AmbienteDiritto.it - Rivista
giuridica - Electronic Law Review -
Tutti i
diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
CORTE DI
GIUSTIZIA DELLE COMUNITA' EUROPEE, Sez. III, 30 novembre 2006, Causa C-32/05
Acqua - Corpi idrici utilizzati per l’estrazione di acque destinate al
consumo umano - Ambiente - Omessa comunicazione delle misure di
trasposizione - Obbligo di adottare una normativa-quadro nazionale -
Omissione - Incompleta od omessa trasposizione degli artt. 2, 7, n. 2, e 14
Direttiva 2000/60/CE - Inadempimento di uno Stato membro (Lussemburgo).
Non avendo comunicato alla Commissione delle Comunità europee le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di attuazione della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2000,
2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di
acque, eccezion fatta per quelle concernenti l’art. 3 della stessa, il
Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai
sensi dell’art. 24 di tale direttiva. Avendo omesso di adottare entro il
termine impartito le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative necessarie per conformarsi agli artt. 2, 7, n. 2, e 14 della
direttiva 2000/60, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi
ad esso incombenti ai sensi dell’art. 24 di tale direttiva. Commissione
delle Comunità europee c. Granducato di Lussemburgo. CORTE DI GIUSTIZIA
CE, Sez. III, 30 novembre 2006, Causa C-32/05
CORTE DI
GIUSTIZIA
delle Comunità
Europee,
SENTENZA DELLA CORTE
(Terza Sezione)
30 novembre 2006
«Inadempimento di uno Stato membro - Ambiente - Direttiva 2000/60/CE -
Omessa comunicazione delle misure di trasposizione - Obbligo di adottare
una normativa-quadro nazionale - Omissione - Incompleta od omessa
trasposizione degli artt. 2, 7, n. 2, e 14»
Nella causa C-32/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 31 gennaio 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalle sig.re S. Pardo
Quintillán e J. Hottiaux, in qualità di agenti, con domicilio eletto in
Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Granducato di Lussemburgo, rappresentato dal sig. S. Schreiner, in
qualità di agente, assistito dal sig. P. Kinsch, avocat,
convenuto,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dai sigg. A. Rosas, presidente di Sezione, A. Borg Barthet e A.
Ó Caoimh (relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione
orale del 23 marzo 2006,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 18 maggio 2006,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il presente ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede
alla Corte di dichiarare che, non avendo adottato le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi
alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2000,
2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia
di acque (GU L 237, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»), eccezion
fatta per gli artt. 3, nn. 1‑3 e 5‑7, e 7, n. 3, e, in ogni caso, non
avendole comunicate alla Commissione, il Granducato di Lussemburgo è
venuto meno agli obblighi che ad esso incombono ai sensi di tale
direttiva.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
2 Il diciottesimo ‘considerando’ della direttiva dispone quanto segue:
«La politica comunitaria nel settore delle acque richiede un quadro
legislativo trasparente, efficace e coerente. La Comunità dovrebbe
fornire principi comuni e il quadro globale in cui inserire gli
interventi. La presente direttiva dovrebbe fornire tale quadro e
coordinare, integrare e, nel lungo periodo, sviluppare ulteriormente i
principi e le strutture generali idonei a garantire la protezione e un
utilizzo sostenibile delle acque comunitarie, nel rispetto del principio
della sussidiarietà».
3 Dal ventinovesimo ‘considerando della direttiva risulta che gli Stati
membri, per conseguire gli obiettivi da essa prefissi e nel definire un
programma delle misure da adottare a tal fine, possono attuare
gradualmente il programma di misure al fine di ripartirne i costi.
4 Ai sensi del suo art. 1, «scopo della […] direttiva è istituire un
quadro per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque
di transizione, delle acque costiere e sotterranee».
5 L’art. 2 contiene 41 definizioni rilevanti ai fini della direttiva.
Alcune riguardano gli standard di qualità idrica che la direttiva, in
particolare l’art. 4, impone agli Stati membri. I termini per
conformarsi a tali standard sono fissati segnatamente agli artt. 4-6 e
8.
6 L’art. 3, rubricato «Coordinamento delle disposizioni amministrative
all’interno dei distretti idrografici», dispone ciò che segue:
«1. Gli Stati membri individuano i singoli bacini idrografici presenti
nel loro territorio e, ai fini della presente direttiva, li assegnano a
singoli distretti idrografici. (...)
2. Gli Stati membri provvedono a adottare le disposizioni amministrative
adeguate, ivi compresa l’individuazione dell’autorità competente, per
l’applicazione delle norme previste dalla presente direttiva all’interno
di ciascun distretto idrografico presente nel loro territorio.
3. Gli Stati membri provvedono affinché un bacino idrografico che si
estende sul territorio di più Stati membri sia assegnato a un distretto
idrografico internazionale. Su richiesta degli Stati membri interessati,
la Commissione interviene per agevolare l’assegnazione di tali distretti
idrografici internazionali.
(…)
4. Gli Stati membri provvedono affinché i requisiti stabiliti dalla
presente direttiva per conseguire gli obiettivi ambientali di cui
all’articolo 4, in particolare tutti i programmi di misure, siano
coordinati in tutto il distretto idrografico. Per i distretti
idrografici internazionali, gli Stati membri interessati provvedono
congiuntamente al coordinamento e possono avvalersi a tal fine di
strutture esistenti risultanti da accordi internazionali. Su richiesta
degli Stati membri interessati, la Commissione interviene per agevolare
la definizione dei programmi di misure.
(…)
6. Ai fini della presente direttiva, gli Stati membri possono
individuare quale autorità competente un organismo nazionale o
internazionale esistente.
7. Gli Stati membri individuano l’autorità competente entro il termine
di cui all’articolo 24.
(…)».
7 L’art. 4 stabilisce gli obiettivi ambientali che gli Stati membri sono
tenuti a raggiungere nel rendere operativi i programmi di misure
specificate nei piani di gestione dei bacini idrografici per le acque
superficiali, per le acque sotterranee e per le aree protette. In
sostanza, gli Stati membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie
per impedire il deterioramento ambientale delle acque e delle aree
protette considerate, nonché a migliorare e a ripristinare i corpi
idrici in modo da raggiungere i livelli qualitativi definiti dalle
disposizioni della direttiva, in particolare dall’art. 2.
