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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 24 settembre 2010, n.
7128
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Localizzazione delle SRB - Regolamento comunale
-Tutela della salute umana dalle emissioni - Attribuzione alla legislazione
concorrente Stato-Regioni. E’ illegittimo un regolamento comunale in tema di
fissazione dei criteri per la localizzazione delle SRB laddove l'ente
territoriale si sia posto quale obiettivo (non dichiarato, ma evincibile dal
contenuto dell'atto regolamentare) quello di preservare la salute umana dalle
emissioni elettromagnetiche promananti da impianti di radiocomunicazione (ad
esempio attraverso la fissazione di distanze minime delle stazioni radio base da
particolari tipologie d'insediamenti abitativi), essendo tale materia attribuita
alla legislazione concorrente Stato-Regioni dell'art. 117 cost., come riformato
dalla l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3 (in tal senso: Cons. Stato, Sez. VI, sent.
28 aprile 2010, n. 2436; id., Sez. VI, sent. 20 dicembre 2002, n. 7274). Pres.
Barbagallo, Est. Contessa - Comune di Santa Maria a Vico (avv. Cociolovo) c. H.
s.p.a. (avv.ti Calrich e Sartorio) - (Conferma T.A.R. CAMPANIA, Napoli, n.
9668/2005). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 24 settembre 2010, n. 7128
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Istanza di autorizzazione ex art. 87 d.lgs.
n. 259/2003 - Allegazione della denuncia di verifica sismica - Inizio dei
lavori. Il quadro normativo vigente non impone in alcun modo di allegare la
denuncia di verifica sismica della SRB già in sede di presentazione dell’istanza
di autorizzazione o della denuncia di cui all’art. 87, d.lgs. 259 del 2003,
limitandosi - piuttosto - a prescrivere che la denuncia in parola avvenga prima
del concreto inizio dei lavori (in tal senso: il primo comma dell’art. 4, l.
1086 del 1971; il primo comma dell’art. 17, l. 64 del 1974, nonché il comma 3
dell’art. 2, L.R. Campania 9 del 1983). Pres. Barbagallo, Est. Contessa - Comune
di Santa Maria a Vico (avv. Cociolovo) c. H. s.p.a. (avv.ti Calrich e Sartorio)
- (Conferma T.A.R. CAMPANIA, Napoli, n. 9668/2005). CONSIGLIO DI STATO, Sez.
VI - 24 settembre 2010, n. 7128
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - SRB - Istanza di autorizzazione ex art. 87
d.lgs. n. 259/2003 - Parere dell’ARPA - Attivazione dell’impianto. La
previsione ci cui all’art. 87, d.lgs. 259 del 2003 postula che il parere
dell’ARPA sia richiesto solo ed esclusivamente ai fini della concreta
attivazione dell’impianto, non sussistendo un onere per il richiedente di
allegare il parere in questione in sede di presentazione dell’istanza (ovvero
della D.I.A.), né un puntuale obbligo di far pervenire il parere medesimo
all’Ente procedente entro il termine di novanta giorni di cui al comma 9
dell’art. 87, cit.. L'accertamento, da parte dell'Organismo competente ad
effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n.
36 della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di
attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello
nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36
deve infatti seguire, e non già precedere, la produzione dell'istanza. Pres.
Barbagallo, Est. Contessa - Comune di Santa Maria a Vico (avv. Cociolovo) c. H.
s.p.a. (avv.ti Calrich e Sartorio) - (Conferma T.A.R. CAMPANIA, Napoli, n.
9668/2005). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 24 settembre 2010, n. 7128
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 07128/2010 REG.SEN.
