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 Massime della sentenza

(Segnalata dall'Avv. Nicola Giudice)

 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA REGIONE SICILIANA, 18/05/2006, Ordinanza n. 368

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 368/06 Reg.Ord.
N. 235 Reg.Ric.
ANNO 2006

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente


O R D I N A N Z A


sul ricorso in appello n. 235/2006, proposto dal COMUNE DI PALERMO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Carmelo Lauria, con domicilio eletto presso gli uffici della Avvocatura comunale, in Palermo, piazza Marina n. 39;


c o n t r o

la MAGGIOLI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Pier Paolo Poggi, Salvatore Raimondi e Giovanni Immordino, con domicilio eletto in Palermo, presso lo studio di quest’ultimo in Palermo via Libertà n. 171;

e nei confronti di
- PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro tempore e SINDACO DI PALERMO, nella qualità di Commissario delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, giusta ordinanza n. 3255/2002 rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege, in Palermo, via A. De Gasperi n. 81;
- POSTE ITALIANE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Lubrano e Gaetano Granozzi, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Bono, Direzione affari legali di Palermo di Poste italiane s.p.a., sita in Palermo, via Epicarmo n. 3;

per la riforma della ordinanza cautelare n. 263, in data 1 marzo 2006, del Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Palermo, III;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Maggioli s.p.a., della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Sindaco di Palermo nella qualità di Commissario delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri e delle Poste italiane s.p.a.;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Consigliere Pier Giorgio Trovato;
uditi, alla camera di consiglio del 15 marzo 2006, l’avv. C. Lauria per il Comune di Palermo, l’avv. S. Raimondi per la Maggioli s.p.a., l’avv. dello Stato Pignatone per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Sindaco del Comune di Palermo n.q., nonchè l’avv. F. Lubrano per la Poste Italiane s.p.a.;


Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


F A T T O


1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, richiamando l’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225:

 

- con decreto in data 18 ottobre 2002 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 25 ottobre 2002) dichiarava fino al 31 dicembre 2003 (termine successivamente prorogato più volte), lo stato di emergenza ambientale determinatosi nella città di Palermo nel settore del traffico e della mobilità;


- con ordinanza n. 3255, in data 29 novembre 2002 (in Gazzetta ufficiale 9 dicembre 2002, n. 288), poi modificata con ordinanza n. 3342, in data 5 marzo 2004 (in Gazzetta ufficiale n. 63 del 16 marzo 2004; cfr. art. 3) nominava il Sindaco di Palermo quale Commissario delegato per l’attuazione degli interventi volti a fronteggiare l’emergenza. In tale veste il Sindaco di Palermo adottava l’ordinanza n. 07/CT in data 22 novembre 2005, con la quale dava mandato al Comandante del Corpo di Polizia municipale di sottoscrivere con le Poste italiane s.p.a., prescelta senza ricorso a procedure di evidenza pubblica, un accordo avente ad oggetto il “S.I.N. Servizio integrato di notifica” delle contravvenzioni al Codice della strada e degli atti amministrativi, con impegno di spesa complessiva presunta di euro 16.240.000, sino al 31 dicembre 2007.


Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, rubricato al nr. 234/06, notificato al Comune di Palermo in data 26 gennaio 2006 e depositato in data 2 febbraio 2006, la Maggioli s.p.a. impugnava l’ordinanza n. 07/CT, del 22 novembre 2005 e gli atti comunque collegati. La società, dopo avere illustrato il suo interesse ad agire quale impresa operante nel settore, deduceva:


1) violazione del principio comunitario e interno della concorrenza in relazione ai canoni di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza della P.A.; violazione dell’art. 7 del d. lgs. n. 157/1995; violazione dell’art. 113 del d.lgs. n. 267/2000; violazione dell’art. 9 del d.lgs. n. 358/1992 e successive modificazioni; violazione dell’art. 41 Costituzione; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, violazione dei principi di imparzialità e par condicio, disparità di trattamento e difetto dei presupposti; violazione dei principi di buon andamento, di legalità e di imparzialità della azione amministrativa ai sensi dell’art. 12 della legge n. 241/1990, nonchè del principio di trasparenza dell’azione stessa; irragionevolezza e illogicità manifesta; eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità e incoerenza; violazione dell’art. 32 e dell’art. 34, comma 1, della legge regionale siciliana 2 agosto 2002, n. 7;


2) violazione dell’art. 5 d.lgs. n. 358/1992; eccesso di potere; sviamento; violazione dei principi di buon andamento, di legalità e imparzialità della azione amministrativa ai sensi dell’art. 12 della legge n. 241/1990, nonchè del principio di trasparenza dell’azione stessa; violazione dell’art. 24, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;


3) eccesso di potere per falsa rappresentazione della realtà, per difetto dei presupposti e per sviamento; eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e irrazionalità manifesta; eccesso di potere sotto il profilo del travisamento dei fatti; illogicità e incoerenza; violazione dei principi di buon andamento, di legalità e di imparzialità della azione amministrativa e della par condicio; disparità di trattamento
La ricorrente chiedeva altresì, oltre al risarcimento del danno, la sospensione cautelare dell’atto impugnato.


