AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
T.A.R. TOSCANA, Sez. III - 15 luglio 2011, n. 1214
DIRITTO URBANISTICO - Permesso di costruire in sanatoria - Termine di sessanta
giorni - Provvedimento tacito di diniego - Art. 36, c. 3 d.P.R. n. 380/2001 -
Art. 140 L.r. Toscana n. 1/2005 - Interpretazione. L’art. 36, comma 3, del
D.P.R. n. 380/2001 prevede che, decorsi 60 giorni dalla richiesta di permesso di
costruire in sanatoria, la stessa si intende rifiutata. Pertanto, trascorso il
suddetto termine, si forma un tacito provvedimento di diniego (TAR Toscana, III,
2/3/2011, n. 418). Non depone in senso contrario l’art. 140 della L.R. Toscana
n. 1/2005, il quale non qualifica espressamente il silenzio mantenuto dal Comune
sulla richiesta di attestazione di conformità. Invero la predetta norma
regionale va interpretata in modo costituzionalmente orientato, nel senso della
sua neutralità circa la qualificazione del silenzio sulla domanda di sanatoria
edilizia, dovendosi tenere conto che la qualificazione, da parte del legislatore
nazionale, del silenzio come atto tacito di diniego esprime un principio
fondamentale della materia urbanistica, come tale non derogabile dal legislatore
regionale (TAR Campania, Napoli, III, 17/9/2010, n. 17440). Pres. Radesi,
Est. Bellucci - V.G. (avv.ti Novelli e Cassigoli) c. Comune di Massa Marittima
(avv. Grassi) e altro (n.c.)
- TAR TOSCANA, Sez. III - 15 luglio 2011, n. 1214
DIRITTO URBANISTICO - Ordine di demolizione - Comunicazione di avvio del
procedimento - Necessità - Esclusione. L’ordine di demolizione non
presuppone necessariamente la comunicazione di avvio del procedimento, stante il
suo carattere di atto dovuto e vincolato, basato su meri accertamenti tecnici e
privo di apprezzamenti discrezionali. Invero la giurisprudenza amministrativa ha
ripetutamente precisato che gli atti repressivi di abusi edilizi hanno natura
urgente e strettamente vincolata, con la conseguenza che, ai fini della loro
adozione, non sono richiesti apporti partecipativi del destinatario e quindi non
devono necessariamente essere preceduti dalla comunicazione di avvio del
procedimento (ex multis: Cons.Stato, VI, 24/9/2010, n. 7129; TAR Puglia, Lecce,
III, 9/2/2011, n. 240; TAR Campania, Napoli, IV, 13/1/2011, n. 84). Pres.
Radesi, Est. Bellucci - V.G. (avv.ti Novelli e Cassigoli) c. Comune di Massa
Marittima (avv. Grassi) e altro (n.c.) -
TAR TOSCANA, Sez. III - 15 luglio 2011, n. 1214
www.AmbienteDiritto.it
N. 01214/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00175/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 175 del 2010, proposto da Vanni
Graziella, rappresentata e difesa dagli avvocati Davide Novelli e Alessandro
Cassigoli, con domicilio eletto presso l’avvocato Alessandro Buoni in Firenze,
piazza Torquato Tasso n. 1/R;
contro
Comune di Massa Marittima, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dall'avvocato Renzo Grassi, con domicilio eletto presso l’avvocato Luca
Capecchi in Firenze, via Bonifacio Lupi n. 20;
Provincia di Grosseto, in persona del Presidente pro tempore;
per l'annullamento
dell'ordinanza n. 141, adottata dal Comune di Massa Marittima il 26.11.2009,
avente ad oggetto "ingiunzione di demolizione opere abusive - loc. Cilindro
Valpiana di Massa Marittima, a carico della Sig.ra Vanni Graziella", notificata
il 26.11.2009.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Massa Marittima;
Viste le memorie difensive del Comune;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2011 il dott. Gianluca
Bellucci e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente, nel marzo 2002, ha presentato domanda di concessione edilizia in
sanatoria avente ad oggetto varie opere abusive (ampliamento e modifica di ovile
assentito con concessione edilizia dell’8/7/1992 e con autorizzazione della
Comunità Montana del 10/1/1991; ampliamento e modifica di box legittimato da
concessione edilizia del 10/7/1978; costruzione di ricovero per bestiame, in
legno e lamiera; costruzione di tettoia in legno per ricovero di attrezzi
agricoli).