N. 07962/2005 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 7962 del 2005, proposto:
dal Comune di Santa Maria a Vico, in persona del Sindaco, legale rappresentante
pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Cocilovo, con domicilio
eletto presso Giulio Cimaglia in Roma, viale G. Marconi, n. 57;
contro
H3g S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dagli Avvocati Marcello Clarich e Giuseppe Sartorio, con domicilio eletto
presso Marcello Clarich in Roma, piazza di Montecitorio, n. 115;
Antonucci Gaia Liviana, Ardito Nicoletta, Boiano Teresa, Carfora Filomena,
Crisci Paola, De Lucia Raffaella, Della Corte Vincenzo, Della Rocca Gaetana,
Fucci Steve, Fucci Tiziana, Iadaresta Nicola, Iadaretsa Nicolino, Morgillo
Alessio, Morgillo Aniello, Morgillo Maria, Nuzzo Antonio, Nuzzo Goffredo, Nuzzo
Immacolata, Nuzzo Massimo, Nuzzo Roberto, Pascarella Adolfo, Pesce Nadia,
Sgambato Camilla, Sgambato Claudio, Sgambato Felice, Sgambato Giulia, Sgambato
Maria Giuseppa
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI, SEZIONE VII, n. 9668/2005, resa tra
le parti, concernente D.I.A. PER REALIZZAZIONE STAZIONE RADIO BASE PER TELEFONIA
CELLULARE.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2010 il consigliere Claudio
Contessa e uditi per le parti gli avvocati Riccardo Marone per delega
dell'avv.to Cocilovo e Giuseppe Sartorio anche per delega dell'avv.to Clarich;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Comune di Santa Maria a Vico riferisce che, con atto assunto al protocollo
comunale in data 6 settembre 2004, la soc. H3G (attiva nel settore della
telefonia mobile) ebbe a presentare denuncia di inizio di attività per
l’installazione nell’ambito del territorio comunale di una stazione radio base
per telefonia mobile (d’ora innanzi: SRB) di potenza inferiore a 20 Watt (art.
87, d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259).
Con provvedimento in data 23 novembre 2004 (fatto oggetto di impugnativa con il
ricorso principale) il competente dirigente comunale ordinò alla società istante
di non dar corso ai lavori di installazione della richiamata SRB, ravvisando le
seguenti ragioni ostative:
1) in primo luogo, si osservava che il sito proposto per l’installazione non
rientrasse fra quelli individuati dall’Amministrazione comunale come idonei a
tale tipologia di interventi sulla base del regolamento comunale del 1999 in
tema di ‘localizzazione antenne e stazioni radio base’ (il regolamento in parola
precludeva l’installazione di tali impianti nell’ambito dell’intero centro
abitato, consentendola soltanto in una zona periferica del territorio comunale);
2) in secondo luogo si osservava che “trattandosi di intervento in zona sismica
classificata S9, non [fosse] stata presentata la certificazione di avvenuta
denuncia della verifica sismica della struttura al competente Genio Civile di
Caserta ai sensi delle leggi n. 1986/71, n. 64/74 e L.R. n. 9/83”;
3) in terzo luogo si osservava che “non[fosse] pervenuto nel termine prescritto
dall’art. 87, comma 4° del d.lgs. 259/03 il parere ARPA Campania”.
Il provvedimento in questione veniva impugnato innanzi al T.A.R. della Campania
dalla soc. H3G la quale ne lamentava l’illegittimità e ne chiedeva
l’annullamento articolando plurimi motivi di doglianza.
Nelle more del giudizio il Comune intimato approvava la delibera di Giunta 22
febbraio 2005, n. 19 con cui (ai fini che qui rilevano) si stabiliva di dare
avvio alle procedure tecniche e deliberative per la revisione del precedente
regolamento comunale del 1999.
In particolare, si stabiliva di “rivedere i precedenti provvedimenti (…) circa
la regolamentazione e l’individuazione dei siti da mettere a disposizione dei
distributori, prevedendo anche una collocazione delle apparecchiature nel centro
urbano, compatibili con le esigenze della comunità e lontano da obiettivi
sensibili (scuole, ospedali, zone verdi adibite a parco giochi, etc.)”.
