Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di MODENA
sezione prima
Sentenza n. 1430/2004
Del 05/05/2004
Deposito il 06/09/2004
Cron.n.235
Il Giudice istruttore dott. Giuseppe Pagliani, in funzione di giudice unico, ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile n. 303/2000 R. G.
promossa da
XX L ;
XX G;
ZZ.
- Attori -
rappresentati e difesi dall'Avv. A. Giunta del Foro di Modena
CONTRO
Enel Distribuzione S.p.a.
- Convenuto -
rappresentato e difeso dagli Avv. G. De Vergottini, C. Caturani e Luigi Carbone
del Foro di Bologna;
in punto a: immissioni.
All'udienza del 12/2/04 la causa è stata assegnata a decisione, con termine fino
al 10/4/04 per il deposito di comparse conclusionali e fino al 30/4/04 per il
deposito di repliche, sulle conclusioni precisate dalle parti nel modo seguente:
per parte attrice:
"- in via principale: accertare e dichiarare che i cavi della linea elettrica
sovrastanti l'abitazione dei sigg.ri XX generano un campo elettromagnetico
eccedente la normale tollerabilità in relazione alla natura dei luoghi, alle
persone e/o cose ivi dimoranti, e conseguentemente condannare la società ENEL
S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, a cessare dette
immissioni, disponendo che la condotta elettrica che sovrasta l'abitazione degli
attori, venga trasferita altrove a spese e cura della convenuta;
conseguentemente disporre a carico della convenuta ed a sua cura e spesa
l'adozione degli accorgimenti tecnici ritenuti idonei al caso di specie per
evitare l'esposizione al campo elettromagnetico degli attori e della loro
famiglia, sussistendo una intollerabilità ai valori generati da detto
elettrodotto;
- in ogni caso: condannare altresì la società convenuta, nella persona del
legale rappresentante pro tempore, al risarcimento di tutti i danni patrimoniali
e non patrimoniali compreso il deprezzamento economico della limitrofa proprietà
degli attori nella misura da quantificarsi in un separato giudizio;
- in subordine: nella denegata ipotesi, in cui dette onde elettromagnetiche
siano ritenute entro la normale tollerabilità, o comunque tollerabili, in
relazione alle esigenze della produzione e sempre comunque nel rispetto del
diritto primario ed assoluto alla salute, dire tenuta e condannare l'ENEL S.p.A.,
nella persona del legale rappresentante pro tempore, a liquidare agli attori un
equo indennizzo per il deprezzamento conseguente subito dall'intera proprietà XX,
e/o per l'aggravio di servitù di elettrodotto da quantificarsi in un separato
giudizio.
- Con vittoria di spese, competenze e onorari."
per parte convenuta:
"conclude per il rigetto delle domande attrici e in subordine per la cessazione
della materia del contendere a seguito del nuovo assetto normativo in essere
come illustrato all'udienza del 30.9.03".
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I. Con atto di citazione in data
28.12.1999, notificato il 30.12.1999, L XX, G XX, ZZ convenivano in giudizio la
società ENEL SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, per sentire
condannare la società ENEL Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,
a cessare immissioni elettromagnetiche intollerabili, disponendo che la condotta
elettrica che sovrasta l'abitazione degli attori venisse trasferita altrove a
spese e cura dell'ente convenuto, nonché sentire condannare lo stesso ente
convenuto al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali,
compreso il deprezzamento economico della limitrofa proprietà degli attori;
ovvero, in subordine, sentire condannare l'ENEL SPA, a corrispondere agli attori
un equo indennizzo per il deprezzamento conseguente subito dall'intera proprietà
e per l'aggravio di servitù di elettrodotto.
Il. Con comparsa ritualmente depositata, in data 15.03.2000 si costituiva in
giudizio la ENEL SPA, la quale chiedeva la reiezione delle domande proposte
dagli attori.
In data 13.10.2001 veniva introdotto dagli attori, in corso di causa,
procedimento d'urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c. stante il protrarsi dei
disturbi fisici lamentati dall'attrice XX L, che si erano ulteriormente
aggravati con conseguente interruzione della gravidanza.
La società ENEL SPA si costitutiva con memoria difensiva con la quale chiedeva
di respingere il ricorso perché infondato in fatto e in diritto, non ricorrendo
nel caso di specie requisiti richiesti dall'art. 700 c.p.
All'esito della comparizione delle parti, con ordinanza in data 24/1/02 il
Giudice istruttore rigettava il ricorso cautelare sulla base delle
considerazioni contenute nel provvedimento che di seguito si riporta per esteso.
"(omissis) osservato che: per quanto concerne la tutela della salute, non
sussiste l'apparente fondatezza, anche a seguito della delibazione
necessariamente sommaria della presente cognizione cautelare, della pretesa da
farsi valere nel successivo giudizio, in quanto:
- nessuna prova é stata fornita in ordine alla violazione di regole preventive e
tecniche nella costruzione degli impianti, tale da comportare pericolo di
emissioni imprevedibilmente diverse da quelle per le quali sono state effettuate
misurazioni;
- il danno temuto si può, dunque, ragionevolmente fondare soltanto sulla
nocività in sé e per sé, ed a prescindere dalla loro entità, dei campi magnetici
prodotti dall'elettrodotto in funzione, in zona prossima agli impianti;
- la valutazione della nocività alla salute dei soggetti residenti nelle
vicinanze degli impianti richiede l'apprezzamento della possibilità di lesione
del diritto di salute dei predetti, in considerazione della nocività della
vicinanza costante ai campi magnetici prodotti da impianti elettrici, ben nota
sia al legislatore nazionale ed internazionale che alla giurisprudenza, ma ciò
non é conseguenza automatica della semplice situazione di contiguità spaziale
con qualunque campo magnetico, dovendosene valutare le caratteristiche ed a tal
fine sono fissati i noti limiti normativi;
- risultano nel caso di specie rispettati i limiti imposti dalla normativa di
settore (D.P.C.M. 23/4/92, 100 microtesla), come si ricava sia dalla relazione
Arpa del 1998 che dalle misurazioni effettuate dal consulente di parte
ricorrente, viceversa risultano superati i limiti, grandemente inferiori fissati
dalla normativa regionale relativa ai valori previsti per la realizzazione di
nuovi impianti elettrici in luoghi destinati a permanenza prolungata di persone
(Legge Regione Emilia Romagna n. 30/2000 e deliberazione della Giunta Regionale
20/2/01, n. 197. 0,2 microtesla), che appunto individua come valore di cautela
quello di 0,5 microtesla e come obiettivo di qualità da raggiungere quello di
0,2 microtesla;
- è vero che i limiti imposti dalla normativa statale di settore non possono
essere ritenuti esaustivi della tutela della salute e non è precluso
l'intervento giudiziario ove l'effetto nocivo per la salute risulti provato
anche per valori diversi da quelli normativamente previsti;
- tuttavia, in assenza di superamento dei limiti normativi la dedotta nocività
deve essere oggetto di effettivo accertamento, dovendo il giudizio di
pericolosità dell'esposizione essere fondato, quanto meno, su una situazione di
probabilità od apprezzabile possibilità sul piano causale, se non altro per la
necessità di determinare il grado di normale tollerabilità e la soglia di
intollerabilità dell'immissione elettromagnetica;
- d'altra parte, anche in sede penale, in assenza di prova certa circa
l'effettiva nocività, si esclude la configurabilità del reato di cui all'art.
