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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2010 (Ud. 11/02/2010), Sentenza n. 11256
DIRITTO DELLE ACQUE - Scarico di reflui senza autorizzazione provenienti da
attività d’allevamento di bestiame (suini) - Spandimento di reflui zootecnici,
utilizzabili a scopo agronomico, in assenza della prescritta autorizzazione -
Art. 59, c.11 ter, D. Lgs. n. 152/1999, come sostituito dall'art. 137, c. 14, D.
Lgs n. 152/2006. In materia d'inquinamento, anche a seguito della
depenalizzazione della condotta di scarico senza autorizzazione di reflui
provenienti da attività d'allevamento del bestiame per effetto delle modifiche
introdotte dal D. L.vo 16 gennaio 2008 n. 4 all'art. 101, comma settimo lett.
b), del D. L.vo 3 aprile 2006 n. 152, l'utilizzazione agronomica dei reflui
medesimi, al di fuori dei casi o dei limiti consentiti, continua ad integrare il
reato previsto dall'art. 137, comma quattordicesimo, del D. L.vo 152 del 2006.
(sez. III, 2.7.2008 n. 26532, Calderone). Sicché, il più grave trattamento
sanzionatorio comminato per l'ipotesi di utilizzazione agronomica degli
effluenti di allevamento, al di fuori dei casi e delle procedure previste, è
evidentemente dettato dalla considerazione, da parte del legislatore, della
maggiore pericolosità dell'impiego, nella produzione di sostanze alimentari, di
materiali potenzialmente nocivi se utilizzati al di fuori delle prescrizioni
imposte. La deroga, peraltro, trova piena rispondenza nella clausola di salvezza
"salvo che il fatto costituisca reato" prevista dall'art. 137, comma terzo, del
medesimo decreto legislativo, che punisce con sanzione amministrativa
l'effettuazione o il mantenimento di uno scarico senza l'osservanza delle
prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione. (Conferma sentenza
dell’11.7.2008 del Tribunale di Crema) Pres. Onorato, Est. Lombardi, Ric.
Premoli. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 24/03/2010 (Ud. 11/02/2010),
Sentenza n. 11256
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UDIENZA del 11.2.2010
SENTENZA N.301
REG. GENERALE N. 43662/2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi
Signori:
Presidente Dott. Pier Luigi Onorato
Consigliere " Claudia Squassoni
Maria Lombardi
Giovanni Amoroso
Guicla I. Mulliri
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
- Sul ricorso proposto da Premoli Emilio, n. a Grumello Cremonese ed Uniti il xx/xx/xxxx,
avverso la sentenza in data 11.7.2008 del Tribunale di Crema, con la quale venne
condannato alla pena di € 7.700,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui
all'art. 59, comma 11 ter, del D. Lgs n. 152/1999.
- Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
- Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
- Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. Francesco
Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Crema ha affermato la colpevolezza di
Premoli Emilio in ordine al reato di cui all'art. 59, comma 11 ter, del D. Lgs.
n. 152/1999, come sostituito dall'art. 137, comma 14, del D. Lgs n. 152/2006, a
lui ascritto perché, nella qualità di proprietario e legale rappresentante
dell'allevamento suinicolo S. Luigi, effettuava lo spandimento di reflui
zootecnici, utilizzabili a scopo agronomico, in assenza della prescritta
autorizzazione ed, in particolare, spargendoli su terreni di sua proprietà per i
quali non era stato autorizzato e su altri terreni di proprietà di tali
Cremascoli Davide, Bongioli Francesco e dell'azienda agricola Arcadia.
Il giudice di merito ha accertato, sulla base delle deposizioni testimoniali, la
effettività del versamento dei reflui zootecnici, cosi come descritto in
contestazione, in violazione di quanto stabilito dal piano di utilizzazione
agronomica, e la responsabilità dell'imputato in considerazione della sua
qualità di legale rappresentante dell'azienda agricola e del fatto che egli si
occupava materialmente della gestione dell'allevamento dei suini.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, che la denuncia per carenza
e manifesta illogicità della motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente deduce che il giudice di merito
ha apoditticamente attribuito la responsabilità della violazione al Premoli
Emilio, senza tener conto del fatto che contitolare dell'azienda agricola era
anche il fratello Premoli Sergio con identici poteri.