Anche la delibera in questione veniva impugnata dalla soc. H3G con atto per
motivi aggiunti.
Con la pronuncia oggetto del presente gravame il Tribunale adito accoglieva il
ricorso e i motivi aggiunti (e disponeva l’annullamento degli atti impugnati)
ritenendo:
- che il primo regolamento comunale in tema di localizzazione delle SRB fosse
illegittimo per la parte in cui aveva precluso in via generale ed
indifferenziata la realizzabilità di tali impianti nell’ambito dell’intero
centro abitato;
- che il provvedimento ostativo in data 23 novembre 2004 risultasse a propria
volta illegittimo (essenzialmente, per illegittimità derivata rispetto alle
previsioni regolamentari di riferimento);
- che anche la delibera di Giunta n. 19/05 risultasse illegittima per avere
introdotto (sotto le spoglie di una mera delibera programmatica) “un criterio
distanziale generico ed eterogeneo, e dunque un limite alla localizzazione, in
quanto tale non consentito”;
- che fossero, altresì, illegittimi gli ulteriori motivi ostativi ravvisati
nella mancata previa presentazione della denuncia di verifica sismica e nella
mancata, tempestiva acquisizione del parere della competente ARPA.
La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dal Comune di Santa
Maria a Vico il quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando plurimi motivi
di doglianza.
Si costituiva in giudizio la soc. H3G la quale concludeva nel senso della
reiezione del gravame.
Con ordinanza n. 5161/05 (resa all’esito della Camera di consiglio del 28
ottobre 2005) questo Consiglio respingeva l’istanza di sospensione cautelare
degli effetti della sentenza in epigrafe, ritenendo la carenza del requisito del
fumus boni juris.
All’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2010 i procuratori delle parti
costituite rassegnavano le proprie conclusioni e il ricorso veniva trattenuto in
decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal Comune
di Santa Maria a Vico avverso la sentenza del T.A.R. della Campania con cui è
stato accolto il ricorso proposto dalla soc. H3G e, per l’effetto, sono stati
annullati: a) il provvedimento dirigenziale con cui il Comune appellante aveva
ordinato di non dar corso ai lavori di realizzazione di una stazione radio base
per telefonia mobile per la quale era stata presentata una D.I.A. ai sensi
dell’art. 87 del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259; b) la delibera di Giunta con cui
il medesimo Comune aveva stabilito di procedere all’adeguamento del regolamento
relativo all’installazione degli impianti in parola.
2. Le censure articolate dal Comune appellante si rivolgono avverso ciascuno dei
(tre) capi della sentenza in epigrafe con i quali è stata distintamente
ravvisata l’illegittimità dei (tre) motivi ostativi sui quali risultava fondato
il provvedimento in data 23 novembre 2004.
2.1. Quanto al primo motivo ostativo (quello relativo alla prevista
localizzazione della SRB), invero, il Comune appellante non articola puntuali
censure avverso la parte della sentenza con cui è stata dichiarata
l’illegittimità della previsione regolamentare del 1999 la quale precludeva la
realizzazione di tali impianti in tutto il centro abitato (e, in via mediata,
del provvedimento dirigenziale che su tale previsione aveva fondato une delle
ragioni di diniego).
Il Comune appellante, invece, contesta la pronuncia in epigrafe per la parte in
cui ha affermato l’illegittimità della delibera di Giunta n. 19 del 2005 con cui
si era stabilito di procedere all’adeguamento del regolamento per la
localizzazione del 1999 (avviando le relative procedure), trattandosi di mero
atto di indirizzo, in quanto tale privo di un autonomo carattere di lesività (la
delibera in questione, come anticipato in narrativa, era stata impugnata dalla
soc. H3G con atto per motivi aggiunti).