Si costituiva in giudizio il Comune di Palermo, che eccepiva tra l’altro l’incompetenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, e la conseguente improcedibilità del ricorso, in relazione alla competenza funzionale demandata al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, dai commi 2 bis, 2 ter e 2 quater dell’art. 3 del decreto legge 30 novembre 2005, n. 245 introdotti in sede di conversione con legge 27 gennaio 2006, n. 21.


La difesa della società ricorrente a sua volta eccepiva l’incostituzionalità delle disposizioni in parola. Si costituivano anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Sindaco di Palermo in qualità di Commissario delegato e la Poste Italiane s.p.a..


Il TAR, con ordinanza n. 263, in data 1 marzo 2006, riteneva di essere competente a pronunciarsi sulla domanda cautelare, in quanto il relativo ricorso era stato notificato e quindi proposto (il 26 gennaio 2006) prima della entrata in vigore (il 29 gennaio 2006) delle disposizioni sopra citate, ancorchè depositato in data successiva (il 2 febbraio 2006). Accoglieva quindi la domanda di sospensione della esecuzione degli atti impugnati, ritenendo il ricorso assistito da rilevanti elementi di fondatezza e la misura cautelare giustificata da ragioni di estrema gravità e urgenza.


3. L’ordinanza cautelare è stata appellata dal Comune di Palermo, il quale ha chiesto che:


- con richiamo ai commi 2 bis, 2 ter e 2 quater dell’art. 3 del decreto legge 30 novembre 2005, n. 245 introdotti in sede di conversione con legge 27 gennaio 2006, n. 21 e in riforma dell’ordinanza cautelare appellata, sia ritenuta e dichiarata la incompetenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, e per l’effetto sia dichiarato improcedibile il ricorso ivi proposto, essendo per legge competente in materia, in via esclusiva, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma; - sia riformata, in ogni caso, l’ordinanza impugnata in quanto difettano, nella specie, i presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare.


Si sono costituiti in giudizio:


- la Maggioli s.p.a., che ha chiesto la conferma della ordinanza appellata, se del caso ritenendo e dichiarando non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2 bis, 2 ter e 2 quater del decreto legge 30 novembre 2005, n. 245 introdotti in sede di conversione con legge 27 gennaio 2006, n. 21, in relazione agli articoli 3, 24, 25 e 125 della Costituzione, nonchè per violazione dell’art. 23, primo comma, dello Statuto speciale della Regione siciliana, nella parte in cui prevedono la competenza in primo grado del TAR Lazio sui ricorsi giurisdizionali proposti avverso le ordinanze e i provvedimenti adottati nell’ambito delle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’art., comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;


- la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Sindaco di Palermo, nella qualità di Commissario delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri, giusta ordinanza n. 3255/2002 che hanno svolto tesi adesive a quelle del Comune di Palermo, chiedendo, con l’accoglimento dell’appello, l’annullamento dell’ordinanza impugnata e la declaratoria di inammissibilità della originaria istanza cautelare;


- la Poste italiane s.p.a., che ha eccepito l’incompetenza territoriale del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse della società Maggioli, la erroneità della ordinanza gravata per mancata declaratoria di inammissibilità del ricorso in primo grado (in relazione alla mancata impugnazione dell’ordinanza P.C.M. n. 3255/2002). Ha altresì contestato la fondatezza nel merito del ricorso in primo grado e la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare. Ha quindi concluso chiedendo la declaratoria della incompetenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, e, in subordine, la declaratoria del difetto di legittimazione della società ricorrente in primo grado, In ulteriore subordine ha chiesto la riforma della ordinanza appellata per carenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda cautelare. Alla camera di consiglio del 15 marzo 2006, l’appello è stato trattenuto in decisione.


D I R I T T O


I 1. Pregiudiziale, rilevante e non manifestamente infondata è la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 2 bis, 2 ter e 2 quater del decreto legge 30 novembre 2005, n. 245 introdotti in sede di conversione con legge 27 gennaio 2006, n. 21, in relazione agli articoli 3, 24, 25 e 125 della Costituzione, nonchè per violazione dell’art. 23, primo comma, dello Statuto speciale della Regione siciliana, nella parte in cui prevedono la competenza in primo grado del TAR Lazio sui ricorsi giurisdizionali proposti avverso le ordinanze e i provvedimenti adottati nell’ambito delle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.


