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T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. II
ter, 26 Giugno 2006, Sentenza n. 5164
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO - SEDE DI ROMA
SEZIONE SECONDA TER
composto dai signori Magistrati:
Consigliere Paolo RESTAINO - Presidente f.f.
Consigliere Antonio AMICUZZI - Correlatore
Primo Referendario Floriana RIZZETTO - Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 11430/2004 proposto da:
SOC GIAGUARO SPA
rappresentato e difeso da:
MARENGHI AVV ENZO MARIA
con domicilio eletto in ROMA
P.ZZA DI PIETRA, 63
presso
MARENGHI AVV ENZO MARIA
contro
COMUNE DI TARQUINIA
rappresentato e difeso da:
COLAGRANDE AVV. ROBERTO
con domicilio eletto in ROMA
VIA G.PAISIELLO,55 (STUDIO SCOCA)
presso la sua sede
per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del provvedimento
n. 25620 del 23.10.04 di diffida dal proseguire l’attività di scarico reflui di
derivazione industriale; degli atti presupposti, connessi e consequenziali ed in
particolare dei verbali dei rilievi effettuati dall’amministrazione; del
provvedimento con cui è stata disposta l’escussione della cauzione; della
convenzione accestiva al provvedimento di autorizzazione allo scarico dei
liquami nel depuratore comunale;
Visti gli atti di costituzione in giudizio e la memoria dell’amministrazione
intimata;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Primo Referendario Floriana Rizzetto;
Uditi nella Camera di Consiglio del 9 gennaio 2006 i difensori delle parti come
da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato il 2011.04 e depositato il 25 successivo la Soc.
ricorrente, che era stata autorizzata con provvedimento del 29.7.04 giusta
convenzione rep. N. 8747 del 26.07.04 allo scarico dei reflui industriali dalla
stessa prodotti nel depuratore comunale, impugna, unitamente agli atti
presupposti (ed i particolare i verbali dei rilievi dei versamenti effettuati in
data 8.10.04 e 21.9.04 e correlative note con cui si intimava pagamento delle
relative somme), l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Sindaco
dell’amministrazione intimata diffida la ricorrente dal proseguire l’attività di
scarico dei liquami in parola in quanto aveva superato i limiti autorizzati e
contestualmente comunica l’avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione
dell’attività in questione (con conseguente risoluzione della relativa
convenzione) e di incameramento della cauzione versata.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:
1.-Violazione dell’art. 107 e dell’art. 50 del d.lvo 267/00. Incompetenza.
2.-Violazione del principio del contraddittorio e dell’art. 3 della legge n.
241/90. Eccesso di potere per illogicità manifesta, difetto dei presupposti e di
motivazione, carenza di istruttoria, sviamento.
Con ordinanza n. 289 del 17.1.05 è stata respinta l’istanza di sospensione
dell’esecuzione degli atti impugnati.
Con sentenza n. 5224/05 sono stati disposti incombenti istruttori, eseguiti
dall’amministrazione.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, la quale con memoria
scritta ha eccepito l’inammissibilità del ricorso e ne ha chiesto il rigetto in
quanto infondato nel merito; vinte le spese.
Alla udienza pubblica odierna la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Va in via preliminare esaminata l’eccezione di inammissibilità per difetto di
giurisdizione sollevata dall’amministrazione nella propria memoria difensiva.
L’eccezione va disattesa alla luce delle considerazioni di seguito svolte in
merito all’effettiva natura del provvedimento (in via principale) impugnato.
Del pari infondata risulta la questione di inammissibilità del ricorso per
difetto di interesse, sollevata dalla p.a.nella propria memoria difensiva, ove
asserisce la natura di generica diffida a rispettare le previsioni della
convenzione dell’ordinanza impugnata.
Anche tale eccezione va disattesa in quanto l’atto impugnato, atteso il suo
inequivoco tenore letterale intima la cessazione totale dell’attività di scarico
in quanto “non più autorizzata” e quindi preclude in modo assoluto, e non già
relativamente alla sola quantità eccedente i limiti autorizzati, l’attività di
versamento dei liquami.
Il ricorso risulta, tuttavia, infondato nel merito.