8 Ai sensi dell’art. 4, n. 1, lett. c), «gli Stati membri si conformano
a tutti gli standard e agli obiettivi entro 15 anni dall’entrata in
vigore della […] direttiva, salvo diversa disposizione della normativa
comunitaria a norma della quale le singole aree protette sono state
istituite».
9 Per quanto riguarda le acque utilizzate per l’estrazione di acqua
potabile, l’art. 7 enuncia quanto segue:
«1. All’interno di ciascun distretto idrografico gli Stati membri
individuano:
- tutti i corpi idrici utilizzati per l’estrazione di acque destinate al
consumo umano che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o servono
più di 50 persone, e
- i corpi idrici destinati a tale uso futuro.
Gli Stati membri provvedono al monitoraggio, a norma dell’allegato V,
dei corpi idrici che, in base all’allegato V, forniscono in media oltre
100 m3 al giorno.
2. Per ciascuno dei corpi idrici individuati a norma del paragrafo 1,
gli Stati membri, oltre a conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 4
attenendosi ai requisiti prescritti dalla presente direttiva per i corpi
idrici superficiali, compresi gli standard di qualità fissati a livello
comunitario a norma dell’articolo 16, provvedono a che, secondo il
regime di trattamento delle acque applicato e conformemente alla
normativa comunitaria, l’acqua risultante soddisfi i requisiti di cui
alla direttiva 80/778/CEE [del Consiglio 15 luglio 1980, concernente la
qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 229, pag. 11)],
modificata dalla direttiva 98/83/CE [del Consiglio 3 novembre 1998 (GU L
330, pag. 32)].
3. Gli Stati membri provvedono alla necessaria protezione dei corpi
idrici individuati al fine di impedire il peggioramento della loro
qualità per ridurre il livello della depurazione necessaria alla
produzione di acqua potabile. Gli Stati membri possono definire zone di
salvaguardia per tali corpi idrici».
10 Ai termini dell’art. 14 della direttiva:
«1. Gli Stati membri promuovono la partecipazione attiva di tutte le
parti interessate all’attuazione della presente direttiva, in
particolare all’elaborazione, al riesame e all’aggiornamento dei piani
di gestione dei bacini idrografici. Gli Stati membri provvedono
affinché, per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi
disponibili per eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del
piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono
essere prese almeno tre anni prima dell’inizio del periodo cui il piano
si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei problemi di gestione delle
acque importanti, identificati nel bacino idrografico, almeno due anni
prima dell’inizio del periodo cui si riferisce il piano;
c) copie del progetto del piano di gestione del bacino idrografico,
almeno un anno prima dell’inizio del periodo cui il piano si riferisce.
Su richiesta, si autorizza l’accesso ai documenti di riferimento e alle
informazioni in base ai quali è stato elaborato il progetto del piano di
gestione del bacino idrografico.
2. Per garantire l’attiva partecipazione e la consultazione, gli Stati
membri concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di
osservazioni scritte sui documenti in questione.
3. I paragrafi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei piani in
questione».
11 Ai termini dell’art. 24 della direttiva:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente
direttiva entro il 22 dicembre 2003. Essi ne informano immediatamente la
Commissione.
(…)
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali
disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore
disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione ne informa gli
altri Stati membri».
La normativa nazionale
12 La legge del 29 luglio 1993, sulla protezione e la gestione delle
acque (Mém. A 1993, pag. 1302; in prosieguo: la «legge 1993»), riguarda
le acque superficiali e sotterranee, sia pubbliche che private.
13 Il suo art. 2, rubricato «Linee direttrici», così recita:
«1. L’obiettivo della legge [1993] è di combattere l’inquinamento delle
acque e di assicurare la rigenerazione idrica allo scopo di soddisfare i
requisiti necessari, in particolare, per
- la tutela della salute dell’uomo e degli animali, nonché
dell’equilibrio ecologico;
- la vita biologica degli ecosistemi acquatici di acque riceventi, in
particolare della fauna ittica;
- l’approvvigionamento di acqua per il consumo umano e per gli usi
industriali;
- la tutela delle risorse idriche;
- la balneazione, gli sport acquatici ed altre attività ricreative;
- la tutela del paesaggio, nonché
- l’agricoltura, l’industria, i trasporti e tutte le altre attività
umane di interesse generale.
2. Chiunque utilizzi le acque considerate dalla presente legge deve
adoperarsi a prevenire o a ridurre in tutti i modi possibili ogni
inquinamento idrico, con la diligenza che le circostanze richiedono».
14 L’art. 3 contiene 12 definizioni di termini che ricorrono nella
legge.
15 Quanto all’identificazione, alla creazione e alla gestione delle zone
di protezione delle acque, gli artt. 18 e 19 della legge 1993 così
dispongono:
«18. Zone di protezione delle acque
1. Al fine di assicurare la qualità delle acque destinate
all’alimentazione umana, i terreni che attorniano i punti di prelievo
possono essere dichiarati zone di protezione, suddivise in zone di
captazione, zone di protezione adiacenti e zone di protezione distanti.
Questa misura di esecuzione deve rispondere al piano nazionale di
gestione delle acque previsto all’art. 6 della presente legge.
2. I terreni ubicati nelle zone di captazione vanno acquisiti in piena
proprietà.
Essi possono essere espropriati secondo le modalità e le forme previste
dalla legge 15 marzo 1979 sull’espropriazione per pubblica utilità.
3. Nelle zone di protezione adiacenti possono essere vietate,
regolamentate o sottoposte ad autorizzazione speciale tutte le attività,
istallazioni e depositi suscettibili di nuocere direttamente o
indirettamente alla qualità delle acque.
4. Nelle zone di protezione distanti possono essere regolamentate le
attività, le installazioni e i depositi di cui al paragrafo 3.
