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CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 09/03/2006 (Ud. 01/02/2006), Sentenza n. 8299
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI CASSAZIONE Penale, Sez. III, 09/03/2006 (Ud. 01/02/2006), Sentenza n. 8299
(Pres. U. Papadia; Rel. A. Franco; Imp. Tortora ed altri)
UDIENZA PUBBLICA
DEL 01/02/2006
SENTENZA
N. 194
REGISTRO GENERALE
N. 26408/2005
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
1. Dott. Umberto Papadia Presidente
2. Dott. Franco Mancini Consigliere
3. Dott. Alfredo Teresi Consigliere
4. Dott. Alfredo Maria Lombardi Consigliere
5. Dott. Amedeo Franco (est.) Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di La Spezia;
avverso la sentenza emessa il 24 gennaio 2005 dal giudice del tribunale di La Spezia nei confronti di Tortora Pierluigi, Maggi Giulio, Forte Alessandro;
udita nella pubblica udienza del 1° febbraio 2006 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Mario Fraticelli, che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito il difensore avv. Luciano Butti;
Svolgimento del processo
Tortora Pierluigi, Maggi Giulio e Forte Alessandro, nelle rispettive qualità di amministratore delegato e di dirigenti della Divisione Igiene Ambientale della spa ACAM, autorizzata all'esercizio di operazioni di smaltimento di rifiuti solidi urbani ed assimilabili presso una discarica controllata in La Spezia, vennero rinviati a giudizio per rispondere dei reati di cui agli artt. 674 cod. pen. e 51, quarto comma, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.
Entrambe le contestazioni partivano dal presupposto che l'autorizzazione provinciale ad esercitare l'impianto di smaltimento avrebbe contenuto, attraverso il richiamo ad una delibera della regione Lombardia del 28.3.95, la prescrizione di completare la rete di captazione ed il collegamento alla torcia entro il termine di 24 mesi dal conferimento dei rifiuti, mentre nel caso di specie il conferimento dei rifiuti aveva avuto inizio il 26.8.1998 e la piena operatività della rete di captazione e della torcia di combustione del biogas si era avuta solo alla fine del 2001, e quindi oltre il detto termine di 24 mesi. Da qui la contestata violazione dell'art. 51, quarto comma, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, per non avere osservato le prescrizioni contenute nella autorizzazione provinciale nonché dell'art. 674 cod. pen. per avere, in un caso non consentito dalla legge - perché in inosservanza delle suddette specifiche prescrizioni dell'autorizzazione provinciale relative alla piena operatività della rete di captazione e della torcia di combustione del biogas entro l'agosto 2000 - provocato, dal maggio al novembre 2001, emissioni estese ed intense di biogas in atmosfere, atte ad offendere o molestare le persone.
Il giudice del tribunale di La Spezia, con sentenza del 24 gennaio 2005, assolse gli imputati da entrambi i reati loro ascritti per insussistenza del fatto e dispose la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica per valutare l'eventuale commissione di reati da parte del consulente tecnico del pubblico ministero nonché se procedere al recupero delle spese allo stesso liquidate in complessivi € 75.180,21.
Rilevò infatti il giudice a quo che l'autorizzazione provinciale ad effettuare operazioni di smaltimento non conteneva, né direttamente né indirettamente, alcuna prescrizione in base alla quale la rete di captazione ed il collegamento alla torcia di combustione del biogas avrebbero dovuto essere completati entro il termine massimo di 24 mesi dall'inizio del conferimento dei rifiuti, di modo che il loro completamento entro la fine del 2001 era stato regolare e non aveva violato nessuna prescrizione del provvedimento autorizzativo. Da qui l'insussistenza del fatto contestato al capo B) e relativo alla presunta violazione dell'art. 51, quarto comma, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.
Per quanto riguardava poi il reato di cui all'art. 674 cod. pen., di cui al capo A), poiché era stato specificamente contestato che le esalazioni maleodoranti sarebbero state illegittime perché emesse «in caso non consentito dalla legge», ossia perché emesse in violazione del suddetto termine di 24 mesi, l'accertata inesistenza di tale termine faceva venir meno la configurabilità anche di questo reato.
Osservò poi il giudice che in ogni caso, anche a prescindere dalla concreta contestazione, non sussisteva il reato di cui all'art. 674 cod. pen. perché - stante l'equivocità e la contraddittorietà delle risultanze probatorie costituite dalle deposizioni testimoniali e le conclusioni dello stesso consulente tecnico del p.m. - non poteva ritenersi raggiunta la prova che le esalazioni maleodoranti avessero superato il limite della normale tollerabilità.
Rilevò infine il giudice che il prolungamento dei tempi per il completamento della rete di captazione del biogas era stato provocato da eccezionali situazioni climatiche avverse, sicché in ogni caso le emissioni in questione sarebbero state riconducibili al caso fortuito e che comunque non era stata nemmeno fornita la prova che le stesse provenissero dall'impianto gestito dagli imputati e non invece da altre discariche poste nelle immediate vicinanze.
Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di La Spezia propone ricorso per cassazione avverso il solo capo della sentenza relativo al reato di cui all'art. 674 cod. pen. deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 674 cod. pen. e mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
In particolare osserva che il giudice ha errato nel ritenere necessaria, per la sussistenza del reato, la violazione di una qualche prescrizione contenuta nel provvedimento di autorizzazione, dal momento che la locuzione «nei casi non consentiti dalla legge» contenuta nella seconda parte dell'art. 674 cod. pen., va riferita al parametro della normale tollerabilità di cui all'art. 844 cod. civ., sicché il reato è configurabile quando le emissioni eccedano il limite della normale tollerabilità anche quando siano rispettati i limiti e le prescrizioni previsti dall'autorizzazione amministrativa.
Rileva poi che è manifestamente illogica la motivazione nella parte in cui ha ritenuto che non vi fosse la prova certa del superamento nella specie del limite della normale tollerabilità. Infatti, le affermazioni contenute nella relazione del consulente tecnico del p.m., secondo le quali non era stata accertata la presenza di tracce significative di sostanze maleodoranti nell'atmosfera, si riferivano agli accertamenti eseguiti nel 2002 e quindi non si ponevano in contrasto con le deposizioni testimoniali che riguardavano le esalazioni avvenute nel 2001 ed erano irrilevanti ai fini della contestazione, che concerneva il periodo dal maggio al novembre 2001. D'altra parte, anche il consulente tecnico della difesa, in ordine a quest'ultimo periodo di tempo, aveva potuto fare riferimento solo a «calcoli di simulazione» e non a misurazioni reali, sicché le sue conclusioni non erano idonee a contrastare quanto emergeva dalle deposizioni testimoniali. Lamenta, quindi, che vi è stata da parte del giudice a quo una erronea interpretazione e valutazione delle risultanze processuali.
Infine osserva che non poteva ritenersi esistente un caso di forza maggiore - dal momento che le prescrizioni della delibera della giunta regionale lombarda del 28.3.1995, anche se non richiamate dal provvedimento di autorizzazione, dovevano comunque essere seguite come indicazioni dello «stato dell'arte» in materia di discariche, sicché il ritardo non poteva trovare giustificazione - e che dalle risultanze processuali emergeva la prova che le esalazioni provenivano proprio dall'impianto degli imputati.
Motivi della decisione
L'impugnazione del pubblico ministero investe esclusivamente la pronuncia di assoluzione dal reato di cui all'art. 674 cod. pen.
In via preliminare può osservarsi come i motivi di ricorso siano in realtà irrilevanti.
La sentenza impugnata ha infatti esattamente messo in evidenza che agli imputati era stato espressamente contestato lo specifico fatto di avere provocato le emissioni maleodoranti atte ad offendere o molestare le persone «in caso non consentito dalla legge» e precisamente per «inosservanza di specifiche prescrizioni contenute o richiamate nella detta autorizzazione, in particolare quella della messa in esercizio a completa operatività della rete di captazione e della torcia di combustione del biogas entro 24 mesi all'inizio del conferimento dei rifiuti, e così entro l'agosto 2000 (il che, invece, non avveniva che circa 14 mesi più tardi e cioè solo nella seconda metà dell'ottobre 2001, e inoltre, ancora a tal momento, non essendo stata la rete di captazione completata e collegata interamente alla torcia di combustione)».
Del tutto correttamente, quindi, il giudice ha ritenuto che il pubblico ministero aveva contestato agli imputati non una generica emissione di sostanze maleodoranti in violazione del principio del neminem laedere, bensì un'emissione da ritenersi illegittima unicamente perché effettuata in violazione delle prescrizioni che sarebbero state contenute nella autorizzazione provinciale, ossia dopo l'inutile decorso del termine fissato per la messa in funzione della rete di captazione e della torcia di combustione. Se così non fosse, d'altra parte, non avrebbe avuto alcun senso lo specifico e dettagliato richiamo nel capo di imputazione alle prescrizioni dell'autorizzazione asseritamente violate ed anzi la contestazione risulterebbe intrinsecamente contraddittoria.
In modo ineccepibile, pertanto, il giudice a quo, una volta accertato che l'autorizzazione provinciale non conteneva affatto queste prescrizioni e che quindi non vi era stata alcuna violazione delle stesse, ha ritenuto che veniva automaticamente meno anche il presupposto - appunto l'inosservanza delle presunte prescrizioni - per la configurabilità del reato così come concretamente contestato dal pubblico ministero.
In ogni modo, anche a voler prescindere da questa considerazione preliminare ed in sé assorbente, va rilevato che i motivi di ricorso sono infondati perché si basano su un'interpretazione dell'art. 674 cod. pen. che, pur se seguita in passato, è stata ormai da tempo superata dalla più recente giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide e ritiene quindi di dover confermare.