Ancora, l’Ente appellante lamenta che i primi giudici non abbiano in alcun modo
preso in considerazione la circostanza (pure, rilevante ai fini del decidere e
documentalmente emersa nel corso del primo giudizio) secondo cui nel febbraio
del 1999 il Consiglio comunale avesse approvato un nuovo regolamento per la
disciplina delle installazioni delle SRB, emendato dei profili di illegittimità
che avevano caratterizzato il precedente regolamento del 1999.
2.1.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
In via preliminare il Collegio osserva che nessun motivo di doglianza è stato
articolato in sede di appello avverso il capo della sentenza con cui è stata
rilevata l’illegittimità del provvedimento di diniego in data 23 novembre 2004,
par la parte in cui faceva applicazione delle (parimenti illegittime)
prescrizioni contenute nel regolamento per la localizzazione delle SRB per
telefonia mobile (al contrario, la difesa del Comune appellante ha richiamato il
consolidato orientamento giurisprudenziale il quale deponeva nel senso della
illegittimità di generalizzati divieti alla localizzazione degli impianti in
parola nell’intero ambito del territorio comunale, ovvero del relativo centro
abitato).
Sotto tale aspetto, quindi, non può che rilevarsi la formazione del giudicato
sul richiamato capo della pronuncia in epigrafe (art. 329, cpv., c.p.c.).
Ma la pronuncia in parola è meritevole di puntuale conferma anche per la parte
in cui ha rilevato l’illegittimità della delibera di Giunta n. 19 del 2005.
In particolare, la sentenza in epigrafe merita di essere confermata per la parte
in cui ha rilevato che attraverso l’adozione della delibera in parola il Civico
Ente avesse stabilito di modificare le disposizioni comunali in tema di
localizzazione delle SRB, consentendone, sì, la localizzazione anche nel centro
abitato, ma precisando che essa dovesse avvenire “lontano da obiettivi
sensibili”, in tal modo fissando un criterio distanziale generico ed eterogeneo,
concretante nella sostanza un limite indifferenziato alla localizzazione, in
quanto tale illegittimo sulla base di consolidati orientamenti
giurisprudenziali.
La previsione in questione, del resto (idonea per la sua natura a vincolare
l’esercizio concreto della successiva attività regolamentare, senza lasciare
residui margini di apprezzamento), identificava in via generale gli ‘obiettivi
sensibili’ con “scuole, ospedali, zone verdi adibite a parco giochi, etc.”, in
tal modo palesando che attraverso il tendenziale divieto in tal modo individuato
si intendesse perseguire l’obiettivo di tutelare la salute di particolari
categorie di cittadini.
Deve, pertanto, trovare puntuale conferma nella presente sede l’orientamento
giurisprudenziale (dal quale non si rinvengono nella specie ragioni onde
discostarsi) secondo cui è illegittimo un regolamento comunale in tema di
fissazione dei criteri per la localizzazione delle SRB laddove l'ente
territoriale si sia posto quale obiettivo (non dichiarato, ma evincibile dal
contenuto dell'atto regolamentare) quello di preservare la salute umana dalle
emissioni elettromagnetiche promananti da impianti di radiocomunicazione (ad
esempio attraverso la fissazione di distanze minime delle stazioni radio base da
particolari tipologie d'insediamenti abitativi), essendo tale materia attribuita
alla legislazione concorrente Stato-Regioni dell'art. 117 cost., come riformato
dalla l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3 (in tal senso: Cons. Stato, Sez. VI, sent.
28 aprile 2010, n. 2436; id., Sez. VI, sent. 20 dicembre 2002, n. 7274).
Ancora, il Collegio osserva che la pronuncia in epigrafe non sia incorsa in
alcuno dei vizi rubricati per non aver preso in considerazione ai fini del
decidere il contenuto del nuovo regolamento comunale in tema di insediamento
urbanistico delle SRB del maggio 2005 (regolamento di cui il Comune reclama la
piena legittimità).
