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CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III, del 4/4/2007 (Ud.
6/3/2007), Sentenza n. 13759
BENI CULTURALI E AMBIENTALI -
Impianto sanzionatorio - Previsione di un'unica sanzione ignoranza inevitabile -
Fattispecie: lavori di dissodamento, livellamento e sradicamento di ceppaie su
un terreno coperto da boschi - Art. 181 d. L.vo n. 42/2004 - Art. 20 L. n.
47/1985 (ora articolo 44, D.P.R. n. 380/2001 - testo unico dell'edilizia).
La previsione di un'unica sanzione per le diverse violazioni contemplate
nell'articolo 163 del decreto legislativo n. 490 del 1999 (ora art. 181 del
decreto legislativo n. 42 del 2004), trova giustificazione nella rilevanza
pubblica dei beni protetti e nel carattere immediato ed interinale della tutela
che il legislatore ha inteso apprestare per l'urgente necessità di reprimere
condotte in grado di apportare gravi danni all'integrità ambientale. D'altra
parte, la previsione di un'unica sanzione per comportamenti diversi non è
irragionevole perché l'articolo 20 legge n. 47 del 1985 (ora articolo 44 del
testo unico dell'edilizia) richiamato dall'articolo 163 decreto legislativo n.
490 del 1999 prevede diverse ipotesi e comunque quella applicabile alla
fattispecie ossia la lettera C) presenta un notevole divario tra il limite
minimo e quello massimo, per cui è possibile per il giudice graduare la pena al
caso in concreto a norma degli artt. 132 e 133 c.p. (cfr. Corte Costituzionale n
285 del 1991). Pres. Lupo - Est. Petti - Ric. Fagnoni. (conferma, Corte
d'appello di Torino del 23/02/2005). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del
4/4/2007 (Ud. 6/3/2007), Sentenza n. 13759
URBANISTICA E EDILIZIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Reato ambientale -
Tutela giuridica del paesaggio e disciplina edilizia - Differenza sostanziale
delle discipline - D. L.vo n. 42/2004 - Art. 20 L. n. 47/1985 ora art. 44 D.P.R.
n. 380/2001. Non è possibile, attesa la differenza sostanziale della tutela
giuridica del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia per la diversità di
scopi, di presupposti e di oggetto, alcuna trasposizione di istituti tra le due
discipline ed, in particolare, il trasferimento di un regime sanzionatorio
graduato in relazione a varie tipologie di interventi edilizi al reato
ambientale, per il quale il "vulnus" all'assetto paesaggistico non è
dipendente dal grado di tali interventi (cfr. Cass. n. 30866/2001). Pres. Lupo -
Est. Petti - Ric. Fagnoni. (conferma, Corte d'appello di Torino del 23/02/2005).
CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, del 4/4/2007 (Ud. 6/3/2007), Sentenza n. 13759
BOSCHI - Taglio di un bosco ceduo ed estirpazione di ceppaie - Differenza -
Ignoranza inevitabile della legge - Esclusione - Fondamento - Fattispecie:
terreno coperto da boschi, taglio, lavori di dissodamento, livellamento e
sradicamento di ceppaie. L'ignoranza inevitabile della legge non può essere
invocata quando colui il quale intraprende un'attività ha l'obbligo di
informarsi con diligenza sulla normativa che disciplina quell'attività e, nel
caso di dubbio, di astenersi dal porre in essere la condotta (cfr Cass. 28397
del 2004). Nella specie, non può essere invocata l'ignoranza inevitabile della
legge in quanto l'assenso al taglio del bosco da parte degli agenti del Corpo
forestale , dedotto come causa dell'errore, riguardava il taglio del legname in
un bosco ceduo che è cosa diversa dall'estirpazione delle ceppaie e quindi non
può giustificare la condotta ascritta. Pres. Lupo - Est. Petti - Ric. Fagnoni.
