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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
RIFIUTI - Smaltimento dei rifiuti - Differenza tra attività di "raccolta" e
"abbandono" - Elemento soggettivo - Condotta concreta - Elemento oggettivo -
Artt. 632, 639 bis e 734 cod. pen. - art. 51, commi 3 e 5, D.Lgs n. 22/1997.
In materia di smaltimento dei rifiuti, vi è una sostanziale differenza tra
l'attività di "raccolta" e quella di "abbandono", che si differenziano sia sotto
il profilo della volontà del soggetto agente (elemento soggettivo) sia in
relazione alla condotta concreta posta in essere (elemento oggettivo). La
volontà che sottende all'abbandono è invero sostanzialmente diretta a disfarsi
ed a disinteressarsi completamente della cosa, mentre quella che sottende alla
raccolta è diretta a conservare i materiali per poter poi compiere sugli stessi
una attività successiva, sia di riutilizzo o di smaltimento. Sotto il profilo
oggettivo, poi, la condotta ritenuta ha ad oggetto beni diversi e si è svolta in
luoghi differenti rispetto a quella contestata. I due fatti, quindi si trovano
sostanzialmente in rapporto di alterità ed eterogeneità. Pres. ONORATO - Est.
FRANCO - P.M. SALZANO. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 7 Maggio 2007
(c.c. 14/03/2007 ), Sentenza n. 17256
PROCEDURE E VARIE - Momento della pronuncia della sentenza - Modifica del
capo di imputazione operata dal giudice - Nullità - Fattispecie: Smaltimento dei
rifiuti. E’ nulla, ai sensi dell'art. 522 cod. proc. pen., la modifica del
capo di imputazione operata dal giudice solo al momento della pronuncia della
sentenza, così che il diritto di difesa non è stata messo in condizioni di
esplicarsi in relazione al fatto nuovo. Nella specie, vi è stata una variazione
dei contenuti essenziali dell'addebito con violazione del principio di
correlazione tra sentenza e accusa di cui all'art. 521 cod. proc. pen., che
imponeva al giudice, una volta accertato che il fatto era diverso da quello
contestato di disporre con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico
ministero. (All'imputato era stato contestato di avere effettuato "all'interno
dello stabilimento una attività di raccolta di rifiuti speciali" mentre la
sentenza impugnata lo ha condannato per avere effettuato un attività "di
abbandono dei rifiuti all'esterno dello stabilimento"). Pres. ONORATO - Est.
FRANCO - P.M. SALZANO. CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 7 Maggio 2007
(c.c. 14/03/2007 ), Sentenza n. 17256
Udienza in Camera di Consiglio del
15.12.2006
SENTENZA N. 1336
REG. GENERALE n. 39698/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ONORATO Pierluigi
- Presidente -
Dott. TERESI Alfredo
- Consigliere -
Dott. FRANCO Amedeo
- est. Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio
- Consigliere -
Dott. GAZZARA Santi
- Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
Sentenza
sul ricorso proposto da:
M.M.P.M., nato a ***;
avverso la sentenza emessa il 20 aprile 2006 dal giudice del tribunale di
Potenza;
udita nella Pubblica udienza del 14 marzo 2007 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SALZANO Francesco, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza
impugnata;
udito il difensore avv. MORLINO Aldo.
Fatto
M.M.P.M. venne rinviato a giudizio per rispondere del reato di cui al D.Lgs. 5
febbraio 1997, n. 22, art. 51, commi 3 e 5, per avere, quale legale
rappresentante della s.p.a.
Cementi della Lucania, effettuato all'interno dello stabilimento una raccolta di
rifiuti speciali non pericolosi (residui del processo produttivo) in assenza
della prescritta autorizzazione ed una attività non consentita di miscelazione
di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, nonchè dei reati di cui agli
artt. 632, 639 bis e 734 cod. pen..
Il giudice del tribunale di Potenza, con la sentenza in epigrafe, assolse
l'imputato dai reato di cui agli artt. 632, 639 bis e 734 cod. pen. Per quanto
concerne il capo a), lo ritenne invece responsabile limitatamente ai soli
rifiuti non pericolosi di natura ferrosa, e per la sola attività di abbandono di
tali rifiuti e non per la contestata attività di raccolta non autorizzata degli
stessi.
In particolare lo ritenne responsabile in relazione ai rifiuti di natura ferrosa
che erano stati abbandonati al di fuori e nelle immediate vicinanze dello
stabilimento, e precisamente sul terreno ad esso prospiciente (ossia in un luogo
diverso da quello in cui erano stati prodotti), e che dovevano ritenersi
residuati della attività produttiva. Lo dichiarò quindi responsabile del reato
di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, comma 2 (in relazione al comma
1, lett. a)) e lo condannò alla pena dell'ammenda.
