, anche sensibili, nonché che gli interessati sono comunque nelle condizioni di esibire all’associazione la documentazione necessaria per un’eventuale azione in giudizio). Pres. Ferlisi, Est. Boscarino - Unione Nazionale Consumatori Comitato Comunale di Messina (avv. Intilisano) c. Comune di Santa Domenica Vittoria (avv. Vecchio) - TAR SICILIA, Catania, Sez. III, 28 marzo 2011, n. 737

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - ARPA - Nota emanata all’esito di un sopralluogo - Giudizio sull’esito del sopralluogo - Natura di parere - Esercizio della funzione consultiva propria dell’ARPA - Impugnazione - Inammissibilità.
La nota emanata dall’ARPA all’esito di un sopralluogo, con la quale l’ente comunica le proprie valutazioni al riguardo, contenendo un giudizio sull’esito (ritenuta sussistenza di irregolarità) ma omettendo qualsiasi prescrizione sulle azioni concrete da intraprendere in conseguenza costituisce non già esercizio di funzioni di amministrazione attiva eccedenti la competenza dell’ARPA, quanto esercizio della funzione consultiva di essa propria, a fronte del quale gli organi competenti, la Provincia e il Comune sollecitati, potranno, secondo i principi, conformarsi all’orientamento espresso o motivatamente discostarsene. Ne deriva che la nota in questione costituisce in sostanza un parere, che come tale non riveste carattere provvedimentale, e quindi non può di regola essere impugnato, perché privo di autonoma attitudine lesiva. Pres. Petruzzelli, Est. Gambato Spisani - Provincia di Mantova (avv. Persegati Ruggerini) c. Arpa Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Lombardia (avv. Santamaria) - TAR LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 29 marzo 2011, n. 487
 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Conferenza di servizi - Scopi di semplificazione e accelerazione - Manifestazione in forma tacita o non contestuale della volontà di ciascun ente - Legittimità. La conferenza di servizi non ha natura di organo collegiale che funziona secondo il metodo deliberativo della discussione e deliberazione, ma è essenzialmente un luogo per l’acquisizione dell’assenso delle Amministrazioni o degli organi coinvolti nell’istruttoria interessati ad un procedimento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2007 n. 1644). Essa dunque opera con scopi di semplificazione ed accelerazione dell’azione amministrativa, mirando all’acquisizione in un contesto unitario di tutte le valutazioni e pareri necessari per l’adozione di un determinato provvedimento (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 aprile 2005 n. 1768). Conseguentemente, la volontà di ciascun ente ben può essere manifestata anche in forma tacita ovvero non contestuale: da ciò deriva la piena legittimità dell’espressione della volontà di un’Amministrazione attraverso la trasmissione del proprio avviso positivo (o atto di assenso) determinatosi al di fuori della conferenza di servizi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 febbraio 2004 n. 458; Id., sez. IV, 30 gennaio 2004 n. 316). Pres. Allegretta, Est. Picone - M. s.r.l. (avv.ti Mescia e Mescia) c. Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le Province di Bari e Foggia (Avv. Stato) e altro (n.c.) - TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 24 marzo 2011, n. 478