674 c.p.;
- in caso, poi, di rilevante discrepanza tra i limiti posti da due diverse
normative (a prescindere dalla loro diversa collocazione sul piano delle fonti
del diritto), di epoche diverse e con oggetto e finalità diverse, assume
particolare rilievo l'accertamento concreto della nocività dell'esposizione,
posto che il livello di assoluta cautela, tale cioè da escludere ogni effetto
rilevante per l'organismo e quindi la salute umana, è nozione diversa dal
livello di non nocività per l'organismo stesso, come dimostrato dalla stessa
rilevante differenza di soglia di rilevanza tra le due normative, per cui ai
fini della determinazione della normale tollerabilità di cui al dettato
normativo, non può prescindersi da un'indagine attendibile sul nesso causale
rispetto all'evento temuto in relazione ai due valori così diversi;
- nel caso di specie non risultando superati i limiti normativi statali e
mancando un effettivo accertamento della pericolosità nel caso concreto, deve
ritenersi allo stato insussistente (salvo sempre la possibilità di rigorosa
prova contraria) il pregiudizio temuto, per la ragionevole innocuità della
collocazione e dell'esercizio degli impianti (che non essendo di nuova
costruzione, non rientrano nella previsione della normativa regionale);
- dunque, pur non essendo affatto escluso che a diversa conclusione possa
giungersi nell'ambito del processo dì merito, all'esito di approfondimenti da
esperirsi propriamente nell'indicata sede il procedimento urgente introdotto ai
sensi dell'art. 700 C.p.c. non è, quindi, ammissibile in quanto, a prescindere
dalla sussistenza di altri requisiti (come un pregiudizio imminente ed
irreparabile), non sussiste il requisito dell'apprezzabile fondatezza della
pretesa di cui é richiesta tutela cautelare (cosiddetto "fumus boni juris"), ed
il ricorso non può, quindi, trovare accoglimento per insussistenza di un
presupposto essenziale; (omissis)".
Pertanto, nella sede cautelare in corso di causa è stata negata tutela per
l'assenza di prova circa l'effettiva nocività delle immissioni, prova per
l'acquisizione della quale era necessario compiere la lunga e complessa
istruttoria che è stata svolta nel corso del giudizio di merito.
Avverso la suddetta ordinanza veniva proposto in data 15/02/2002 reclamo ai
sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., poi rigettato dal Collegio in data
27/02/2002 per mancanza di prova in merito al requisito del fumus boni iuris.
III. La causa veniva istruita mediante acquisizione della documentazione
prodotta ed espletamento di consulenza tecnica d'ufficio.
All'udienza del 12/2/04 venivano, quindi, precisate le conclusioni sopra
trascritte, con i termini indicati in epigrafe per il deposito di conclusionali
e memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. In estrema sintesi, parte attrice lamenta che dall'elettrodotto posizionato
sopra la propria abitazione provengono immissioni elettromagnetiche nocive; ha,
quindi, chiesto l'emissione dei provvedimenti necessari per la cessazione delle
immissioni stesse o quantomeno per la loro riduzione entro i limiti della
tollerabilità; inoltre, ha chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e non
patrimoniali subiti, da liquidarsi in separato giudizio; ha, pertanto,
richiamato le norme di cui agli artt. 844 e 2043 e segg. C.c..
2. La giurisprudenza di merito ha affrontato da lungo tempo la materia delle
immissioni nocive per la salute e vi sono state numerose pronunce pretorili e di
Tribunale che hanno concesso, ad esempio, l'inibitoria di immissioni ai sensi
dell'art. 700 C.p.c., a tutela del diritto alla salute dei proprietari o dei
titolari di un diritto di godimento su fondi contigui a fonti di immissioni ai
sensi dell'art. 844 C.p.c. (cfr. Pret. Monza 15/6/76; Pret. Vigevano 6/4/78 e
22/3/85; Pret. Thiene 13/10/84, Pret. Verona 29/6/84, Pret. Castrovillari
16/2/91; Pret. Milano, 18/2/93, in: Arch. locazioni 1994, 391).
Già in queste pronunce era presente il riconoscimento di un'autonoma azione
inibitoria a tutela del diritto alla salute inteso quale diritto della
personalità fondato sull'art. 32 Cost. e, quindi, l'esperibilità dell'azione
inibitoria come rimedio preventivo generale a tutela di tutti i diritti
assoluti. Anche la Corte di cassazione è giunta da tempo al riconoscimento del
diritto alla salute come diritto tutelabile in via immediata ad iniziativa degli
interessati ed autonomamente (cfr. Cass. 9/3/79, n. 1463; 6/10/79, n. 5172;
30/7/84, n. 4523; 11/2/85, n. 1130) prima che la Corte costituzionale con la
sentenza n. 184 del 14/7/86 tracciasse le linee maestre dell'inquadramento
costituzionale della materia, e successivamente l'indirizzo non è più stato
abbandonato. La giurisprudenza si è particolarmente sviluppata in riferimento
alle immissioni sonore, per le quali si sono raggiunti già da tempo alcuni
risultati più o meno unanimemente riconosciuti ed utilizzati dal diritto
vivente.
Diverso è stato il percorso giurisprudenziale di tutela delle immissioni
elettromagnetiche, per le incertezze scientifiche della materia di specie.
3. Tuttavia, la giurisprudenza ha raggiunto alcune acquisizioni comuni
all'intero campo della tutela dalle immissioni nocive. In particolare, è stato
osservato che il bene salute deve ritenersi comprensivo non solo dell'incolumità
fisica ma anche del benessere psichico dell'individuo e di tutto ciò che vale a
costituire la "qualità" stessa della vita, intesa come esaustiva realizzazione
della persona umana nella totalità e globalità delle sue manifestazioni e dei
suoi valori.
Inoltre, l'evoluzione delle conoscenze scientifiche consente il continuo
aggiornamento dell'ambito di operatività dell'art. 844 C.c., che, pertanto, oggi
non va riferito esclusivamente alle immissioni immediatamente avvertibili su un
piano "organolettico", con i cinque sensi dell'essere umano, ma comprende anche
quelle immissioni che, seppur non percepibili come sopra indicato, ma
scientificamente note e strumentalmente rilevabili, sono idonee comunque, anche
solo in prospettiva (purché reale, e non solo putativa), in termini di semplice
rischio e non già di vulnus, ad influire in modo lesivo sull'organismo umano (cfr.,
ad es., Trib. Como, 30/11/01, in: Giur. mer. '02, 1270). Ad esempio, non
potrebbe disconoscersi la potenzialità nociva di un'esposizione rilevante ad
emissioni di elementi radioattivi, seppur percepibili soltanto in via
strumentale, essendo questo fenomeno ormai entrato, in certa misura, nell'ambito
del comune patrimonio di conoscenze; per altre categorie di immissioni occorre,
ovviamente, un ausilio scientifico. In termini giuridici, comunque, quanto sopra
si traduce nel rilievo che le immissioni di onde elettromagnetiche rientrano nel
campo di applicabilità dell'art. 844 C.c. in quanto il concetto di "simili
propagazioni" non può essere ristretto alle sole immissioni immediatamente
avvertibili dall'essere umano con i cinque sensi.
4. Le immissioni intollerabili di onde (siano esse sonore o d'altra natura)
portano all'attenzione il fenomeno immissivo non già per le lesioni organiche
che possano, in ipotesi, provocare immediatamente nell'organismo umano, ma
proprio per la capacità di talune immissioni di alterare l'equilibrio della
persona, intesa come tale nella sua interezza e nella complessità delle
dinamiche proprie di un organismo biologico, cioè come soggetto teso a
realizzare, come d'ordinario, le sue funzioni psichiche, ed ad espletare le
attività rispondenti all'esercizio delle sue qualità soggettive e sociali, fino
ad apprestare tutela anche alla lesione di beni come la serenità personale
dell'individuo, ossia all'alterazione del benessere psico-fisico, dei normali
ritmi di vita che si riflettono sulla tranquillità personale del soggetto
danneggiato.
