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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. II, 22/06/2011, Procedimento C-346/09
DIRITTO AGRARIO - Encefalopatia spongiforme bovina - Lotta contro la propagazione - Polizia sanitaria - Controlli veterinari e zootecnici - Animali vivi e prodotti di origine animale - Scambi intracomunitari - Divieto della produzione e commercializzazione delle proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali da allevamento - Direttiva 90/425/CEE - Applicazione di tale normativa - Compatibilità con la direttiva 90/425/CEE e con le decisioni 94/381/CE e 2000/766/CE - Principio di proporzionalità e giudice del rinvio. Il diritto dell’Unione, in particolare la direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, nonché le decisioni della Commissione 27 giugno 1994, 94/381/CE, concernente misure di protezione per quanto riguarda l’encefalopatia spongiforme bovina e la somministrazione, con la dieta, di protein[e] derivat[e] da mammiferi, e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/766/CE, relativa a talune misure di protezione nei confronti delle encefalopatie spongiformi trasmissibili e la somministrazione di proteine animali nell’alimentazione degli animali, non osta ad una normativa nazionale che, a titolo di protezione contro l’encefalopatia spongiforme bovina, vietasse temporaneamente la produzione e la commercializzazione di proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali da allevamento, purché la situazione nello Stato membro interessato presentasse un carattere di urgenza che giustificasse l’adozione immediata di siffatte misure per gravi motivi di salvaguardia della sanità pubblica o della salute animale. Spetta al giudice del rinvio verificare se ricorra quest’ultimo presupposto e se sia stato osservato il principio di proporzionalità. (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Gerechtshof ’s-Gravenhage - Paesi Bassi) Pres. Cunha Rodrigues, Rel. Rosas, Staat der Nederlanden c. Denkavit Nederland BV e altri. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 22/06/2011, Procedimento C-346/09
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
22 giugno 2011
«Agricoltura - Polizia sanitaria - Direttiva 90/425/CEE - Normativa
nazionale provvisoria diretta a lottare contro la propagazione
dell’encefalopatia spongiforme bovina vietando la produzione e la
commercializzazione delle proteine animali trasformate
nell’alimentazione degli animali da allevamento - Applicazione di tale
normativa prima dell’entrata in vigore della decisione 2000/766/CE che
prevede un siffatto divieto - Applicazione di tale normativa a due
prodotti che possono essere esentati dal divieto previsto da tale
decisione - Compatibilità con la direttiva 90/425/CEE e con le decisioni
94/381/CE e 2000/766/CE»
Nel procedimento C-346/09,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Gerechtshof ’s-Gravenhage (Paesi
Bassi) con decisione 18 agosto 2009, pervenuta in cancelleria il 28
agosto 2009, nella causa
Staat der Nederlanden
contro
Denkavit Nederland BV e altri,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg.
A. Arabadjiev, A. Rosas (relatore), U. Lõhmus e A. Ó Caoimh, giudici,
avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón
cancelliere: sig.ra R. Seres, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7
settembre 2010,
considerate le osservazioni presentate:
- per la Denkavit Nederland BV e altri, dall’avv. H. Ferment, advocaat;
- per il governo dei Paesi Bassi, dalle sig.re C. Wissels e M. de Ree,
in qualità di agenti;
- per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma, J. Möller e N. Graf
Vitzthum, in qualità di agenti;
- per il governo svedese, dalla sig.ra A. Falk e dal sig. A. Engman, in
qualità di agenti;
- per la Commissione europea, dai sigg. F. Jimeno Fernández e B.
Burggraaf, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 18 novembre 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del
diritto dell’Unione in materia di somministrazione di proteine animali
trasformate nell’alimentazione degli animali e, più in particolare, dei
seguenti atti:
- la direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai
controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi
intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale,
nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (GU L 224,
pag. 29);
- la decisione della Commissione 27 giugno 1994, 94/381/CE, concernente
misure di protezione per quanto riguarda l’encefalopatia spongiforme
bovina e la somministrazione, con la dieta, di protein[e] derivat[e] da
mammiferi (GU L 172, pag. 23);
- la decisione del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/766/CE, relativa a
talune misure di protezione nei confronti delle encefalopatie
spongiformi trasmissibili e la somministrazione di proteine animali
nell’alimentazione degli animali (GU L 306, pag. 32), e
- la decisione della Commissione 29 dicembre 2000, 2001/9/CE, in merito
a misure di controllo necessarie per l’attuazione della decisione
2000/766 (GU 2001, L 2, pag. 32).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra lo
Staat der Nederlanden e la Denkavit Nederland BV e altri (in prosieguo:
la «Denkavit e altri»), ossia varie società produttrici di mangimi per
animali nonché una società distributrice di materie prime per i siffatti
mangimi. Tale controversia verte sulla conformità con il diritto
dell’Unione di un regolamento provvisorio nazionale che, al fine di
realizzare una protezione contro l’encefalopatia spongiforme bovina (in
prosieguo: la «BSE»), imponeva un divieto di produrre e di
commercializzare proteine animali trasformate nell’alimentazione degli
animali da allevamento, atteso che tale divieto, da un lato, è stato
sancito ed è entrato in vigore dopo l’adozione, ma prima dell’entrata in
vigore di una decisione dell’Unione europea che prevede un siffatto
divieto, e, dall’altro, si applicava, prima dell’entrata in vigore di
tale decisione, alla farina di pesce e al fosfato dicalcico, mentre tali
prodotti potevano essere esentati dal divieto imposto dalla medesima
decisione.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
La direttiva 90/425
3 A tenore del secondo ‘considerando’ della direttiva 90/425, occorre
eliminare gli ostacoli veterinari e zootecnici allo sviluppo degli
scambi intracomunitari degli animali e prodotti di origine animale, al
fine di favorire il funzionamento armonioso delle organizzazioni comuni
di mercato per gli animali e i prodotti di origine animale.
