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registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
(Ud. 21/06/2006), Sentenza n. 33971
Inquinamento atmosferico - Aria - Emissione di fumi, gas, vapori e odori atti
a molestare le persone - Configurabilità del reato di cui all'art. 674 cod. pen..
Non è configurabile il reato di cui all'art. 674 cod. pen. (emissione di gas,
vapori e fumi atti a molestare le persone), nel caso le emissioni provengano da
una attività regolarmente autorizzata e siano inferiori ai limiti previsti dalle
leggi in materia di inquinamento atmosferico, atteso che la espressione "nei
casi non consentiti dalla legge" costituisce una precisa indicazione della
necessità che l'emissione avvenga in violazione delle norme di settore, il cui
rispetto integra una presunzione di legittimità. Pres. Lupo - Est. De Maio -
Ric. Bortolato. CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 ottobre 2006 (Ud.
21/06/2006), Sentenza n. 33971
Inquinamento atmosferico - Nozione di molestie - Emissioni. In tema
d'inquinamento atmosferico, nella "nozione di molestie" si deve ricomprendere
tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di "turbamento
della tranquillità e della quiete delle persone", che producono "un impatto
negativo, anche psichico, sull'esercizio delle normali attività quotidiane di
lavoro e di relazione" (v., tra le molte, sez. I, 22.1.1996 n. 678, PM in c.
Viale; sez. III, 24.1. 1995 n. 771, Ranaldi; sez. I, 4.2.1994 n. 1293, Sperotto);
su tali basi è stato ritenuto che costituisce molestia anche il semplice
arrecare alle persone diffusa preoccupazione ed allarme circa eventuali danni
alla salute derivanti da esposizione a emissioni atmosferiche inquinanti (sez.
III, 7.4.1994 n. 6598, Gastaldi). Pres. Lupo - Est. De Maio - Ric. Bortolato.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 ottobre 2006 (Ud. 21/06/2006), Sentenza
n. 33971
Inquinamento atmosferico e inquinamento idrico - L. n. 615/1966 e DPR
203/1988 - Concorso tra norme speciali in materia ambientale e l'art. 674 c.p. -
Interpretazione dell'inciso "nei casi non consentiti dalla legge" - Cd. stretta
tollerabilità - Giurisprudenza - Superamento della normale tollerabilità - Art.
844 c.c.. All’interpretazione dell'inciso "nei casi non consentiti dalla
legge", è collegata l'esigenza di individuare il rapporto tra l'art. 674 c.p. e
la disciplina di settore, in particolare con la L. n. 615/1966 e il DPR
203/1988, tenuto presente che il concorso tra norme speciali in materia
ambientale e l'art. 674 c.p. è stato ritenuto possibile sia con riferimento
all'inquinamento atmosferico (tra le tante, Cass. sent. Gastaldi, sez. I,
31.8.1994 n. 9357, Turino; sez. III, 26.6.1985 n. 6249, Boni), sia con
riferimento all'inquinamento idrico (sez. I, 10.11.1998 n. 13278, Mangione).
Secondo una recente giurisprudenza, l'espressione "nei casi non consentiti dalla
legge" costituisce una precisa indicazione della necessità, ai fini della
configurazione del reato, che l'emissione (di gas, vapori o fumi) atta a
molestare persone avvenga in violazione delle norme che regolano l'inquinamento
atmosferico (Cass. sentenze sez. I, 7.7. 2000 n. 8094, Mao; sez. III, 23.1.2004
n. 81, PM in c. Pannone). E, poiché la normativa contiene una sorta di
presunzione di legittimità delle emissioni che non superino la soglia fissata
dalle leggi speciali in materia, ai fini dell'affermazione di responsabilità in
ordine al reato di cui all'art. 674 c.p., non è sufficiente il rilievo che le
emissioni siano astrattamente idonee ad arrecare fastidio, ma "è indispensabile
la puntuale e specifica dimostrazione che esse superino gli standards fissati
dalla legge"; quando, invece, le emissioni, pur essendo contenute nei limiti di
legge, abbiano arrecato e arrechino concretamente fastidio alle persone,
superando la normale tollerabilità, si applicheranno le norme di carattere
civilistico contenute nell'art. 844 c.c.. In altri termini, secondo tale
orientamento, all'inciso in esame deve riconoscersi, contrariamente a quanto
ritenuto dalla giurisprudenza precedente, un valore decisivo di limite tra
l'illecito penale e l'illecito civile, (lo stesso orientamento si è consolidato
anche in riferimento all'emissione di onde elettromagnetiche (sez. I 14.3.2002
n. 23066, Rinaldi e 12. 3.2002 n. 15717, Pagano). (Contra: cfr., Cass.