Le immissioni intollerabili di onde, inoltre, pongono il problema degli effetti
a lunga scadenza (o latenza) per l'organismo umano, e portano in primo piano la
rilevanza della distinzione tra "integrità fisica dell'individuo" ed una nozione
più estesa del bene "salute", comprendente il benessere psichico, la qualità
della vita, anche di relazione, ed i valori della persona, beni la cui lesione
può integrare danno illecito, ed alla sua salute, anche in assenza di lesioni
immediatamente obiettivabili.
Come già rilevato, qui viene in rilievo una nozione di danno biologico che
prescinde dalla effettiva sussistenza di menomazioni organiche dell'integrità
psicofisica della persona umana e riguarda, invece, la compromissione della
salute nel lato senso sopra indicato; in sintesi, comprensivo di tutte le
potenzialità dell'integrità psicofisica, del normale esercizio, cioè, delle
qualità del soggetto, tanto che l'intollerabilità delle immissioni che abbiano
un effetto accertato sull'organismo umano nei sensi sopra indicati, non può che
considerarsi una fattispecie produttiva del danno alla salute.
5. Occorre, quindi, verificare la ricorrenza nel caso di specie dei requisiti
indispensabili per l'accoglimento della domanda.
Quanto al pericolo di danno alla salute occorre, anzitutto, esaminare il
concetto di "normale tollerabilità" dell'immissione.
La Corte di cassazione in alcune occasioni (cfr. ad es. Cass. 11, 6/1/78, n. 38)
ha affermato che la valutazione della normale tollerabilità va fatta secondo
indici oggettivi.
Ove poi, come nel caso di specie, l'entità delle immissioni muti nell'arco della
giornata, la valutazione andrà condotta con riferimento sia agli effetti
complessivi dell'esposizione, in relazione alla durata della stessa, che in
riferimento alle potenzialità lesive dei valori massimi di intensità, per quanto
di breve durata.
Ciò posto, deve, quindi, stabilirsi se può fondatamente ritenersi che
l'immissione in questione sia intollerabile, ad a tal fine occorre individuare
un limite oltre il quale l'immissione assume tale connotazione.
6. Nel far ciò va, in primo luogo, ribadito il criterio ermeneutico e di
giudizio ormai consolidato in giurisprudenza (si veda in particolare la
giurisprudenza penale in tema di inquinamenti, in particolare idrici, e quella
civile in tema di immissioni sonore) secondo cui l'emanazione di standards
normativi (nella specie, cfr. il D.P.C.M. 23/4/02, 100 microtesla, e D.P.C.M.
8/7/03, 10 microtesla come soglia di attenzione) pone un limite di
"accettabilità" dell'immissione che deve indubbiamente essere tenuto presente
nella valutazione concreta della tollerabilità delle immissioni agli effetti
dell'art. 844 C.c., ma che l'atto normativo, in tal caso, non può precludere una
valutazione in concreto di intollerabilità, atteso anche che l'integrità della
persona ed il bene primario della salute non possono essere valutati in termini
esclusivamente fisici e materialmente constatabili in modo universale e
differenziato. D'altra parte un diritto primario della personalità non può,
comunque, essere inciso negativamente da una disposizione normativa secondaria,
d'ordine regolamentare; inoltre, nel caso di specie, detta normativa persegue
finalità di carattere pubblico ed opera nei rapporti fra i privati e la Pubblica
amministrazione, essendo destinata a fissare "i limiti di esposizione, i valori
di attenzione e gli obiettivi di qualità, le tecniche di misurazione e
rilevamento dell'inquinamento elettromagnetico e i parametri per la previsione
di fasce di rispetto per gli elettrodotti" (cfr. art 4, 2° c., lett. A) della L.
n° 36/01), e perciò le disposizioni in essa contenute né escludono
l'applicabilità dell'art. 844 C.c. nei rapporti tra i privati proprietari di
fondi vicini, né limitano la portata degli artt. 2043 e segg. C.c..
In particolare, si ritiene che anche i limiti previsti dal D.P.C.M. D.P.C.M.
8/7/03 non possano modificare il quadro giuridico di cui agli artt. 844 C.c. e
2043 C.c., direttamente riconducibili all'art. 32 Cost., per cui il superamento
della soglia di intollerabilità è da accertarsi in concreto ad opera del
giudice, in relazione ad un determinato effetto immissivo. Pertanto, non
determinano nemmeno alcuna cessazione della materia del contendere, come
sostenuto da parte convenuta.
L'orientamento espresso, peraltro, è, come già accennato, conforme ad un
consolidato orientamento in materia di inquinamento idrico, per il quale è stato
a suo tempo chiarito che l'osservanza dei limiti di cui alle normative
pubblicistiche di tutela delle acque non vale ad escludere, di per sé, il
giudizio circa l'intollerabilità ed illiceità della immissioni inquinanti (Cass.
S.U. 18/7/86, n. 4633; per la materia della tollerabilità delle immissioni
rumorose nei rapporti tra privati si veda, ad es., Cass. III, 3/2/99, n. 915 e
Cass. II, 18/7/01, n. 5697).
7. Premesso quanto sopra, la giurisprudenza di merito e di legittimità non hanno
ancora individuato in modo definitivo un limite obiettivo oltre il quale
ritenere eccedenti la normale tollerabilità le immissioni elettromagnetiche; un
precedente di merito particolarmente pertinente al caso di specie è, comunque,
quello del Tribunale di Como, citato dalle parti, secondo cui le immissioni di
onde elettromagnetiche prodotte da un elettrodotto sono intollerabili ai sensi
dell'art. 844 c.c. quando superano il parametro di 0,3 - 0,4 microtesla di campo
magnetico (Trib. Como, 30 novembre 2001 e 22 gennaio 2002, in: Riv. giur.
ambiente 2002, 576 e in: Giur. merito 2002, 1270), sicché la rilevazione di
campi elettromagnetici originati da elettrodotti di intensità superiori a quelle
indicate (precisamente, 0,3 microtesla), giustifica l'intervento dell'autorità
giudiziaria ai sensi dell'art. 844 C.c., volto ad ordinare le misure
tecnicamente idonee per la riconduzione dei rischio a livelli di normalità.
Detta pronuncia integra certamente un utile punto di confronto e di riferimento.
La questione, comunque, è stata oggetto di specifico approfondimento da parte
dei consulenti tecnici nominati, che hanno rimesso al Giudice istruttore un
elaborato di solide basi scientifiche, di grandi rigore logico ed obiettività, e
di indubbio spessore tecnico, con il complessivo risultato di fornire un ausilio
scientifico che merita piena adesione ed affidamento, non superato dalle
controdeduzioni tecniche di parte. Significativa, come si vedrà, è la
conclusione a cui si perviene quanto alla soglia di pericolosità in microtesla,
sostanzialmente omogenea a quella indicata nel precedente del Tribunale di Como
sopra menzionato.