4 Conformemente al decimo ‘considerando’ di quest’ultima, a tal fine, è
necessario prevedere misure di salvaguardia e, in particolare per motivi
d’efficacia, la responsabilità in tale settore deve spettare in primo
luogo allo Stato speditore.
5 Il dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 90/425 enuncia che, in
attesa di norme comunitarie, è opportuno, per gli animali e i prodotti
che non sono stati oggetto di norme armonizzate, tener conto delle
esigenze dello Stato destinatario, purché siano conformi all’art. 36 del
Trattato CEE (divenuto art. 36 del Trattato CE, anch’esso divenuto, dopo
modifica, art. 30 CE).
6 L’art. 1, primo comma, della direttiva in parola dispone:
«Gli Stati membri provvedono affinché i controlli veterinari da
effettuare sugli animali vivi e sui prodotti disciplinati dalle
direttive riportate nell’allegato A o su quelli di cui all’articolo 21,
primo comma e destinati agli scambi, non siano più effettuati alle
frontiere, fatto salvo l’articolo 7, ma si svolgano conformemente alle
disposizioni della presente direttiva».
7 L’art. 10, n. 1, della medesima direttiva è così formulato:
«Ogni Stato membro segnala immediatamente agli altri Stati membri e alla
Commissione, oltre all’insorgere nel suo territorio delle malattie
contemplate dalla direttiva 82/894/CEE, il manifestarsi di casi di
zoonosi, malattie o fenomeni che possano comportare gravi rischi per gli
animali o la salute umana.
Lo Stato membro di spedizioni mette immediatamente in vigore le misure
di lotta o di prevenzione previste dalla normativa comunitaria,
segnatamente la determinazione delle zone di protezione ivi previste, o
adotta qualsiasi altra misura che ritenga appropriata.
Lo Stato membro destinatario o di transito che, al momento di un
controllo ai sensi dell’articolo 5, abbia constatato una delle malattie
o fenomeni di cui al primo comma può, se del caso, prendere misure di
prevenzione previste dalla normativa comunitaria, compresa la messa in
quarantena degli animali.
In attesa delle misure che dovranno essere prese in conformità del
paragrafo 4, lo Stato membro destinatario può, per motivi gravi di
salvaguardia della sanità pubblica o di salute animale, adottare
provvedimenti cautelari nei confronti delle aziende, dei centri e degli
organismi interessati o, in caso di epizoozia, nei confronti della zona
di protezione prevista dalla normativa comunitaria.
Le misure prese dagli Stati membri sono comunicate senza indugio alla
Commissione e agli altri Stati membri».
8 Conformemente al paragrafo 4 di questo stesso articolo, la Commissione
adotta, seconda la procedura di comitologia prevista dall’art. 17 della
direttiva in esame, le misure necessarie per gli animali, i prodotti e i
prodotti derivati. Essa segue l’evoluzione della situazione e, secondo
la stessa procedura, modifica o abroga, in funzione di detta evoluzione,
le decisioni adottate.
La direttiva 90/667/CEE
9 L’art. 13, n. 1, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1990,
90/667/CEE, che stabilisce le norme sanitarie per l’eliminazione, la
trasformazione e l’immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale
e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di
origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425 (GU
L 363, pag. 51), è formulato nei seguenti termini:
«1. Si applica la direttiva [90/425], in particolare per quanto riguarda
l’organizzazione dei controlli effettuati dallo Stato membro
destinatario e il seguito dato a tali controlli, nonché le misure di
salvaguardia da applicare».
La direttiva 92/118/CEE
10 L’art. 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 17 dicembre 1992,
92/118/CEE, che stabilisce le condizioni sanitarie e di polizia
sanitaria per gli scambi e le importazioni nella Comunità di prodotti
non soggetti, per quanto riguarda tali condizioni, alle normative
comunitarie specifiche di cui all’allegato A, capitolo I, della
direttiva 89/662/CEE e, per quanto riguarda i patogeni, alla direttiva
90/425/CEE (GU L 62, pag. 49), per quanto riguarda i patogeni, è del
seguente tenore:
«Ai fini della presente direttiva, si intendono per:
(…)
e) proteine animali trasformate per l’alimentazione animale: le proteine
animali trattate in modo da renderle adatte all’utilizzazione diretta
come alimento per animali oppure come ingrediente di alimenti per
animali. Comprendono la farina di pesce, di carne, di ossa, di zoccoli,
di corna, di sangue, di piume, i ciccioli essiccati e altri prodotti
affini, comprese le miscele contenenti tali prodotti;
(...)»
