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Giurisprudenza

 

 

Diritto venatorio e della pesca

Caccia e pesca

 

Anno 2011

 

Anni: 2011 - 2010 - 2009 - 2008 - 2007 - 2006 - 2005

- 2004 - 2003 - 2002 - 2001 - 2000 - 1999-93

 

 

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CACCIA - Tesserino venatorio -Annotazione - Art. 145, c. 11, lett. c), l.r. Friuli Venezia Giulia n. 17/2010 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 145, comma 11, lettera c), della leg. reg. Friuli Venezia Giulia n. 17 del 2010: la necessità che a fine giornata il cacciatore debba indicare il numero di capi abbattuti non può essere ritenuta previsione che impedisca, da un lato, il rispetto del limite dei capi da abbattere, dall’altro, lo svolgimento di efficaci controlli. il legislatore statale si è limitato ad indicare all’art. 12, comma 12, della legge n. 157 del 1992, la necessità, ai fini dell’esercizio dell’attività venatoria, del possesso di un apposito tesserino rilasciato dalla Regione di residenza, nel quale sono indicate le specifiche norme inerenti al calendario regionale, nonché le forme e gli ambiti territoriali di caccia ove è consentita l’attività venatoria, senza dettare alcuna prescrizione sulle modalità dell’annotazione del capo abbattuto (sent. Corte Cost. n. 332/2006). La norma regionale, pertanto, si limita «a disciplinare aspetti strettamente attinenti all’attività venatoria, espressione della potestà legislativa residuale della regione. Pres. Quaranta, Est. Tesauro - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli Venezia Giulia - CORTE COSTITUZIONALE - 22 luglio 2011, n. 227

CACCIA - Provvedimenti in deroga - Articolo 151 l.r. Friuli Venezia Giulia n. 17/2010 - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza.
L’articolo 151 della l.r. Friuli Venezia Giulia n. 17/2010, che modifica l’art. 11 della leg. reg. n. 14 del 2007, si limita a dettare le condizioni in base alle quali i provvedimenti in deroga relativi alla cacciabilità di cinghiali, volpi e corvidi possono essere adottati non su base provinciale, ma su base regionale. Non può ritenersi che la disposizione in esame sia sufficiente a sottrarre tale procedura al rispetto dell’art. 6, comma 7, pure contenuto nella legge regionale 14 del 2007, che - nel disciplinare la procedura di deroga - prevede che «l’Amministrazione regionale verifica l’esistenza delle condizioni generali per l’esercizio delle deroghe e rilascia i provvedimenti di deroga, previo parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS)» (oggi ISPRA). Pres. Quaranta, Est. Tesauro - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Friuli Venezia Giulia - CORTE COSTITUZIONALE - 22 luglio 2011, n. 227
 

CACCIA - Fringillidi in genere - Divieto di detenzione - Fattispecie: cardellini e una passera sarda. Tutti i volatili rientranti nella categoria dei fringillidi sono assoggettati al regime di cui alla L. 157/92 sub art. 2, quanto alla descrizione della specie e 30 quanto al regime sanzionatorio. Per cui, la detenzione è certamente vietata trattandosi di specie particolarmente protetta. Fattispecie: detenzione per la vendita di uccelli appartenenti a specie protetta e minacciati di estinzione (cardellini e una passera sarda). (Cass. Sez. 3^ 27.5.2010 n. 23931, Fatti). (conferma sentenza del Tribunale di Caltanissetta del 22/11/2007) Pres. Ferrua Est. Grillo Ric. Gioè. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 8/07/2011 (Ud. 3/03/2011), Sentenza n. 26797

 

CACCIA - Regione Emilia Romagna - Iscrizione all’ATC prescelto - Presupposto della residenza in ambito regionale. La vigente normativa regionale in materia di esercizio dell’attività venatoria (legge Reg. Emilia-Romagna 15 febbraio 1994 n. 8, artt. 31, 35 e 36) distingue nettamente, ai fini dell’iscrizione all’A.T.C. prescelto, tra cacciatori residenti in ambito regionale e cacciatori residenti in altre regioni, venendo questi ultimi in rilievo solo in presenza di posti disponibili dopo che siano state soddisfatte le richieste dei primi. Né per i residenti di altre regioni v’è il titolo al rinnovo automatico per l’anno successivo, in quanto l’art. 36, comma 1, della menzionata legge reg. circoscrive tale prerogativa ai cacciatori con residenza anagrafica nell’A.T.C. prescelto e a quelli che, purché residenti in Emilia-Romagna, siano stati iscritti al relativo A.T.C. nelle stagioni venatorie 1998/1999 e 1999/2000. Pres. Arosio, Est. Caso - P.F. e altri (avv. Lalli) c. Provincia di Reggio Emilia (n.c.) - TAR EMILIA ROMAGNA, Parma, Sez. I - 15 giugno 2011, n. 196

 