Ai consulenti era stato posto il seguente quesito:
"Accertino i consulenti tecnici, esaminati gli atti ed i documenti di causa,
effettuati i rilievi che ritengano necessari ed opportuni, esperite tutte le
indagini necessarie anche presso pubblici uffici eseguito sopralluogo se
necessario e posta in essere ogni altra attività di indagine ritenuta utile,
tenuto conto degli standards normativi vigenti:
1. se, tenuto conto della distanza tra l'elettrodotto in oggetto e le abitazioni
degli attori, il livello di esposizione a campo elettromagnetico generato dal
passaggio di energia sia capace di creare pregiudizio alla salute degli stessi,
specificando, per quanto possibile, in che misura e in relazione a quali
conseguenze;
2. se del caso, illustrino e specifichino le differenze di pericolo per la
salute in relazione all'età delle persone, distinguendo tra adulti e bambini e,
in particolare, la fase prenatale;
3. se il predetto livello di esposizione a campo elettromagnetico abbia avuto,
in considerazione anche della durata ed intensità della esposizione, efficacia
causale in relazione agli episodi abortivi relativi alla persona dell'attrice L
XX;
4. in caso di accertamento di pericolo per la salute, quali siano le precauzioni
e gli interventi idonei ad eliminare, al di là di ogni ragionevole dubbio in
considerazione delle attuali conoscenze, i rischi per la salute in riferimento
al tipo di impianto in oggetto"
8. La consulenza si compone, anzitutto, di un'ampia parte introduttiva che, pur
costituendo un riassunto delle conoscenze scientifiche attuali in materia in
campo internazionale, consiste in un'ampia disamina della letteratura
specialistica, considerato che il numero di lavori pubblicati sull'argomento è
"largamente superiore al migliaio". La consulenza, anzitutto, dà doverosamente e
consapevolmente atto dell'assenza, allo stato attuale delle conoscenze, di
conclusioni indiscutibili nella presente materia nell'ambito scientifico,
rilevando che: "allo stato attuale delle conoscenze esistono ancora dei
significativi margini di incertezza riguardo alla capacità dei campi elettrici,
magnetici o elettromagnetici di indurre effetti avversi nell'uomo (intesi come
alterazioni significative dello stato di salute) in seguito ad esposizioni
croniche ai bassi livelli di campo (ovvero quelli a cui in normali situazioni è
esposta la popolazione generale ed anche, nella sua grande maggioranza, la
popolazione lavorativa; Gobba et al, 2000; 2000b), anche se l'orientamento
attuale prevalente è quello favorevole ad una maggiore cautela, in quanto stanno
progressivamente prendendo consistenza le indicazioni su alcuni possibili
effetti". Quindi, procede, con metodo assolutamente condivisibile, a: "...
riportare le conclusioni di recenti rassegne della letteratura scientifica
condotte da autorevoli gruppi di esperti quali lo Standing Committee ori
Epidemiology dell'ICNIRP (ICNIRP, 2001) o l'Aduisory Group on Non-ionising
Radiation del National Radiological Protection Board britannico, coordinato da
Richard Doll (NRPB, 2001a), ed alcuni studi epidemiologici pubblicati
successivamente alla stesura di tali testi; vengono inoltre riportate le
posizioni ufficiali recentemente assunte da alcune e prestigiose istituzioni,
quale la Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).".
Dapprima la consulenza esamina gli effetti cancerogeni su adulti e bambini,
confermando, in sintesi, la classificazione (della IARC) dell'esposizione a
campi magnetici ELF come "possibile cancerogeno", con effetti accertati, in
particolare, per la popolazione infantile per quanto riguarda una specifica
forma tumorale, ovvero la leucemia infantile.
Secondo la consulenza i dati epidemiologici permettono anche di ipotizzare che
tale rischio non sia genericamente insito nella esposizione ambientale,
indipendentemente dal livello di campo, ma sia sostanzialmente limitato alla
popolazione infantile con esposizioni maggiori di 0.3-0.4 gT (corrispondente ad
una quota relativamente limitata della popolazione generale, inferiore all'1%).
Inoltre, sempre in base ai dati epidemiologici, è anche possibile stimare la
entità presumibile del rischio di sviluppare leucemia infantile connesso con la
esposizione a livelli di campo magnetico superiori a 0.4 gT: il Rischio Relativo
associato a tale esposizione è di 2 (Intervallo di Confidenza 1.24-3.13),
pertanto si può concludere che un bimbo che vive in un ambiente tale da indurre
livelli ponderati di campo superiori a 0.4 gT ha un rischio doppio di leucemia
infantile rispetto ad un bambino che vive in un ambiente caratterizzato da una
esposizione inferiore (ovvero la grande maggioranza della popolazione nel nostro
Paese).
Quindi, la consulenza esamina gli effetti sulla gravidanza, con specifico
riferimento alle relazioni fra esposizione in gravidanza a campi magnetici e
aborto spontaneo, rilevando che alcuni lavori scientifici "corroborano l'ipotesi
di una relazione fra campo magnetico ELF e rischio di aborto spontaneo, e più in
particolare tra il massimo valore del campo magnetico nelle 24 ore ed il
rischio, mentre indeboliscono l'ipotesi di una relazione col valore medio del
campo.", e che, quindi, pur non essendo ancora possibile formulare un vero e
proprio giudizio in termini di 12 nesso causale tra esposizione a campi
magnetici ELF ed abortività, "tuttavia i dati certamente rafforzano l'ipotesi di
una possibile relazione, e giustificano la necessità di una adeguata attenzione
a questo problema".
Su questo punto occorre precisare che, quando la consulenza afferma che non si
può ancora formulare un giudizio in termini di nesso di causalità, significa che
non è stata affermata la certezza scientifica del nesso causale, come effetto
indiscutibilmente acclarato, secondo una successione fattuale invariabile. In
termini di causalità giuridica, peraltro, com'è noto, il concetto a cui fare
riferimento non è la causalità scientifica ma la causalità logica, che tiene
conto anche della possibilità, e di un apprezzabile grado di possibilità, e
degli altri elementi del convincimento.
Successivamente, la consulenza esamina gli effetti neurocomportamentali, le
patologie neurodegenerative e le patologie psichiatriche. Questa parte
dell'elaborato è particolarmente interessante ai fini sopra menzionati ai punti
3. e 4., in quanto vi si segnala che "l'esposizione a campi elettromagnetici di
intensità compatibile con quelli generati da linee ed installazioni elettriche è
stata messa in relazione con la comparsa di diversi effetti a livello
neurocomportamentale" in diversi studi; cioè, in altri termini, che i campi ELF
possono essere percepiti dall'uomo anche al di fuori di una esperienza
sensoriale classica, e che, pur non essendovi conclusioni definitive su questi
effetti, l'insieme di fenomeni oggetto di approfondimento è, di per sé,
significativo: si va dai sintomi depressivi alla cefalea, da alterazioni
neurocomportamentali e psichiatrici a problemi di memoria, da un'incidenza su
alcune patologie neurovegetative (principalmente Sclerosi Laterale Amiotrofica e
malattia di Alzheimer) ad un'accresciuta frequenza di suicidi. Viene poi fornita
una significativa tabella dei disturbi lamentati dalle persone che riferiscono
"ipersensibilità ai campi elettromagnetici (e che riguardano principalmente i
sistemi nervoso e cardiovascolare e l'apparato cutaneo), che viene qui
riportata.