11 A norma dell’art. 7, n. 2, della suddetta direttiva, l’art. 10 della
direttiva 90/425 si applica ai prodotti contemplati da questa prima
direttiva.
La decisione 94/381
12 La Commissione ha adottato la decisione 94/381 in base alla direttiva
90/425 e, in particolare, in base al suo art. 10, n. 4.
13 Conformemente all’art. 1, n. 1, della predetta decisione, gli Stati
membri dovevano vietare la somministrazione ai ruminanti, con la dieta,
di proteine derivate da tessuti di mammiferi. Il n. 2 dello stesso
articolo stabiliva tuttavia che gli Stati membri che avrebbero adottato
un sistema che consentisse di distinguere le proteine animali derivate
da ruminanti da quelle derivate da specie di animali non ruminanti erano
autorizzati dalla Commissione, conformemente alla procedura di cui
all’art. 17 della direttiva 90/425, a consentire la somministrazione ai
ruminanti, con la dieta, di proteine derivate da specie diverse dai
ruminanti.
La decisione 2000/766
14 Il 4 dicembre 2000, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la
decisione 2000/766 sulla base della direttiva 90/425 e, segnatamente,
del suo art. 10, n. 4, nonché sulla base della direttiva del Consiglio
18 dicembre 1997, 97/78/CE, che fissa i principi relativi
all’organizzazione dei controlli veterinari per i prodotti che
provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità (GU
1998, L 24, pag. 9), in particolare del suo art. 22.
15 In forza dell’art. 2 della medesima decisione:
«1. Gli Stati membri vietano la somministrazione di proteine animali
trasformate ad animali d’allevamento che sono tenuti, ingrassati o
allevati per la produzione di alimenti.
2. Il divieto di cui al paragrafo 1 non si applica all’uso di:
- farina di pesce nell’alimentazione di animali diversi dai ruminanti in
base a misure di controllo che devono essere fissate secondo la
procedura di cui all’articolo 17 della direttiva 89/662/CEE del
Consiglio, dell’11 dicembre 1989, relativa ai controlli veterinari
applicabili negli scambi intracomunitari, nella prospettiva della
realizzazione del mercato interno [(GU L 395, pag. 13)],
- gelatina di non ruminanti per il rivestimento degli additivi ai sensi
della direttiva 70/524/CEE del Consiglio, del 23 novembre 1970, relativa
agli additivi nell’alimentazione degli animali [(GU L 270, pag. 1)],
- fosfato dicalcico e proteine idrolizzate ottenuti in conformità delle
condizioni che devono essere stabilite secondo la procedura di cui
all’articolo 17 della direttiva 89/662/CEE,
- latte o prodotti lattieri nell’alimentazione degli animali
d’allevamento che sono tenuti, ingrassati o allevati per la produzione
di alimenti».
16 L’art. 3 della decisione in parola prevedeva quanto segue:
«1. Ad eccezione delle deroghe di cui all’articolo 2, paragrafo 2, gli
Stati membri:
a) vietano l’immissione sul mercato, gli scambi, l’importazione da paesi
terzi e l’esportazione nei paesi terzi di proteine animali trasformate
destinate all’alimentazione di animali da allevamento tenuti, ingrassati
o allevati per la produzione di alimenti;
b) fanno sì che tutte le proteine animali trasformate destinate
all’alimentazione di animali da allevamento tenuti, ingrassati o
allevati per la produzione di alimenti, siano ritirate dal commercio,
dai canali di distribuzione e dai depositi in azienda.
2. Gli Stati membri fanno sì che i rifiuti di origine animale quali
definiti dalla direttiva [90/667] siano raccolti, trasportati,
trasformati, immagazzinati o eliminati ai sensi di detta direttiva (…)».
17 Conformemente al suo art. 4, la decisione 2000/766 è entrata in
vigore il 1° gennaio 2001 ed era applicabile fino al 30 giugno 2001.
La decisione 2001/9
18 La decisione 2001/9, adottata dalla Commissione il 29 dicembre 2000,
ha fissato le condizioni dettagliate di applicazione dell’eccezione ai
divieti relativi alle farine di pesce, al fosfato dicalcico e alle
proteine idrolizzate prevista all’art. 2, n. 2, della decisione
2000/766. La decisione 2001/9 è entrata in vigore il 1° gennaio 2001.
19 L’art. 1, nn. 1 e 2, della decisione 2001/9 disponeva quanto segue:
«1. Gli Stati membri autorizzano la somministrazione di farina di pesce
agli animali diversi dai ruminanti soltanto in conformità alle
condizioni stabilite nell’allegato I.
