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INQUINAMENTO ATMOSFERICO - Getto pericoloso di cose (canna fumaria - pizzeria) -
Emissione di gas, vapori e fumi - Art. 674 cod. pen. - Idoneità ad arrecare
molestia alle persone - Pericolo per la salute pubblica. E' configurabile,
il reato di cui all'art. 674 cod. pen. (emissione di gas, vapori e fumi atti a
molestare le persone) quando le emissioni provengano dall'esercizio di
un'attività (pizzeria) non conforme alla normativa sull'abbattimento dei fiumi
(emessi dalla canna fumaria) ed arrecano concretamente disturbo alle persone
superando la normale tollerabilità con conseguente pericolo per la salute
pubblica, la cui tutela costituisce la "ratio" della norma incriminatrice. Pres.
De Maio, Est. Teresi, Imp. Parziale e altro. (Dichiara inammissibile, Trib.
Velletri Sez. dist. Anzio, 23/06/2005). CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III,
del 22/12/2006 (ud. 6/12/2006) Sentenza n. 42213
Udienza pubblica del 06/12/2006
SENTENZA N. 1992
REG. GENERALE N. 04247/2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MAIO Guido Presidente
Dott. ONORATO Pierluigi Consigliere
Dott. TERESI Alfredo rel. Consigliere
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria Consigliere
Dott. FRANCO Amedeo Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PARZIALE Ernesto, nato in Anzio il 02.05.1975;
avverso la sentenza del Tribunale di Velletri in Anzio in data 23.06.2005 con
cui è stato condannato alla pena di Euro 206,00 d'ammenda per il reato di cui
all'art. 674 cod. pen., con la conferma delle statuizioni civili in favore delle
costituite parti civili;
Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
Sentita in Pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Teresi;
Sentito il P.M. nella persona del P.G., Dott. IZZO Gioacchino, il quale ha
chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
OSSERVA
Con sentenza in data 23.06.2005 il Tribunale di Velletri in Anzio condannava
Parziale Ernesto alla pena dell'ammenda per avere, quale titolare di una
pizzeria, provocato emissioni di fumo maleodoranti offendendo e molestando
alcuni occupanti il condominio sito in Anzio Via Aldobrandini n. 23, i quali si
erano costituiti parte civile.
Proponeva appello l'imputato
chiedendo di essere assolto perché:
- egli gestiva la pizzeria previo conseguimento delle necessarie autorizzazioni
amministrative;
- "all'evento accidentale occorso" egli aveva rimediato tempestivamente;
- a seguito d'ulteriori reclami egli si era sempre adeguato alle prescrizioni
dell'ASL;
- dalla data indicata in contestazione non si erano verificati altri
inconvenienti, sicché erroneamente la sentenza aveva ritenuto la permanenza;
- le sole deposizioni dei testi, basate su soggettive percezioni, non provavano
che i fumi che fuoriuscivano dalla cucina superassero la normale tollerabilità.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Trattandosi di sentenza inappellabile, gli atti venivano trasmessi a questa
Corte ex art. 568 c.p.p., n. 5.
Il ricorso non è puntuale perché censura con erronee argomentazioni giuridiche e
in punto di fatto la decisione che è esente da vizi logico-giuridici, essendo
stati indicati gli elementi probatori emersi a carico dell'imputato e confutata
ogni obiezione difensiva. La sentenza, infatti, ha correttamente ritenuto che
l'imputato, nell'esercizio di una pizzeria, abbia provocato emissione di fumo e
cattivi odori idonei a molestare molti degli occupanti di un edificio
condominiale stante che il teste Monti, ispettore dell'ASL, ha constatato la
presenza di sostanze fuligginose provenienti dalla canna fumaria della cucina
del locale non soltanto sul lastrico solare degli appartamenti sovrastanti la
pizzeria, ma anche all'interno dell'appartamento Palustri, nonché all'interno
dell'appartamento Farinelli-Pollastrini nel quale la fuliggine era sparsa sulla
pavimentazione e sulle suppellettili. Il getto molesto, protrattosi nel tempo ed
oggetto di continue proteste degli abitanti del condominio, che avevano pure
segnalato insopportabili odori di fritto e dispersione di grasso, ma sicuramente
ricollegabile alla mancata dotazione del forno a legna di un regolare sistema
d'abbattimento dei fiumi che l'imputato aveva vanamente tentato di regolarizzare
dopo le contestazioni degli organi comunali.
Infatti, altro sopralluogo del 31/05/2004 aveva accertato la persistenza di
odori tipici della frittura provenienti dell'attività del sottostante ristorante
e costituitosi fonti di disturbo e disagio per i condomini.
E' configurabile, quindi, il reato di cui all'art. 674 cod. pen. (emissione di
gas, vapori e fumi atti a molestare le persone) perché le emissioni provenivano
dall'esercizio di una pizzeria non conforme alla normativa sull'abbattimento dei
fiumi emessi dalla canna fumaria ed arrecavano concretamente disturbo alle
persone superando la normale tollerabilità con conseguente pericolo per la
salute pubblica, la cui tutela costituisce la "ratio" della norma incriminatrice.
Il quadro probatorio non è per nulla intaccato dalle flebili dei ricorrente, il
quale ha sostanzialmente dedotto di non essere stato in grado, nonostante vari
tentativi di regolarizzazione l'impianto, d'impedire che il funzionamento della
canna fumaria arrecasse intollerabili ai vicini.
La vagliata attendibilità dell'accusa e la logica spiegazione delle incongruità
segnalatale dalla difesa hanno correttamente indotto il Giudice di merito
all'affermazione di responsabilità alla stregua del solido tessuto probatorio
ricostruito.
In conclusione, non hanno rilevanza in questa sede valutazioni sulla rilevanza
della prova diverse da quell'adottata dai Giudici d'appello, non potendo il
controllo di legittimità investire l'intrinseca adeguatezza della valutazione
dei risultati probatori, riservata al giudizio di merito, ne' la loro
rispondenza alle effettive acquisizioni processuali.
La manifesta infondatezza del ricorso, che prelude l'applicazione di
sopravvenute cause di estinzione del reato (Cass. S.U. n. 32/2000, De Luca),
comporta l'onere delle spese del procedimento e del versamento alla Cassa delle
Ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000,00.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 6 dicembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2006
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