 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Diritto di accesso - Enti esponenziali di interessi collettivi - Spettanza. Il diritto di accesso, oltre che alle persone fisiche, spetta anche a enti esponenziali di interessi collettivi e diffusi, ove corroborati dalla rappresentatività dell'associazione o ente esponenziale e dalla pertinenza dei fini statutari rispetto all'oggetto dell'istanza. Pres. Filippi, Est. Quiligotti - Codacons e altro (avv.ti Giuliano e Agliocchi) c. Regione Lazio (avv. Regione Lazio), Provincia di Roma (avv. De Maio) e altro (n.c.) - TAR LAZIO, Roma, Sez. II ter - 14 marzo 2011, n. 2260

 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Accordi integrativi o sostitutivi del procedimento - Art. 11 L. n. 241/19990 - Stipulazione della convenzione - Competenza dell’organo consiliare - Risoluzione dell’accordo per inadempimento della controparte privata - Competenza della Giunta. In tema di accordi integrativi o sostitutivi del procedimento ex art. 11 L. n. 241/1990, se non è in discussione la competenza dell’organo consiliare allorché si tratta della scelta di stipulazione della convezione, deve invece riconoscersi alla Giunta, in virtù della sua competenza generale e residuale ex art. 48 D.Lgs. 267/2000, il potere di disporre la risoluzione dell’accordo, in caso di accertato inadempimento della controparte privata. L’atto di risoluzione si pone, infatti, come atto di esecuzione della stessa convenzione, nel senso cioè che l’organo dotato di competenza amministrativa generale (Giunta), può legittimamente accertare la sussistenza dei presupposti di legge (articoli 1453 e seguenti del codice civile, applicabili in virtù del generale richiamo di cui all’art. 11, comma 2°, della legge 241/1990), tali da far venire meno gli effetti dell’accordo. (Consiglio di Stato, sez. IV, 11.12.2007, n. 6358, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 20.12.2004, n. 6485 e TAR Piemonte, sez. II, 4.12.2000, n. 1270) Pres. Arosio, Est. Zucchini - Fallimento M. (avv. Grella) c. Comune di Monticelli Pavese (avv. Ferrari) - TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 4 marzo 2011, n. 628
 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Disposizione di cui all’art. 2, c. 3 L. n. 241/1990 - Inapplicabilità ai procedimenti regolati dalla L. n. 689/1981. La disposizione di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2, comma 3, tanto nella sua originaria formulazione, secondo cui il procedimento amministrativo deve essere concluso entro il termine di trenta giorni, quanto nella formulazione risultante dalla modificazione apportata dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 36 bis, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, secondo cui il termine è di novanta giorni, nonostante la generalità del testo in cui è inserita, è incompatibile con i procedimenti regolati dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, che costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso scandito in fasi i cui tempi sono regolati in modo da non consentire, anche nell’interesse dell’incolpato, il rispetto di un termine così breve (Cass. 27 luglio 2007 n. 16763) Pres. Vadalà, Est. Marcelli - F. s.p.a. (avv. Verna) c. Comune di Serra S. Quirico (avv. Ceruti) - (conferma Tribunale di Ancona, Sez. distaccata di Fabriano del 16/07/2009) - CORTE DI APPELLO DI ANCONA- 17 febbraio 2011, n. 159

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - CAVE E MINIERE - Art. 14 L. n. 689/81 - Termine di 90 gg. decorrenti dall’accertamento - Significato di accertamento - Infrazione di cui all’art. 20 della l.r. Marche n. 71/97 - Commisurazione alla quantità del materiale abusivamente estratto.