19. Modalità di creazione e di gestione delle zone di protezione delle
acque
1. La creazione delle zone di protezione delle acque è proposta dal
ministro, d’accordo col Consiglio dei ministri.
2. Il ministro ordina l’apertura di un fascicolo comprendente:
- una nota dell’oggetto, dei motivi e della portata dell’operazione;
- un rapporto geologico che constati, in particolare, la rapidità della
relazione idrogeologica tra le zone d’infiltrazione e i punti di
prelievo da proteggere;
- l’elenco dei comuni inclusi, in tutto o in parte, nella zona da
proteggere con l’indicazione, comune per comune, delle sezioni catastali
corrispondenti;
- una carta topografica e i piani catastali con il tracciato dei confini
della zona da proteggere;
- il piano di gestione, che definirà:
a) gli oneri imposti a proprietari e possessori,
b) le servitù previste per la zona protetta,
c) le risistemazioni e le opere edili eventualmente necessarie alla
funzione della zona protetta.
3. Ai fini dell’istruttoria, il ministro indirizza il fascicolo al
commissario del distretto competente per territorio.
Il commissario del distretto ordina il deposito del fascicolo per trenta
giorni nel comune affinché gli interessati possano prenderne conoscenza.
Del deposito è data comunicazione nella bacheca del comune secondo le
consuete modalità di pubblicazione, invitando a prendere visione dei
documenti.
Obiezioni al progetto possono essere indirizzate, nei termini fissati al
comma precedente, al Collegio dei Borgomastri e degli Scabini (collège
des bourgmestres et échevins), che le sottoporrà al parere del Consiglio
comunale. Il fascicolo, completo dei reclami e del parere del Consiglio
comunale, va trasmesso entro un mese dalla scadenza del termine di
pubblicazione al commissario del distretto, che lo inoltrerà al ministro
con le proprie osservazioni.
4. La dichiarazione di zona di protezione delle acque è fatta con
regolamento granducale, sentito il Consiglio di Stato.
5. Il regolamento granducale che dichiara zona di protezione delle acque
una parte del territorio può imporre oneri ai proprietari o ai
possessori di immobili e gravare i fondi con servitù relative in
particolare:
- all’utilizzo delle acque;
- alla normativa d’uso di pesticidi e di concimi inquinanti;
- al divieto di cambiamento della destinazione del suolo.
Gli effetti della dichiarazione di zona di protezione delle acque
seguono il territorio, in qualunque mano esso passi».
Il procedimento precontenzioso
16 Ritenendo che la direttiva non fosse stata trasposta nel diritto
lussemburghese entro il termine prescritto, la Commissione, dopo aver
invitato il Granducato di Lussemburgo, con lettera di diffida 26 gennaio
2004, a presentare le proprie osservazioni conformemente all’art. 226
CE, emanava un parere motivato in data 9 luglio 2004, invitando il detto
Stato membro a prendere le misure necessarie per conformarsi agli
obblighi posti dalla direttiva entro due mesi a decorrere dalla notifica
del parere.
17 Con risposta 27 settembre 2004 le autorità lussemburghesi adducevano
varie ragioni per giustificare la ritardata trasposizione della
direttiva, fra cui la mancanza di chiarezza di talune nozioni ivi
menzionate e la risoluzione del governo lussemburghese di profittare
della detta trasposizione per procedere ad una revisione sostanziale
della legislazione nazionale in vigore. Esse precisavano, però, che in
nessun caso il ritardo nella trasposizione formale della direttiva
costituisse un ostacolo all’osservanza delle diverse scadenze da essa
imposte.
18 Ritenendo insufficiente tale risposta, la Commissione decideva di
proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Sulla prima censura, vertente sull’omessa comunicazione delle misure di
trasposizione
Argomenti delle parti
19 La Commissione ricorda che, conformemente all’art. 24 della
direttiva, gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi
alla direttiva entro il 22 dicembre 2003 ed informarne immediatamente la
Commissione. Con il presente ricorso essa fa valere che le autorità
lussemburghesi non l’avevano informata delle disposizioni adottate.
20 Prendendo atto delle informazioni fornite dal governo lussemburghese
nel controricorso a proposito di una lettera inviatale dalla
rappresentanza permanente del Lussemburgo presso l’Unione europea il 24
agosto 2004 (in prosieguo: la «lettera 24 agosto 2004»), concernente
l’applicazione dell’art. 3 della direttiva, la Commissione ammette nella
replica di non aver avuto conoscenza di tale scritto per un difetto di
coordinamento dei propri servizi. La ricorrente riconosce che la
comunicazione prescritta dal detto art. 3 è dunque avvenuta, tuttavia -
ribadisce - solo dopo la scadenza del termine stabilito dallo stesso
art. 3, n. 8, ossia il 22 giugno 2004, e per giunta posteriormente alla
notifica del parere motivato.
21 Quanto alla legge 1993 che, secondo il Granducato di Lussemburgo,
accorda alle autorità di tale Stato membro poteri sufficienti ad
assicurare la realizzazione degli obiettivi operativi della direttiva, e
che le è stata comunicata per la prima volta nel controricorso, la
Commissione fa presente di non aver mai avuto notizia della stessa e del
suo contenuto anteriormente a tale comunicazione. Ne conclude, perciò,
che il Granducato di Lussemburgo non ha comunicato le misure adottate
per conformarsi alla direttiva entro il termine prescritto.
Giudizio della Corte
22 Secondo una costante giurisprudenza, l’esistenza di un inadempimento
dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro
quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere
motivato e non possono essere prese in considerazione dalla Corte
modifiche successivamente intervenute (v., in particolare, sentenze 14
settembre 2004, causa C-168/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-8227,
punto 24, e 12 gennaio 2006, causa C‑118/05, Commissione/Portogallo,
Racc. pag. I-0000, punto 7).