CACCIA - Delimitazione temporale del periodo in cui è permesso il prelievo venatorio - Limiti orari - Art. 1 L.r. Liguria n. 15/2010 - Caccia da appostamento consentita per mezz’ora dopo il tramonto - Contrasto con l’art. 18, c. 7 L. n. 157/1992 - Illegittimità costituzionale. La disciplina statale che delimita il periodo entro il quale è consentito l’esercizio venatorio, è ascrivibile al novero delle misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, rientrando nella materia della tutela dell’ambiente, vincolante per il legislatore regionale (sentenze n. 272 del 2009 e n. 313 del 2006, nonché n. 233 del 2010 e n. 193 del 2010). Posto che la disciplina sulla delimitazione temporale del periodo in cui è permesso il prelievo venatorio ha ad oggetto, oltre che l’individuazione dei periodi dell’anno in cui esso è consentito, anche i limiti orari nei quali quotidianamente detta attività è lecitamente svolta in relazione a determinate specie cacciabili, risulta evidente che la disposizione di cui all’art. 1 della legge della Regione Liguria 29 settembre 2010, n. 15, consentendo la caccia da appostamento fisso o temporaneo alla selvaggina migratoria ancora per mezz’ora dopo il tramonto del sole, così oltrepassando il limite ordinariamente fissato per questa dall’art. 18, comma 7, della legge n. 157 del 1992, costituisce violazione del livello apprestato dallo Stato nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Pres. Maddalena, Est. Napolitano - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Liguria - CORTE COSTITUZIONALE - 15 giugno 2011, n. 191

CACCIA - Direttiva 79/409/CEE (oggi 2009/147/CE) - Deroga al divieto di caccia - L.r. Lombardia n. 16/2010 - Art. 2 L.r. Toscana n. 50/2010 - Illegittimità costituzionale.
Il rispetto del vincolo comunitario derivante dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE (oggi art. 9 della direttiva 2009/147/CE) impone l’osservanza dell’obbligo della puntuale ed espressa indicazione della sussistenza di tutte le condizioni in esso specificamente indicate, e ciò a prescindere dalla natura (amministrativa ovvero legislativa) del tipo di atto in concreto utilizzato per l’introduzione della deroga al divieto di caccia e di cattura degli esemplari appartenenti alla fauna selvatica stabilito agli articoli da 5 a 8 della medesima direttiva. Per ciò che concerne la legge regionale della Lombardia n. 16 del 2010, in essa vi è la completa omissione di qualsiasi cenno in ordine alla sussistenza delle condizioni e dei presupposti richiesti dalla direttiva. Quanto all’art. 2 della legge regionale della Toscana n. 50 del 2010, è fondata su di una mera petizione di principio la affermazione secondo la quale «Non esiste al momento altra condizione soddisfacente a fronte delle richieste pervenute se non quella del metodo delle catture» (punto 11 del preambolo della legge regionale n. 50 del 2010), non essendo affatto chiarito perché una campagna di allevamento in cattività, tempestivamente promossa e realizzata, non sia idonea a fornire il fabbisogno necessario di richiami vivi, in tal modo costituendo, secondo le prescrizioni rese in sede consultiva dall’ISPRA, «una valida alternativa alla cattura» dei medesimi. Ne consegue l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia 21 settembre 2010, n. 16 e dell’art. 2 della legge regionale della Toscana 6 ottobre 2010, n. 50. Pres. Maddalena, Est. Napolitano - Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regioni Lombardia e Toscana - CORTE COSTITUZIONALE- 15 giugno 2011, n. 190

 

CACCIA - Fauna selvatica - Piani di abbattimento - Rispetto delle regole sostanziali e procedurali - Controllo numerico della volpe - Mancata acquisizione del parere dell’INFS circa l’utilizzo di metodi ecologici - Illegittimità. Ai sensi dell'art. 1, l. n. 157 del 1992, la fauna selvatica costituisce patrimonio indisponibile dello Stato da tutelare nell'interesse della comunità nazionale e sopranazionale, onde i piani di abbattimento debbono essere disposti nel rigoroso rispetto delle regole procedurali e sostanziali previste (Consiglio Stato , sez. VI, 13 maggio 2005, n. 2399). Sicchè, deve ritenersi illegittimo il provvedimento relativo all’attività di controllo numerico della popolazione di volpe, che non sia preceduto dal prescritto (Legge quadro nazionale e L.r. Veneto n. 50/1993) parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, in ordine alla necessità dell’utilizzo di metodi ecologici. Pres. f.f. Garofoli, Est. Taormina - L.A.V. Onlus (avv.ti Amadori e Stefutti) c. Provincia di Rovigo (avv.ti Bernecoli e Paparella) - (Riforma T.A.R. del VENETO, n. 3511/2006) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 7 giugno 2011, n. 3419
 

CACCIA - Piano faunistico venatorio - Parere dell’INFS - Necessità - Esclusione - Art. 18 L. n. 157/1992 - Art. 33, c. 2 L.r. Puglia n. 27/1998. Il parere dell’Istituto ai sensi dell’art. 33, comma 2, della l.r. Puglia n. 27 del 1998 ( si confronti altresì l’art. 7 dela legge n. 157 del 1992) è previsto in sede di predisposizione del calendario venatorio e per la istituzione delle aziende faunistico-venatorie ed agrituristiche venatorie. Né la legge regionale, né le disposizioni nazionali hanno prescritto il parere dell’Istituto per la predisposizione del piano faunistico venatorio (v. in particolare l’art. 18 della legge nazionale 11 febbraio 1992, n.157). Pres. Maruotti, Est. Taormina - Associazione W. (avv. Petretti) c. Regione Puglia (avv. Volpe) - (Riforma T.A.R. PUGLIA, Bari, n. 3137/2009) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 10 maggio 2011, n. 2755