In forza delle contestate disposizioni legislative, entrate in vigore il 29 gennaio 2006:


"2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. 2-ter. Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio è definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'articolo 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa legge. 2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata può riproporre il ricorso".


2. Emerge da siffatte disposizioni (commi 2 bis e 2 ter) un sistema giurisdizionale che si fonda a regime sui seguenti principi:


- è prevista la competenza funzionale (esclusiva e inderogabile) del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, in tutte le ipotesi di ordinanze emanate in situazioni di emergenza dichiarate ex articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
- tale competenza riguarda anche le pronunce cautelari;
-in particolare il principio si applica ai provvedimenti consequenziali posti in essere dai Commissari delegati dal Presidente del Consiglio dei Ministri;
- sul piano processuale la incompetenza funzionale va rilevata anche d’ufficio e il giudizio si svolge con le forme accelerate di cui all’'articolo 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni (sentenza in forma semplificata) e ai commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa legge.


3. Di interpretazione meno agevole è il regime transitorio che è accennato nel comma 2 quater. In base ad esso:


- le norme sulla competenza funzionale del TAR Lazio sono applicabili anche ai processi in corso;

- la efficacia delle misure cautelari eventualmente già adottate dal Tribunale diverso da quello divenuto competente in via funzionale, è conservata fino alla loro modifica o revoca da parte di quest’ultimo;
- la parte interessata può riproporre il ricorso avanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma.

 

Pur nella approssimazione dei precetti transitori, ad avviso del Collegio, sembra chiaro che la pendenza del processo al momento della entrata in vigore della legge n. 21/2006 impedisce al TAR diverso da quello del Lazio di adottare misure cautelari, ostandovi il combinato disposto del comma 2-bis che in materia demanda la competenza di primo grado (anche per l'emanazione di misure cautelari) al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma e del comma 2 quater che rende applicabili le norme di cui al commi 2-bis anche ai processi in corso.


Non sembra quindi condivisibile, come esattamente eccepito dall’appellante Comune di Palermo, la tesi del giudice di primo grado secondo cui il momento di incardinamento della competenza cautelare sarebbe determinato dalla data di notifica e quindi di proposizione del gravame (nella specie anteriore alla entrata in vigore della legge n. 21/2006). La tesi del TAR, pur fondata su corretti principi enunciati dalla Corte Cost. (ord. n. 382/05) e ispirata all’intento di perseguire una interpretazione conforme al dettato costituzionale, appare preclusa da dati letterali e logici, che sembrano insuperabili. Il legislatore, nell’inibire la emanazione di misure cautelari a TAR diverso da quello del Lazio, correla infatti la verifica della competenza non già al momento di instaurazione del rapporto processuale, bensì al momento di adozione della misura cautelare (nella specie successivo alla entrata in vigore della legge n. 21/2006) come sembra potersi desumere – in sintesi – dalla previsione di applicabilità del nuovo regime anche ai processi in corso. D’altra parte una volta sopravvenuta la competenza funzionale del TAR Lazio, un TAR diverso non potrebbe più esercitare in modo compiuto il potere cautelare (oltre che con la misura cautelare sospensiva, con la contestuale fissazione della udienza di merito ex art. 23 bis comma 3 della legge n. 1034/1971)


E’ quanto il TAR ha dovuto rilevare laddove ha previsto che non si fa luogo a fissazione dell’udienza di merito, fermi restando i poteri delle parti di cui all’art. 3, comma 2-quater, del citato decreto-legge n. 245 del 2005. Le disposizioni dell’art. 3 comma 2 quater sembrano dunque da interpretare nel senso che ove la misura cautelare non sia già stata adottata dal TAR diverso da quello del Lazio, prima dell’entrata in vigore delle disposizioni di cui trattasi , il TAR (ancorchè adito prima della entrata in vigore della legge n.21/2006) sia privato del potere cautelare e debba limitarsi a dichiarare la inammissibilità o la improcedibilità del ricorso, riconoscendo la competenza del TAR Lazio, presso il quale il ricorrente potrà riproporre il ricorso e la domanda cautelare.

II 1. Vanno a questo punto esaminate le questioni di costituzionalità, relative ai commi 2 bis, 2 ter e 2 quater dell’art. 3 del decreto legge 30 novembre 2005, n. 245 introdotti in sede di conversione con legge 27 gennaio 2006, n. 21 sollevate dall’odierno resistente e comunque rilevabili d’ufficio.

Tali questioni appaiono preliminari ad ogni ulteriore approfondimento delle questioni poste dalle parti e sono rilevanti ai fini del decidere.