Invero, l’intervenuta approvazione del regolamento in parola non assumeva
rilievo ai fini del decidere, atteso che le sue prescrizioni non risultavano in
alcun modo idonee a governare la vicenda di causa. Tale vicenda aveva ad
oggetto, infatti, una serie procedimentale ormai esaurita con l’adozione di un
provvedimento di segno negativo (l’atto in data 23 novembre 2004, richiamato in
premessa) sulle cui vicende in alcun modo poteva incidere il nuovo regolamento
adottato a circa sei mesi di distanza.
Né può essere in alcun modo assecondato il tentativo di ottenere nella presente
sede una sorta di ‘patente di legittimità’ in relazione alle prescrizioni del
nuovo regolamento (il quale, peraltro, risulta essere stato fatto oggetto di
separata impugnativa innanzi al T.A.R. della Campania).
2.2. Quanto al secondo motivo ostativo trasfuso nel provvedimento annullato dal
T.A.R. (si tratta della mancata presentazione della certificazione di avvenuta
denuncia della verifica sismica della struttura al competente Ufficio del Genio
Civile), il T.A.R. ha osservato che la denuncia in questione deve essere
effettuata prima dell’inizio dei lavori, ma non risulta contemplata fra i
documenti che devono essere tassativamente allegati all’istanza/comunicazione ex
art. 87, d.lgs. 259 del 2003. Il Tribunale, del resto, ha osservato che “anche
ammessa la necessità di tale denuncia, l’Amministrazione non può negare la
D.I.A. sol per la mancanza della stessa, dovendo piuttosto richiedere
l’integrazione dei documenti entro il termine di quindici giorni dalla data di
ricezione dell’istanza, ai sensi del comma 5 dell’art. 87, d.lvo n. 259/03”.
Nella tesi dell’appellante, la pronuncia in epigrafe risulterebbe in parte qua
erronea e meritevole di riforma per non aver fatto corretto governo della
pertinente normativa.
In particolare, il Tribunale avrebbe omesso di tenere in adeguata
considerazione:
- la l. 5 novembre 1971, n. 1086 (recante ‘norme per la disciplina delle opere
di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura
metallica’), il cui art. 4 stabilisce che le opere a struttura metallica (come
l’impianto destinato ad ospitare l’installazione della cui realizzazione si
discute) “devono essere denunciate dal costruttore all’ufficio del genio civile
competente per territorio, prima del loro inizio (…)”. Ancora, il T.A.R. avrebbe
omesso di tenere in considerazione il successivo art. 10, a tenore del quale “il
Sindaco del Comune, nel cui territorio vengono realizzate le opere indicate
nell’art. 1, ha il compito di vigilare sull’osservanza degli adempimenti
preposti alla presente legge: a tal fine si avvale dei funzionari ed agenti
comunali”;
- la l. 2 febbraio 1974, n. 64 (recante ‘provvedimenti per le costruzioni con
particolari prescrizioni per le zone sismiche’), il cui art. 17 stabilisce che
“nelle zone sismiche di cui all'articolo 3 della presente legge, chiunque
intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne
preavviso scritto, notificato a mezzo del messo comunale o mediante lettera
raccomandata con ricevuta di ritorno, contemporaneamente, al sindaco ed
all'ufficio tecnico della regione o all'ufficio del genio civile secondo le
competenze vigenti (…)”;
- la L.R. Campania 7 gennaio 1983, n. 9 (recante ‘norme per l’esercizio delle
funzioni regionali in materia di difesa del territorio dal rischio sismico’), il
cui art. 2, al comma 1 stabilisce che “il committente o il costruttore che
esegue in proprio devono depositare il progetto esecutivo delle opere di cui
all'art. 1 presso l'Ufficio provinciale del Genio civile o Sezione autonoma
competente per territorio, prima dell'inizio dei lavori”. Ancora, risulterebbe
rilevante ai fini del decidere il successivo art. 5 (nella formulazione vigente
all’epoca dei fatti), secondo cui “il Sindaco del Comune nel cui territorio si
eseguono le opere è tenuto ad accertare, a mezzo degli agenti e dei tecnici
comunali, che chiunque inizi l'esecuzione delle opere di cui all'art. 1 sia in
possesso dell'attestazione dell'Ufficio provinciale del Genio civile
dell'avvenuto deposito degli atti prescritti”.