L’art. 14 della L. n. 689/81, nel riferirsi all’accertamento e non “al giorno in cui è stata commessa la violazione, va inteso nel senso che il termine di 90 giorni comincia a decorrere dal momento in cui è compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla complessità o meno della fattispecie, l’attività amministrativa volta a verificare l’esistenza dell’infrazione. L’accertamento non coincide con la generica ed approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie per riscontrare, secondo le modalità previste dall’art. 13, l’esistenza di tutti gli elementi dell’infrazione, fermo restando che l’accertamento deve intendersi compiuto ad ogni effetto quando si tratta di valutazre i dati già acquisiti, anche se caratterizzati da complessità sotto il profilo tecnico-giuridico . Ne consegue che i limiti temporali entro i quali, a pena di estinzione dell’obbligazione di pagamento, l’amministrazione procedente deve provvedere alla contestazione, sono collegati all’esito del procedimento di accertamento e non anche alla data di commissione della violazione, dalla quale decorre soltanto il termine di inizio della prescrizione ex art. 28 L. n. 689/1981 (Cass. n. 7346 del 2004. cass. n. 3524 del 2003; Cass. n. 1866 del 2000, Cass. n. 11308 del 1998). In particolare, nel caso in cui l’infrazione è punita (art. 20 della L. r. Marche n. 71/1997) con sanzione pecuniaria commisurata alla quantità del materiale abusivamente estratto, l’accertamento del fatto materiale integrante tale infrazione non può ritenersi completato con la generica constatazione dell’abusiva estrazione di materiale, ma soltanto con la esatta quantificazione del materiale estratto ed il deposito presso il soggetto competente alla irrogazione della sanzione della definitiva relazione del tecnico incaricato dell’accertamento. Pres. Vadalà, Est. Marcelli - F. s.p.a. (avv. Verna) c. Comune di Serra S. Quirico (avv. Ceruti) - (conferma Tribunale di Ancona, Sez. distaccata di Fabriano del 16/07/2009) - CORTE DI APPELLO DI ANCONA- 17 febbraio 2011, n. 159
 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Accesso - Atti assoggettati a registrazione - Accesso da parte di soggetti diversi dai contraenti - Autorizzazione del giudice competente - Art. 18, c. 3 d.P.R. n. 131/1986. L'art. 24 comma 5, della legge 7 agosto 1990 n. 241 fa salve le disposizioni vigenti che limitano l' accesso alla documentazione amministrativa, sicché deve ritenersi che la richiesta di accesso a una denuncia di successione, come agli altri atti assoggettati a registrazione, da parte dei soggetti diversi dalle parti contraenti, dai loro aventi causa o da coloro nel cui interesse la registrazione è stata eseguita, sia disciplinata dall'art. 18, comma 3, del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (t.u. dell'imposta di registro) cui rinvia per i divieti l'art. 60 del d.lgs. 31 ottobre 1990 n. 346 (t.u. delle imposte di donazione e successione), per cui il rilascio di copie di tali atti può avvenire soltanto su autorizzazione del giudice competente. Conseguentemente, la domanda di accesso a una denuncia di successione da parte di un terzo deve essere preceduta da apposita autorizzazione del g.o. competente e la carenza di tale previa autorizzazione comporta l'insussistenza dell'obbligo dell'amministrazione finanziaria di consentire l' accesso e di rilasciare copia della denuncia richiesta (T.A.R. Abruzzo Pescara, 22 marzo 2002 , n. 352). Pres. Calvo, Est. Trizzino - R.B. (avv. Zauli) c. Agenzia delle Entrate-Ufficio Territoriale di Cesena (Avv. Stato) e altro (n.c.). TAR EMILIA ROMAGNA, Bologna, Sez. I - 13 gennaio 2011, n. 7


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - DIRITTO AGRARIO - Costruzioni strumentali alle attività agricole - Rimborso dell'ICI versata - Presupposti - Requisiti oggettivi e soggettivi per il riconoscimento della ruralità - Art. 29, D.P.R. n. 917/1986.
Il diritto ad ottenere il rimborso dell'ICI versata, nella considerazione che fosse da riconoscere il carattere rurale delle costruzioni, - in quanto strumentali alle attività agricole di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 29, deve essere adeguatamente motivato ed indicate quali siano le "c.d. produzioni agricole". Pertanto, è necessario ogni riferimento al contenuto dei requisiti oggettivi e soggettivi indispensabili per il riconoscimento della ruralità, esplicitare le considerazioni alla cui stregua gli elementi desumibili dalla documentazione risultino rilevanti agli effetti decisionali ed argomentando su fatti (assenza di terreno agricolo, requisiti contribuente, dato catastale, attività commerciale), di portata decisiva ai fini della soluzione della controversia. (annulla con rinvio sentenza n. 235 della Commissione Tributaria Regionale di Bologna, Sez. Staccata di Parma n. 22, del 12.12.2006, dep. 27/02/2007) Pres. Lupi, Est. Di Blasi, Ric. Comune di Casalgrande. CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, Sezione Tributaria, Ordinanza 4/01/2011, n. 148