Esse risultano infatti incidenti sulla competenza del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, e di conseguenza su quella di questo Consiglio.

In applicazione del regime transitorio, come sopra ricostruito nel punto qui rilevante, questo Consiglio, infatti, dovrebbe limitarsi a dichiarare la incompetenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, a pronunciarsi in via cautelare e a rimettere la causa al giudice di primo grado, per la declaratoria con sentenza breve della improcedibilità del ricorso originario. Diversamente, ove risultassero confermati i dubbi di costituzionalità espressi dall’odierno resistente, questo Consiglio potrebbe provvedere in modo pieno sull’appello cautelare, risultando superato l’ostacolo della incompetenza funzionale del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo e di riflesso quella di questo Consiglio.

Le questioni ritenute in tal modo rilevanti (quanto ai poteri di questo Consiglio, adito dopo l’entrata in vigore della legge n. 21/2006, anche nella ipotesi in cui dovesse essere condivisa la tesi del giudice di primo grado) non appaiono manifestamente infondate.

Esse risultano già sollevate, sotto vari profili, dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo, I (ordinanza n. 67, in data 6 marzo 2006) e dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, I (ordinanza 7 marzo 2006, n. 90).

 

Ad avviso del Collegio, la normativa introdotta dal legislatore con l’art. 3, commi 2 bis, ter e quater, sopracitati, contrasta innanzitutto con l’art. 125 della Costituzione, che prevede una organizzazione su base regionale degli organi statali di giustizia amministrativa di primo grado (“Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l’ordinamento stabilito da legge della Repubblica”). La disposizione contempla una distribuzione territoriale dei Tribunali amministrativi regionali, sia al fine di ripartire in modo razionale e equiordinato l’organizzazione dei giudici amministrativi di primo grado, sia al fine di agevolare il ricorso delle parti alla giustizia amministrativa, in coerenza e continuità logica con i principi desumibili dall’art. 24 della Costituzione. In questa prospettiva e per quel che qui rileva, gli artt. 2 e 3 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 hanno fissato criteri generali e derogabili di distribuzione territoriale della competenza tra i Tribunali (i criteri della sede dell’autorità emanante e della efficacia territoriale dell’atto). A quest’ultimo proposito l’art. 3, comma secondo, ha stabilito (oltre al foro speciale del pubblico impiego) che per gli atti emessi da organi centrali dello Stato o di enti pubblici a carattere ultraregionale, la cui efficacia è limitata territorialmente alla circoscrizione del tribunale amministrativo regionale ... la competenza è del tribunale amministrativo regionale medesimo. Il criterio ha lo scopo di evitare una eccessiva concentrazione di cause presso il TAR del Lazio e di temperare quindi le conseguenze di una rigida applicazione del criterio della sede dell’autorità emanante, ove riferito ad organi centrali. In base a tali principi, nella specie, la vertenza risulterebbe demandata al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia e, in appello, a questo Consiglio, trattandosi di situazione d’emergenza riguardante il territorio della città di Palermo e, oltre tutto, quanto all’atto commissariale oggetto specifico di giudizio, di provvedimento posto in essere da una autorità comunale, sia pure per delega del Presidente del Consiglio dei Ministri. E’ pur vero che i criteri generali sopra ricordati ben possono essere derogati dal legislatore, con attribuzione di competenza ad un singolo TAR e in particolare al TAR Lazio, vale a dire ad un organo che fa comunque parte del complesso della giustizia amministrativa di primo grado, articolata su base regionale (cfr. ad esempio l’art. 33 della legge 10 ottobre 1990, n. 287; l’art. 17 della legge 24 marzo 1958, n. 195 come modificato dall’art. 4 della legge 12 aprile 1990, n. 74; l’art. 2 comma 25 della legge 14 novembre 1995, n. 481; l’art. 3 del decreto legge 19 agosto 2003, n. 220 convertito con legge 17 ottobre 2003, n. 280). Ma è altrettanto vero che una tale deroga deve essere sorretta da giustificazioni logiche risultando altrimenti il diverso criterio (tanto più se, come nella specie, inderogabile dalle parti) suscettibile di tradursi in un illogico aggravio per l’attività di alcuni Tribunali e per l’attività difensiva delle parti. A quest’ultimo riguardo nella sentenza della Corte Costituzionale n. 189/1992, è stato ritenuto compatibile con il dettato costituzionale l’art. 4 della legge 12 aprile 1990 n. 74, che attribuisce al Tribunale amministrativo regionale del Lazio la competenza in materia di ricorsi giurisdizionali contro atti del Consiglio superiore della magistratura riguardanti i magistrati ordinari. Tuttavia nella circostanza è stata approfondita la logicità della deroga alla competenza prevista dalla legge n. 1034/1971 (foro speciale del pubblico impiego) ed è stata verificata positivamente avuto riguardo alla particolare posizione che il Consiglio Superiore della Magistratura occupa nell’ordinamento costituzionale, oltre che alla peculiare funzione svolta dai magistrati ordinari, che li rendono non assimilabili o comparabili ad altre categorie di pubblici dipendenti.