(conferma, Corte d'appello di Torino del 23/02/2005). CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III, del 4/4/2007 (Ud. 6/3/2007), Sentenza n. 13759
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Udienza pubblica del 6/03/2007
REG. GENERALE N.31295/05
SENTENZA N. 691
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dai sigg. magistrati:
Dott. Ernesto Lupo
presidente
Dott: Ciro Petti
consigliere
Dott. Alfredo M.Lombardi
consigliere
Dott. Aldo Fiale
consigliere
Dott. Margherita Marmo
consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto dal difensore di Fagnoni Tomaso Giovanni, nato a Divignano
(NO) il 24 giugno del 1936, avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino
del 23 febbraio del 2005;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale dott. Vittorio Meloni, il quale ha
concluso per l'inammissibilità del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata , osserva quanto segue:
IN FATTO
Con sentenza del 23 febbraio del 2005, la Corte d'appello di Torino confermava
quella pronunciata dal tribunale di Novara il 13 luglio del 2004, con cui
Fagnoni Tomaso Giovanni e Zambolin Moreno,erano stati condannati alla pena di
giorni trenta di arresto ed € 8000,00 di ammenda, quali responsabili, in
concorso di circostanze attenuanti generiche, del reato di cui all'art. 163
decreto legislativo n. 490 del 1999, per avere, in concorso tra loro, il primo
quale proprietario ed il secondo quale esecutore delle opere, effettuato lavori
di dissodamento, livellamento e sradicamento di ceppaie su un terreno coperto da
boschi di mq 4500. Fatto accertato in località Divignano il 24 ottobre del 2001.
La corte territoriale, per quanto ancora rileva in questa sede, dopo avere
dichiarato manifestamente infondata l'eccezione d'illegittimità costituzionale
dell'articolo 163 del decreto legislativo n 490 del 1999 sollevata
dall'appellante, osservava che nella fattispecie non ricorreva l'ipotesi di
errore inevitabile dedotta dai prevenuti, in quanto il fatto che l'acquirente
del legname avesse chiesto agli agenti della forestale se potesse tagliare il
bosco ed avesse ricevuto risposta affermativa non giustificava gli imputati
poiché gli agenti avevano fatto riferimento al taglio di un bosco ceduo e non
all'estirpazione di ceppaie che è cosa completamente diversa;che la pena non
poteva essere ulteriormente ridotta essendo già contenuta in misura prossima al
minimo e, d'altra parte, l'estirpazione aveva interessato una superficie di 4500
mq.
Ricorre per cassazione il solo Fagnoni per mezzo del proprio difensore sulla
base di tre motivi.
Con il primo ripropone l'eccezione d'illegittimità costituzionale dell'articolo
163 decreto legislativo n. 490 del 1999 per la violazione del principio di
ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione e di determinatezza
della fattispecie, perché la norma sottopone alla stessa sanzione penale tutte
le modifiche e le alterazioni effettuate mediante opere non autorizzate, a
prescindere dall'incidenza concreta sull'ambiente: in proposito precisa che la
decisione della Corte costituzionale citata dai giudici del merito non è
influente perché pronunciata in relazione ad un fatto diverso e più grave di
quello in esame.
Con il secondo motivo deduce la violazione dell'articolo 47 1° comma c.p. per il
mancato riconoscimento dell'ignoranza inevitabile della legge.
Con il terzo la violazione della norma incriminatrice perché il fatto non era
tanto grave da giustificare la sanzione di cui alla lettera e) dell'articolo 20
in luogo di quella di cui alla lettera a) del medesimo articolo, posto che nella
fattispecie in esame il bosco era stato trasformato in terreno agricolo.
IN DIRITTO
Il ricorso, al limite dell'ammissibilità, è comunque infondato e va pertanto
respinto.
Con riferimento all'eccezione di illegittimità costituzionale della norma
incriminatrice si rileva che della questione, come già precisato dalla corte
territoriale, si è già occupato il Giudice delle leggi il quale l'ha sempre
dichiarata manifestamente infondata sotto tutti i profili che erano stati
sottoposti al suo esame.