Questo essendo il pertinente quadro normativo, il Comune appellante ritiene
l’erroneità della pronuncia in epigrafe, per la parte in cui ha ritenuto
l’illegittimità del provvedimento di divieto in data 23 novembre 2004. Al
contrario. Il Comune ritiene che il divieto in parola costituisse un esito
necessario della vicenda, se solo si consideri: i) che, al momento della
presentazione della D.I.A. (6 settembre 2004), la soc. H3G non avesse neppure
presentato al competente Genio civile la prescritta denuncia di verifica
sismica; ii) che, secondo le risultanze in atti, la società appellata avesse a
tanto provveduto solo in data 13 gennaio 2005, ossia dopo il decorso del termine
di 90 giorni di cui al comma 9 dell’art. 87, d.lgs. 259 del 2003 e dopo
l’adozione da parte del Comune del più volte richiamato provvedimento negativo.
2.2.1. Il motivo di doglianza in parola non può trovare accoglimento.
Ed infatti, il pertinente quadro normativo (pure correttamente richiamato dal
Comune appellante) non impone in alcun modo di allegare la denuncia di verifica
sismica della struttura già in sede di presentazione dell’istanza di
autorizzazione o della denuncia di cui all’art. 87, d.lgs. 259 del 2003,
limitandosi - piuttosto - a prescrivere che la denuncia in parola avvenga prima
del concreto inizio dei lavori (in tal senso: il primo comma dell’art. 4, l.
1086 del 1971; il primo comma dell’art. 17, l. 64 del 1974, nonché il comma 3
dell’art. 2, L.R. 9 del 1983).
Conseguentemente, la pronuncia in epigrafe deve trovare puntuale conferma per la
parte in cui ha ritenuto l’illegittimità del provvedimento comunale di divieto,
laddove fondato sulla pretesa necessità di allegare la certificazione di
avvenuta denuncia della verifica sismica già in sede di presentazione della
D.I.A.
Non rileva, invece, ai fini della presente decisione la circostanza secondo cui
la denuncia in parola sia stata presentata solo dopo il decorso dei 90 giorni di
cui al comma 9 dell’art. 87, d.lgs. 259, cit. vuoi perché il provvedimento
impugnato in prime cure si limitava ad affermare il carattere ostativo della
mancata presentazione della denuncia in sè intesa (senza ammetterne la
presentazione entro i termini di cui all’art. 87, co. 9, cit.), vuoi perché ciò
che rileva in base al pertinente quadro normativo non è il momento in se della
presentazione della denuncia, quanto, piuttosto, la circostanza relativa al se
la denuncia in parola sia intervenuta prima o dopo l’effettivo inizio dei
lavori.
2.3. Quanto al terzo motivo ostativo trasfuso nel provvedimento annullato dal
T.A.R. (si tratta della mancata acquisizione del parere dell’A.R.P.A. Campania
entro il termine di cui al comma 4 dell’art.87, d.lgs. 259 del 2003), il T.A.R.
ha osservato che il motivo in parola non fosse compatibile con il pertinente
quadro normativo e giurisprudenziale, secondo cui: a) il parere in parola è
richiesto solo ai fini della concreta attivazione dell’impianto e b) il termine
di cui al comma 9 dell’art. 87 decorre dalla data di presentazione della domanda
di autorizzazione e non già dalla ricezione da parte del Comune del parere
dell’ARPA. Conseguentemente, il T.A.R. ha osservato che l’emissione del parere
da parte dell’A.R.P.A. non possa essere considerato un presupposto essenziale
per l’inizio dei lavori di realizzazione dell’impianto di telefonia mobile.