Una deroga è dunque possibile, ma deve rispondere ad un criterio logico che nella specie, ad avviso del Collegio, non è ravvisabile. Infatti, mentre nella fattispecie esaminata dalla Corte la deroga alla ordinaria competenza concerne un settore specifico e ben delimitato nonchè strettamente raccordato ad una del pari specifica ragione derogatoria, non altrettanto sembrerebbe possibile sostenere nella fattispecie in esame.

Invero, il legislatore del 2006 ha fatto generico riferimento a tutte le situazioni di emergenza di cui all’art. 5 comma 1 della L. 24 febbraio 1992, n. 225.

Orbene tale disposizione nel riportarsi al concetto generico di emergenza come definito dall’art. 2 ne demanda l’accertamento, la durata, la estensione territoriale, nonchè l’ambito derogatorio ad apposite ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri. Trattasi di un potere che mostra collegamenti con le cosiddette ordinanze di necessità in relazione alle quali, come è noto, è sorto un ampio dibattito in relazione a vari principi costituzionali (Corte Cost. 8/1956; 21/1961; 4/1977; 100/1987) e, in particolare al principio di legalità sostanziale a causa della indeterminatezza del loro contenuto.

Tale indeterminatezza, poi, nel caso concreto, non si riferisce tanto e soltanto alla situazione di emergenza, quanto anche e soprattutto alle specifiche conseguenziali attività amministrative ritenute necessarie per prevenire, fronteggiare ed ovviare alla situazione di emergenza così come individuata a monte nelle ordinanze medesime.

E così, esemplificando, - senza alcuna pretesa di completezza - nella Regione siciliana è stata dichiarata la emergenza anche per accadimenti prima facie del tutto strutturali, non legati cioè ad eventi eccezionali ed imprevedibili (es. emergenza idrica, emergenza traffico, emergenza rifiuti, etc.) e il potere conferito ai vari commissari straordinari riguarda ogni possibile misura idonea per fronteggiare la situazione medesima (v. ad es. il D.P.C.M. 18/10/2002 riguardante la fattispecie in esame e l’art. 1 del successivo D.P.C.M. 29/11/2002 n. 3255).

Da tale previsione risulta evidente che la materia trasferita alla competenza funzionale del TAR del Lazio, a differenza della fattispecie in precedenza citata, lungi dal mostrare contorni netti (disposizioni sulla carriera dei magistrati adottate dal C.S.M.) presenta contorni talmente ampi ed imprecisi da sfuggire ad ogni possibile preventiva individuazione.

La fattispecie in esame ne costituisce un esempio paradigmatico. A monte si colloca il D.P.C.M. 18 ottobre 2002 il quale assume a presupposto della dichiarazione di emergenza del traffico nella città di Palermo la tutela della salute dall’inquinamento nonché la incolumità pubblica. A valle si colloca la ordinanza 29/11/2002 n. 3255 in cui si individuano come compiti attuativi la realizzazione di un programma straordinario di opere. La anzidetta ordinanza viene poi dichiaratamente assunta a presupposto del provvedimento impugnato con il quale, per ovviare alla anzidetta situazione di emergenza, il servizio di gestione integrata dei verbali di accertamento e contestazione delle contravvenzioni al Codice della Strada viene affidato a trattativa privata a Poste italiane s.p.a. avvalendosi dei poteri derogatori di cui alla ordinanza medesima.

Ciò dimostra ad avviso del Collegio la carenza sostanziale sul piano della ragionevolezza delle disposizioni qui sospettate di incostituzionalità, in quanto in grado di ricomprendere a differenza della disposizione derogatoria in precedenza citata non già una singola materia ed oggetto bensì una serie indeterminabile di materie e di oggetti la cui individuazione è rimessa a decisioni contingibili ed imprevedibili di organi amministrativi ed il cui collegamento con la situazione di emergenza originaria diviene sempre meno stretto ed evidente. In questo contesto l’attribuzione al T.A.R. Lazio della competenza di cui trattasi configura una previsione incongrua rispetto al sistema di distribuzione territoriale delle competenze tra tribunali amministrativi. Non si vedono d’altra parte ragioni logiche che giustifichino l’inderogabile e sostanzialmente indefinito incardinamento della competenza in capo al TAR Lazio, non apparendo di per sè significativa la riconducibilità della materia ad una situazione d’emergenza dichiarata da una autorità centrale ovvero l’esercizio di una attività per delega di detta autorità.