 

CACCIA - Esemplari di specie selvatica - Nozione - Animali di prima generazione nati in cattività - Esclusione - Art. 1 c.1 L. n. 150/92 - Art. 30 lett. b) L. n. 157/92. In materia di tutela della fauna, per esemplari di specie selvatica ci si intende riferire ad esemplari di origine selvatica, mentre laddove si tratti di animali di prima generazione nati in cattività questi non possono più essere definiti di provenienza selvatica (Cass. Sez. 4^ 26.9.1997 n. 3062, Pagliai; Cass. Sez. 3^ 8.5.1997 n. 8877, Muz). Fattispecie in tema di detenzione di esemplari di prima generazione nati in cattività (avvoltoi capo vaccai), la norma contemplata nell'art. 30 lett. b) della L. 157/92 non può trovare applicazione, dovendosi escludere che i suddetti volatili rientrino nella fauna selvatica. (annulla senza rinvio sentenza emessa il 20/6/2009 dal Tribunale di Enna) Pres. Teresi, Est. Grillo, Ric. Ardizzoni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 13/05/2011 (Ud. 2/2/2011), Sentenza n. 18893

 

CACCIA - Armi ed i mezzi di caccia - Condanna - Confisca obbligatoria - Rapporto di specialità intercorrente tra la disciplina venatoria e quella sulle armi - Effetti - Artt. 28, 2 c. e 30, c.1, lett.a), b), c), d) ed e), L. n. 157/1992. In tema di caccia, l'articolo 28, secondo comma della Legge 11 febbraio 1992 n. 157 dispone che, in caso di condanna per le ipotesi di reato di cui all' articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), le armi ed i mezzi di caccia siano in ogni caso confiscati. Stabilendo, al terzo comma, che "salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di armi". Delle due disposizioni richiamate si consta, nel tempo, un’uniforme interpretazione rilevando come la norma preveda espressamente la confisca solo in caso di condanna e per le ipotesi di reato esplicitamente indicate in quanto il richiamo operato dal legislatore alla disciplina delle armi non ha natura di rinvio in senso tecnico, tale da determinare un collegamento sanzionatorio tra la normativa sulla caccia e quella in materia di armi trattandosi, al contrario, di una mera precisazione finalizzata ad eliminare ogni dubbio in merito alla possibilità di concorso tra i reati previsti dalle diverse disposizioni, facendo salvo il solo principio di specialità. Pertanto, sulla base del rapporto di specialità intercorrente tra la disciplina venatoria e quella sulle armi veniva esclusa la possibilità di applicare il combinato disposto degli artt. 240 cpv. C.P. e 6 Legge 22 maggio 1975 n. 152, in forza del quale può disporsi la confisca anche in assenza di una pronuncia di condanna quando trattasi di reati concernenti le armi (Cass. Sez. III n. 15166, 1/4/2003; Cass. n. 17670, 9/5/2007; Cass. n. 35637, 27/9/2007; Cass. n.6228, 13/2/2009; Cass. n. 11580, 17/3/2009; Cass. n. 18545, 17/5/2010; Cass. n. 27265, 14/7/2010). (annulla senza rinvio sentenza emessa il 14/5/2010 dal Tribunale di Lucera - Sezione Distaccata di Apricena) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. Trotta ed altro. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III 27/04/2011 (Cc. 16/03/2011) Sentenza n. 16442

 

CACCIA - FAUNA E FLORA - Convenzione di Berna - Conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa - Reato di cui all'articolo 30, lett. b) L. n. 157/92 - Configurabilità - L. n. 503/1981. L'abbattimento di fauna appartenente alle specie elencate nell'Allegato II della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, relativa alla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa, ratificata dall'Italia con la legge 5 agosto 1981, n. 503, configura il reato di cui all'articolo 30, lettera b) legge n. 157/92, in quanto trattasi di esemplari rientranti tra le specie che direttive comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indicano come minacciate di estinzione menzionate dall'articolo 2, comma primo lettera c) della medesima Legge n.157/92. (conferma sentenza del 12/10/2009 dalla Corte d'Appello di Brescia) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. Feroldi. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 27/03/2011 (Ud. 16/3/2011) n. 16441

 