12497/1999, rv. 214571; 11295/1999 rv. 214633; sez. I, 21.1.1998 n. 739;
3919/1997, rv. 207383; sez. I. 27.1.1996 n. 863; 11984/1995, rv. 203130; sez.
III, 7.4.1994 n. 6598). Pres. Lupo - Est. De Maio - Ric. Bortolato. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE Sez. III, 10 ottobre 2006 (Ud. 21/06/2006), Sentenza n. 33971
Udienza pubblica del 21.6.2006
SENTENZA N. 01178/2006
REG. GENERALE n. 027707/2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli III.mi Signori
Dott. LUPO ERNESTO Presidente
1. Dott. DE MAIO GUIDO Consigliere
2. Dott. GENTILE MARIO Consigliere
3. Dott. LOMBARDI ALFREDO MARIA Consigliere
4. Dott. SARNO GIULIO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) BARTOLATO ALESSANDRO
N. IL 11/04/1950
avverso SENTENZA del 28/11/2003
TRIB. SEZ. DIST.
di CITTADELLA
Visti gli atti, Ia sentenza ed il procedimento
Udita in PUBBLICA UDIENZA Ia relazione fatta dal consigliere DE MAIO GUIDO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IZZO Gioacchino
che ha concluso per annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste.
Udito, per la parte civile, l'Avv.
Udito il difensore Avv. Lodovico FABRIS (TREVISO)
MOTIVAZIONE
Con sentenza in data 28.11.2003 del
Tribunale di Padova, sez. distacc. di Cittadella, Alessandro Bortolato fu
condannato alla pena di giustizia perché riconosciuto colpevole del reato di cui
agli artt. 81 capv-674 cp ("perché, quale responsabile per la sicurezza e
ambiente della S.P.A. Cartiera di Carbonera..., con più azioni esecutive
di un medesimo disegno criminoso, nell'esercizio dell'attività produttiva e
gestione degli impianti, provocava emissione di fumi, vapori e odori che
cagionavano molestie alle persone residenti nelle zone limitrofe, in
Camposampietro dal 27.5.2001 a fine febbraio '02").
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore, il quale deduce tre
motivi, tutti incentrati sul rilievo che l'impianto di depurazione era stato
regolarmente autorizzato fin dal 1998 e in seguito nuovamente approvato sia
dall'ARPAV che dalla Provincia. Con il primo motivo viene dedotto, sotto i
profili della violazione dell'art. 674 cp e della mancanza e manifesta
illogicità della motivazione, la non ravvisabilità dell'elemento oggettivo del
reato, perché la valutazione, operata una volta per tutte dall'amministrazione,
non potrebbe essere rimessa in discussione dal Giudice ordinario, cui sarebbe
demandato "di verificare, sulla base peraltro di una propria valutazione, la
tollerabilità delle immissioni che pure rispettano gli standards
normativi". Con il secondo motivo il ricorrente censura, sotto i profili del
travisamento del fatto e/o della manifesta illogicità della motivazione
sull'elemento soggettivo del reato, i passaggi della sentenza impugnata che
hanno ritenuto non decisiva, ai fini della non ravvisabilità del detto elemento,
l'esistenza dei citati provvedimenti autorizzativi. Con il terzo motivo viene
dedotto, sempre sotto il profilo del difetto dell'elemento soggettivo del reato,
con ampia citazione di giurisprudenza di questa Corte, che "la Cartiera non solo
aveva ottenuto l'autorizzazione amministrativa alto scarico, ma aveva altresì
osservato tutte le prescrizioni che la Provincia e l'ARPAV gli avevano impartito
al fine di risolvere il problema degli odori".
Il ricorso è nella sua sostanza fondato, in quanto il Tribunale, per un verso,
non ha ben valutato che l'art. 674 c.p. punisce le emissioni di gas, vapori e
fumo, atti a offendere, imbrattare o molestare persone, "nei casi non
consentiti dalla legge"; e, per l'altro, ha affermato, citando
giurisprudenza non recente, che "nessuna legge autorizza un soggetto ad
emettere nell'atmosfera esalazioni tali da offendere o molestare persone"
(sez. III, 25.6.1999 n. 11295) e che, anzi, "la legge tende a ridurre e
contrastare il fenomeno dell'inquinamento dell'aria" (sez. III, 7.7.2000 n.8094). La questione dell'interpretazione dell'inciso suddetto è stata a lungo
dibattuta: i relativi termini sono stati limpidamente delineati nella sent. di
questa Corte sez. III, 23.1.04, PM in c. Pannone, alla quale si rinvia e che qui
viene richiamata nei suoi passaggi essenziali. La giurisprudenza di legittimità
ha spesso ravvisato, in ipotesi di emissioni nell'atmosfera, l'elemento
oggettivo del reato in questione sulla base dei rilievi che le emissioni stesse:
a) sono riconducibili a una delle tre tipologie indicate dalla norma (gas,
vapori, fumo); b) hanno la potenzialità di arrecare molestie alle persone.