23 Nella fattispecie, si deve osservare innanzi tutto che la lettera 24
agosto 2004 è stata spedita prima della scadenza del termine di due mesi
stabilito nel parere motivato del 9 luglio 2004. Se è vero, come ha
osservato la Commissione, che le autorità lussemburghesi non hanno fatto
alcuna allusione a tale lettera nel procedimento precontenzioso, è pur
vero che la comunicazione delle misure adottate per trasporre l’art. 3
della direttiva è avvenuta prima della scadenza del detto termine.
24 Ciò considerato, si deve constatare che la prima censura della
Commissione, concernente la comunicazione delle misure di trasposizione
della suddetta disposizione, è infondata.
25 Quanto, invece, alla notifica delle altre disposizioni adottate dal
Granducato di Lussemburgo per conformarsi alla direttiva, è giocoforza
constatare che tale Stato ha prodotto per la prima volta nel
controricorso una copia della legge 1993 asserendo che essa trasponesse
adeguatamente la direttiva. Senza bisogno di accertare in questa sede se
la legge costituisca effettivamente una trasposizione adeguata della
direttiva - la questione è oggetto, infatti, della seconda censura della
Commissione -, va osservato che, conformemente alla giurisprudenza della
Corte citata supra al punto 22, un argomento di difesa dedotto con tanto
ritardo non ha effetti sulla censura di omessa notifica delle
informazioni richieste entro il termine fissato nel parere motivato.
26 In merito, infine, alle misure adottate per trasporre l’art. 7, n. 3,
della direttiva, la Commissione ha riconosciuto nella replica che gli
artt. 18 e 19 della legge 1993 possono essere ritenuti trasporre in
maniera adeguata tale disposizione. Siccome, però, la detta legge è
stata comunicata alla Commissione per la prima volta nel controricorso,
si deve considerare fondata, per i motivi esposti al precedente punto di
questa sentenza, la censura della Commissione vertente sull’omessa
comunicazione delle misure di trasposizione dell’art. 7, n. 3, della
direttiva.
27 Tutto ciò considerato, si deve statuire che, non avendo comunicato
alla Commissione le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative adottate per conformarsi alla direttiva 2000/60, eccezion
fatta per quelle concernenti l’art. 3 della stessa, il Granducato di
Lussemburgo è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza
dell’art. 24 della detta direttiva.
Sulla seconda censura, vertente sull’omessa adozione delle misure
necessarie per conformarsi alla direttiva
Argomenti delle parti
28 La Commissione fa valere che la direttiva richiede agli Stati membri
l’adozione di misure di trasposizione generali e particolari che
conformino l’ordinamento giuridico nazionale agli obiettivi che essa
fissa. Essa imporrebbe agli Stati membri di adottare una
normativa-quadro in materia di acque, entro e non oltre il 22 dicembre
2003, e di intraprendere azioni concrete o contestualmente o a scadenze
scaglionate nel tempo. Secondo la Commissione, l’elaborazione di una
legge nazionale d’inquadramento generale è la fase più importante della
trasposizione perché è con essa che vengono fissati i principali
obblighi degli Stati membri e gli opportuni fondamenti normativi per
l’adozione di misure più specifiche.
29 La Commissione sostiene, in subordine, che le disposizioni della
legge 1993 non assicurano una trasposizione completa della direttiva.
30 Il governo lussemburghese ritiene che la direttiva non richieda
misure effettive di trasposizione per conformare l’ordinamento giuridico
lussemburghese agli obiettivi che essa fissa. La direttiva insisterebbe
sulle azioni concrete che le autorità nazionali devono intraprendere,
piuttosto che sull’armonizzazione formale del diritto interno con quello
comunitario. Essa non richiederebbe l’armonizzazione della legislazione,
ma solamente un quadro per una politica comunitaria in materia di acque.
31 I singoli obblighi operativi imposti alle autorità degli Stati membri
andrebbero eseguiti tra il 2006 e il 2015, ciò che permetterebbe di
raggiungere gli obiettivi così definiti entro i termini impartiti dalla
direttiva. Quanto al resto, il governo lussemburghese ritiene che la
propria legislazione, segnatamente la legge 1993, fornisca alle autorità
nazionali un arsenale di misure che possono risultare sufficienti a
raggiungere gli obiettivi operativi della direttiva.
Giudizio della Corte
- Sull’obbligo di adottare una normativa-quadro per la trasposizione
della direttiva
32 Quanto, innanzi tutto, alla questione se la direttiva imponga agli
Stati membri di adottare una normativa-quadro per trasporre
nell’ordinamento nazionale gli obblighi che da essa discendono, occorre
ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, ciascuno degli Stati
membri destinatari di una direttiva ha l’obbligo di adottare,
nell’ambito del proprio ordinamento giuridico, tutti i provvedimenti
necessari a garantire la piena efficacia della direttiva, conformemente
allo scopo che essa persegue (v., in particolare, sentenze 7 maggio
2002, causa C-478/99, Commissione/Svezia, Racc. pag. I‑4147, punto 15, e
26 giugno 2003, causa C-233/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑6625,
punto 75).
33 Si deve precisare che la prima parte della seconda censura della
Commissione verte non sulla questione se il Granducato di Lussemburgo
abbia l’obbligo di adottare tutti i provvedimenti necessari a garantire
la piena efficacia della direttiva, ciò che esso non contesta, bensì sul
se il detto Stato abbia l’obbligo di adottare un provvedimento in
particolare, id est una normativa-quadro, per garantire tale piena
efficacia e conformarsi agli obblighi a suo carico.