CACCIA - L n. 157/1992 - Standard minimo di tutela della fauna - Competenza esclusiva dello Stato - Direttiva 79/409/CEE - Regioni ad ordinamento speciale - Norme statutarie - Attribuzione di competenza in materia di caccia - Irrilevanza. Il legislatore nazionale con la legge 157/1992 ha fissato uno “uno standard minimo di tutela della fauna il cui soddisfacimento è riservato dall'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione alla competenza esclusiva dello Stato”, anche in ossequio agli obblighi comunitari ed in particolare alla direttiva 79/409/CEE (c.d. direttiva Uccelli), di cui la predetta legge 157 “costituisce attuazione” (Corte Cost., 25 novembre 2008, n. 387; Corte Cost., 21.10.2005, n. 393; Cfr. anche Corte Cost., 27.07.2006, n. 313; Corte Cost., 04.07.2003, n. 227), senza che sul punto possano influire eventuali norme statutarie delle Regioni ad ordinamento speciale attributive alle stesse di competenze esclusive in materia di caccia, e ciò in ragione della natura mobile e trasversale del valore “ambiente”, che impone il proprio nucleo minimo di tutela anche su materie di competenza delle Regioni (Cfr. Corte Cost., 25.11.2008, n. 387; Corte Cost., 20.12.2002, n. 536). Pres. D’Agostino, Est. Tomaiuoli - Legambiente - Comitato Regionale Siciliano Onlus e altri (avv.ti Bonanno e Giudice) c. Presidenza Regione Siciliana e altri (Avv. Stato), Federazione Siciliana della Caccia (avv.ti Lino, Gazzè e Mistretta) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 23 marzo 2011, n. 546

CACCIA - Termini di apertura e chiusura della caccia - Esigenza di tutela della fauna - Regione siciliana - Calendario venatorio 2009/2010 - Apertura anticipata della caccia - Ratio di mero ampliamento dell’esercizio dell’attività venatoria - Illegittimità.
La subordinazione della modifica dei termini di apertura e chiusura della caccia (nel rispetto dei limiti massimi previsti) in relazione “a determinate specie” al verificarsi di particolari “situazioni ambientali” ovvero “biologiche, climatiche e metereologiche” “delle diverse realtà territoriali” risponda ad esigenze di tutela e protezione della fauna, e non possa essere riletta siccome mera facoltà di ampliamento del periodo di esercizio dell’attività venatoria. Se, infatti, la ratio della delimitazione temporale del prelievo venatorio è quella di “assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili” e di “tutela dell'ambiente e dell'ecosistema” (Corte Cost., 20.12.2002, n. 536), deve ritenersi che anche le modifiche di tale delimitazione temporale debbano rispondere a siffatta ratio (T.A.R. Abruzzo L'Aquila, Sez. I, 05/05/2010, n. 387), per non pregiudicare lo standard minimo di tutela che il legislatore nazionale ha introdotto in ossequio agli obblighi di matrice comunitaria; e ciò potrà accadere, in concreto, allorquando vi siano evidenze scientifiche atte a dimostrare che, in relazione a “determinate” specie e per “particolari” condizioni ambientali, biologiche, climatiche o metereologiche, si modifichi il “periodo della riproduzione o del ritorno al luogo di nidificazione” (art. 7.4 della direttiva 79/409/CEE). Deve pertanto ritenersi affetto da illegittimità il calendario venatorio 2009/2010 della Regione Siciliana, nella parte in cui esso ha previsto l’apertura anticipata della caccia di alcune specie, posto che tale preapertura appare ispirata ad una ratio di mero ampliamento dell’esercizio dell’attività venatoria, sul presupposto che la popolazione delle specie in esame è rimasta stabile o è cresciuta negli ultimi anni (per come emerge dalla nota informativa sul calendario venatorio dell’1.4.2009 versata agli atti), e non già sorretta da valutazioni incentrate su esigenze di tutela delle specie protette. Pres. D’Agostino, Est. Tomaiuoli - Legambiente - Comitato Regionale Siciliano Onlus e altri (avv.ti Bonanno e Giudice) c. Presidenza Regione Siciliana e altri (Avv. Stato), Federazione Siciliana della Caccia (avv.ti Lino, Gazzè e Mistretta) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 23 marzo 2011, n. 546

CACCIA - AREE PROTETTE - Zone di protezione speciale - Regione siciliana - Obbligo di istituzione - Adempimento - Divieto di caccia lungo le rotte migratorie - Divieto di caccia a 500 metri dalla costa marina - Meccanismo conservativo ex art. 21, c. 5, L. n. 157/92 - Presupposto - Mancata istituzione delle zone di protezione.
Le Zone di Protezione Speciale di cui alla direttiva Uccelli, già istituite dalla Regione Sicilia con decreto 46/GAB del 21 febbraio 2005, null’altro sono che habitat sottoposti a particolare tutela ambientale “sia per le specie elencate nell’allegato I sia per le specie migratrici, il che trova giustificazione nel fatto che si tratta, rispettivamente, delle specie più minacciate e delle specie che costituiscono un patrimonio comune della Comunità” (Corte Giustizia CE, Sez. II, 13/12/2007, n. 418), come si evince chiaramente già dal terzo e nono considerando della direttiva 79/409/CEE. Deve ritenersi, quindi, che la Regione Sicilia abbia adempiuto all’obbligo di istituzione di zone di protezione speciale per le specie migratrici anche lungo le rotte di migrazione, sicché non può considerarsi operante il meccanismo “conservativo” di cui al comma 5 dell’art. 21, L. 157/1992, ai sensi del quale il divieto di caccia lungo le rotte migratorie a meno di 500 metri dalla costa presuppone, in primo luogo, proprio la mancata istituzione delle predette zone di protezione. Nel nostro ordinamento non esiste infatti tout court un divieto di caccia lungo le rotte migratorie; mentre esiste un divieto di caccia lungo i valichi montani interessati dalle rotte migratorie. Esiste, per contro, l’obbligo di istituire zone di protezione lungo le predette rotte, e solo in difetto della loro istituzione ed in esito all’attivazione di un meccanismo di diffida (e sostitutivo), scatta il divieto di caccia lungo le predette rotte, a meno di 500 mt. dalla costa marina. Pres. D’Agostino, Est. Tomaiuoli - Legambiente - Comitato Regionale Siciliano Onlus e altri (avv.ti Bonanno e Giudice) c. Presidenza Regione Siciliana e altri (Avv. Stato), Federazione Siciliana della Caccia (avv.ti Lino, Gazzè e Mistretta) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 23 marzo 2011, n. 546