2. Gli Stati membri autorizzano la somministrazione di fosfato dicalcico
ad animali diversi dai ruminanti soltanto in conformità alle condizioni
stabilite nell’allegato II».
La normativa nazionale
20 Il regolamento provvisorio sul divieto delle proteine animali in
tutti gli alimenti per animali da allevamento (tijdelijke regeling
verbod dierlijke eiwitten in alle diervoerders landbouwhuisdieren; in
prosieguo: il «regolamento provvisorio nazionale»), adottato l’8
dicembre 2000 dal Minister van Landbouw, Natuurbeheer en Visserij
(Ministro dell’Agricoltura, della Gestione dell’ambiente e della Pesca,
Nederlandse Staatscourant 2000, n. 239), nel suo preambolo si riferiva
alla direttiva 90/425 e alla decisione 2000/766. Il suo art. 2 così
prevedeva:
«1. In deroga all’articolo 2 del regolamento che vieta le farine animali
nell’alimentazione degli animali, è vietato preparare, trasformare,
fornire, ricevere, consegnare, trasportare, offrire in vendita,
acquistare o alienare proteine animali trasformate destinate
all’alimentazione degli animali da allevamento.
2. Il primo paragrafo non si applica [ai seguenti prodotti:]
- farina di pesce nell’alimentazione di animali diversi dai ruminanti,
in base a misure di controllo che devono essere fissate secondo la
procedura di cui all’articolo 17 della direttiva 89/662/CEE (…),
- gelatina di non ruminanti per il rivestimento degli additivi (…),
- fosfato dicalcico e proteine idrolizzate ottenuti in conformità delle
condizioni che devono essere stabilite secondo la procedura di cui
all’articolo 17 della direttiva 89/662/CEE,
- latte e prodotti lattieri».
21 Ai termini dell’art. 3 del suddetto regolamento:
«1. Fermo restando il disposto dell’articolo 2, dal 1° gennaio 2001 è
vietato:
a) somministrare agli animali da allevamento proteine animali
trasformate;
b) importare o esportare proteine animali trasformate;
c) avere a disposizione o in deposito proteine animali trasformate in
aziende dove vengono tenuti animali da allevamento e in aziende che
producono, commerciano o tengono in deposito o trasbordano mangimi per
animali da allevamento.
2. Dal divieto di cui al primo comma, lett. c), è esentato sino al 1º
marzo 2001 il detentore o proprietario di proteine animali trasformate
se il Ministro ritiene dimostrato che questi ha comunicato al
Rijksdienst voor de keuring van Vee en Vlees [(Servizio nazionale di
Ispezione del Bestiame e della Carne)] la natura, la quantità e
l’ubicazione delle proteine animali trasformate in suo possesso nonché
immediatamente ogni relativo mutamento».
22 In forza dell’art. 4 di questo stesso regolamento, quest’ultimo è
entrato in vigore il 15 dicembre 2000.
Causa principale e questione pregiudiziale
23 In seno all’Unione, dal 1994 sono stati adottati provvedimenti per
lottare contro la propagazione della BSE. Tali provvedimenti sono stati
adottati segnatamente in base alla direttiva 90/425.
24 Il 27 giugno 1994, la Commissione ha adottato la decisione 94/381, il
cui scopo era quello di vietare l’utilizzazione delle proteine derivate
da tessuti di mammiferi nell’alimentazione dei ruminanti.
25 Avendo riscontrato casi di BSE in animali nati posteriormente
all’entrata in vigore della decisione 94/381, il comitato direttivo
scientifico istituito con decisione della Commissione 10 giugno 1997,
97/404/CE (GU L 169, pag. 85) (in prosieguo: il «comitato direttivo
scientifico») ha emesso, il 27 e il 28 novembre 2000, un parere che dava
atto per la prima volta di un rischio di contaminazione reciproca
dell’alimentazione bovina con alimenti destinati ad altri animali e
contenenti proteine animali forse contaminate con l’agente della BSE e
che raccomandava l’adozione di nuove misure.
26 Il 4 dicembre 2000, il Consiglio ha adottato la decisione 2000/766
diretta a ridurre ulteriormente il rischio di propagazione della BSE.
Con tale decisione, la somministrazione di proteine animali trasformate
nell’alimentazione di tutti gli animali da allevamento è stata vietata a
partire dal 1° gennaio 2001, per una durata massima di sei mesi. Tale
decisione prevedeva parimenti il divieto di immettere sul mercato, di
commerciare, di importare da paesi terzi e di esportare in paesi terzi
proteine animali trasformate nonché l’obbligo di ritirare queste ultime
dal commercio, dai canali di distribuzione e dai depositi in azienda.
Tali divieti erano accompagnati da numerose deroghe, riguardanti in
particolare la somministrazione della farina di pesce nell’alimentazione
di animali diversi dai ruminanti e l’utilizzazione del fosfato dicalcico.