Con il primo motivo di gravame, la ricorrente lamenta l’incompetenza del sindaco
ad adottare l’atto impugnato, trattandosi di atto riservato alla competenza del
dirigente.
La censura s’appalesa formulata in modo inconferente, atteso che l’atto in esame
è stato firmato non solo dal sindaco, ma altresì dal dirigente responsabile del
servizio, sicchè in tal modo l’operato del primo dovrebbe comunque ritenersi
“ratificato” (oltre che parimenti adottato) dal secondo.
Ma soprattutto il motivo risulta fondato su una non corretta identificazione
della natura dell’atto che, nonostante la sua formulazione maldestra ed il
riferimento a considerazioni ultronee relative all’inadempimento della
ricorrente – considerazioni introduttive alla parte non provvedimentale
dell’atto, che vale anche come avviso di avvio del procedimento di revoca
dell’autorizzazione-risoluzione della convenzione e di incameramento della
cauzione – si configura come ordinanza emanata dal sindaco a norma dell'art. 51
del D.Lgs. n. 152/1999
L'art. 51 del d.lg. 11 maggio 1999 n. 152 infatti prevede che, nel caso di
inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico di acque reflue
l'autorità competente procede secondo la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un
termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo
determinato, ove si manifestano situazioni di pericolo per la salute pubblica e
per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle
prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che
determinano situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente".
Come riconosciuto dalla giurisprudenza con la disposizione in parola “l'azione
repressiva dell'Amministrazione, a seguito dell'inosservanza alle prescrizioni
accompagnatorie l'autorizzazione allo scarico, si manifesta opportunamente
graduata: individuate le irregolarità e comunicatele al soggetto responsabile,
l'Amministrazione deve intimare ad esso di eliminarle entro un congruo termine,
potendo contestualmente disporre la sospensione temporanea dell'autorizzazione
soltanto qualora vi sia fondato pericolo per la salute pubblica e per
l'ambiente” (T.A.R. Veneto, sez. III, 18 marzo 2002, n. 1120). La disciplina in
materia riconosce pertanto ampi poteri al Sindaco funzionali ad assicurare il
bene primario oggetto di tutela, prevedendo altresì all’art.14 co.3 che “Qualora
sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della qualità delle
acque, il Presidente della Giunta regionale, il Presidente della provincia e il
Sindaco nell'àmbito delle rispettive competenze adottano provvedimenti specifici
e motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle
acque”.
Orbene nella fattispecie in esame ricorreva indubbiamente una situazione di
urgenza che legittimava l’esercizio del potere di diffida e sospensione di cui
all’art. 51 lett b) precitato, essendo evidente che il versamento di un’enorme
quantità di reflui industriali, sproporzionata rispetto alla quantità limite
autorizzata, rappresenti una situazione oggettivamente pericolosa per l’ambiente
ed in particolare il “corpo idrico” tutelato mediante l’impianto di depurazione
in cui detti liquami dovrebbero essere trattati.
Tale essendo il primario bene pubblico tutelato, appare evidente che, nelle
circostanze del caso, in cui la stessa ricorrente ammette l’abnorme volume di
reflui risultanti dalla stessa versati, la sospensione dello scarico di questi
nel depuratore comunale rappresentava per l’autorità comunale un atto dovuto e
doveva essere ordinata senza ulteriori particolari approfondimenti tecnici in
merito ad eventuali cause di malfunzionamento del misuratore, che sarebbero
comunque state accertate nella naturale sede del procedimento di revoca
dell’autorizzazione (con gli accurati livelli di approfondimento istruttorio
volti a stabilire con un sufficiente grado di certezza le effettive cause di
malfunzionamento del contatore e la loro effettiva riconducibilità alla
ricorrente) di cui l’atto impugnato dà notizia alla ricorrente ai sensi
dell’art. 7 della legge n. 241/90.
Con il secondo articolato motivo di ricorso, la ricorrente lamenta la violazione
del principio del contraddittorio e del giusto procedimento in quanto non ha
partecipato all’effettuazione dei rilievi dello scarico; lamenta inoltre
l’eccezionalità delle volumetrie rilevate che, essendo del tutto esorbitanti,
avrebbero dovuto indurre il Comune a ritenere errare le misurazioni effettuate.