34 Ai termini dell’art. 249, terzo comma, CE, gli Stati membri sono
liberi di scegliere la forma e i mezzi di attuazione delle direttive che
ne permettano la migliore realizzazione. Discende da tale disposizione
che la trasposizione nel diritto interno di una direttiva non implica
necessariamente l’azione legislativa di ogni Stato membro. Come la Corte
ha ripetutamente statuito, non è sempre richiesta una formale
riproduzione delle disposizioni di una direttiva in una norma di legge
espressa e specifica, posto che per la trasposizione di una direttiva
può essere sufficiente, in base al suo contenuto, un contesto normativo
generale. In particolare, l’esistenza di principi generali di diritto
costituzionale o amministrativo può rendere superflua la trasposizione
mediante provvedimenti legislativi o regolamentari ad hoc, a condizione
tuttavia che tali principi garantiscano effettivamente la piena
applicazione della direttiva da parte dell’amministrazione nazionale,
che, nel caso in cui la disposizione in parola sia diretta a creare
diritti per i singoli, la situazione giuridica risultante da tali
principi sia sufficientemente precisa e chiara e che i beneficiari siano
messi in grado di conoscere la pienezza dei loro diritti e obblighi e,
se del caso, di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali (v., in
particolare, sentenza 23 maggio 1985, causa 29/84, Commissione/Germania,
Racc. pag. 1661, punti 22 e 23; 9 settembre 1999, causa C‑217/97,
Commissione/Germania, Racc. pag. I‑5087, punti 31 e 32, e 26 giugno
2003, Commissione/Francia, cit., punto 76).
35 Risulta altresì dalla giurisprudenza della Corte che, in linea di
principio, una disposizione che riguarda esclusivamente i rapporti fra
gli Stati membri e la Commissione non deve essere trasposta. Tuttavia,
posto che gli Stati membri hanno l’obbligo di assicurare la piena
osservanza del diritto comunitario, la Commissione ha la facoltà di
dimostrare che il rispetto della disposizione di una direttiva che
disciplina i detti rapporti richiede necessariamente l’adozione di
specifiche misure di trasposizione nell’ordinamento giuridico nazionale
(v., in tal senso, sentenze 24 giugno 2003, causa C-72/02,
Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-6597, punti 19 e 20, e 20 novembre
2003, causa C-296/01, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑13909, punto
92).
36 Ne consegue che, per misurare la portata dell’obbligo di
trasposizione a carico degli Stati membri, occorre accertare caso per
caso la natura delle disposizioni previste dalla direttiva ed oggetto
del ricorso di annullamento.
37 La prassi legislativa comunitaria dimostra che possono esistere
grandi differenze quanto al tipo di obblighi imposti dalle direttive
agli Stati membri e, dunque, quanto ai risultati che debbono essere
raggiunti (sentenza 18 giugno 2002, causa C-60/01, Commissione/Francia,
Racc. pag. I‑5679, punto 25).
38 Infatti, talune direttive impongono che vengano adottate misure
legislative a livello nazionale e che la loro osservanza sia sottoposta
ad un controllo giurisdizionale o amministrativo (v., a questo
proposito, sentenze 16 novembre 1989, causa C-360/88,
Commissione/Belgio, Racc. pag. 3803; 6 dicembre 1989, causa C‑329/88,
Commissione/Grecia, Racc. pag. 4159, e 18 giugno 2002,
Commissione/Francia, cit., punto 26).
39 Altre direttive prescrivono che gli Stati membri adottino le misure
necessarie ad assicurare che taluni obiettivi enunciati in maniera
generale e non quantificabile vengano raggiunti, lasciando però agli
Stati membri un certo margine di discrezionalità circa il tipo di
provvedimenti da adottare (v., a questo proposito, sentenze 9 novembre
1999, causa C-365/97, Commissione/Italia, detta «San Rocco», Racc. pag.
I-7773, punti 67 e 68; e 18 giugno 2002, Commissione/Francia, cit.,
punto 27).
40 Altre direttive ancora impongono agli Stati membri che vengano
raggiunti risultati assai precisi e concreti entro un certo termine (v.,
a questo proposito, sentenze 14 luglio 1993, causa C-56/90,
Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I-4109, punti 42-44; 19 marzo 2002,
causa C-268/00, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑2995, punti 12-14;
e 18 giugno 2002, Commissione/Francia, cit., punto 28).
41 Per quanto riguarda il presente ricorso, si deve ricordare che la
direttiva 2000/60 è una direttiva-quadro adottata sul fondamento
dell’art. 175, n. 1, CE. Essa stabilisce principi comuni e un quadro
globale per l’azione comunitaria in materia di acque, e coordina,
integra e, nel lungo periodo, sviluppa ulteriormente i principi generali
e le strutture idonei a garantire la protezione e un utilizzo
sostenibile delle acque comunitarie. Saranno poi gli Stati membri a
sviluppare ulteriormente i principi comuni e il quadro globale così
decisi, adottando una serie di misure specifiche entro i termini che
essa impartisce. La direttiva. non persegue, tuttavia, un’armonizzazione
totale delle normative degli Stati membri in materia di acque.
42 L’analisi della direttiva rivela che essa contiene varie disposizioni
costitutive di obblighi per gli Stati membri (ad esempio, l’art. 4, che
prescrive agli Stati membri di attuare le misure necessarie per impedire
il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali e
sotterranei); per gli Stati membri nei confronti della Commissione e
della Comunità (ad esempio, l’art. 24, n. 2, relativo all’obbligo di
comunicazione delle misure di trasposizione) e per le stesse istituzioni
(ad esempio, gli artt. 16 e 17, che invitano le istituzioni comunitarie
ad adottare misure comunitarie in materia di inquinamento dei corpi
idrici e delle acque sotterranee).
43 Da un esame globale della direttiva risulta che la maggior parte
delle disposizioni sono del tipo menzionato al punto 39 della presente
sentenza, cioè prescrivono agli Stati membri di adottare le misure
necessarie ad assicurare il raggiungimento di determinati obiettivi,
formulati a volte in maniera generale, lasciando però loro un certo
margine di discrezionalità circa il tipo di provvedimenti da adottare.
44 La direttiva 2000/60 contiene anche disposizioni come l’art. 1, che
si limita ad enunciare i diversi obiettivi di quest’ultima, e che, come
la stessa Commissione ha riconosciuto all’udienza, non richiede
trasposizione.
45 In risposta a quesiti, all’udienza, finalizzati a stabilire su quali
concrete disposizioni della direttiva si fondi l’obbligo di adottare una
normativa-quadro per soddisfare le condizioni della direttiva, la
Commissione ha fatto riferimento agli artt. 1 e 2, che enunciano gli
obiettivi della direttiva e le definizioni su cui essa si fonda, senza
precisare in cosa queste disposizioni esigano l’adozione di una tale
legge, né perché quest’ultima sarebbe necessaria per permettere agli
Stati membri di assicurare gli obiettivi fissati dalla direttiva entro i
termini prescritti.