27 Quattro giorni dopo, ossia l’8 dicembre 2000, il Minister van
Landbouw, Natuurbeheer en Visserij ha adottato il regolamento
provvisorio nazionale che, al suo art. 2, n. 1, prevedeva un divieto di
preparare, trasformare, fornire, ricevere, consegnare, trasportare,
offrire in vendita, acquistare o alienare proteine animali trasformate
destinate all’alimentazione degli animali da allevamento.
28 L’art. 2, n. 2, del citato regolamento prevedeva deroghe al divieto
di cui trattasi, segnatamente per la farina di pesce e il fosfato
dicalcico. L’applicazione di tali deroghe era tuttavia subordinata alla
successiva adozione di misure di controllo, da stabilire secondo la
procedura prevista dall’art. 17 della direttiva 89/662.
29 Ai sensi del suo art. 4, il regolamento provvisorio nazionale è
entrato in vigore il 15 dicembre 2000, ovvero quindici giorni prima
dell’entrata in vigore della decisione 2000/766. Esso è stato comunicato
alla Commissione il 10 gennaio 2001.
30 Il 29 dicembre 2000, la Commissione ha adottato la decisione 2001/9,
che precisava a quali condizioni era autorizzata l’utilizzazione,
segnatamente, della farina di pesce e del fosfato dicalcico
nell’alimentazione degli animali. Tale decisione è entrata in vigore
contemporaneamente alla decisione 2000/766, ossia il 1° gennaio 2001.
31 La Denkavit e altri hanno proposto ricorso dinanzi al Rechtbank
’s-Gravenhage (Tribunale dell’Aia) per fare dichiarare che l’art. 2 del
regolamento provvisorio nazionale era viziato da illegittimità.
32 La Denkavit e altri hanno fatto valere dinanzi a tale giudice che lo
Staat der Nederlanden aveva agito illegittimamente nei loro confronti,
principalmente imponendo, nel periodo dal 15 dicembre 2000 al 1° gennaio
2001, divieti in materia di mangimi per animali più restrittivi di
quelli previsti dalla decisione 94/381 o, in subordine, imponendo, nello
stesso periodo, divieti in materia di mangimi per animali non contenenti
proteine animali diverse dalla farina di pesce e dal fosfato dicalcico.
33 Il Rechtbank ’s-Gravenhage ha accolto tale ricorso con la motivazione
che, alla luce della decisione 2000/766, l’obiettivo di quest’ultima era
che i divieti di cui trattasi entrassero in vigore precisamente il 1°
gennaio 2001, né prima né dopo. Secondo tale giudice, lo Staat der
Nederlanden aveva dunque agito illegittimamente imponendo divieti sin
dal 15 dicembre 2000.
34 Lo Staat der Nederlanden ha adito il Gerechtshof ’s-Gravenhage (Corte
d’appello dell’Aia), il quale ha ritenuto che la controversia di cui era
stato investito sollevasse questioni relative all’interpretazione di
talune disposizioni del diritto dell’Unione.
35 In tale contesto, il Gerechtshof ’s -Gravenhage ha deciso di
sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione
pregiudiziale:
«Se il diritto comunitario, segnatamente la direttiva 90/425/CEE, la
decisione 94/381/CE e la decisione 2000/766/CE, debba essere
interpretato nel senso che esso osta ad un divieto nazionale, come
quello fissato dall’art. 2 del regolamento provvisorio, il quale, per
contrastare la BSE, vieti di produrre e di commerciare proteine animali
trasformate destinate all’alimentazione di animali da allevamento, se un
siffatto divieto nazionale
- è entrato in vigore il 15 dicembre 2000 (e quindi prima della
decisione 2000/766/CE), e
- in via provvisoria (sino alla decisione 29 dicembre 2000, [2001/9]), è
stato applicato anche alla farina di pesce e al fosfato dicalcico».
Sulla questione pregiudiziale
36 Con la sua questione, il giudice del rinvio intende sapere
sostanzialmente se il diritto dell’Unione, in particolare la direttiva
90/425 e le decisioni 94/381 e 2000/766, osti ad una normativa nazionale
che, per contrastare la BSE, imponeva un divieto temporaneo di
produzione e di commercializzazione di proteine animali trasformate
nell’alimentazione degli animali da allevamento, atteso che tale
divieto, da una parte, era stato sancito ed era entrato in vigore dopo
l’adozione, ma prima dell’entrata in vigore di una decisione dell’Unione
che prevede un siffatto divieto, e, dall’altra, si applicava, prima
dell’entrata in vigore di tale decisione, alla farina di pesce e al
fosfato dicalcico, mentre tali prodotti dovrebbero essere esenti dal
divieto imposto dalla decisione di cui trattasi.
37 In via preliminare, va ricordato che, per quanto attiene alla lotta
contro la propagazione di malattie tali da costituire un pericolo grave
per gli animali o la salute umana, quali la BSE, la Corte ha statuito
che l’art. 10 della direttiva 90/425 realizza un’armonizzazione completa
delle misure di salvaguardia contro tali malattie, definendo appunto gli
obblighi e i compiti rispettivi degli Stati membri e della Commissione
in materia (v., in tal senso, sentenza 26 maggio 1993, causa C-52/92,
Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-2961, punto 19).