Le disposizioni in esame, introducendo una deroga ingiustificata al sistema, oltre che con l’art. 125 Cost., contrastano anche e soprattutto con l’art. 3 Cost. sotto il profilo della disparità di trattamento in situazioni uguali di fronte alla tutela giurisdizionale. Esse configurano poi, in particolare per la parte privata, un aggravio all’esercizio del diritto di difesa (art. 24 Cost.). Il Collegio condivide al riguardo le osservazioni contenute nella ordinanza n. 90, in data 7 marzo 2006, del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, I, secondo cui l’aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto ove, come nella specie, esso non sia giustificato da una effettiva natura accentrata (o dall’efficacia estesa a tutto il territorio) dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tar Lazio, comporta indubbia violazione dell’art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilità di tutela dei propri diritti ed interessi enunciata al primo comma; detta tutela ne risulta minorata, per la evidente maggiore difficoltà di esercitare le relative azioni presso il Tar del Lazio piuttosto che presso gli organi giurisdizionali localmente istituiti.


3. Il regime ordinario della competenza in materia e di riflesso anche quello transitorio è altresì contrastante con l’art. 23, primo comma, dello Statuto speciale della Regione Siciliana (approvato con regio decreto legislativo 15 maggio 1946 n. 455, convertito in l. cost. 26 febbraio 1948 n. 2) in forza del quale “Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione”. Si tratta di norma di rango costituzionale in attuazione della quale, con il decreto legislativo 6 maggio 1948 n. 654 (poi sostituito dal decreto legislativo 24 dicembre 2003 n. 373) è stato istituito il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, che svolge funzioni di giudice d’appello per tutte le impugnazioni proposte avverso i provvedimenti giurisdizionali adottati dal T.A.R. della Sicilia. Il decentramento territoriale degli organi giurisdizionali centrali, sancito in via di principio dal citato art. 23, corrisponde ad un'antica tradizione siciliana e si ricollega alla singolarità dell'autonomia siciliana (cfr. Corte cost. n. 316/2004). In questo contesto la competenza del Consiglio di giustizia amministrativa per gli affari concernenti la Regione concreta un assetto (organizzativo e funzionale) della giurisdizione amministrativa collegato alla speciale autonomia della Regione Sicilia e non comprimibile se non alla stregua di prevalenti principi costituzionali.

E’ stato affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 189/1992) che l’art. 23 dello Statuto non implica affatto - anzi esclude - la competenza a conoscere ogni tipo di controversie, specie con riguardo a questioni che non hanno alcun rapporto con la materia regionale. Nella specie però viene in rilievo una vertenza avente ad oggetto atti posti in essere dal Sindaco del Comune di Palermo in qualità di commissario e con rilievo limitato alla città di Palermo. Si tratta cioè di atti di esclusivo rilievo regionale, rispetto ai quali come già detto appare illogica e contrastante con i principi di difesa e di razionale organizzazione del sistema la devoluzione alla competenza del TAR Lazio.

Sul punto il Collegio condivide le considerazioni del Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Palermo (cfr. la citata ordinanza n. 67, in data 6 marzo 2006) secondo cui non appare discutibile che i provvedimenti adottati da organo dello Stato centrale, nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, con efficacia territoriale limitata alla regione Siciliana, costituiscano “… affari concernenti la regione”, e rientrino pertanto nel novero di quelli attribuiti alla competenza del C.G.A. dall’art. 23 dello Statuto della regione Siciliana, così come si verifica per gli analoghi provvedimenti adottati dagli organi ordinari dello Stato, aventi efficacia limitata al territorio della Regione Siciliana.

Lo spostamento di competenza per le controversie di primo grado, dal T.A.R. della Sicilia al T.A.R. del Lazio, comporta conseguentemente anche il mutamento del Giudice d’appello, e quindi la sottrazione al C.G.A. di alcune delle controversie ad esso attribuite dalla richiamata disposizione di rango costituzionale, con inevitabile violazione del suo disposto.

Non sembra superfluo ricordare, a questo riguardo, come ormai costituisca “jus receptum”, sia in giurisprudenza che in dottrina, che il plesso giurisdizionale “T.A.R. – Sicilia, C.G.A. per la Regione Siciliana” costituisca, per effetto delle norme statutarie citate, un vero e proprio comparto dotato di competenza funzionale a conoscere di tutte le controversie insorgenti nell’ambito territoriale della Regione siciliana e nello stesso ambito esaurentisi, sicchè una eventuale deroga - come nella specie - non assistita da adeguato supporto parimenti di rango costituzionale, allo stato inesistente, non può sfuggire alle censure qui ipotizzate.