CACCIA - Piano faunistico - Illegittima mancata sottoposizione a valutazione di incidenza - Conseguenza - Obbligo di sottoporre a valutazione di incidenza i Calendari venatori autorizzanti la caccia in ZPS o SIC - Direttiva 92/43/CEE - Effetti utili.
A prescindere dalla riconducibilità del calendario venatorio in sé alla nozione di “piano o progetto” di cui all’art. 5 del D.P.R. 357/1997 ed all’art. 6 n. 3 della direttiva Habitat, vi è di certo che esso, nella misura in cui recepisce le indicazioni di un Piano faunistico venatorio che illegittimamente non è stato oggetto della valutazione di incidenza, autorizzando la caccia nelle ZPS (sia pure nel rispetto dei limiti minimi imposti dall’art. 5 del D.M. 17.10.2007) ed in prossimità dei SIC, si presta a diventare un facile strumento di elusione e violazione della normativa comunitaria. Ne deriva che, nella necessaria ottica di garantire gli “effetti utili” della direttiva comunitaria 92/43/CEE (direttiva Habitat), deve ritenersi che, in presenza di un Piano faunistico venatorio non sottoposto a valutazione di incidenza, debbano esserlo i calendari venatori che autorizzino la caccia nelle ZPS od in zone limitrofe ad essi ed ai SIC, in maniera da scongiurare effetti negativi su tali siti protetti. Pres. D’Agostino, Est. Tomaiuoli - Legambiente - Comitato Regionale Siciliano Onlus e altri (avv.ti Bonanno e Giudice) c. Presidenza Regione Siciliana e altri (Avv. Stato), Federazione Siciliana della Caccia (avv.ti Lino, Gazzè e Mistretta) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 23 marzo 2011, n. 546

AREE PROTETTE - CACCIA - Oasi di protezione - ZPS - Regime di protezione - Differenza - Piani di gestione - Adozione di misure di protezione uniformi.
Il regime di protezione accordato dall’ordinamento nazionale alle Oasi di protezione è attualmente più intenso di quello accordato, in astratto, dall’ordinamento comunitario e nazionale alle Z.P.S..Mentre nelle prime, infatti, vige un divieto assoluto di caccia, ciò non accade nelle seconde, dove allo stato - ed in attesa dell’approvazione dei piani di gestione che dovranno contenere adeguate misure conservative ex artt. 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 - valgono gli standard uniformi di protezione stabiliti con l’art. 5 del D.M. 17.10.2007 che vieta l’attività venatoria per talune specie ed in alcune specifiche forme. Che il divieto di caccia nelle ZPS non sia in linea di massima assoluto lo si desume, peraltro, già dalla lettura del combinato disposto di cui agli artt. 3 e 7 della “direttiva Uccelli” (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. IV, 23/01/2008, n. 105). In ogni caso, ciò non toglie che, anche nelle more dell’approvazione dei predetti piani di gestione, le misure di protezione uniformi possano e debbano essere incrementate, laddove emergano evidenze scientifiche che le facciano ritenere inadeguate alla tutela di particolari specie o habitat naturali, dal momento che “la tutela delle Z.P.S. non deve limitarsi a misure volte ad ovviare ai danni ed alle perturbazioni esterne causati dall’uomo, bensì deve anche comprendere, in funzione della situazione di fatto, misure positive per la conservazione e il miglioramento dello stato del sito”(Corte Giustizia CE, Sez. II, 13/12/2007, n. 418; T.A.R. Abruzzo L'Aquila, Sez. I, 24/07/2010, n. 558). Pres. D’Agostino, Est. Tomaiuoli - Legambiente - Comitato Regionale Siciliano Onlus e altri (avv.ti Bonanno e Giudice) c. Presidenza Regione Siciliana e altri (Avv. Stato), Federazione Siciliana della Caccia (avv.ti Lino, Gazzè e Mistretta) - TAR SICILIA, Palermo, Sez. I - 23 marzo 2011, n. 546