Sotto tale ultimo profilo, invero, la giurisprudenza ha sempre dato della
nozione di molestie una interpretazione ampia, ricomprendendovi tutte le
situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di "turbamento della
tranquillità e della quiete delle persone", che producono "un impatto
negativo, anche psichico, sull'esercizio delle normali attività quotidiane di
lavoro e di relazione" (v., tra le molte, sez. I, 22.1.1996 n. 678, PM in c.
Viale; sez. III, 24.1. 1995 n. 771, Ranaldi; sez. I, 4.2.1994 n. 1293, Sperotto);
su tali basi è stato ritenuto che costituisce molestia anche il semplice
arrecare alle persone diffusa preoccupazione ed allarme circa eventuali danni
alla salute derivanti da esposizione a emissioni atmosferiche inquinanti (sez.
III, 7.4.1994 n. 6598, Gastaldi).
Il problema posto dalla lettura della norma, già evidenziatosi dopo l'entrata in
vigore della legge contro l'inquinamento atmosferico 13.7.1966 n. 615, è proprio
quello dell'interpretazione dell'inciso "nei casi non consentiti dalla legge";
a tale proposizione, infatti, è collegata l'esigenza di individuare il rapporto
tra l'art. 674 c.p. e la disciplina di settore, in particolare la citata L. n.
615/1966 e il DPR 203/1988, tenuto presente che il concorso tra norme speciali
in materia ambientale e l'art. 674 cp è stato ritenuto possibile da questa Corte
sia con riferimento all'inquinamento atmosferico (tra le tante, oltre alla già
citata sent. Gastaldi, sez. I, 31.8.1994 n. 9357, Turino; sez. III, 26.6.1985 n.
6249, Boni), sia con riferimento all'inquinamento idrico (sez. I, 10.11.1998 n.
13278, Mangione).
Per il passato, l'orientamento giurisprudenziale quasi univoco (cfr., tra le
meno antiche, 12497/1999, rv. 214571; 11295/1999 rv. 214633; sez. I, 21.1.1998
n. 739; 3919/1997, rv. 207383; sez. I. 27.1.1996 n. 863; 11984/1995, rv. 203130;
sez. III, 7.4.1994 n. 6598) è stato nel senso che: I) rientra pacificamente nei "casi
non consentiti dalla legge" il superamento della soglia delle emissioni
fissata nella normativa di settore; II) il regolare rilascio dell'autorizzazione
amministrativa all'esercizio di una determinata attività e il rispetto dei
limiti tabellari non escludono di per sé la configurabilità della
contravvenzione codicistica, in quanto le discipline antinquinamento non hanno
legittimato qualsiasi emissione che pur sia rispettosa dei detti limiti. Ne
deriva -sempre secondo tale orientamento- che, ove l'attività, benché
autorizzata, produca emissioni eccedenti i limiti di tollerabilità alla luce dei
parametri indicati dall'art. 844 c.c. ed eliminabili mediante opportuni
accorgimenti tecnici, è configurabile il reato ex art. 674 cp, non essendo
possibile ritenere lecito l'esercizio di un'attività produttiva che, anche se
rispettosa degli standards, implichi la sopportazione di inconvenienti
che eccedono i limiti della normale tollerabilità; si sosteneva che la legalità
formale dell'attività e il rispetto dei limiti tabellari prefissati non
escludono tout court la responsabilità penale dell'agente, essendo questi
comunque obbligato a ricorrere alla migliore tecnologia disponibile per
contenere al massimo possibile le emissioni inquinanti, al fine della tutela
della salute umana e dell'ambiente, valori costituzionalmente garantiti. Secondo
il citato orientamento, quindi, l'inciso di cui si discute ("nei casi non
consentiti dalla legge") deve intendersi riferito non solo alla specifica
normativa di settore, ma alla legge in generale e quindi anche alle prescrizioni
del codice civile (in particolare, dell'art. 844).