Giova a questo proposito rammentare anche la affermazione contenuta nella decisione n. 26/1961 della Corte costituzionale secondo cui le ordinanze di necessità non potrebbero mai menomare diritti costituzionalmente garantiti e neppure operare in sostituzione della legge nei campi riservati al legislatore. E’ stata perciò esclusa la possibilità di emanare ordinanze di necessità in materie coperte da riserva assoluta di legge.

Se ciò è esatto, ne discende per altro verso la illegittimità costituzionale delle disposizioni dianzi citate. Esse, invero, con l’espresso riferimento ai conseguenziali provvedimenti commissariali hanno inciso non solo sulla giurisdizione in generale, (materia già di per sé coperta da riserva assoluta di legge ex art. 108 primo comma Cost.,) ma, in particolare sul regime della giurisdizione amministrativa in Sicilia materia coperta da norma di rango costituzionale e quindi derogabile come già accennato solo da una fonte di rango equiordinato.


4. Alla luce delle suesposte considerazioni risultano rilevanti e non manifestamente infondate (per violazione degli artt. 3, 24, 125 Cost. e dell’art 23 dello Statuto siciliano) le questioni di costituzionalità relative ai commi 2 bis, 2 ter (quanto al primo inciso, secondo cui Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio) e 2 quater.

Non sembrano sussistere dubbi, qui rilevanti, solo per quanto attiene la costituzionalità del secondo inciso del comma 2 ter secondo cui (in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225), davanti al giudice amministrativo il giudizio è definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'articolo 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa legge. Le considerazioni sopra esposte valgono a maggior ragione, ove, in via subordinata, si prendano in considerazione i soli provvedimenti attuativi commissariali (unico oggetto di questo giudizio), ove questi come nella specie abbiano carattere (soggettivo e oggettivo) esclusivamente locale. E’ evidente che, in tali casi, non venendo in rilievo atti di organi centrali e trattandosi di atti ad efficacia territorialmente circoscritta alla regione, risulta ulteriormente rafforzata la tesi di esclusione di un nesso logico con la competenza funzionale del TAR Lazio. In via subordinata si pone quindi la questione di costituzionalità dell’art. 3, comma 2 bis, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 125 della Costituzione e con l’art. 23, primo comma, dello Statuto speciale della regione Siciliana, limitatamente all’inciso e dei consequenziali provvedimenti commissariali.
In caso di accoglimento di tale eccezione, il sistema risulterebbe così strutturato:

- secondo consolidati indirizzi giurisprudenziali (cfr. da ultimo C.S., IV, 21 febbraio 2005, n. 528), la impugnazione di detti provvedimenti, quanto alla competenza, risulterebbe attratta da quella delle ordinanze della P.C.M. ex art. 5 della legge n. 225/1992, solo in caso di impugnativa degli atti commissariali per vizi derivati da quelli inficianti le ordinanze della P.C.M. oggetto anch’esse di impugnativa.

- in caso (qual è quello di specie) di impugnativa dei soli provvedimenti commissariali per vizi propri, la competenza risulterebbe incardinata nel TAR competente secondo le regole generali.


III 1. Uno specifico profilo di incostituzionalità sembra infine prospettarsi in relazione al regime transitorio, previsto dal comma 2 quater, che come detto rende applicabile il principio della competenza funzionale del TAR Lazio anche ai processi in corso e che conserva l'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso (in origine competente in base all’ordinario criterio territoriale) fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata può riproporre il ricorso.

Tale previsione appare in contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per legge (art. 25, primo comma, della Costituzione), in base al quale la regola di competenza deve essere prefissata rispetto all'insorgere della controversia (cfr. Corte costituzionale n. 193/2003 e n. 124/2005) e che riguarda anche la ripartizione della competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa nel tempo anteriore alla istituzione del giudizio (cfr. Corte costituzionale 41/2006) 2. Il sistema transitorio appare poi in contrasto con il principio della difesa (art. 24 Cost.), implicante il diritto del cittadino ad ottenere una decisione di merito senza onerose reiterazioni” (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 123 del 1987).

Nella specie, il regime transitorio comporta nella sostanza una estinzione del giudizio avanti al TAR originariamente adito, e una onerosa (quanto ingiustificata sul piano logico) riproposizione del ricorso, ai fini della pronuncia di merito, avanti al TAR Lazio al quale vanno altresì presentate eventuali istanze di revoca o di modifica delle misure cautelari in precedenza disposte.