Secondo questo più recente orientamento, invero, ai fini della configurabilità del reato previsto dalla seconda parte dell'art. 674 cod. pen. (emissione di gas, vapori o fumi atti a molestare le persone), l'espressione «nei casi non consentiti dalla legge» costituisce una precisa indicazione circa la necessità che tale emissione avvenga in violazione delle norme che regolano l'inquinamento atmosferico. Ne consegue che, poiché la legge contiene una sorta di presunzione di legittimità delle emissioni di fumi, vapori o gas che non superino la soglia fissata dalle leggi speciali in materia, ai fini dell'affermazione di responsabilità per il reato indicato non basta l'affermazione che le emissioni stesse siano astrattamente idonee ad arrecare fastidio, ma è indispensabile la puntuale e specifica dimostrazione che esse superino i parametri fissati dalla legge, mentre quando, pur essendo le emissioni contenute nei limiti di legge, abbiano arrecato e arrechino concretamente fastidio alle persone, superando la normale tollerabilità, si applicheranno le norme di carattere civilistico contenute nell'art. 844 cod. civ. (cfr. Sez. I, 16 giugno 2000, Meo, m. 216.621; Sez. I, 24 ottobre 2001, Tulipano, m. 220.678; Sez. III, 23 gennaio 2004, Pannone, m. 228.010; Sez. III, 19 marzo 2004, n. 16728, Parodi; Sez. I, 20 maggio 2004, Invernizzi, m. 229.170; nonché Sez. I, 12 marzo 2002, Pagano, m. 221.362; Sez. I, 14 marzo 2002, Rinaldi, m. 221.653, in tema di emissione di onde elettromagnetiche).
Non è, pertanto, configurabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen. nel caso in cui le emissioni provengano da un'attività regolarmente autorizzata e siano inferiori ai limiti previsti dalle leggi speciali in materia di inquinamento atmosferico.
In altri termini, secondo l'ormai costante orientamento giurisprudenziale, all'inciso «nei casi non consentiti dalla legge» deve riconoscersi, contrariamente a quanto ritenuto dal precedente orientamento, una valenza rigida, tale da costituire una sorta di spartiacque tra il versante dell'illecito penale da un lato e quello dell'illecito civile dall'altro.
Nel caso di specie l'attività di smaltimento dei rifiuti posta in essere dagli imputati e contestata con il capo di imputazione era stata regolarmente autorizzata dalla competente autorità amministrativa, il concreto esercizio di tale attività non aveva dato luogo ad alcuna violazione delle prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzativo, ed infine non è stato nemmeno allegato il superamento dei limiti previsti dalla autorizzazione o dalla normativa in materia di inquinamento atmosferico.
Non è quindi configurabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen.
Per questi motivila Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella sede della CorteSuprema di Cassazione, il 1° febbraio 2006.
1) Inquinamento atmosferico - Aria - Ambito applicazione articolo 674 cod. pen. Non è configurabile il reato di cui all’articolo 674 c.p. nel caso in cui le emissioni in atmosfera provengano da un’attività regolarmente autorizzata e siano inferiori ai limiti previsti dalle leggi speciali in materia di inquinamento atmosferico. Pres. Papadia; Est. Franco; Ric. Tortora. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, sez. III, 9 marzo 2006 (ud. 1 febbraio 2006), sentenza n. 8299
2) Inquinamento atmosferico - Art. 674 c. p. - Presupposti per la configurabilità - Art. 844 cod. civ.. Ai fini della configurabilità del reato previsto dalla seconda parte dell'art. 674 cod. pen. (emissione di gas, vapori o fumi atti a molestare le persone), l'espressione «nei casi non consentiti dalla legge» costituisce una precisa indicazione circa la necessità che tale emissione avvenga in violazione delle norme che regolano l'inquinamento atmosferico. Ne consegue che, poiché la legge contiene una sorta di presunzione di legittimità delle emissioni di fumi, vapori o gas che non superino la soglia fissata dalle leggi speciali in materia, ai fini dell'affermazione di responsabilità per il reato indicato non basta l'affermazione che le emissioni stesse siano astrattamente idonee ad arrecare fastidio, ma è indispensabile la puntuale e specifica dimostrazione che esse superino i parametri fissati dalla legge, mentre quando, pur essendo le emissioni contenute nei limiti di legge, abbiano arrecato e arrechino concretamente fastidio alle persone, superando la normale tollerabilità, si applicheranno le norme di carattere civilistico contenute nell'art. 844 cod. civ. (cfr. Sez. I, 16 giugno 2000, Meo, m. 216.621; Sez. I, 24 ottobre 2001, Tulipano, m. 220.678; Sez. III, 23 gennaio 2004, Pannone, m. 228.010; Sez. III, 19 marzo 2004, n. 16728, Parodi; Sez. I, 20 maggio 2004, Invernizzi, m. 229.170; nonché Sez. I, 12 marzo 2002, Pagano, m. 221.362; Sez. I, 14 marzo 2002, Rinaldi, m. 221.653, in tema di emissione di onde elettromagnetiche). Pres. Papadia; Est. Franco; Ric. Tortora. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, sez. III, 9 marzo 2006 (ud. 1 febbraio 2006), sentenza n. 8299
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