38 Infatti, conformemente al suddetto art. 10, la Commissione dispone, a
seguito di esame da parte del comitato veterinario permanente, i
provvedimenti necessari. Gli Stati membri possono soltanto, se
constatano una malattia in occasione di un controllo, adottare le misure
di prevenzione previste dalla normativa comunitaria e, per motivi gravi
di protezione della salute, adottare provvedimenti cautelari
strettamente limitati nelle more dell’adozione dei provvedimenti di
competenza della Commissione (v., in tal senso, sentenza
Commissione/Portogallo, cit., punto 9).
39 Come emerge dal dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 90/425,
quest’ultima si applica agli animali e ai prodotti che sono stati
oggetto di norme armonizzate, elencate nell’allegato A della direttiva
in parola.
40 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 39 delle sue
conclusioni, occorre pertanto determinare se i prodotti contemplati dal
regolamento provvisorio nazionale, ossia talune proteine animali
trasformate destinate all’alimentazione degli animali da allevamento,
rientrassero, al momento dell’adozione del regolamento in esame, nella
sfera di applicazione della direttiva 90/425.
41 A tal riguardo, la normativa dell’Unione in materia di alimentazione
degli animali si è sviluppata verso un’armonizzazione complessa ed
avanzata. Pertanto, come esposto dall’avvocato generale ai paragrafi
47-49 delle sue conclusioni, le proteine animali trasformate hanno
formato oggetto di vari atti di armonizzazione, tanto nella loro qualità
di rifiuti di origine animale, quanto nella loro qualità di componenti
per mangimi per animali e in forma di divieto.
42 Infatti, in seguito all’adozione della direttiva 90/667, l’allegato A
della direttiva 90/425 è stato modificato affinché i prodotti
contemplati dalla direttiva 90/667, ossia i rifiuti di origine animale,
siano sottoposti alle misure di salvaguardia stabilite dalla direttiva
90/425.
43 In seguito, conformemente all’art. 7, n. 2, della direttiva 92/118,
le misure di salvaguardia previste dall’art. 10 della direttiva 90/425
trovavano applicazione ai prodotti di origine animale elencati dalla
direttiva 92/118, ossia i prodotti di origine animale non soggetti, per
quanto riguarda le condizioni sanitarie e di polizia sanitaria per gli
scambi e le importazioni nella Comunità europea, alle normative
comunitarie specifiche di cui all’allegato A, capitolo I, della
direttiva 89/662 e, per quanto riguarda gli agenti patogeni, alla
direttiva 90/425.
44 La decisione 94/381, diretta a vietare l’uso di proteine derivate da
tessuti di mammiferi nell’alimentazione dei ruminanti, è stata adottata
il 27 giugno 1994.
45 Inoltre, per effetto della decisione della Commissione 9 settembre
1991, 91/516/CEE, che stabilisce l’elenco degli ingredienti il cui
impiego è vietato negli alimenti composti per animali (GU L 281, pag.
23), quale modificato dalla decisione della Commissione 28 luglio 1997,
97/582/CE (GU L 237, pag. 39), un siffatto divieto è stato imposto con
riferimento ai prodotti proteici derivanti da tessuti di mammiferi usati
come ingredienti nei mangimi composti per ruminanti.
46 Infine, l’impiego di proteine animali trasformate nell’alimentazione
di tutti gli animali da allevamento, compresi i non ruminanti, che sono
tenuti, ingrassati o allevati per la produzione di alimenti è stata
vietata dalla decisione 2000/766.
47 Peraltro, tale decisione, la cui validità non è stata contestata,
aveva come base giuridica l’art. 10 della direttiva 90/425.
48 Da tutte queste considerazioni si evince che, al momento
dell’adozione del regolamento provvisorio nazionale, a uno Stato membro
era preclusa la possibilità di vietare la produzione e la
commercializzazione delle proteine animali trasformate destinate
all’alimentazione degli animali da allevamento al di fuori del
meccanismo di salvaguardia istituito dall’art. 10 della direttiva
90/425.
49 Di conseguenza, occorre verificare se il regolamento provvisorio
nazionale possa essere considerato una misura di salvaguardia ai sensi
di tale disposizione.
50 A norma dell’art. 10, n. 1, primo comma, della direttiva 90/425, ogni
Stato membro è tenuto a segnalare immediatamente agli altri Stati membri
e alla Commissione il manifestarsi di casi di zoonosi, malattie o
fenomeni che possano comportare gravi rischi per gli animali o la salute
umana.
51 Per quanto riguarda la questione se, al momento dell’adozione del
regolamento provvisorio nazionale, si fossero manifestati casi di
zoonosi, di malattie o di fenomeni che potevano comportare gravi rischi
per gli animali o la salute umana ai sensi di tale disposizione, va
ricordato che tale condizione può essere soddisfatta qualora nuove
informazioni modifichino notevolmente la percezione del pericolo
rappresentato da una malattia (sentenza 3 luglio 2003, causa C-220/01,
Lennox, Racc. pag. I-7091, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).