In data 17/3/2003 l’istante, su richiesta del Comune, ha presentato il programma
di miglioramento agricolo ambientale, sul quale hanno espresso parere favorevole
con prescrizioni la Provincia di Grosseto (20/10/2003) e la Comunità Montana
(11/5/2005).
Tuttavia il Comune di Massa Marittima non ha concluso il procedimento, ma in
data 26/11/2009 ha adottato l’ingiunzione a demolire alcuni fabbricati abusivi,
tra i quali i manufatti oggetto della domanda di sanatoria edilizia.
Avverso tale provvedimento la ricorrente è insorta deducendo:
1) eccesso di potere per contraddittorietà, disparità di trattamento,
ingiustizia manifesta; violazione dell’art. 36, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001;
2) violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 in relazione all’art. 31 del
D.P.R. n. 380/2001;
3) violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990; difetto di motivazione circa
le ragioni di interesse pubblico a sostegno della misura repressiva adottata.
Si è costituito in giudizio il Comune di Massa Marittima.
Con ordinanza n. 154 del 26/2/2010 è stata respinta l’istanza cautelare.
Tale pronuncia è stata riformata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 3127
del 7/7/2010.
All’udienza del 26 maggio 2011 la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo la deducente lamenta la contraddittorietà dell’azione
amministrativa del Comune, il quale ha ordinato la demolizione senza prima
concludere il procedimento di sanatoria edilizia; aggiunge che ai sensi
dell’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 la determinazione sulla richiesta
di sanatoria deve essere supportata da idonea motivazione.
La censura non può essere accolta.
Occorre innanzitutto considerare che solo una parte delle opere per le quali è
stata presentata istanza di attestazione di conformità rientra tra quelle
oggetto della contestata sanzione demolitoria.
Come evidenziato nella attestazione del responsabile del Settore Urbanistica del
Comune di Massa Marittima (documento n. 2 depositato in giudizio il 24/2/2010),
la prima opera oggetto dell’istanza (ampliamento e modifica di ovile –foglio
205, mappale 50-) è descritta nell’atto impugnato con dimensioni maggiori
(lettera J della nota della Polizia municipale datata 25/2/2009 –documento n. 3
depositato in giudizio il 24/2/2010-; penultimo manufatto elencato nella
premessa della gravata ordinanza); il secondo abuso elencato nella richiesta di
sanatoria (ampliamento e modifica del box in metallo di cui alla concessione
edilizia n. 128 del 10/7/1978) risulta avere, secondo l’atto impugnato (primi
due manufatti ivi elencati; lettere A e B della citata nota della Polizia
municipale del 25/2/2009), destinazione abitativa (mentre invece la pratica di
sanatoria edilizia lo descriveva come “destinato a magazzino, officina,
ripostiglio e rifugio per gli addetti all’azienda agraria con servizio
igienico”); il terzo abuso per il quale è stata presentata domanda di sanatoria
(ricovero per bestiame, costruito in legno e lamiera) non è indicato
nell’impugnata misura repressiva (la citata attestazione comunale –documento n.
2- puntualizza che tale manufatto è stato demolito, secondo quanto risulta nella
determina della Comunità Montana n. 463 dell’11/5/2010); il quarto abuso
edilizio per il quale è stata presentata l’istanza (tettoia in legno per
ricovero di attrezzi) è indicato alla lettera E della menzionata nota della
Polizia municipale e rientra nella descrizione del quarto abuso edilizio
elencato nell’impugnata ingiunzione.
Ciò premesso, in punto di diritto si osserva quanto segue.
L’art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 prevede che, decorsi 60 giorni dalla
richiesta di permesso di costruire in sanatoria, la stessa si intende rifiutata.