Anche tale motivo risulta infondato.
Sotto un primo profilo, la deduzione della ricorrente in merito alla erroneità
della misurazione dei flussi di liquami conferiti in discarica dovuta ad un
cattivo funzionamento del contatore, risulta irrilevante ai fini della
valutazione della legittimità del provvedimento impugnato, che, com’è noto, dev’essere
condotta alla stregua delle circostanze tenute presenti dall’amministrazione al
momento dell’adozione dell’atto impugnato.
Orbene, la verifica dell’inidoneità funzionale del contatore è stata effettuata
solo successivamente sicchè, al momento controllo sull’eventuale superamento dei
limiti tabellari, lo strumento in contestazione appariva adeguato a svolgere la
funzione di misurazione.
Sotto un secondo profilo, la censura risulta altresì inconferente in quanto il
cattivo funzionamento del contatore, che avrebbe determinato l’errore di
misurazione contestato dalla ricorrente, non può essere imputato
all’amministrazione, risultando espressamente previsto all’art. 5 della
Convenzione, che “la società dovrà installare a propria cura e spese un
misuratore di portata che dovrà risultare sempre perfettamente funzionante e che
dovrà essere certificato nel funzionamento da ditta specializzata”.
Tale obbligo era sancito a pena di revoca dell’autorizzazione dal successivo art.7,
in conformità, peraltro, ai rigorosi dettami della disciplina in materia (cfr.
art. 54 co. 10-bis d.lvo n. 152/99, che prevede severe sanzioni in caso di
violazione delle prescrizioni concernenti l'installazione e la manutenzione dei
dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi dei reflui).
Ne consegue che essendo lo strumento di misurazione nella materiale
disponibilità della ricorrente e gestito sotto la responsabilità della stessa,
la ricorrente non può lamentare alcuna violazione del principio di
partecipazione alle rilevazioni che sono state, necessariamente svolte, per il
tramite dello strumento dalla stessa apprestato.
Ne consegue altresì che essendo l’errore sui presupposti del provvedimento
impugnato stato determinato da una omissione delle attività di manutenzione e
controllo cui la ricorrente era tenuta in virtù delle prescrizioni convenzionali
e normative soprarichiamate, detto errore non può essere imputato
all’amministrazione né in termini di vizi di legittimità (originari) dell’atto
impugnato - potendo le risultanze delle nuove e corrette misurazioni valere
solo, quale circostanza sopravvenuta, ai fini della revoca dell’atto impugnato e
dell’atto di incameramento della cauzione nonché dell’adozione di un nuovo
provvedimento autorizzatorio - né sotto un profilo risarcitorio, non potendo
l’amministrazione essere chiamata a ristorare il danno che la ricorrente stessa
ha determinato a seguito della violazione degli oneri predetti.
Disattesa anche quest'ultima censura, il ricorso va respinto in quanto
infondato.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti
delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione II Ter, respinge il
ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla pubblica amministrazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2006.
Consigliere Paolo RESTAINO Presidente f.f.
Primo Referendario Floriana RIZZETTO Estensore
1) Acqua e inquinamento idrico – D.Lgs. n. 152/99 – Situazione oggettivamente pericolosa per il corpo idrico - Sindaco – Diffida e sospensione ex art. 51, lett. b) – Atto dovuto – Approfondimenti tecnici – Necessità – Esclusione. La sussistenza di una situazione oggettivamente pericolosa per l’ambiente ed in particolare per il “corpo idrico” (nella specie: riversamento di una quantità di reflui industriali sproporzionata rispetto alla quantità limite autorizzata), legittima l’esercizio da parte del sindaco del potere di diffida e sospensione di cui all’art. 51 lett. b) del D.Lgs. n. 152/99. Trattasi peraltro di atto dovuto, la cui adozione non richiede particolari approfondimenti tecnici in merito ad eventuali cause di malfunzionamento delle apparecchiature che siano nella materiale disponibilità e gestiti dall’impresa responsabile dello sversamento. Pres. f.f. Restaino, Est. Rizzetto – G. s.p.a. (avv. Marenghi) c. Comune di Tarquinia (avv. Colagrande) - T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. II ter – 26 giugno 2006, n. 5164
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