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T.A.R. VENETO, Sez. III - 3 maggio 2011, n. 741
INQUINAMENTO - Emissioni odorigene - Normativa vigente - Mancata previsione di
limiti o di metodi di misura - Applicazione delle migliori tecniche disponibili
- Art. 2, punto 7, DPR 24 maggio 1988, n. 203. In base alla normativa
vigente non è prevista la fissazione di limiti di emissione né di metodi o di
parametri idonei a misurare la portata delle emissioni odorigene, perché manca
allo stato la possibilità tecnica di elaborare indicatori sufficientemente
validi dal punto di vista tecnico - scientifico. Per tali ragioni è possibile
riferirsi alle migliori tecniche disponibili che l'art. 2, punto 7, del DPR 24
maggio 1988, n. 203, definisce come "sistema tecnologico adeguatamente
verificato e sperimentato che consente il contenimento e/o la riduzione delle
emissioni a livelli accettabili per la protezione della salute e dell'ambiente,
semprechè l'applicazione di tali misure non comporti costi eccessivi".
L’applicazione del criterio comporta che devono essere adottate tutte le
tecniche e le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio
degli impianti più efficaci al fine di migliorare la sostenibilità ambientale
dell’attività produttiva, e al fine di ottenere le massime performance
ambientali esigibili, tenendo conto delle specifiche caratteristiche degli
impianti e delle potenzialità economiche aziendali. Pres. Di Nunzio, Est. Mielli
- D. s.p.a. (avv.ti Piccione e Curato) c. Provincia di Treviso (n.c.) -
TAR VENETO, Sez. III - 3 maggio 2011, n. 741
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N. 00741/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01328/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1328 del 2004, proposto da:
Davos Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido Piccione e Francesco
Curato, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Venezia, Piazzale
Roma, 468/B;
contro
Provincia di Treviso, in persona del Presidente pro tempore, non costituitosi in
giudizio;
per l'annullamento
del decreto della Provincia di Treviso n. 138/2004 prot. n. 5817/2004 del 10
febbraio 2004 notificato il 18 febbraio 2004, nella parte in cui ha imposto
limiti e prescrizioni alle emissioni in atmosfera derivanti dal ciclo produttivo
come da relazione tecnica allegata e facente parte del provvedimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 6 aprile 2011 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori
come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Società ricorrente espone di avere due stabilimenti situati nei comuni di
Cornuda e Crocetta del Montello nei quali produce gomma impiegata nel settore
delle calzature.
Nello stabilimento di Cornuda realizza un prodotto intermedio costituito da
fogli di gomma artificiale non ancora vulcanizzata.
Nel secondo stabilimento di Crocetta di Montello svolge le successive fasi di
vulcanizzazione (nella quale le lastre di gomma vengono riscaldate in presse)
finitura (nella quale le lastre vengono finite mediante spaccatura e raspatura
per portarle allo spessore finale) e verniciatura (che comprende anche un fase
di essiccatura).
La ditta con istanza presentata il 12 settembre 1994 ha chiesto
un’autorizzazione per le emissioni in atmosfera, ai sensi dell’art. 15 del DPR
24 maggio 1988, n. 203, in ragione delle modifiche apportate all’impianto
produttivo.
La Provincia con decreto n. 138/2004 prot. n. 5817/2004 del 10 febbraio 2004,
dopo aver acquisito il parere del Comune, le valutazioni dell’Arpav e il parere
della commissione tecnica provinciale ambiente, ha autorizzato le modifiche
dando nel contempo alcune prescrizioni in base alle quali, entro 60 giorni, la
ditta avrebbe dovuto provvedere ad inoltrare un progetto per accorpare le
emissioni convogliate e quelle diffuse tramite torrini ad un unico punto di
emissione con scarico ad una quota dal suolo non inferiore a dieci metri,
presentando altresì un progetto per adottare la migliore tecnica disponibile in
termini di prodotto o di abbattimento per il raggiungimento dei valori limite di
emissione definiti nell’allegato II, punto 8, della direttiva 1999/13/CE,
dettando infine specifici limiti alle emissioni provenienti dalle operazioni di
verniciatura.