In punto di fatto, il Comune appellante evidenzia che il parere (favorevole)
della competente Agenzia Regionale è intervenuto solo in data 7 dicembre 2004
(ed è stato portato a conoscenza del Comune solo il successivo 16 dicembre),
ossia dopo la chiusura del procedimento intervenuta con l’adozione del
provvedimento in data 23 novembre 2004.
Ad avviso dell’appellante, l’argomento profuso dal Tribunale risulterebbe
erroneo in quanto il pertinente quadro normativo dovrebbe essere interpretato
nel senso di imporre che il parere favorevole dell’A.R.P.A. intervenga e sia
portato a conoscenza dell’Ente competente a pronunciarsi sull’istanza entro il
termine di cui al comma 9 dell’art. 87 (novanta giorni dalla data di
presentazione dell’istanza di autorizzazione o dalla D.I.A.)
Secondo il Comune appellante, infatti, l’acquisizione del richiamato parere
(certamente necessario ai fini dell’attivazione dell’impianto) dovrebbe
intervenire necessariamente in corso di procedimento, pena il rigetto
dell’istanza.
Ancora, secondo il Comune, non risulterebbe persuasiva un’interpretazione
dell’art. 87, cit., tale da ammettere che il parere dell’A.R.P.A. possa avvenire
anche una volta superato il termine di formazione del silenzio-assenso ai sensi
del comma 9 dell’art. 87: una siffatta interpretazione risulterebbe - infatti -
incongruente con la previsione di cui al comma 1 dell’art. 87, secondo cui
l’autorizzazione delle SRB avviene “previo accertamento, da parte dell’Organismo
competente ad effettuare i controlli (…) della compatibilità del progetto con i
limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità (…)”.
Secondo il Comune appellante, al contrario, il richiamato quadro normativo
dovrebbe essere interpretato nel senso che detto parere, pur essendo necessario
al fine di procedere all’installazione vera e propria dell’apparecchiatura,
dovrebbe, comunque, essere portato a conoscenza dell’Ente locale entro e non
oltre il termine per la chiusura del procedimento autorizzatorio, “pena
l’indiscriminato ed incontrollabile utilizzo, in favore dei gestori, del
meccanismo del silenzio-assenso, anche nell’ipotesi di successivi rilievi
negativi sull’istanza da parte dell’ARPA” (ricorso in appello, pag. 13).
2.3.1. Il motivo in questione non può trovare accoglimento.
Al riguardo il Collegio ritiene che la questione debba essere risolta facendo
puntuale applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale (peraltro,
noto allo stesso Comune appellante) secondo cui la previsione ci cui all’art.
87, d.lgs. 259 del 2003 postula che il parere dell’ARPA sia richiesto solo ed
esclusivamente ai fini della concreta attivazione dell’impianto, non sussistendo
un onere per il richiedente di allegare il parere in questione in sede di
presentazione dell’istanza (ovvero della D.I.A.), né un puntuale obbligo di far
pervenire il parere medesimo all’Ente procedente entro il termine di novanta
giorni di cui al comma 9 dell’art. 87, cit.
Si è condivisibilmente osservato al riguardo che l'accertamento, da parte
dell'Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all'articolo 14
della legge 22 febbraio 2001, n. 36 della compatibilità del progetto con i
limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità,
stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della
citata legge 22 febbraio 2001, n. 36 debba seguire, e non già precedere, la
produzione dell'istanza; che al privato richiedente non possa essere ascritto
alcun altro onere diverso dalla presentazione dell'istanza. Oltretutto, non
operando in materia alcuna ipotesi di silenzio-rifiuto (si veda, in contrario,
il comma 9 del predetto articolo 87), dalla mancata ricezione del parere non
possano discendere conseguenze reiettive (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 2436 del
2010, cit.).