Denuncia altresì illogicità della motivazione ed il travisamento delle
risultanze processuali in ordine alla determinazione del trattamento
sanzionatorio, risultando dalla documentazione prodotta che il Premoli aveva
provveduto a risanare l'intera area oggetto del versamento dei reflui e non solo
di quella di sua proprietà, come indicato in sentenza; inoltre che gli è stato
attribuito erroneamente un precedente della stessa indole, ritenuto ostativo
alla concessione delle attenuanti generiche, mentre il precedente riguarda una
violazione in materia alimentare.
Il ricorso non è fondato.
Preliminarmente osserva in punto di diritto la Corte che ai sensi dell'art. 101,
comma 7, del D. Lgs n. 152/2006, come modificato dall'art. 2, comma 8, del D.
Lgs 16.1.2008 n. 4: "Salvo quanto previsto dall'art. 112, ai fini della
disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque
reflue domestiche le acque reflue: b) provenienti da imprese dedite
all'allevamento del bestiame".
In particolare il D. Lgs n. 4/2008 ha eliminato le limitazioni contenute nel
testo originario affinché gli effluenti di allevamento potessero essere
equiparati alle acque reflue domestiche.
La intervenuta modifica normativa, pertanto, ha sostanzialmente capovolto la
disciplina cui sono soggette le acque provenienti da imprese dedite
all'allevamento del bestiame, poiché, mentre in precedenza le stesse dovevano
essere considerate normalmente reflui industriali, ai fini della disciplina
degli scarichi, e solo eccezionalmente erano sottratte al corrispondente regime
sanzionatorio, in presenza delle condizioni indicate dalla norma e, cioè,
l'effettiva utilizzazione agronomica e la connessione con un terreno agricolo di
dimensioni adeguate, attualmente, a seguito della abrogazione delle indicate
limitazioni, l'equiparazione dei reflui provenienti da aziende dedite
all'allevamento del bestiame alle acque reflue domestiche, ai fini della
disciplina degli scarichi e del relativo trattamento sanzionatorio, è divenuta
la regola.
Ai sensi dell'art. 137, comma 14, del medesimo decreto legislativo, però,
l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di acque di
vegetazione dei frantoi oleari, nonché di acque reflue provenienti da aziende
agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'art. 112, al di fuori dei
casi e delle procedure ivi previste, conserva tuttora rilevanza penale.
Sul punto è stato già affermato da questa Suprema Corte che, anche a seguito
della depenalizzazione della condotta di scarico senza autorizzazione di reflui
provenienti da attività d'allevamento del bestiame per effetto delle modifiche
introdotte dal D. L.vo 16 gennaio 2008 n. 4 all'art. 101, comma settimo lett.
b), del D. L.vo 3 aprile 2006 n. 152, l'utilizzazione agronomica dei reflui
medesimi, al di fuori dei casi o dei limiti consentiti, continua ad integrare il
reato previsto dall'art. 137, comma quattordicesimo, del D. L.vo 152 del 2006.
(sez. III, 2.7.2008 n. 26532, Calderone, RV 240552).
Il più grave trattamento sanzionatorio comminato per l'ipotesi di utilizzazione
agronomica degli effluenti di allevamento, al di fuori dei casi e delle
procedure previste, è evidentemente dettato dalla considerazione, da parte del
legislatore, della maggiore pericolosità dell'impiego, nella produzione di
sostanze alimentari, di materiali potenzialmente nocivi se utilizzati al di
fuori delle prescrizioni imposte.
La deroga, peraltro, trova piena rispondenza nella clausola di salvezza "salvo
che il fatto costituisca reato" prevista dall'art. 137, comma terzo, del
medesimo decreto legislativo, che punisce con sanzione amministrativa
l'effettuazione o il mantenimento di uno scarico senza l'osservanza delle
prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione.
Il fatto ascritto all'imputato, pertanto, è tuttora previsto dalla legge come
reato.
Inoltre l'affermazione della colpevolezza del Premoli ed il trattamento
sanzionatorio inflitto si sottraggono alle censure del ricorrente.
L'accertamento della responsabilità personale dell'imputato ha formato oggetto
di motivazione adeguata ed immune da vizi logici mediante la indicazione degli
elementi di prova su cui è fondato. In ordine al trattamento sanzionatorio il
giudice di merito ha accertato il carattere parziale dell'intervento
dell'imputato volto a eliminare le conseguenze dannose della propria condotta ed
ha commisurato la pena alla gravità del fatto ed alla personalità del Premoli
con adeguata motivazione.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma nella pubblica
udienza del 11.2.2010.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 24 MAR. 2010
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