Tale prescrizioni sono impugnate con il ricorso in epigrafe per le seguenti
censure:
I) carenza ed incongruità dell’istruttoria, errata e falsa rappresentazione
della situazione di fatto e difetto di motivazione illogicità e violazione del
principio di adeguatezza, nonché violazione dell’art. 2 del DPR 25 luglio 1991
relativamente alle prescrizioni che impongono, per il reparto di
vulcanizzazione, l’accorpamento delle emissioni ad un unico punto;
II) carenza di istruttoria, contraddittorietà, violazione del DM 12 luglio 1990
e del DM 26 febbraio 2004, n. 44, relativamente alle prescrizioni che, per il
reparto verniciatura, hanno imposto la predisposizione di un progetto per
l’adozione della migliore tecnica disponibile in termini di prodotto o di
abbattimento per il raggiungimento dei valori limite di emissione definiti
nell’allegato II punto 8, della direttiva 1999/13/CE.
La Provincia di Treviso non si è costituita in giudizio.
Nella memoria depositata in prossimità della pubblica udienza la Società
ricorrente ha precisato che nelle more della definizione del giudizio il reparto
verniciatura è stato trasferito dal 2006 presso un nuovo impianto produttivo
sito in Cavaso del Tomba.
Alla pubblica udienza del 6 aprile 2011 la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso, dando atto che è venuto meno l’interesse alla definizione nel
merito relativamente alle censure di cui al secondo motivo che riguarda il
reparto verniciatura, è infondato e deve essere respinto.
1.1 Per quanto concerne le prescrizioni che riguardano il reparto
vulcanizzazione l’Arpav, esclusa la presenza di composti comportanti un elevato
rischio per la popolazione, ha dettato una serie di misure per attenuare
l’effetto di disturbo dovuto all’odore penetrante dei composti liberati dal
processo produttivo.
Sul punto va premesso che per le emissioni odorigene in base alla normativa
vigente non è prevista la fissazione di limiti di emissione né di metodi o di
parametri idonei a misurarne la portata, perché manca allo stato la possibilità
tecnica di elaborare indicatori sufficientemente validi dal punto di vista
tecnico - scientifico.
Per tali ragioni è possibile riferirsi alle migliori tecniche disponibili che
l'art. 2, punto 7, del DPR 24 maggio 1988, n. 203, definisce come "sistema
tecnologico adeguatamente verificato e sperimentato che consente il contenimento
e/o la riduzione delle emissioni a livelli accettabili per la protezione della
salute e dell'ambiente, semprechè l'applicazione di tali misure non comporti
costi eccessivi".
L’applicazione del criterio comporta che devono essere adottate tutte le
tecniche e le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio
degli impianti più efficaci al fine di migliorare la sostenibilità ambientale
dell’attività produttiva, e al fine di ottenere le massime performance
ambientali esigibili, tenendo conto delle specifiche caratteristiche degli
impianti e delle potenzialità economiche aziendali.
1.2 Con il primo motivo di ricorso la parte ricorrente lamenta sotto diversi
profili l’illegittimità delle prescrizioni impartite per il reparto
vulcanizzazione.
In primo luogo afferma che la prescrizione di canalizzare tutte la emissioni in
un unico punto di scarico e di svolgere altri interventi per impedire la
fuorisuscita dei fumi da porte e finestre sarebbe frutto di un’istruttoria
carente, perché non sono state effettuate indagini sulla presenza di odori
molesti all’esterno dello stabilimento e nelle zone ad esso adiacenti, e perché
la presenza di odori, anche ove rilevata, è in ogni caso di difficile
valutazione in termini di intensità, persistenza e lesività.
La doglianza deve essere respinta.