46 Ebbene, non risulta né da queste né da altre disposizioni della
direttiva che gli Stati membri siano obbligati, per trasporle
correttamente, ad adottare una tale normativa-quadro.
47 Certamente, come il governo lussemburghese ha riconosciuto
all’udienza, l’adozione di una normativa-quadro può costituire un modo
adeguato, perfino più semplice, di trasporre la direttiva, atteso che
può fornire alle autorità competenti, in un testo unico, fondamenti
normativi chiari per elaborare le diverse misure previste dalla
direttiva in materia di acque e scadenzate nel tempo. L’adozione di una
normativa-quadro può altresì facilitare il lavoro della Commissione, che
deve vegliare a che gli obblighi posti dalla direttiva agli Stati membri
siano rispettati.
48 L’adozione di una normativa-quadro non è, però, il solo modo in cui
gli Stati membri possono garantire la piena applicazione della direttiva
e prevedere un sistema organizzato e articolato per la realizzazione dei
suoi obiettivi.
49 Se avesse voluto imporre agli Stati membri di adottare nel loro
ordinamento giuridico una normativa-quadro per trasporre la direttiva,
il legislatore comunitario avrebbe potuto inserire una disposizione in
tal senso nel testo di quest’ultima. Così non è stato.
50 In ogni caso, il fatto stesso che, nel procedimento dinanzi alla
Corte, la Commissione abbia riconosciuto che il Granducato di
Lussemburgo ben abbia trasposto talune disposizioni della direttiva,
segnatamente quelle degli artt. 3 e 7, nn. 1 e 3, ed abbia ammesso che
non è necessario trasporre l’art. 1 dimostra che per la trasposizione
degli obblighi previsti dalla direttiva una normativa-quadro non è
indispensabile.
51 Poiché spetta alla Commissione, nell’ambito di un ricorso per
inadempimento, provare l’asserita inadempienza fornendo alla Corte gli
elementi necessari perché questa verifichi l’esistenza di tale
trasgressione, senza potersi fondare su alcuna presunzione (v., in
particolare, sentenze 25 maggio 1982, causa 96/81, Commissione/Paesi
Bassi, Racc. pag. 1791, punto 6; 26 giugno 2003, causa C‑404/00,
Commissione/Spagna, Racc. pag. I-6695, punto 26; 6 novembre 2003, causa
C-434/01, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑13239, punto 21, e 29
aprile 2004, causa C‑194/01, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑4579,
punto 34), e la Commissione non ha giustificato nella fattispecie né le
disposizioni della direttiva che obbligherebbero gli Stati membri ad
adottare una normativa-quadro, né la necessità di una tale misura per
garantire il risultato al quale quella tende, si deve constatare che la
prima parte della seconda censura è infondata.
- Sulla trasposizione della direttiva tramite la legge 1993
52 Agli argomenti presentati dal governo lussemburghese per la prima
volta nel controricorso la Commissione ha replicato, in via subordinata,
che la legge 1993 non traspone adeguatamente le disposizioni della
direttiva.
53 Si deve osservare, a tale riguardo, che, nel parere motivato, come
anche nel ricorso depositato dinanzi alla Corte, in cui addebita al
Granducato di Lussemburgo di non aver adottato le misure necessarie alla
trasposizione, la Commissione non ha cercato di dimostrare in cosa il
diritto lussemburghese in vigore non fosse conforme alle disposizioni
della direttiva. Soltanto nella replica essa ha fatto valere che la
legge 1993 non operava una trasposizione adeguata.
54 Questa mancanza di precisione del ricorso deriva, tuttavia, proprio
dal comportamento delle autorità lussemburghesi che, durante il
procedimento precontenzioso, non hanno fatto parola della legge 1993
come misura sufficiente di trasposizione della direttiva, ma hanno anzi
lasciato intendere che le disposizioni necessarie a tale trasposizione
fossero di prossima adozione.
55 Poiché il governo lussemburghese ha allegato la conformità della
legge 1993 con la direttiva per la prima volta nel controricorso, la
Commissione ha tenuto conto delle informazioni tardivamente comunicate
dal governo lussemburghese [solo] nella replica, argomentando che la
trasposizione allegata dal Granducato di Lussemburgo è, in ogni caso,
inesatta ovvero incompleta relativamente a determinate disposizioni
della direttiva.
56 Come la Corte ha già affermato in circostanze simili, se il
procedimento precontenzioso ha raggiunto l’obiettivo di proteggere i
diritti dello Stato membro di cui trattasi, tale Stato non può
contestare alla Commissione di aver esteso o modificato l’oggetto del
ricorso come delimitato da tale procedimento se nel corso dello stesso
non le ha indicato che la direttiva doveva essere considerata già
trasposta nel diritto interno in vigore. Secondo la Corte, la
Commissione può, dopo aver contestato ad uno Stato membro l’assenza di
qualsiasi trasposizione di una direttiva, precisare, nella replica, che
la trasposizione fatta valere dallo Stato membro interessato per la
prima volta nel suo controricorso è comunque inesatta o incompleta
relativamente a determinate disposizioni della stessa direttiva. Un tale
addebito è, infatti, necessariamente compreso in quello attinente
all’assenza di qualsiasi trasposizione e riveste un carattere
sussidiario rispetto a quest’ultimo (sentenza 16 giugno 2005, causa
C-456/03, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑5335, punti 23-42, in
particolare punto 40).
57 Nella replica la Commissione ha fatto valere che il Granducato di
Lussemburgo non ha proceduto alla trasposizione degli artt. 1, 2, 3, n.
4, 7, nn. 1 e 2, e 14 della direttiva.
58 All’udienza ha ritirato la censura relativa all’art. 7, n. 1.
Inoltre, come esposto al punto 44 della presente sentenza, ha
riconosciuto non necessario trasporre l’art. 1 della direttiva, di modo
che si deve ritenere questa censura abbandonata.