IV 1. Per quanto sopra, visti gli articoli 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 legge cost. 11 marzo 1953, n. 87, il Collegio ritiene rilevanti e non manifestamente infondate, le questioni di legittimità costituzionale:

- dell’art. 3, comma 2 bis, comma 2 ter (relativamente all’inciso Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio), comma 2 quater, del decreto legge 30 novembre 2005 n. 245, introdotti con la legge di conversione del 27 gennaio 2006 n. 21, per contrasto con gli articoli artt. 3, 24 e 125 della Costituzione e con l’art. 23, primo comma, dello Statuto speciale della regione Siciliana (r.d. Lgs 15 maggio 1946 n. 455, convertito nella legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2);

- in via subordinata dell’art. 3, comma 2 bis, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 125 della Costituzione e con l’art. 23, primo comma, dello Statuto speciale della regione Siciliana, limitatamente all’inciso e dei consequenziali provvedimenti commissariali;

- in via ulteriormente subordinata dell’art. 3, comma 2 quater, per contrasto con gli artt. 24 e 25 della Costituzione. Deve pertanto essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione delle predette questioni di legittimità costituzionale, sospendendosi il giudizio.


P. Q. M.


Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giurisdizionale, dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, per le ragioni in motivazione esposte, le questioni di legittimità costituzionale:


- dell’art. 3, comma 2 bis, comma 2 ter (quanto al primo inciso, secondo cui Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio), comma 2 quater, del decreto legge 30 novembre 2005 n. 245, introdotti con la legge di conversione del 27 gennaio 2006 n. 21, per contrasto con gli artt. 3, 24, 125 Cost. e con l’art 23 dello Statuto siciliano (r.d. Lgs 15 maggio 1946 n. 455, convertito nella l. cost. 26 febbraio 1948, n. 2);


- in via subordinata dell’art. 3, comma 2 bis, del decreto legge 30 novembre 2005 n. 245, introdotto con la legge di conversione del 27 gennaio 2006 n. 21, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 125 della Costituzione e con l’art 23, primo comma, dello Statuto siciliano, limitatamente all’inciso e dei consequenziali provvedimenti commissariali;


- in via ulteriormente subordinata dell’art. 3, comma 2 quater, del decreto legge 30 novembre 2005 n. 245, introdotto con la legge di conversione del 27 gennaio 2006 n. 21, per contrasto con gli artt. 24 e 25 della Costituzione.


Dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.


Dispone, altresì, che a cura della Segreteria della Sezione giurisdizionale di questo Consiglio, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e alle parti in causa e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento ed ai Presidenti della Regione Siciliana e dell’Assemblea Regionale Siciliana.


Così deciso in Palermo, il 15 marzo 2006, in camera di consiglio dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, con l'intervento dei Signori:

 

Riccardo Virgilio, Presidente,
Pier Giorgio Trovato, estensore,
Giorgio Giaccardi, Antonino Corsaro, Francesco Teresi, Componenti.

F.to: Riccardo Virgilio, Presidente
F.to: Pier Giorgio Trovato, Estensore


F.to: Loredana Lopez, Segretario

Depositata in segreteria il 18 maggio 2006

M A S S I M E

Sentenza per esteso


1) Procedure e varie – Inquinamento – Rifiuti – Stato di emergenza ambientale – Situazioni di emergenza dichiarate ex art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 – Controversie – Competenza funzionale del TAR Lazio – Art. 3, cc. 2bis, 2ter e 2quater del D.L. 245/2005, conv. in L. 21/2006 – Questione di legittimità costituzionale – Rilevanza e non manifesta infondatezza – Artt. 3, 24, 25 e 125 Cost. – Art. 23 Statuto Regione Siciliana. Sono rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale: - dell’art. 3, comma 2 bis, comma 2 ter (quanto al primo inciso, secondo cui Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio), comma 2 quater, del decreto legge 30 novembre 2005 n. 245, introdotti con la legge di conversione del 27 gennaio 2006 n. 21, per contrasto con gli artt. 3, 24, 125 Cost. e con l’art 23 dello Statuto siciliano (r.d. Lgs 15 maggio 1946 n. 455, convertito nella l. cost. 26 febbraio 1948, n. 2); - dell’art. 3, comma 2 bis, del decreto legge 30 novembre 2005 n. 245, introdotto con la legge di conversione del 27 gennaio 2006 n. 21, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 125 della Costituzione e con l’art 23, primo comma, dello Statuto siciliano, limitatamente all’inciso e dei consequenziali provvedimenti commissariali; - dell’art. 3, comma 2 quater, del decreto legge 30 novembre 2005 n. 245, introdotto con la legge di conversione del 27 gennaio 2006 n. 21, per contrasto con gli artt. 24 e 25 della Costituzione. Pres. Virgilio, Est. Trovato – Comune di Palermo (avv. Lauria) c. M s.p.a. (avv.ti Poggi, Raimondi e Immordino) - CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 18 maggio 2006, ordinanza n. 368

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