PESCA - Politica comune della pesca - Ricostituzione degli stock di tonno rosso nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo - Validità - Conservazione delle risorse - Regolamento (CE) n. 530/2008.
Il regolamento n. 530/2008 è invalido nei limiti in cui, essendo stato adottato sul fondamento dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 2371/2002, i divieti da esso sanciti prendono effetto a partire dal 23 giugno 2008 per quanto riguarda le tonniere con reti a circuizione battenti bandiera spagnola, o registrate in tale Stato membro, e gli operatori comunitari che hanno concluso contratti con esse, mentre tali divieti prendono effetto a partire dal 16 giugno 2008 per le tonniere con reti a circuizione battenti bandiera maltese, greca, francese, italiana, nonché cipriota, oppure registrate in questi Stati membri, e per gli operatori comunitari che hanno concluso contratti con esse, senza che questa differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata. Inoltre, dall’esame delle questioni sollevate non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità del regolamento (CE) della Commissione 12 giugno 2008, n. 530, che istituisce misure di emergenza per quanto riguarda le tonniere con reti a circuizione dedite alla pesca del tonno rosso nell’Oceano Atlantico, ad est di 45° di longitudine O, e nel Mar Mediterraneo, né quella dell’art. 7, n. 2, del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 2002, n. 2371, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell’ambito della politica comune della pesca, alla luce del principio del contraddittorio e del principio della tutela giurisdizionale effettiva. Infine, non è emerso alcun elemento idoneo a inficiare la validità del regolamento n. 530/2008, alla luce del requisito di motivazione derivante dall’art. 296, n. 2, TFUE, del principio della tutela del legittimo affidamento e del principio di proporzionalità. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Prim’Awla tal-Qorti Civili (Malta). Pres. Cunha Rodrigues, Est. Lindh. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 17/03/2011, Sentenza C-221/09

PESCA - DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Principio di proporzionalità - Tutela del legittimo affidamento - Controllo giurisdizionale - Limiti - Artt. 40 e 43 TFUE. Il principio di proporzionalità, che è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che i mezzi approntati da una disposizione del diritto dell’Unione siano idonei a realizzare l’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo (C.G.E.o, sentenze 14/12/2004, causa C-210/03, Swedish Match, nonché C.G.E. 7/07/2009, causa C-558/07, S.P.C.M. e a.). Secondo costante giurisprudenza, il legislatore dell’Unione dispone in materia agricola, inclusa la pesca, di un ampio potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche che gli artt. 40 TFUE - 43 TFUE gli attribuiscono. Conseguentemente, il controllo giurisdizionale deve limitarsi ad accertare che il provvedimento di cui trattasi non sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere, ovvero che l’autorità in questione non abbia manifestamente ecceduto i limiti del suo potere discrezionale (C.G.E. sentenza 12/07/2001, causa C-189/01, Jippes e a.; C.G.E. 9/09/2004, Spagna /Commissione; C.G.E. 23/03/2006, causa C-535/03, Unitymark e North Sea Fishermen’s Orgnisation). Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale delle condizioni di attuazione di siffatto principio, considerato l’ampio potere discrezionale di cui dispone il legislatore dell’Unione in materia di politica agricola comune, inclusa la pesca, solo il carattere manifestamente inidoneo di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Prim’Awla tal-Qorti Civili (Malta). Pres. Cunha Rodrigues, Est. Lindh. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 17/03/2011, Sentenza C-221/09

 

CACCIA - Ordinanza sindacale ex art. 54, c. 2 d.lgs. n. 267/2000 - Divieto di caccia per insostenibilità del carico venatorio - Illegittimità. Deve ritenersi illegittima l’ordinanza sindacale emanata ex .art. 54, comma 2 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267 con la quale è fatto divieto di caccia per trenta giorni per l’insostenibilità del carico venatorio e per la sicurezza della popolazione e degli stessi cacciatori . Gli scopi perseguiti dal Sindaco, nel caso di specie, non sono infatti coerenti con quelli tassativamente fissati dalla norma (cfr. TAR. Piemonte, n.88/2006), posto che l’insostenibilità del carico venatorio è circostanza di fatto valutabile unicamente dall’Ente preposto dalle funzioni amministrative in materia (la Provincia), con la conseguenza che il Sindaco non può sovrapporsi a tale esclusiva valutazione, in funzione di controllo o sostitutiva di tale potere. Pres. Mastrocola, Est. Abbruzzese - Provincia di L’Aquila (avv.ti Aniceti e De Nicola) c. Comune di Castelvecchio Subequo (n.c.) - TAR ABRUZZO , L’Aquila, Sez. I - 15 marzo 2011, n. 137
 