TABELLA 1 (da Gobba 2002)
DESCRIZIONE DELLE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA
"IPERSENSIBILITA'AI CAMPI ELETTROMAGNETICI"
CASI SONO STATI SEGNALATI IN NUMEROSI PAESI EUROPEI, INCLUSA L'ITALIA, NEGLI
STATI UNITI ED IN ALCUNI PAESI ASIATICI;
I SINTOMI VENGONO RIFERITI ALLA VICINANZA CON LINEE ELETTRICHE, VARIE
APPARECCHIATURE ELETTRICHE, APPARATI PER LE TRASMISSIONI, ECC.;
NON SEMBRA AVERE PARTICOLARI PREDILEZIONI Di ETA'; PIU'SPESSO SONO INTERESSATE
PERSONE Di SESSO FEMMINILE, CON GRADO DI ISTRUZIONE MEDIO-ALTA, E CON UNA BUONA
ATTENZIONE ALLE PROPRIE CONDIZIONI DI SALUTE;
I SINTOMI LAMENTATI PIU' DI FREQUENTE RISULTANO ESSERE:
1.ASTENIA ANCHE INTENSA, APATIA, DIFFICOLTA NELL'ELABORAZIONE DEL PENSIERO;
DISTURBI DEL SONNO O DEL RITMO SONNO-VEGLIA;
ASTENIA MUSCOLARE, SPECIE ALLE GAMBE;
DISESTESIE DI VARIO TIPO, TALVOLTA NON BEN DEFINIBILI, SPECIE ALLE ESTREMITA;
MIALGIE AGLI ARTI;
DOLORE NON LOCALIZZATO OPPURE CONTEMPORANEAMENTE PRESENTE IN VARIE
LOCALIZZAZIONI, Di TIPO PUNTORIO OPPURE GRAVATIVO, O BRUCIORE, O NON BEN
DEFINITO;
DISTURBI CUTANEI TIPO ERITEMA, TENSIONE CUTANEA, PRURITO, SENSAZIONE DI CALORE O
BRUCIORE; TALVOLTA (MOLTO RARAMENTE) ANCHE PAPULE O PUSTOLE;
IRRITABILITA, PERDITA DELLA MEMORIA, ANSIETA, INSTABILITA DELL'UMORE;
NAUSEA,
TACHICARDIA O PALPITAZIONI;
CEFALEA, VERTIGINI;
ALTERAZIONI DELLA TERMOREGOLAZIONE, SPESSO CON SUDORAZIONI PROFUSE;
VARI ALTRI.
IL TIPO DI SINTOMI LAMENTATI, LA FREQUENZA E LA INTENSITA SONO MOLTO VARIABILI
DA CASO A CASO;
NELLO STESSO CASO L'INTENSITA DEI SINTOMI PUO' VARIARE NEL TEMPO;
IN UNA PROPORZIONE VARIABILE, MA SIGNIFICATIVA, DI CASI ESISTE UN PEGGIORAMENTO
NEL TEMPO;
IN UN CERTO NUMERO DI CASI, IN UN SECONDO MOMENTO E'STATO POSSIBILE DIMOSTRARE
LA PRESENZA DI ALTRE PATOLOGIE MEDICHE IN GRADO DI SPIEGARE l SINTOMI;
9. La consulenza si compone, poi, di una seconda parte nella quale viene
esaminato il caso di specie. A tal fine va ricordato, anzitutto, che livelli di
campo elettrico e magnetico a 50 Hz all'interno e nel giardino circostante
l'abitazione della Famiglia XX, posta in Via B a C di Formigine (MO), sono stati
oggetto di misurazione una prima volta da parte dell'ARPA dell'Emilia Romagna,
Sezione Provinciale di Modena, il 1910211998, ed una seconda volta da parte di
una società privata (Contatto s.n.c. di Sassuolo, Mo), che ha effettuato una
serie di rilievi nel Maggio 2001. Inoltre, al fine di acquisire ulteriori e più
dettagliati dati sulla esposizione a campo magnetico nell'abitazione della Fam.
XX e nel giardino circostante, i consulenti hanno richiesto all'ENEL il carico
medio ed il range del carico della linea Rubiera-Ponte Fossa nel periodo di
interesse (1997-2002). I dati acquisiti sono stati allegati alla relazione.
Le misurazioni sono state effettuate, quindi, con diverse metodologie, in più
occasioni ed in diverse ore della giornata, nonché in diverse zone della
proprietà oggetto di causa, e cioè sia in casa (primo piano, presso la parte
divisoria tra gli appartamenti dei Sigg. XX L e G, e piano terra, nella camera
da letto Sig.ra XX L) che all'esterno della casa (sui terrazzi ad il giardino).
Secondo i consulenti, dall'esame comparato di tutti questi dati, "in ogni caso è
degno di rilievo il fatto che in ambedue le misurazioni il campo magnetico è
risultato da circa 0.5 gT in su in tutte le misurazioni effettuate ed in tutti i
punti campionati". In ragione di ciò la consulenza rileva che "possono essere
stimati i livelli massimi di campo magnetico ELF presumibilmente presenti
nell'abitazione della Famiglia XX e nel terreno circostante, nel periodo preso
in esame:
1.6 - 2.2 gT circa nel giardino.
1.3 - 1.7 gT circa nella camera da letto della Sig. ra XX.".
Di seguito, la consulenza prosegue con le seguenti considerazioni: "Preme
osservare come, tenendo in considerazione la variabilità del carico della linea
nel corso dell'anno, questi valori siano nel complesso ben compatibili con
quelli massimali di 1.1 gT, effettivamente misurati da Contatto s.nc. nella
rilevazione protratta effettuata nella Camera del bambino.
In ragione della sostanziale compatibilità dei risultati riportati nelle
relazioni, non si è ritenuto che ulteriori misurazioni potessero apportare a
significative variazioni dei datt e non si è pertanto ritenuto necessario
procedere ad ulteriori rilevazioni.
Sembra anche importante far rilevare come, nelle condizioni di esposizione
peggiore (I piano, terrazzo Sig. G Zinì) i livelli massimi stimabili siano da
2.7 a 3.5 UT circa.".
Questi dati portano la consulenza ad affermare quanto segue: "Le misurazioni
effettuate sia dall'ARPA che da Contatto s.n.c. dimostrano livelli di
esposizione a campo magnetico ELF molto vicine o superiori a 0.5 gT in tutte le
posizioni campionate. E' pertanto da ritenersi che almeno durante il giorno, le
persone che vivono nell'abitazione in esame abbiano una esposizione intorno o
superiori a tale valore.
I valori massimi di campo magnetico ELF nelle medesime posizioni possono essere
stimati da l. 3 a 3. 5 p T circa, in funzione della posizione."
10. La consulenza prosegue con l'esame della situazione medica dell'attrice XX
L, soggetta a pregressa poliabortività spontanea. I passaggi significativi,
all'esito di un'ampia disamina della documentazione medica, degli esiti della
visita e delle altre risultanze sulla salute dell'attrice, sono i seguenti:
anzitutto è accertata l'assenza di fattori in grado di impedire in modo assoluto
il corretto svolgimento di una gravidanza;
"pertanto, anche nel caso fosse stata dimostrata la eventuale presenza di un
ipotetico fattore noto in grado di correlarsi con un aumentato rischio di
poliabortività, tale fattore non sarebbe stato in grado, da solo, di impedire il
corretto svolgimento di una gravidanza a termine. Il ruolo giocato da tale
ipotetico fattore non sarebbe, pertanto, causale ma eventualmente solo di
concausa";
"per quanto riguarda il possibile ruolo svolto dalla esposizione al campo
elettrico e magnetico indotto dall'elettrodotto, va osservato che le rilevazioni
condotte dimostrano, almeno per il campo magnetico, livelli massimi di
esposizione nell'abitazione della Sig.ra XX sono stimabili in 1.6 - 2.2 gT circa
nel giardino e 1.3 - 1.7 gT circa nella camera da letto al I piano. (omissis)
Per livelli massimi di campo magnetico analoghi a quelli rilevati
nell'abitazione della Sig.ra L XX in due recentissimi studi epidemiologici ben
condotti (Li et al, 2002; Lee et al, 2002) è stato osservato un significativo
aumento del rischio di aborto (RR: 1.8, Li et al, 2002; O.R.: 1.4, Lee et al.
2002).