52 Va notato a tal riguardo che il regolamento provvisorio nazionale è
stato emanato dieci giorni dopo la pubblicazione di un parere del
comitato direttivo scientifico del 27 e 28 novembre 2000 (in prosieguo:
il «parere del comitato direttivo scientifico») che segnalava un rischio
di contaminazione reciproca dell’alimentazione bovina con alimenti
destinati ad altri animali e contenenti proteine animali forse
contaminate con l’agente della BSE. Orbene, tale parere raccomandava di
prevedere il divieto temporaneo delle proteine animali
nell’alimentazione degli animali.
53 Poiché, dal 1994, erano state adottate varie misure contro la BSE, ma
si erano costantemente manifestati nuovi casi di tale malattia, e
poiché, pertanto, erano ancora incerte l’entità e l’importanza del
rischio di propagazione di detta malattia, è lecito ritenere che il
parere del comitato direttivo scientifico abbia notevolmente modificato
la percezione del pericolo rappresentato dalla BSE e, di conseguenza,
giustificasse l’adozione di misure di salvaguardia di cui all’art. 10,
n. 1, della direttiva 90/425.
54 Il governo dei Paesi Bassi deduce che il regolamento provvisorio
nazionale è stato adottato dal Regno dei Paesi Bassi sia nella sua
qualità di Stato membro speditore che nella sua qualità di Stato membro
destinatario.
55 È vero che l’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425 prevede diversi
tipi di misure. Infatti, conformemente al secondo comma di tale
disposizione, uno Stato membro speditore mette immediatamente in vigore
le misure di lotta o di prevenzione previste dalla normativa comunitaria
e, segnatamente, la determinazione delle zone di protezione ivi previste
o adotta qualsiasi altra misura che ritenga opportuna. Secondo il quarto
comma dello stesso paragrafo, in attesa delle misure da adottare,
conformemente al n. 4 del suddetto art. 10, uno Stato membro
destinatario può, per gravi motivi di salvaguardia della sanità pubblica
o della salute animale, adottare provvedimenti cautelari nei confronti
delle aziende, dei centri e degli organismi interessati o, in caso di
epizoozia, nei confronti della zona di protezione prevista dalla
normativa comunitaria.
56 Il governo dei Paesi Bassi deduce che la distinzione in tal modo
operata all’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425 tra uno Stato membro
speditore e uno Stato membro destinatario non rileva nella specie.
Infatti, il regolamento provvisorio nazionale mirerebbe a disciplinare
non il commercio intracomunitario, bensì, più in generale, la produzione
e la commercializzazione di mangimi per animali, sicché tale regolamento
sarebbe stato adottato dal Regno dei Paesi Bassi sia in qualità di Stato
membro speditore che in qualità di Stato membro destinatario.
57 Gli altri governi che hanno presentato osservazioni nonché la
Commissione considerano, invece, che il Regno dei Paesi Bassi abbia
adottato il regolamento provvisorio nazionale in qualità di Stato membro
destinatario.
58 A tal riguardo, giacché tale regolamento mirava a disciplinare non
soltanto la produzione ma altresì la commercializzazione, compreso il
ricevimento e l’acquisto, di mangimi per animali in generale, va
constatato che il medesimo regolamento era atto ad incidere almeno sulle
importazioni di tali prodotti.
59 Va pertanto esaminato se il regolamento provvisorio nazionale possa
essere considerato una misura cautelare adottata da uno Stato membro
destinatario sul fondamento dell’art. 10, n. 1, quarto comma, della
direttiva 90/425.
60 Per quanto riguarda la condizione relativa all’esistenza di gravi
motivi di salvaguardia della sanità pubblica o della salute animale ai
sensi della summenzionata disposizione, come ricordato al punto 51 della
presente sentenza, tale condizione può essere soddisfatta qualora nuove
informazioni modifichino notevolmente la percezione del pericolo
rappresentato da una malattia.
61 Nella fattispecie, come emerge dai primi tre ‘considerando’ della
decisione 2000/766, erano stati riscontrati casi di BSE su animali nati
nel 1995, ossia successivamente all’adozione, in data 27 giugno 1994,
della decisione 94/381, che conteneva le prime norme comunitarie in
materia di controllo delle proteine di mammiferi trasformate utilizzate
nell’alimentazione dei ruminanti. Come rilevato al punto 53 della
presente sentenza, si può considerare che abbia notevolmente modificato
la percezione del pericolo rappresentato da questa malattia il parere
del comitato direttivo scientifico, il quale, per la prima volta, dava
atto di un rischio di contaminazione incrociata di mangimi per il
bestiame con mangimi destinati ad altri animali e contenenti proteine
animali forse contaminate dall’agente della BSE.