Per quanto concerne il profilo d'incostituzionalità riproposto con il ricorso,
premesso che non rileva ai fini della valutazione della costituzionalità della
norma la circostanza che il fatto che in passato aveva provocato la pronuncia
della Consulta fosse diverso da quello attuale, va ribadito che la previsione di
un'unica sanzione per le diverse violazioni contemplate nell'articolo 163 del
decreto legislativo n 490 del 1999 (ora art 181 del decreto legislativo n 42 del
2004), trova giustificazione nella rilevanza pubblica dei beni protetti e nel
carattere immediato ed interinale della tutela che il legislatore ha inteso
apprestare per l'urgente necessità di reprimere condotte in grado di apportare
gravi danni all'integrità ambientale. D'altra parte, la previsione di un'unica
sanzione per comportamenti diversi non è irragionevole perché l'articolo 20
legge n. 47 del 1985 (ora articolo 44 del testo unico dell'edilizia) richiamato
dall'articolo 163 decreto legislativo n. 490 del 1999 prevede diverse ipotesi e
comunque quella applicabile alla fattispecie ossia la lettera c) presenta un
notevole divario tra il limite minimo e quello massimo, per cui è possibile per
il giudice graduare la pena al caso in concreto a norma degli artt 132 e 133
c.p. (cfr. Corte Costituzionale n 285 del 1991).
Relativamente al secondo motivo si osserva che l'inevitabilità dell'errore sulla
legge penale, riconosciuto in determinate circostanze dalla sentenza n. 364 del
1988 della Corte Costituzionale, non costituisce una causa indiscriminata di
scusabilità, ma deriva da particolari situazioni in cui il predetto errore
diventa inevitabile. Nella fattispecie l'ignoranza inevitabile della legge non
può essere invocata perché colui il quale intraprende un'attività ha l'obbligo
di informarsi con diligenza sulla normativa che disciplina quell'attività e, nel
caso di dubbio, di astenersi dal porre in essere la condotta (cfr Cass. 28397
del 2004). L'assenso al taglio del bosco da parte degli agenti del Corpo
forestale, dedotto come causa dell'errore, riguardava il taglio del legname in
un bosco ceduo che è cosa diversa dall'estirpazione delle ceppaie e quindi non
può giustificare la condotta ascritta agli imputati.
Per quanto concerne infine il terzo motivo, si osserva che il rinvio all'art. 20
della legge 28 febbraio 1985 n. 47, effettuato dall'art. 1 sexies del DI. 27
giugno 1985 n. 312, convertito nella legge 8 agosto 1985 n. 431, successivamente
sostituito dall'art. 163 del D.Lgs 29 ottobre 1999 n. 490 ed ora dall'articolo
181 del decreto legislativo n 42 del 2004, allo scopo di individuare la sanzione
applicabile alle violazioni ivi contemplate, deve intendersi nella fattispecie
relativo alla sanzione prevista dalla lettera c) del citato art. 20, trattandosi
d'intervento effettuato senza alcuna autorizzazione. D'altra parte non è
possibile, attesa la differenza sostanziale della tutela giuridica del paesaggio
rispetto alla disciplina edilizia per la diversità di scopi, di presupposti e di
oggetto, alcuna trasposizione di istituti tra le due discipline ed, in
particolare, il trasferimento di un regime sanzionatorio graduato in relazione a
varie tipologie di interventi edilizi al reato ambientale, per il quale il "vulnus"
all'assetto paesaggistico non è dipendente dal grado di tali interventi (cfr
Cass.n 30866 del 2001).
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'articolo 616 c.p.p.
Rigetta
Il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 6 marzo del 2006
Depositato in Cancelleria il 4/04/2007
Il consigliere estensore
Il Presidente
Ciro Petti
Ernesto Lupo
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