Va inoltre aggiunto che almeno in uno dei due studi (Lee et al, 2002), è stato
dimostrato che il rischio relativo era più elevato fra le donne che avevano
avuto ripetute perdite fetali o ridotta fertilità. Una eventuale poliabortività
preesistente, pertanto, sembrerebbe costituire una condizione di maggiore
"suscettibilità" nei confronti dell'effetto avverso sulla gravidanza dovuto al
campo magnetico indotto dalla corrente elettrica";
"infine, non può neppure essere ignorato possibile ruolo negativo sul corretto
svolgimento della gravidanza dovuto allo stress (Neugebauer et al, 1996, O'Hare
and Creed 1995; Wasser, 1999; Wergeland and Strand 1998) indotto nella Sig.ra XX
dalla preoccupazione correlata alla presenza dell'elettrodotto. Una misurazione
del livello attuale di stress nella Sig.ra XX non è certamente in grado di
fornire una stima attendibile dello stress presente nel 1997 e nel 2000 (cioè
nei periodi durante i quali la Sig.ra XX ha presentato gli episodi abortivi),
però la presenza di una situazione stressante connessa con la preoccupazione
dovuta alla presenza dell'elettrodotto è desumibile da quanto riferito in corso
di visita, così come risulta dall'Anamnesi Patologica Remota.
Sulla base delle considerazioni precedenti è pertanto evidente che, se da un
lato non si può dimostrare oltre ogni dubbio il ruolo causale svolto dalla
presenza dell'elettrodotto sovrastante l'abitazione della Sig.ra XX nella
patogenesi degli episodi abortivi della Sig.ra XX stessa, d'altra parte esistono
certamente le condizioni perché tale elettrodotto possa aver giocato un
significativo ruolo avverso sulla normale conduzione della gravidanza. Per
converso, non zii sono, invece, dimostrazioni certe di altre cause".
In breve, dunque, in base ai dati riferiti dalla consulenza, si può stimare
l'entità del rischio di aborto spontaneo in funzione della esposizione massima a
campo magnetico ELF: per valori massimi di campo compresi tra 1.4 e 2.3 pT l'O.R.
è di 1.4, mentre diventa 1.9 per valori massimi tra 2.3 e 3.5 pT, e 2.3 per
valori superiori a 3.5 pT.
11. A conclusione del loro lavoro i consulenti formulano le seguenti risposte ai
quesiti.
Al primo quesito:
"I livelli di campo magnetico ELF documentati nell'abitazione della famiglia XX
e nel terreno circostante sono compatibili con un aumento del rischio di
leucemia infantile. E' molto difficile fomire una stima della misura del rischio
di leucemia infantile connesso con tale esposizione ma, sulla base dei risultati
di un recenti studio epidemiologico che rielabora i dati di una serie di
precedenti studi caratterizzati da un'elevata qualità e condotti in vari paesi,
il Rischio Relativo sarebbe di 2, (limiti di confidenza 1.24 - 3.13) in
corrispondenza di livelli di esposizione superiori a 0.4 PT, ovvero di livelli
anche inferiori a quelli documentati dalle misurazioni condotte nell'abitazione
della Famiglia XX.
Inoltre, anche per l'aborto spontaneo esistono indicazioni epidemiologiche di un
aumento di rischio in relazione ad esposizioni elevate a campi magnetici ELF,
anche se il grado di certezza è da considerarsi certamente inferiore rispetto
alla leucemia infantile. In funzione dei livelli massimi di campo magnetico
stimabili nell'abitazione della Famiglia XX e nel terreno circostante, sulla
base dei dati dello studio di Lee et al (2002) l'aumento del rischio di aborto,
espresso come Odds Ratio, sarebbe presumibilmente compreso tra 1.4 e 1.9.
Non sembrano invece esistere, attualmente, sufficienti evidenze per quanto
riguarda un aumento di rischio di altre patologie."
Al secondo quesito.
"La risposta a questo quesito è già compresa in quella al quesito precedente, e
non pare possibile aggiungere ulteriori dettagli"
Al terzo quesito.
"Sebbene esistano indubbiamente dei dati epidemiologici che supportano un
sospetto di aumento del rischio di aborto in relazione alla esposizione a campi
magnetici ELF, e sebbene per livelli massimi di esposizione analoghi a quelli
stimabili nell'abitazione della Famiglia XX e nel giardino circostante l'aumento
risulterebbe significativo in base ai dati di recenti studi epidemiologici, è
molto difficile, e discutibile, una estrapolazione di dati epidemiologici sul
singolo individuo. Tuttavia, pur non potendo essere dimostrato, un ruolo causale
o concausale del campo elettrico e/o magnetico nella patogenesi della
poliabortività è plausibile, specialmente tenendo conto che: il livello di
esposizione massima stimato era tra quelli per i quali un aumento del rischio è
stato segnalato; in base ad alcune indicazioni epidemiologiche, una eventuale
poliabortiuità preesistente sembrerebbe costituire una condizione di maggiore
"suscettibilità" nei confronti del possibile effetto avverso sulla gravidanza
dovuto al campo magnetico indotto dalla corrente elettrica; la esposizione della
Sig.ra XX è avvenuta durante tutti gli episodi di gravidanza conclusi con
l'aborto, e si è protratta per tutto il periodo dal concepimento fino all'evento
abortivo; non può essere completamente ignorato un possibile ruolo giocato dalla
situazione
stressante connessa con la presenza dell'elettrodotto;
non vi sono evidenze, nella Sig.ra XX, di altri fattori di rischio noti per
episodi di abortività.".
Al quarto quesito.
"Al fine di eliminare, al di là di ogni ragionevole dubbio in considerazione
delle attuali conoscenze, i rischi per la salute in riferimento al tipo di
impianto in oggetto, sarebbe necessario ridurre la esposizione ponderata a campo
magnetico ELF a livelli certamente inferiori a 0.2-0.4 pT, e il livello massimo
di esposizione a valori certamente inferiori a 1.4 pT circa.
Anche alfine di tenere conto di eventuali condizioni di ipersuscettibilità
individuale, il limite di esposizione andrebbe fissato al livello più basso
possibile rispetto a quello che sì è dimostrato in grado di indurre effetti
avversi.
Tale riduzione della esposizione può essere ottenuta con misure tecniche di
vario tipo quali, ad esempio, un allontanamento dei cavi, ovvero una riduzione
del carico della linea. Peraltro una puntuale presentazione e discussione delle
misure attuabili esula dalle competenze dei CTU".
12. Alla luce delle circostanze e considerazioni che precedono, la situazione
concreta oggetto del presente giudizio è apprezzabile in tutta la sua obiettiva
evidenza e la sua indiscutibile gravità.
L'esposizione a campi magnetici documentati nell'abitazione degli attori e nel
terreno circostante è compatibile con un aumento del rischio di leucemia
infantile, giacché sono molto vicine o superiori a 0.5 pT, laddove
un'esposizione a 0.4 PT comporta un raddoppio del rischio di leucemia infantile,
ciò che, normalmente, si riscontra solo nell'uno per cento della popolazione
infantile.
Nel caso di specie, l'attrice ha due bambini, per i quali, pertanto, la
permanenza nell'abitazione oggetto di causa h espone al rischio indicato.
L'esposizione a campi magnetici documentati nell'abitazione degli attori e nel
terreno circostante è, inoltre, compatibile con un aumento del rischio di
aborto, da configurarsi come concausa di ulteriori fattori predisponesti.