59 All’udienza la Commissione ha fatto altresì valere che il Granducato
di Lussemburgo non ha proceduto alla trasposizione degli artt. 4, 8-11,
13, in combinato disposto con l’allegato VI, e 24 della direttiva.
60 Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza della Corte secondo cui
lo Stato interessato deve avere l’opportunità di sviluppare un’efficace
difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione (v., in
particolare, sentenze 29 aprile 2004, causa C‑117/02,
Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑5517, punto 53, e 16 giugno 2005,
Commissione/Italia, cit., punto 36), occorre limitare la seconda parte
della seconda censura della Commissione alle disposizioni della
direttiva che quest’ultima ha presentato nella replica e alle quali non
ha intanto rinunciato (vale a dire, gli artt. 2, 3, n. 4, 7, n. 2, e
14). Il Granducato di Lussemburgo non ha avuto, infatti, l’opportunità,
rispetto alle altre disposizioni della direttiva menzionate dalla
Commissione per la prima volta all’udienza, di sviluppare un’efficace
difesa.
61 Per quanto riguarda, in primo luogo, l’art. 2 della direttiva, la
Commissione ritiene che le definizioni ivi contenute non siano trasposte
nel diritto nazionale. La legge 1993 definirebbe unicamente le nozioni
di «déversements» [immissioni], «pollution» [inquinamento] e di «eaux
souterraines» [acque sotterranee]. La Commissione fa riferimento
segnatamente alle nozioni di «bacino idrografico», «buon potenziale
ecologico» e «buono stato chimico», che, pur figurando all’art. 2 della
direttiva, mancano completamente nella legge 1993.
62 Il governo lussemburghese non pretende che quest’ultima legge
comprenda tutte le definizioni enumerate al detto art. 2, ma ribadisce
che tali disposizioni servono solo a definire il tenore degli obblighi
operativi che la direttiva impone agli Stati membri. Esse non
richiederebbero, in sé, trasposizione.
63 L’art. 2 della direttiva, letto in combinazione per esempio con
l’art. 4, pone agli Stati membri obblighi precisi da eseguire entro
certi termini per impedire il deterioramento dello stato di tutti i
corpi idrici superficiali e sotterranei. Altrettanto dicasi per
parecchie altre nozioni definite allo stesso art. 2, letto in combinato
disposto, i.a., con gli artt. 5, 6 e 8 della direttiva.
64 L’incompatibilità di una normativa nazionale con le disposizioni
comunitarie, persino direttamente applicabili, può essere
definitivamente soppressa solo tramite disposizioni interne vincolanti
(v., in tal senso, sentenze 7 marzo 1996, causa C-334/94,
Commissione/Francia, Racc. pag. I-1307, punto 30; e 13 marzo 1997, causa
C-197/96, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑1489, punto 14).
65 Ora, è giocoforza constatare che, non comprendendo nella legge 1993
le definizioni delle nozioni elencate all’art. 2 della direttiva e i
termini entro i quali gli standard di qualità dell’acqua devono essere
realizzati, termini fissati dagli artt. 4, 5, 6 e 8 della stessa
direttiva, gli obblighi derivanti dal detto art. 2, combinato con queste
ultime disposizioni, non sono stati resi sufficientemente vincolanti. Si
deve perciò ritenere fondato l’argomento della Commissione vertente
sulla violazione dell’art. 2 della direttiva.
66 Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’art. 3, n. 4, della
direttiva, la Commissione ritiene che nessuna disposizione della legge
1993 lo abbia trasposto adeguatamente.
67 Ai suoi sensi, gli Stati membri provvedono affinché i requisiti
stabiliti dalla direttiva per conseguire gli obiettivi ambientali di cui
all’art. 4, in particolare tutti i programmi di misure, siano coordinati
in tutto il distretto idrografico. Risulta, tuttavia, dai termini
adoperati dall’art. 3, n. 4, della direttiva che gli obblighi che ne
discendono variano secondo che il distretto idrografico in questione sia
nazionale o internazionale nel senso della direttiva. Per i distretti
idrografici internazionali gli Stati membri interessati provvedono
congiuntamente al coordinamento e possono avvalersi a tal fine di
strutture esistenti risultanti da accordi internazionali.
68 Il governo lussemburghese ammette che sussiste un obbligo di
coordinamento ai sensi dell’art. 3, n. 4. Sostiene, tuttavia, che non vi
sono bacini idrografici nazionali nel suo territorio. Come risulta dalla
lettera 24 agosto 2004, gli unici due distretti idrografici nel
territorio del Lussemburgo ai fini della direttiva sono bacini
idrografici internazionali, cioè il bacino idrografico del Reno per via
della Mosella e della Mosa per via della Chiers (Kara).
69 In relazione al distretto idrografico del Reno, il detto governo ha
allegato alla controreplica il testo del comunicato della Commissione
internazionale per la protezione del Reno (in prosieguo: la «CIPR») 29
gennaio 2001. Da esso risulta che è stato istituito un comitato di
coordinamento ad hoc, in cui sono rappresentati tutti gli Stati membri
della CIPR, con il compito specifico di dare effetto all’obbligo di
coordinamento di cui alla direttiva.
70 In relazione al distretto idrografico della Mosa, risulta dal quarto
e dal quinto ‘considerando’ nonché dagli artt. 1, 2, 4 e 5 dell’accordo
internazionale sulla Mosa 3 dicembre 2003, a sua volta allegato alla
controreplica, che è stata specificamente creata una Commissione
internazionale per la protezione della Mosa al fine, in particolare, di
assicurare il coordinamento richiesto dalla direttiva. Il Granducato di
Lussemburgo è tra i sottoscrittori del detto accordo, che prevede che le
misure di coordinamento richieste dalla direttiva per il distretto
idrografico della Mosa saranno adottate nell’ambito di tale organismo
internazionale.
71 La Commissione non ha contestato l’affermazione del Lussemburgo che i
due soli distretti idrografici ai fini della direttiva presenti sul suo
territorio sono distretti idrografici internazionali e non nazionali.