Dalla documentazione versata in atti (cfr. doc. 6 allegato al ricorso) risulta
che l’Arpav ha svolto un’approfondita indagine nello stabilimento sulle
emissioni in atmosfera con campionamenti e prelievi di volumi d’aria per
verificare eventuali rischi sulla salute dei cittadini, dalla quale è emerso che
il processo di vulcanizzazione genera una miscela di sostanze aerodisperse
caratterizzate da un odore caratteristico che pervade tutto l’edificio che
ospita la linea, che gli impianti di aspirazione presenti per le presse hanno il
solo scopo di limitare l’esposizione degli addetti ai fumi, anziché di ridurre
la propagazione all’esterno delle emissioni, e che le presse non sono
incapsulate, cosicché lo stabilimento non risulta chiuso ermeticamente.
E’ da questi elementi che l’Arpav trae il convincimento che le emissioni diffuse
attraverso le finestre di aerazione e le porte hanno una certa rilevanza,
risalendo da un fatto noto (la presenza di forti odori all’interno dello
stabilimento non isolato dall’esterno) ad un fatto non noto (la diffusione degli
odori all’esterno).
La parte ricorrente non contesta né la presenza di un forte odore di gomma
all’interno dello stabilimento, né gli accertamenti svolti dall’Arpav circa le
carenze di isolamento rispetto all’ambiente esterno (cfr. pag. 7 del ricorso),
ma si limita a lamentare la mancata valutazione dell’intensità di odori
penetranti nelle zone adiacenti.
In tale contesto la censura deve essere respinta perché la denunciata carenza di
istruttoria è formulata in modo generico, non tiene conto che i fatti possono
essere provati, anche se non si fondano su elementi di prova diretti, ricorrendo
a presunzioni, e che le conclusioni cui perviene l’Arpav risultano, secondo l’id
quod plerumque accidit, prive di vizi logici.
2. Con un’ulteriore censura la parte ricorrente lamenta che l’ottemperanza
all’ordine impartito comporterebbe la realizzazione di opere complesse e costose
senza una congrua valutazione dei benefici raggiungibili.
Anche questa censura deve essere respinta perché le soluzioni da adottare per
ovviare alle problematiche riscontrate non si riferiscono ad elementi
predeterminati, e rientrano invece nell’ambito dell’attività discrezionale
dell’amministrazione, e la parte ricorrente, al di là di generiche doglianze,
non allega elementi idonei a fornire nemmeno un principio di prova circa la
sussistenza di travisamenti o illogicità atte a porre in dubbio l’attendibilità
delle valutazioni svolte dall’Arpav o la non sostenibilità economica degli
interventi che consistono nella realizzazione di tubazioni per la concentrazione
delle emissioni in un unico punto.
3. Con un’ultima censura la parte ricorrente ritiene violato il DPR 25 luglio
1991 in materia di emissioni poco significative e di attività a ridotto
inquinamento atmosferico, perché tale norma esenta dalla necessità di ottenere
l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera gli sfiati e i ricambi d’aria
adibiti esclusivamente alla sicurezza degli ambienti di lavoro, mentre il
provvedimento impugnato impone la presentazione di un progetto che comprenda
l’accorpamento anche delle emissioni provenienti dai torrini utilizzati a questo
scopo.
La doglianza deve essere respinta perché, come sopra osservato, nella procedura
attivata l’Amministrazione è legittimata ad individuare tutte le misure che, sul
piano tecnico, siano funzionali ad isolare lo stabilimento dall’esterno, tra le
quali rientra anche quella che riguarda i torrini, e in ogni caso l’ordine
impartito non ha carattere definitivo, posto che ha ad oggetto la sola
presentazione di un progetto e le parti, in contraddittorio, ben possono
apportare gli eventuali correttivi che si rivelino necessari.
In definitiva pertanto, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per
sopravvenuta carenza di interesse relativamente al secondo motivo, che riguarda
il reparto verniciatura, e respinto per il resto.
La mancata costituzione nella controversia dell’Amministrazione esenta dal dover
pronunciare sulle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara in parte
improcedibile, e in parte lo respinge, nel senso precisato in motivazione.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Di Nunzio, Presidente
Elvio Antonelli, Consigliere
Stefano Mielli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/05/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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