CACCIA - DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Polizia giudiziaria - Perquisizione - Assenza di avviso - Casi eccezionali di necessità e di urgenza - Presupposti - Disciplina del codice di procedura penale e dell'art. 4 L. n. 152/75 (Disposizioni a tutela dell'ordine pubblico) e L.n. 110/75 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi) - (Fattispecie: armi e sospetto di attività di bracconaggio). La legge n.152/75 è stata emanata con finalità di tutela dell'ordine pubblico e la disposizione applicata nella specie (articolo 4) consente alla polizia giudiziaria, nel corso di operazioni di polizia ed in casi di eccezionali di necessità e di urgenza che non consentono un tempestivo provvedimento dell'autorità' giudiziaria di procedere, oltre che all'identificazione, anche all'immediata perquisizione sul posto di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo non appaiono giustificabili, al solo fine di accertare l'eventuale possesso di anni, esplosivi e strumenti di effrazione. In tali casi la perquisizione può anche estendersi, per le medesime finalità, al mezzo di trasporto utilizzato dalle persone suindicate per giungere sul posto. Essa non presuppone, la commissione di un reato, richiedendo soltanto la presenza di determinate ragioni di sospetto. Sicché, le attività indicate dall'articolo 356 C.P.P. con riferimento alla assistenza del difensore sono tutte finalizzate alla assicurazione delle fonti di prova e sono specificamente indicate con l'indicazione dell'articolo corrispondente. Lo stesso articolo 114 disp. att. C.P.P., nell'imporre l'avvertimento del diritto all'assistenza del difensore, richiama unicamente l'articolo 356 C.P.P.. L'espletamento della perquisizione ai sensi dell'articolo 4 Legge 152/75 non richiede pertanto alcun avviso. (Fattispecie: armi e sospetto di attività di bracconaggio). (conferma ordinanza n. 24/2010 TRIBUNALE di TEMPIO PAUSANIA, del 05/10/2010) Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Ric. Canu. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 2/03/2011 (Ud. 9/02/2011), Sentenza n. 8097
 

PESCA - Disciplina della pesca marittima - Commercializzazione di due esemplari di tonno rosso (thunnus thinnus) in violazione del regolamento C.E. - Fattispecie - L. n. 963/1965 - L. n.69/2009 - Art.14 L. n.246/2005 - D. L.vo n.179/2009 - All. III parte D.20, Reg. C.E. n.51/2006. La legge del 14.7.1965 n.963 sulla "Disciplina della pesca marittima" non è abrogata per effetto della legge 18 giugno 2009 n.69. Tale norma, nel novellare l'art.14 legge n.246 del 2005, come si evince nella relazione di accompagnamento, "ha spostato l'effetto dell'abrogazione in avanti rispetto all'emanazione del decreto legislativo di salvezza degli atti normativi primari ante 1970..., consentendo un opportuno lasso di tempo idoneo a correggere eventuali errori ed omissioni, prima che si produca l'effetto abrogativo". In particolare I'art.4 della legge n.69/2009 ha aggiunto nella legge 246/2005 il comma 14 ter, secondo il quale "Fatto salvo quanto stabilito dal comma 17 (disposizioni dei codici civile, penale, di procedura e della navigazione), decorso un anno dalla scadenza del termine di cui al comma 14, ovvero del maggior termine previsto dall'ultimo periodo del comma 22, tutte le disposizioni legislative statali non comprese nei decreti legislativi di cui al comma 14, anche se modificate con provvedimenti successivi, sono abrogate". Il Decreto Legislativo 1.12.2009 n.179 (Disposizioni legislative statali anteriori al 1 gennaio 1970 di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'art.14 della L.28 novembre 2005 n.246) ha sottratto espressamente all'effetto abrogativo la Legge n.963 del 14/7/1965 Disciplina della Pesca marittima artt-14,15,21,22,23,24,25,26,27,29,31,32 (AII.1). Fattispecie: commercializzazione di due esemplari di tonno rosso (thunnus thinnus) del peso inferiore ai 10 Kg e di lunghezza inferiore agli 80 cm, in violazione del regolamento C.E. n.51/2006 allegato III parte D.20. (conferma sentenza del 14.10.2009 del Tribunale di Savona) Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Trinca. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Ud. 19/01/2011), Sentenza n. 6872

PESCA - Divieto di commercio del novellame ed altre specie - Conflitto tra normativa italiana e Comunitaria - Disciplina applicabile - Reg. CE n.1624/94 - Artt. 15, lett.c) e 24, L. n. 963/1965. La sanzione prevista dalla legge 963 del 1965 art.24 si correla alla violazione del divieto di commercio del novellame posto dal precedente art.15, lett.c) che non ha carattere generico e non ha bisogno, per concretizzarsi e divenire attuale, di essere necessariamente integrato dal contenuto di atti normativi secondari. Soltanto una specificazione tecnica di dettaglio è demandata, al riguardo, al Regolamento sulla disciplina della pesca marittima n.1639/1968 come modificato dai successivi decreti ministeriali, ma tali decreti non possono porsi in contrasto con il regolamento CE n.1624/94 che ad evidenza non introduce nuove fattispecie incriminatrici rispetto a quelle già previste dalla legge penale italiana. Ove il conflitto di manifesti in forma di incompatibilità evidente il giudice è tenuto, pertanto, a non applicare la disposizione contrastante con quella di fonte comunitaria (Cass. pen. sez.3 n.39345 del 3.7.2007, Baldini; conf. Cass. n.5750/2007; Cass. n.13751/2007; Cass. sez.3 n.17847 del 19.3.2009 - Puglisi; Corte Cost., sentenza del 19.4.1985 n.113 e sentenza del 19.4.1985 n.113 ). Nella specie, va disapplicata la normativa, che consente una tolleranza di novellame del dieci per cento, perché in contrasto con la disciplina comunitaria. Quanto all'aspetto soggettivo, è configurabile un'ipotesi di responsabilità colposa per negligenza, trattandosi di un operatore professionale nei cui confronti si esige la conoscenza della normativa comunitaria. (conferma sentenza del 14.10.2009 del Tribunale di Savona) Pres. De Maio, Est. Amoresano, Ric. Trinca. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 23/02/2011 (Ud. 19/01/2011), Sentenza n. 6872