Nel caso di specie l'attrice XX è stata soggetta a ripetuti episodi abortivi,
iniziati in concomitanza con l'insediamento nell'abitazione posta sotto
l'elettrodotto. Il giudizio di efficacia concausale specifica è, poi,
formulabile, nel caso di specie, sulla base anche di ulteriori elementi di
convincimento, e precisamente i seguenti dati obiettivi: le due gravidanze
portate a termine sono state condotte dall'attrice allontanandosi
dall'abitazione in questione e recandosi presso la madre; la consulenza non ha
riscontrato nella Sig.ra XX altri fattori di rischio noti per episodi di
abortività; il livello di esposizione massima stimato era tra quelli per i quali
un aumento del rischio è stato segnalato; la esposizione della Sig.ra XX è
avvenuta durante tutti gli episodi di gravidanza conclusi con l'aborto, e si è
protratta per tutto il periodo dal concepimento fino all'evento abortivo. Il
giudizio è suffragato, altresì, da due considerazioni ricavabili dalla
consulenza, secondo cui una poliabortività preesistente costituisce, di per sé,
una condizione a sua volta predisponente aumentando la suscettibilità nei
confronti del possibile effetto avverso sulla gravidanza dovuto al campo
magnetico indotto dalla corrente elettrica, e la stessa consapevolezza della
situazione, e della presenza dell'elettrodotto, integra una situazione
stressante, anch'essa di per sé incidente sul rischio di interruzione della
gravidanza.
Alla stregua delle esposte considerazioni è, quindi, possibile ipotizzare
seriamente la sussistenza di un nesso causale tra gli episodi abortivi lamentati
dalla convenuta e l'esposizione ai campi magnetici documentati.
Più in generale, può affermarsi che in base alle risultanze di causa, nel caso
di campi elettromagnetici, secondo la migliore scienza ed esperienza del momento
storico, un danno alla salute sia conseguenza certa o altamente probabile del
superamento della soglia di 0,4 microtesla. Inoltre, le immissioni di onde
elettromagnetiche prodotte da un elettrodotto sono da ritenere nocive per la
salute (e, quindi, intollerabili ai sensi dell'art. 844 C.c.) quando superano il
parametro di 0,2 microtesla di campo magnetico (dato che a 0,4 microT inizia la
fascia di danno), e il livello massimo di esposizione il parametro di 1,4 microT,
per i rischi che comportano per la salute umana, con particolare riferimento a
bambini ed adulti in gravidanza.
Conforta le esposte conclusioni la circostanza che almeno la normativa regionale
in materia di elettrodotti sia adeguata alle posizioni scientifiche più recenti.
Infatti la legge della Regione Emilia Romagna n. 30 del 31/10/2000 prescrive,
per gli impianti di nuova costruzione, il rispetto del valore di 0,2 microT nei
luoghi a permanenza prolungata di persone. E' vero che la normativa non è
direttamente applicabile, per l'esposta ragione, al caso di specie, ma
l'indicazione di un simile obiettivo di qualità (conforme in sostanza a quelli
scandinavi) è dotata di indiscutibile efficacia sul piano logico, in quanto è
evidente che la soglia indicata in base alla normativa più evoluta per gli
impianti di nuova costruzione è enormemente inferiore a quella statale, ed è
compresa nei limiti stabiliti dalla consulenza tecnica d'ufficio nel presente
giudizio; mentre è, altresì, evidente che l'organismo umano non distingue, nel
subirne gli effetti, tra elettrodotto di nuova costruzione o preesistente.
13. Considerata, dunque, la natura delle attività descritte, e l'origine delle
immissioni provenienti dall'elettrodotto; considerata, altresì, la destinazione
ad abitazione degli immobili di parte attrice, e le condizioni personali degli
stessi residenti, nonché considerata la natura degli effetti delle immissioni
descritti, in
particolare, nella espletata consulenza tecnica d'ufficio e consistenti nella
causazione di un campo magnetico da circa 0.5 microtesla in su, per tutto l'arco
della giornata, e con punte comprese tra 1.3 e 2.2 microtesla, a seconda dei
luoghi; la natura e la consistenza delle emissioni nel caso in esame appare
rilevante e senza dubbio al di sopra dei limiti della normale tollerabilità.
Nel caso di specie, poi, più che di intollerabilità (che rimanda ad un criterio
di contemperamento di interessi fondiari proprio dell'art. 844 C.c.), si deve
parlare di nocività, e si deve inquadrare la fattispecie nelle immissioni nocive
per la salute, cioè quelle integranti lesione o rischio obiettivo per il diritto
soggettivo assoluto di salute. In proposito, infatti, occorre distinguere le
azioni inibitorie propriamente fondate sull'art. 844 C.c., sullo schema
dell'azione negatoria di natura reale a tutela della proprietà, e l'azione a
tutela del diritto assoluto di salute, ai sensi degli artt. 2043-2058 C.c.; a
rigore si tratta di due azioni ontologicamente distinte (oltre che cumulabili),
perché nella seconda nessun contemperamento è consentito per il rischio di
pregiudizio di diritti assoluti della persona, con il risultato che le
immissioni nocive per la salute debbono essere eliminate tout court.
La Corte di cassazione fa rientrare l'azione del proprietario del fondo
danneggiato per conseguire l'eliminazione delle cause di immissioni tra le
azioni negatorie, di natura reale, a tutela della proprietà; comunque, in
presenza di immissioni nocive per la salute, perviene al medesimo risultato, di
accertare in via definitiva l'illegittimità delle immissioni e di ottenere il
compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili per farle
cessare, salvo pur sempre il cumulo con l'azione per la responsabilità aquiliana
prevista dall'art. 2043 C.c., nonché con la domanda di risarcimento del danno in
forma specifica ai sensi dellart. 2058 C.c. (Cass. S.U. 15/10/98, n. 10186).
Nel caso concreto, come si è visto, occorre tutelare il diritto di salute degli
attori come organismi adulti e, specificamente, la capacità di procreare
dell'attrice L XX, intesa come capacità di portare validamente a termine una
gravidanza, in quanto le sue attuali condizioni personali le consentono di
esplicare ancora questa facoltà; ed occorre altresì tutelare il diritto di
salute degli attori sotto il duplice profilo della salute dei due bambini
facenti parte della famiglia (esposti al rischio specifico di raddoppio di
leucemia infantile) e, in senso più ampio, sotto il profilo della serenità
personale e familiare degli attori, turbata non solo a livello fisico (in caso
di sviluppo di patologie) ma anche a livello psicologico, dagli effetti
stressanti, per gli attori, della accertata esposizione a rischio dei bambini
stessi.
Il caso di specie, quindi, impone di ordinare una forma di utilizzo
dell'impianto, ovvero l'adozione di misure tecnicamente idonee, per raggiungere
l'obiettivo concreto di ricondurre il rischio a livelli di normalità, cioè, in
sostanza, per l'eliminazione del rischio.
14. Verificata la fondatezza delle domande di parte attrice, resta da stabilire
quale contenuto debba avere il provvedimento di cui la punto 13..
Al fine di realizzare gli effetti inibitori necessari nel caso di specie, si
ritiene opportuno inibire al convenuto di provocare nella proprietà degli attori
un campo magnetico del valore pari o superiore a 0,2 microtesla; questo è
l'obiettivo finale; le modalità concrete con le quali il convenuto dovrà
provvedere a realizzare detto obiettivo, sono in astratto molteplici, in quanto
il convenuto potrà provvedere a disattivare la linea sostituendola
completamente, ovvero potrà procedere ad interrarla per una porzione idonea al
predetto scopo, ovvero ancora ad apporre idonee schermature (fattispecie che,
peraltro, appare poco verosimile e praticabile, sotto profili sia tecnici che
urbanistici), ovvero pure potrà procedere ad innalzare i piloni in modo da
alzare complessivamente il tratto di linea (e la campata) in misura tale da
ottenere il predetto scopo; altri accorgimenti appaiono forse possibili ed
utili, da individuarsi da parte del convenuto destinatario dell'ordine di
inibitoria (come anche - ipotesi forse non conveniente sul piano commerciale -
utilizzare la linea con minore intensità, tale cioè da non indurre un campo
magnetico nocivo); fermo restando che, in sede di esecuzione del precedente
provvedimento, in caso di inottemperanza o di ottemperanza inidonea o elusiva da
parte del convenuto, potrà essere adottata la misura estrema dell'inibizione
all'esercizio della linea nella zona in questione, e il servizio all'utenza
dovrà essere garantito altrimenti. In ogni caso la modalità richiesta da parte
attrice appare adeguata e va accolta, anche se suscettibile di realizzazione
tecnica con modalità alternative nei termini sopra espressi, purché idonei
Ai predetti fini e con le sopra espresse precisazioni, nel dispositivo si
ritiene sufficiente ed idonea l'inibizione di qualunque attività (con
particolare riferimento alla conduzione di elettrodotto) che provochi
nell'intera proprietà degli attori un campo magnetico del valore pari o
superiore a 0,2 microtesla e il livello massimo di esposizione a valori
superiori a 1.4 microT, mediante spostamento altrove della linea attualmente in
essere.