62 L’adozione della decisione 2000/766, che il regolamento provvisorio
nazionale considerava espressamente, si fondava dunque essenzialmente
sulla constatazione della necessità di vietare temporaneamente, a titolo
precauzionale, l’utilizzazione delle proteine animali nell’alimentazione
di tutti gli animali da allevamento tenuti, ingrassati o allevati per la
produzione di alimenti. Il parere del comitato direttivo scientifico,
che giustificava l’adozione della decisione in parola, poteva dunque
anche giustificare, come sostenuto dai governi dei Paesi Bassi, tedesco
e svedese nonché dalla Commissione, l’adozione del regolamento
provvisorio nazionale.
63 Dall’art. 10, n. 1, quarto comma, della direttiva 90/425 discende che
possono essere adottate misure cautelari nelle more dell’adozione dei
provvedimenti di competenza della Commissione conformemente al n. 4
dello stesso articolo.
64 Il regolamento provvisorio nazionale è stato emanato l’8 dicembre
2000, ossia quattro giorni dopo l’adozione, da parte del Consiglio,
della decisione 2000/766, la quale mirava appunto a vietare le proteine
animali nell’alimentazione degli animali a partire dal 1° gennaio 2001.
65 Di conseguenza, le misure a livello dell’Unione erano state adottate,
ma non erano ancora entrate in vigore, al momento in cui il Regno dei
Paesi Bassi aveva emanato il regolamento provvisorio nazionale.
66 A tal riguardo giova ricordare che la Corte ha già dichiarato che non
si può ritenere che l’adozione, da parte della Commissione, di una
decisione la cui applicazione non è immediata, in quanto tale, vieti ad
uno Stato membro di adottare esso stesso provvedimenti cautelari a norma
dell’art. 9, n. 1, quarto comma, della direttiva 89/662 (sentenza 5
dicembre 2000, causa C-477/98, Eurostock, Racc. pag. I-10695, punto 58).
Orbene, i provvedimenti cautelari a livello dell’Unione in esame nella
citata sentenza Eurostock sono equivalenti a quelli di cui all’art. 10,
n. 1, quarto comma, della direttiva 90/425.
67 Uno Stato membro può dunque imporre divieti nazionali come quelli
sanciti dal regolamento provvisorio nazionale qualora la situazione in
tale Stato membro presenti un carattere d’urgenza che giustifichi
l’imposizione immediata di siffatti divieti per gravi motivi di
salvaguardia della sanità pubblica o della salute animale.
68 Tuttavia, spetta al giudice del rinvio, che è l’unico competente a
valutare i fatti della controversia dinanzi ad esso pendente, verificare
se la situazione nei Paesi Bassi, al momento dell’adozione del
regolamento provvisorio nazionale, abbia presentato un siffatto
carattere d’urgenza.
69 Qualora tale giudice giungesse alla conclusione che ricorreva tale
ipotesi e, dunque, che il regolamento provvisorio nazionale può, in
linea di principio, essere qualificato come misura cautelare conforme
all’art. 10, n. 1, quarto comma, della direttiva 90/425, egli dovrebbe
altresì verificare se sia stato osservato il principio di
proporzionalità (v., in tal senso, sentenza 10 marzo 2005, cause riunite
C-96/03 e C-97/03, Tempelman e van Schaijk, Racc. pag. I-1895, punto 46
e giurisprudenza ivi citata).
70 Da tutto quanto precede emerge che il diritto dell’Unione, in
particolare la direttiva 90/425, nonché le decisioni 94/381 e 2000/766,
non osta ad una normativa nazionale che, a titolo di protezione contro
la BSE, vietasse temporaneamente la produzione e la commercializzazione
di proteine animali trasformate nell’alimentazione degli animali da
allevamento, purché la situazione nello Stato membro interessato
presentasse un carattere di urgenza che giustificasse l’adozione
immediata di siffatte misure per gravi motivi di salvaguardia della
sanità pubblica o della salute animale. Spetta al giudice del rinvio
verificare se ricorra quest’ultimo presupposto e se sia stato osservato
il principio di proporzionalità.
Sulle spese
71 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
Il diritto dell’Unione, in particolare la direttiva del Consiglio 26
giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai controlli veterinari e zootecnici
applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e
prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del
mercato interno, nonché le decisioni della Commissione 27 giugno 1994,
94/381/CE, concernente misure di protezione per quanto riguarda
l’encefalopatia spongiforme bovina e la somministrazione, con la dieta,
di protein[e] derivat[e] da mammiferi, e del Consiglio 4 dicembre 2000,
2000/766/CE, relativa a talune misure di protezione nei confronti delle
encefalopatie spongiformi trasmissibili e la somministrazione di
proteine animali nell’alimentazione degli animali, non osta ad una
normativa nazionale che, a titolo di protezione contro l’encefalopatia
spongiforme bovina, vietasse temporaneamente la produzione e la
commercializzazione di proteine animali trasformate nell’alimentazione
degli animali da allevamento, purché la situazione nello Stato membro
interessato presentasse un carattere di urgenza che giustificasse
l’adozione immediata di siffatte misure per gravi motivi di salvaguardia
della sanità pubblica o della salute animale. Spetta al giudice del
rinvio verificare se ricorra quest’ultimo presupposto e se sia stato
osservato il principio di proporzionalità.
Firme
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