Pertanto, trascorso il suddetto termine, si forma un tacito provvedimento di
diniego (TAR Toscana, III, 2/3/2011, n. 418).
Non depone in senso contrario l’art. 140 della L.R. n. 1/2005, il quale da un
lato non qualifica espressamente il silenzio mantenuto dal Comune sulla
richiesta di attestazione di conformità, dall’altro prevede, richiamando l’art.
83, una procedura sostitutiva connotata dall’intervento della Regione. Invero la
predetta norma regionale va interpretata in modo costituzionalmente orientato,
nel senso della sua neutralità circa la qualificazione del silenzio sulla
domanda di sanatoria edilizia, dovendosi tenere conto che la qualificazione, da
parte del legislatore nazionale, del silenzio come atto tacito di diniego
esprime un principio fondamentale della materia urbanistica, come tale non
derogabile dal legislatore regionale (TAR Campania, Napoli, III, 17/9/2010, n.
17440). Alla stessa interpretazione si presta l’analogo, previgente art. 37
della L.R. n. 52/1999.
Occorre infatti considerare che la statuizione di cui all’art. 36, comma 3, del
D.P.R. n. 380/2001 (che ripete quanto già sancito dall’art. 13, comma 2, della
legge n. 47/1985) da un lato risponde allo scopo di evitare il protrarsi di
situazioni di incertezza suscettibili di incentivare l’abusivismo, dall’altro
lato pone una presunzione relativa di difformità urbanistico-edilizia dei lavori
realizzati senza titolo, accollando ragionevolmente al soggetto che ha violato
la legge e versa in una condizione illecita l’onere di attivarsi prontamente,
anche nelle sedi giudiziarie, affinchè sia dimostrata la natura solo formale e
non sostanziale dell’illecito (TAR Campania, Napoli, III, 17/9/2010, n. 17440;
idem, VI, 15/12/2010, n. 27356; Cons. Stato, IV, 7/7/2008, n. 3373).
Orbene, nel caso di specie la contestata ordinanza è sopraggiunta allorquando
erano ampiamente decorsi oltre 60 giorni non solo dalla presentazione
dell’istanza, ma anche dall’acquisizione dei pareri della provincia di Grosseto
e della Comunità Montana, e quindi assume a presupposto il diniego di sanatoria
edilizia formatosi per effetto dell’infruttuoso decorso del tempo.
Né può sostenersi che il provvedimento formatosi secondo il meccanismo del
silenzio rigetto è illegittimo per difetto di motivazione, in quanto non ha
senso prospettare l’obbligo di motivazione per un diniego tacito (Cons. Stato,
IV, 3/3/2006, n. 1037; idem, 13/1/2010, n. 100): configurare la motivazione del
provvedimento tacito significherebbe infatti incorrere in una contraddizione in
termini.
E’ vero che il citato art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 stabilisce che il
Comune “si pronunci con adeguata motivazione”, ma siffatta statuizione si
riferisce alla pronuncia espressa, la quale deve essere motivata anche in caso
di accoglimento dell’istanza, così da dimostrare, anche nell’interesse della
collettività e degli eventuali proprietari confinanti (interessati al regolare
assetto del territorio), la correttezza del provvedimento adottato.
Al contrario, il difetto di motivazione non inficia la validità della implicita,
negativa determinazione dell’Ente, a fronte della quale è invece necessario che
l’interessato operi una puntuale confutazione, tesa a dimostrare la
compatibilità edilizia e urbanistica del manufatto abusivo, in sede di
impugnazione del silenzio significativo entro il termine di decadenza, termine
che peraltro nel caso di specie è ampiamente scaduto (TAR Piemonte, I,
27/11/2007, n. 3508; TAR Campania, Napoli, VI, 19/6/2007, n. 6206; Cons. Stato,
V, 11/2/2003, n. 706).