L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen.. Osserva che il giudice lo
ha condannato per avere effettuato un abbandono di rifiuti esterno allo
stabilimento, mentre con il capo di imputazione era stato chiamato a rispondere
per avere effettuato una attività di raccolta di rifiuti speciali all'interno
dello stabilimento. Il giudice, quindi, non si è limitato ad una mera
riqualificazione giuridica di un medesimo fatto, ma lo ha condannato per un
fatto del tutto nuovo emerso nel corso del procedimento e mai contestato.
Invero, fra la contestata attività di raccolta e quella di abbandono vi è una
differenza sostanziale, sia sotto il profilo soggettivo sia sotto quello
obiettivo, trattandosi di condotte che hanno ad oggetto beni differenti e svolte
in luoghi diversi. L'art. 521 c.p.p., comma 2, è stato violato anche perchè il
giudice, di fronte ad un fatto nuovo, avrebbe dovuto disporre la trasmissione
degli atti al pubblico ministero.
2) inosservanza di norme giuridiche e del diritto di difesa perchè l'imputato,
di fronte alla originaria imputazione, chiese il giudizio abbreviato proprio
perchè mirava a chiarire lo stato dei luoghi all'interno dello stabilimento,
come specificato nel capo di imputazione, mentre non ha prodotto alcuna prova in
ordine ad eventuali discariche o raccolte esterne allo stabilimento che non
erano oggetto della contestazione e che quindi non erano state prese in
considerazione dalla difesa, trattandosi appunto di elemento ritenuto di nessuna
valenza dall'accusa. La violazione del diritto di difesa è ancora più grave
perchè la modifica del capo di imputazione è stata operata solo in sede di
pronuncia di primo grado.
3) vizio di motivazione per la totale carenza dell'apparato argomentativo sulla
diversa qualificazione del fatto.
Diritto
I primi due motivi sono fondati. Con il capo di imputazione, infatti,
all'imputato era stato contestato di avere effettuato "all'interno dello
stabilimento una attività di raccolta di rifiuti speciali" mentre la sentenza
impugnata lo ha condannato per avere effettuato un attività "di abbandono dei
rifiuti all'esterno dello stabilimento".
Giustamente quindi il ricorrente lamenta che il giudice non si è limitato ad
operare una mera riqualificazione giuridica del fatto, ma lo ha condannato per
un fatto del tutto nuovo ed emerso nel corso del procedimento. Vi è infatti una
sostanziale differenza tra l'attività di "raccolta" e quella di "abbandono", che
si differenziano sia sotto il profilo della volontà del soggetto agente
(elemento soggettivo) sia in relazione alla condotta concreta posta in essere
(elemento oggettivo). La volontà che sottende all'abbandono è invero
sostanzialmente diretta a disfarsi ed a disinteressarsi completamente della
cosa, mentre quella che sottende alla raccolta è diretta a conservare i
materiali per poter poi compiere sugli stessi una attività successiva, sia di
riutilizzo o di smaltimento. Sotto il profilo oggettivo, poi, la condotta
ritenuta ha ad oggetto beni diversi e si è svolta in luoghi differenti rispetto
a quella contestata. I due fatti, quindi si trovano sostanzialmente in rapporto
di alterità ed eterogeneità. Vi è dunque stata una variazione dei contenuti
essenziali dell'addebito con violazione del principio di correlazione tra
sentenza e accusa di cui all'art. 521 cod. proc. pen., che imponeva al giudice,
una volta accertato che il fatto era diverso da quello contestato di disporre
con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Nè nel caso in esame potrebbe ritenersi che non sia ravvisabile la suddetta
violazione perchè l'imputato sarebbe stato comunque messo in condizioni di
difendersi, e si sarebbe difeso, in relazione al nuovo fatto diverso da quello
contestato. Basta osservare, a questo proposito, da un lato, che la modifica del
capo di imputazione è stata operata dal giudice solo al momento della pronuncia
della sentenza, così che il diritto di difesa non è stata messo in condizioni e
di esplicarsi in relazione al fatto nuovo, e, da un altro lato, che la difesa,
di fronte alla originaria contestazione, aveva chiesto il giudizio abbreviato,
mirando ad individuare e chiarire lo stato dei luoghi all'interno dello
stabilimento, mentre, non essendo stata oggetto di contestazione una attività di
abbandono di oggetti all'esterno dello stabilimento, la stessa non poteva essere
valutata dalla difesa che ragionevolmente non ha prodotto o chiesto alcuna prova
in relazione ad un elemento che, evidentemente, nel corso delle indagini non era
stato ritenuto di rilevanza penale dall'organo preposto all'esercizio
dell'azione penale.
Da ciò deriva la nullità, ai sensi dell'art. 522 cod. proc. pen., della sentenza
impugnata, che va quindi annullata senza rinvio, limitatamente al reato di cui
al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, con trasmissione degli atti al
Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Potenza per le sue
determinazioni.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui al
D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51, con trasmissione degli atti al
Procuratore della Repubblica di Potenza per le sue determinazioni.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 14 marzo
2007.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2007.
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