Tale orientamento giurisprudenziale è stato vivamente contrastato da qualificata
dottrina, che ha sostenuto che, se è condivisibile non escludere la
configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 674 cp quando -nonostante
il rilascio da parte della P.A. dell'autorizzazione ad esercitare un'attività e
ad emettere determinate sostanze nell'atmosfera- non esistano precisi limiti tabellari fissati dalla legge o dall'autorità amministrativa, da cui deriva per
il giudice l'esigenza di accertare in concreto le caratteristiche
quali-quantitative delle emissioni per valutarne il rispetto della tollerabilità
consentita dai principi ispiratori delle leggi di settore (cd. stretta
tollerabilità), non altrettanto può dirsi nel caso in cui l'ambito di
liceità delle emissioni sia stato preventivamente valutato dalla P.A. A tal fine
è stato rilevato, innanzi tutto, che la volontà del legislatore del 1988 è stata
chiaramente quella di privilegiare, nella tutela dell'atmosfera contro
l'inquinamento industriale, il ruolo della P.A., limitando il potere di
intervento del giudice penale rispetto a quello riconosciutogli precedentemente
dalla giurisprudenza; in secondo luogo, che il richiamo dell'art. 674 cp ai "casi
non consentiti dalla legge" rimarrebbe, interpretando la norma nel senso di
cui alla giurisprudenza sopra citata, completamente svuotato di contenuto.
In un'ottica siffatta, mutando indirizzo, si è mossa la giurisprudenza più
recente (con le sentenze sez. I, 7.7. 2000 n. 8094, Mao; sez. III, 23.1.2004 n.
81, PM in c. Pannone), che ha rilevato che l'espressione "nei casi non
consentiti dalla legge" costituisce una precisa indicazione della necessità,
ai fini della configurazione del reato, che l'emissione (di gas, vapori o fumi)
atta a molestare persone avvenga in violazione delle norme che regolano
l'inquinamento atmosferico. Consegue che, poiché la normativa contiene una sorta
di presunzione di legittimità delle emissioni che non superino la soglia fissata
dalle leggi speciali in materia, ai fini dell'affermazione di responsabilità in
ordine al reato di cui all'art. 674 cp, non è sufficiente il rilievo che le
emissioni siano astrattamente idonee ad arrecare fastidio, ma "è
indispensabile la puntuale e specifica dimostrazione che esse superino gli
standards fissati dalla legge"; quando, invece, le emissioni, pur essendo
contenute nei limiti di legge, abbiano arrecato e arrechino concretamente
fastidio alle persone, superando la normale tollerabilità, si applicheranno le
norme di carattere civilistico contenute nell'art. 844 c.c. In altri termini,
secondo tale orientamento, all'inciso in esame deve riconoscersi, contrariamente
a quanto ritenuto dalla giurisprudenza precedente, un valore decisivo di limite
tra l'illecito penale e l'illecito civile A tale più recente orientamento il
Collegio ritiene di dover aderire, segnalando che lo stesso si è consolidato,
estendendosi anche in riferimento all'emissione di onde elettromagnetiche (sez.
I 14.3.2002 n. 23066, Rinaldi e 12. 3.2002 n. 15717, Pagano)
Va, in definitiva, ribadito il principio secondo cui il reato di cui all'art.
674 cp (emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone) non è
configurabile nel caso in cui le emissioni provengano, come nel caso in esame,
da un'attività regolarmente autorizzata e siano contenute nei limiti previsti
dalle leggi in materia di inquinamento atmosferico, in quanto l'espressione
nei casi non consentiti dalla legge costituisce una precisa indicazione
della necessità che l'emissione avvenga in violazione delle norme di settore, il
cui rispetto, per contro, integra una presunzione di legittimità.
In base a tale principio, deve concludersi che la sentenza impugnata e inficiata
dalla denunciata violazione dell'art. 674 cp, per non essere stata
l'affermazione di responsabilità basata sull'accertamento positivo del
superamento dei limiti imposti dalla legge; la sentenza stessa va, pertanto,
annullata con rinvio allo stesso Tribunale, tenuto ex art. 627 co. 3 cpp, ad
uniformarsi al principio qui enunciato: nel conseguente giudizio, accerterà se
le emissioni in questione abbiano superato i limiti imposti dall'autorizzazione
o dalla legge e solo in caso positivo affermerà l'esistenza del reato di cui
all'art. 674 cp.
P . Q . M .
La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Padova.
Così deliberato il 21.6.2006
Il consigliere estensore
Il presidente
Guido DE MAIO
Ernesto LUPO
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