Non ha neppure messo in discussione l’informazione fornita da tale Stato
membro secondo cui due organismi internazionali sono stati
effettivamente incaricati da tutti gli Stati membri interessati di
assicurare il coordinamento delle misure di attuazione della direttiva
per quanto riguarda tali distretti idrografici internazionali.
72 Siccome la Commissione non ha, dunque, dimostrato che il Granducato
di Lussemburgo, membro di tali organismi internazionali, non ha
adempiuto gli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 3, n. 4,
della direttiva per quanto concerne i distretti idrografici
internazionali situati sul suo territorio, il presente argomento della
seconda parte della seconda censura dev’essere dichiarato infondato.
73 Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’art. 7, n. 2, della direttiva,
la Commissione fa valere che nessuna disposizione della legge 1993
traspone, sia pure parzialmente, gli obblighi risultanti da tale
disposizione, che impone agli Stati membri di rispettare gli specifici
standard di qualità previsti per i corpi idrici destinati al consumo
umano.
74 Ai termini dell’art. 7, n. 2, della direttiva, per ciascuno dei corpi
idrici individuati a norma del n. 1 gli Stati membri, oltre a conseguire
gli obiettivi di cui all’art. 4 attenendosi ai requisiti prescritti
dalla direttiva per i corpi idrici superficiali, compresi gli standard
di qualità fissati a livello comunitario a norma dell’art. 16,
provvedono a che, secondo il regime di trattamento delle acque applicato
e conformemente alla normativa comunitaria, l’acqua risultante soddisfi
i requisiti di cui alla direttiva 80/778/CEE, come modificata dalla
direttiva 98/83/CE.
75 Tale disposizione impone agli Stati membri obblighi di risultato,
formulati in maniera chiara e non ambigua, al fine specifico che i loro
corpi idrici soddisfino gli obiettivi specifici posti dall’art. 4 della
direttiva.
76 Ne consegue che il Granducato di Lussemburgo avrebbe dovuto, come
risulta dalla giurisprudenza citata al punto 64 della presente sentenza,
trasporre questa disposizione nel proprio ordinamento con misure dotate
di forza vincolante entro e non oltre la data fissata all’art. 24 della
direttiva.
77 Poiché il governo lussemburghese non ha addotto nessun argomento per
giustificare l’assenza, nella legge 1993 o nell’ordinamento giuridico
lussemburghese, di una disposizione corrispondente all’art. 7, n. 2,
della direttiva, si deve concludere che il presente argomento della
seconda parte della seconda censura della Commissione è fondato.
78 Per quanto riguarda, infine, l’art. 14 della direttiva, la
Commissione sostiene che la legge 1993 non prevede né la consultazione e
l’informazione del pubblico sull’elaborazione dei progetti per un piano
di gestione del bacino idrografico, né la partecipazione del pubblico
all’attuazione della direttiva prescritte, invece, da tale disposizione.
79 Il governo lussemburghese contesta che dall’art. 14 della direttiva,
letto in combinato disposto con l’art. 13 della stessa, risulti che il
termine impartito per conformarsi agli obblighi d’informazione del
pubblico sia già scaduto. Sostiene che il Granducato di Lussemburgo
veglierà a che le disposizioni del detto art. 14 siano rispettate entro
i termini indicati dalla direttiva.
80 Ebbene, l’art. 14 della direttiva mira a conferire ai privati e alle
parti interessate il diritto di partecipare attivamente all’attuazione
della direttiva, in particolare all’elaborazione, al riesame e
all’aggiornamento dei piani di gestione dei bacini idrografici.
81 L’assenza nel diritto lussemburghese di qualunque misura di
trasposizione non assicura punto l’obbligo che le misure nazionali di
trasposizione rendano il termine previsto all’art. 13, n. 6, della
direttiva giuridicamente vincolante per le autorità nazionali competenti
e permettano ai privati di conoscere con largo anticipo la pienezza dei
loro diritti nell’ambito delle procedure previste all’art. 14, nn. 1 e
2, della direttiva.
82 Conseguentemente, si deve concludere che questo argomento della
seconda parte della seconda censura della Commissione, vertente sulla
mancata trasposizione dell’art. 14 della direttiva, è fondato.
83 Alla luce di quanto sopra si deve concludere che, avendo omesso di
adottare entro il termine impartito le disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli artt. 2,
7, n. 2, e 14 della direttiva, il Granducato di Lussemburgo è venuto
meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dell’art. 24 di tale
direttiva. Il ricorso è respinto quanto al resto.
Sulle spese
84 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.
85 Secondo l’art. 69, n. 3, primo comma, dello stesso regolamento, la
Corte può decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese se
le parti soccombono rispettivamente su uno o più punti.
86 Nel caso di specie la Commissione è risultata parzialmente
soccombente, per la parte in cui il suo ricorso era diretto a far
constatare la mancata adozione di una normativa-quadro da parte del
Granducato di Lussemburgo per trasporre la direttiva.
87 Da parte sua, il Granducato di Lussemburgo non ha fornito tutte le
informazioni utili sulle disposizioni di diritto interno con cui
riteneva di aver adempiuto ai diversi obblighi impostigli dalla
direttiva.
88 Ciò considerato, si deve condannare la Commissione e il Granducato di
Lussemburgo a sopportare ciascuno le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1) Non avendo comunicato alla Commissione delle Comunità europee le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di attuazione
della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2000,
2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia
di acque, eccezion fatta per quelle concernenti l’art. 3 della stessa,
il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi ad esso
incombenti ai sensi dell’art. 24 di tale direttiva.
2) Avendo omesso di adottare entro il termine impartito le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi
agli artt. 2, 7, n. 2, e 14 della direttiva 2000/60, il Granducato di
Lussemburgo è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi
dell’art. 24 di tale direttiva.
3) Il ricorso è respinto quanto al resto.
4) La Commissione delle Comunità europee e il Granducato di Lussemburgo
sopporteranno ciascuno le proprie spese.
Firme
Tutti i diritti
sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it