 

CACCIA - AREE PROTETTE - Istituzione nel territorio dei parchi di aree cinofile adibite all’addestramento dei cani da caccia - Art. 1, c. 16 l.r. Campania n. 2/2010 - Illegittimità costituzionale. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 16, della legge della Regione Campania n. 2 del 2010, la quale prevede l’istituzione da parte dei Comuni ricompresi nel territorio dei parchi e nelle zone montane, di aree cinofile, adibite esclusivamente all’addestramento ed allenamento dei cani da caccia, e l’individuazione di strutture ove consentire l’addestramento anche dei cani da pastore, da utilità e dei cani adibiti alla pet-therapy ed al soccorso. Nel rispetto dei livelli uniformi, previsti dalla legislazione statale nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. - e tale è la materia delle aree protette, in cui la legge n. 394 del 1991 costituisce fonte di principi fondamentali (sentenze n. 20 e n. 315 del 2010; n. 366 del 1992) - la Regione esercita la propria potestà legislativa, senza potervi derogare, mentre può determinare, sempre nell’àmbito delle proprie competenze, livelli maggiori di tutela (sentenze n. 193 del 2010 e n. 61 del 2009). In particolare, il territorio dei parchi, siano essi nazionali o regionali, ben può essere oggetto di regolamentazione da parte della Regione, in materie riconducibili ai commi terzo e quarto dell’art. 117 Cost., purché in linea con il nucleo minimo di salvaguardia del patrimonio naturale, da ritenere vincolante per le Regioni (sentenza n. 232 del 2008). Pres. De Siervo, Est. Finocchiaro- Presidente del Consiglio dei Ministri c. Regione Campania - CORTE COSTITUZIONALE - 11 febbraio 2011, n. 44

 

CACCIA - Reati venatori - Confisca delle armi - Sentenza di condanna - Necessità - Art. 28, c.2 e art. 30 co. 1 lett. a), b), e), d) ed e), L. n.157/92. In materia di confisca di armi, detenute e portate legittimamente ma utilizzate per commettere reati venatori l'unica disposizione operante è quella di cui all'art. 28, secondo comma Legge n.157/92, che ne impone l'applicazione solo in caso di condanna per le contravvenzioni espressamente indicate, contemplate dall'art. 30 co. 1 lett. a), b), e), d) ed e). (Annulla senza rinvio sentenza dell’1/12/2009, Tribunale di Torre Annunziata - Sez. Dist. di Torre del Greco) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Cropano. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/01/2011 (Ud. 1/12/2010), Sentenza n. 527

CACCIA - Rapporto di specialità tra disciplina delle armi e disciplina venatoria - Criteri di applicazione - Concorso tra i reati - Esclusione - Giurisprudenza - Fattispecie: reati venatori e confisca delle armi - Art. 28, 2c., L. n. 157/1992 - Artt. 240 cpv. C.P. e 6 L. n. 152/1975. L'applicabilità della confisca delle armi utilizzate per la commissione dei reati venatori richiamati dall'art. 28, secondo comma della Legge n. 157/1992, è possibile solo in caso di condanna (Cass. Sez. III, 17/3/2009 n. 11580; Cass. Sez. III, 17/05/2010 n. 18545; Cass. Sez. III, 14/07/2010 n. 27265). Mentre la disposizione di cui all'articolo 6 Legge n.152/75, che prevede altra e più ampia ipotesi di confisca obbligatoria di cose intrinsecamente pericolose, costituenti corpo di reato, anche se in concreto non sia stata pronunciata condanna, non è applicabile, qualora difetti una specifica contestazione di violazioni anche in materia di armi e munizioni (Cass. Sez. III, 9/5/2007 n. 17670; Cass. Sez. III, 27/09/2007 n. 35637; Cass. Sez. III, 13/2/2009 n.6228). Sicché, il richiamo operato dal legislatore alla disciplina delle armi non ha natura di rinvio in senso tecnico, tale da determinare un collegamento sanzionatorio tra la normativa sulla caccia e quella in materia di armi trattandosi, al contrario, di una mera precisazione finalizzata ad eliminare ogni dubbio in merito alla possibilità di previsti dalle diverse disposizioni, facendo salvo il solo principio di specialità (Cass. Sez. III, 1/04/2003, n. 15166). Sulla base del rapporto di specialità intercorrente tra la disciplina venatoria e quella sulle armi viene esclusa la possibilità di applicare il combinato disposto degli artt. 240 cpv. C.P. e 6 Legge 22 maggio 1975 n. 152, in forza del quale può disporsi la confisca anche in assenza di una pronuncia di condanna quando trattasi di reati concernenti le armi. (Annulla senza rinvio sentenza dell’1/12/2009, Tribunale di Torre Annunziata - Sez. Dist. di Torre del Greco) Pres. Squassoni, Est. Ramacci, Ric. Cropano. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 11/01/2011 (Ud. 1/12/2010), Sentenza n. 527