In definitiva è il privato interessato, il quale ha costruito in assenza di
previo titolo, che, in sede di impugnazione del silenzio-rigetto, deve
dimostrare la conformità edilizia allegando le disposizioni che consentono la
intervenuta realizzazione, con indicazione della zona in cui urbanisticamente
l’intervento ricade e l’assenza di vincoli ostativi (TAR Campania, Napoli, VI,
19/6/2007, n. 6206).
La seconda doglianza è incentrata sull’omessa comunicazione di avvio del
procedimento.
Il rilievo è infondato.
L’ordine di demolizione non presuppone necessariamente la comunicazione di avvio
del procedimento, stante il suo carattere di atto dovuto e vincolato, basato su
meri accertamenti tecnici e privo di apprezzamenti discrezionali. Invero la
giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente precisato che gli atti repressivi
di abusi edilizi hanno natura urgente e strettamente vincolata, con la
conseguenza che, ai fini della loro adozione, non sono richiesti apporti
partecipativi del destinatario e quindi non devono necessariamente essere
preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento (ex multis: Cons.Stato,
VI, 24/9/2010, n. 7129; TAR Puglia, Lecce, III, 9/2/2011, n. 240; TAR Campania,
Napoli, IV, 13/1/2011, n. 84).
Con la terza censura la ricorrente deduce che il Comune era a conoscenza degli
abusi edilizi in questione almeno dal marzo 2002 (allorquando è stata presentata
istanza di sanatoria edilizia), con la conseguenza che, stante il lungo tempo
trascorso, l’impugnata ingiunzione avrebbe dovuto essere motivata in ordine
all’interesse pubblico a ripristinare l’originario stato dei luoghi.
L’assunto non ha alcun pregio.
Da un lato occorre considerare che non vi è coincidenza piena tra opere oggetto
dell’istanza di sanatoria e opere oggetto della contestata ingiunzione, la quale
riguarda manufatti in gran parte diversi dalle prime o risultanti da
trasformazione delle stesse, dall’altro lato non può annettersi alcun legittimo
affidamento alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il tempo
non può di per sé legittimare (Cons.Stato, V, 11/1/2011, n.79; TAR Puglia,
Lecce, III, 9/2/2011, n. 240).
Sotto altro profilo, in alcuni casi la giurisprudenza ha ritenuto sussistente
l’obbligo di esternare ragioni di pubblico interesse concreto e attuale a
sostegno dell’ordine di demolizione, ma solo a fronte di opere realizzate da
lunghissimo tempo, come ad esempio 30 anni (TAR Abruzzo, L’Aquila, 17/9/2003,
n.799) o 40 anni (TAR Lazio, Roma, II, 4/12/2009, n.12554), mentre va escluso
che 7 anni intercorsi fra la conoscenza, da parte del Comune, degli abusi
edilizi e la data di adozione della misura repressiva possano di per sé
integrare un enorme lasso di tempo, tale da rendere necessaria una specifica
motivazione in ordine all’interesse pubblico giustificante l’ordine di demolire.
Alla stregua del predetto orientamento giurisprudenziale, nemmeno prendendo in
considerazione il periodo di realizzazione degli abusi edilizi (risalenti
all’arco temporale tra il 1993 e il 2000, come risulta dalla comunicazione ex
art. 4 della legge n. 47/1985 della Polizia municipale datata 25/2/2009,
costituente il documento n. 3 depositato in giudizio dal Comune) risultano
sussistere le condizioni che rendono necessaria la motivazione dell’interesse
pubblico alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in euro
3.500 (tremilacinquecento) oltre IVA e CPA, che la ricorrente dovrà
corrispondere al Comune di Massa Marittima. Nulla per le spese nei confronti
della Provincia di Grosseto, non essendosi la stessa costituita in giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza),
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna la ricorrente a corrispondere al Comune di Massa Marittima la somma di
euro 3.500 (tremilacinquecento) più IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio
comprendenti gli onorari difensivi.
Nulla per le spese nei confronti della Provincia di Grosseto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2011 con
l'intervento dei magistrati:
Angela Radesi, Presidente
Eleonora Di Santo, Consigliere
Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
AmbienteDiritto.it
- Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati -
Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it