Con la medesima pronuncia si è altresì confermata la validità dell’orientamento
giurisprudenziale affermatosi nell’ambito della giurisprudenza di primo grado,
secondo cui in tema di autorizzazione per la costruzione di una stazione
radio-base il termine per la formazione del silenzio-assenso di cui all'art. 87,
comma 9 del DLgs n. 259/03 decorre dalla presentazione della domanda corredata
dal progetto, e non dalla ricezione, da parte del Comune, del parere dell'Arpa,
in quanto ai sensi dell'art. 87, comma 4 del citato DLgs n. 259, il deposito del
parere preventivo favorevole dell'A.R.P.A. non è prescritto per la formazione
del titolo edilizio ovvero per l'inizio dei lavori, ma solo per l'attivazione
dell'impianto.
Ora, tale essendo il corretto quadro interpretativo entro il quale riguardare
alle vicende di causa, il Collegio osserva che la tesi prospettata dal Comune
non risulta condivisibile, se solo si osservi:
- che laddove si accedesse all’opzione interpretativa suesposta, si negherebbe
in concreto lo stesso orientamento (cui, pure, il Comune appellante formula
formale adesione) secondo cui l’acquisizione del parere dell’ARPA è necessario
ai soli fini della realizzazione dell’installazione e non anche ai fini della
regolarità e completezza dell’istanza. In tal modo opinando, infatti, si
consentirebbe all’Ente procedente di concludere in senso negativo il
procedimento abilitativo sulla base di una circostanza (la mancata o tardiva
acquisizione del parere) rilevante a fini diversi rispetto a quelli demandati
alla competenza decisionale di tale Ente;
- che, laddove si accedesse alla tesi prospettata dall’appellante, la
conseguenza sarebbe nel senso di addossare all’incolpevole richiedente il
rischio del ritardo da parte dell’A.R.P.A. nell’espressione del parere di
competenza, determinando non già (e non solo) un ritardo nella concreta
installazione dell’opera, ma la stessa negativa conclusione dell’iter
abilitativo a causa di un inadempimento in alcun modo rientrante nella sfera di
disponibilità del soggetto richiedente (giova sottolineare al riguardo che il
più volte richiamato art. 87 non annette alcun valore significativo al silenzio
eventualmente serbato dall’A.R.P.A., in tal modo rendendo necessaria
l’espressione di una pronuncia espressa, anche se tardiva);
- che, comunque, laddove il Comune avesse inteso applicare in modo coerente la
tesi sostenuta in sede di appello, avrebbe quanto meno dovuto attendere
l’approssimarsi del termine finale di novanta giorni prima di adottare l’atto
negativo di conclusione del procedimento, invece di affrettarsi (come nella
specie ha fatto) ad adottare il provvedimento negativo per la rilevata carenza
del parere dell’A.R.P.A. (il provvedimento in questione è stato adottato in data
23 novembre 2004, ossia ben prima del decorso del termine di novanta giorni
dalla presentazione della D.I.A. -acquisita dal Comune in data 6 settembre 2004
-). In tal modo operando, il Comune ha agito in modo contraddittorio atteso che
- per un verso - ha sostenuto la tesi secondo cui il parere dell’A.R.P.A.
dovesse necessariamente essere acquisito agli atti del procedimento prima del
decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione della D.I.A. (pena
l’adozione di un provvedimento conclusivo di segno negativo), mentre - per altro
verso - ha contraddittoriamente adottato il richiamato provvedimento negativo
senza neppure attendere l’infruttuoso decorso del termine in parola (termine
entro il quale, nella sua stessa tesi, l’A.R.P.A. avrebbe potuto utilmente far
pervenire il proprio parere).
3. Per le considerazioni che precedono l’appello in epigrafe deve essere
respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna il Comune appellante alla rifusione in favore della società appellata
delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 4.000 (quattromila), oltre
I.V.A., C.P.A., come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2010 con
l'intervento dei Signori:
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Roberto Garofoli, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/09/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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