15. Quanto ai profili risarcitori, per la ricorrenza della lesione della salute,
deve anzitutto premettersi che nel caso di specie è accertato che diritto alla
salute non è solo minacciato ma è stato leso in occasione degli episodi
abortivi.
Nel caso concreto la fattispecie può essere inquadrata nella responsabilità del
custode per i danni cagionati da cose in custodia, stabilita dall'art. 2051 C.c.,
che prevede un sistema di responsabilità presuntivo, in cui la esclusione di
responsabilità discende dalla prova del caso fortuito.
Detta responsabilità viene ricollegata, in giurisprudenza, ai danni intrinseci
al dinamismo connaturale alla cosa medesima o prodottisi per l'insorgenza in
questa di un processo dannoso ancorché provocato da agenti esterni (Cass. civ.,
sez. III, 26 febbraio 1994, n. 1947); detta norma, pertanto, non richiede
necessariamente che la cosa sia suscettibile di produrre danni per sua natura,
cioè per suo intrinseco potere, in quanto anche in relazione alle cose prive di
un dinamismo proprio sussiste il dovere di custodia e controllo, allorquando il
fortuito ed il fatto dell'uomo possono prevedibilmente intervenire, come causa
esclusiva o come concausa, nel processo obiettivo di produzione dell'evento
dannoso, eccitando lo sviluppo di un agente, di un elemento o di un carattere
che conferiscono alla cosa l'idoneità al nocumento (Cass. 9/6/83, n° 3971; Cass.
23/10/90, n° 10277; Cass. III, 26/5/93, n° 5925, in tema di infiltrazioni di
acqua), e la cosa, per guasto od altre cause accidentali, sfugge al controllo
del custode; la presunzione di responsabilità che vi é connessa può, inoltre,
essere vinta solo dalla prova del caso fortuito, evento che non si sia potuto
prevedibilmente evitare e che sia stato da solo la causa dell'evento dannoso.
Viceversa, ai fini dell'accertamento della responsabilità, per il danneggiato è
sufficiente fornire la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l'evento
dannoso, nonché dell'esistenza di un effettivo potere fisico su di essa da parte
del custode, sul quale incombe il dovere di vigilare onde evitare che produca
danni a terzi (cfr., tra le varie, Cass. II, 22/2/99, n. 1477 in tema di
infiltrazioni d'acqua).
16. In ordine alla nozione di caso fortuito, inoltre, va rilevato che esso viene
per costante e conforme giurisprudenza inteso nel senso più ampio, comprensivo
del fatto del terzo e della colpa del danneggiato (Cass. 22/5/82, n° 3134; Cass.
N° 10277/90, cit.; Cass. III, 3/12/02, n. 17152; Cass. II, 22/7/02, n°. 10686);
dunque, mentre incombe al danneggiato l'onere di provare gli elementi sui quali
si basa la responsabilità presunta iuris tantum del custode, quest'ultimo, ai
fini della prova liberatoria, ha l'onere di indicare e provare la causa del
danno estranea alla sua sfera di azione (caso fortuito, fatto del terzo, colpa
del danneggiato, dotati di impulso causale autonomo: cfr. Cass. 20/1/81, n'
481), rimanendo a suo carico la causa ignota (Cass. 14/3/83, n° 1897; Cass. civ.,
25/11/88, n° 6340; Cass. S.L., 16/9/98, n. 9247).
Dunque, l'art. 2051 c.c. non esonera il danneggiato dall'onere di provare il
nesso causale fra cosa in custodia e danno, ma tale prova si esaurisce nella
dimostrazione che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della
particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta od assunta dalla cosa -
considerata nella sua globalità e non nelle singole parti specificamente
pericolose - senza doversi provare anche l'esclusione, nel concreto determinismo
dell'evento, di impulsi causali autonomi ed estranei alla sfera di controllo
propria del custode e, quindi, per lui inevitabili (Cass. II, 22/7/87, n. 6407;
Cass. III, 6/8/97, n. 7276; Cass. III, 13/2/02, n. 2075).
17. Nel caso di specie, i presupposti della responsabilità in capo al convenuto
sono positivamente sostenibili. Il piano della riconducibilità causale è già
stato esaminato al punto 12.: da quanto ivi espresso, discende, infatti, che
nella presente vicenda é ipotizzabile il nesso causale tra la cosa oggetto di
conservazione e conduzione (attività che, se pure non comporta un controllo
costante ed effettivo, non esime da responsabilità nel caso di immissioni verso
la proprietà altrui, se non viene fornita idonea prova liberatoria) ed è,
pertanto, nel caso di specie indiscutibile la necessaria e sufficiente "riconducibilità
del danno alla cose".
Tuttavia, non era questa la sede per fornire, da parte convenuta, la prova
liberatoria dalla responsabilità ai sensi dell'art. 2051 C.c. (incentrata sul
caso fortuito e l'intervento esclusivo di estranei nella determinazione degli
effetti della cosa). Peraltro, la conduzione della linea elettrica è sempre
rimasta, in modo indiscusso, in capo al convenuto.
D'altra parte la giurisprudenza recente ha focalizzato i termini precisi degli
schemi applicativi della norma in questione, ribadendo che "la responsabilità
per i danni cagionati da una cosa in custodia ex art. 2051 c.c. si fonda non su
un comportamento od un'attività del custode, ma su una relazione intercorrente
tra questi e la cosa dannosa e, poiché il limite della responsabilità risiede
nell'intervento di un fattore, il caso fortuito, che attiene non ad un
comportamento del responsabile ma alle modalità di causazione del danno, si deve
ritenere che, in tema di ripartizione dell'onere della prova, all'attore compete
provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo,
mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore,
estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e,
cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o dello
stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi,
dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità" (Cass. III, 20/7/02, n. 10641);
questo in quanto, appunto, poiché la responsabilità per danni cagionati da cose
in custodia ha natura oggettiva, "tanto la condotta del custode relativa
all'inosservanza di prescrizioni di sicurezza, quanto la condotta colposa del
danneggiato, vanno considerate esclusivamente ai fini della sussistenza del
nesso causale e della ricorrenza del fortuito" (Cass. III, 15/1/03, n. 472).
Dunque, perché detta responsabilità oggettiva possa configurarsi in concreto, "è
sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno
arrecato, senza che rilevi la condotta del custode e l'osservanza o meno di un
obbligo di vigilanza; il nesso di causalità deve essere escluso quando il danno
sia ascrivibile al caso fortuito" (Cass. n. 472/03, cit.).
18. Quanto, in particolare, alla prova liberatoria, all'obbligo di custodia
viene conferita consistente pregnanza anche in riferimento alla vigilanza su
beni che per le caratteristiche di estensione e modalità di uso possono
comportare difficoltà concrete di vigilanza e custodia: in proposito, peraltro,
occorre distinguere la nota vicenda giurisprudenziale relativa al c.d.
trabocchetto nelle strade pubbliche, le quali sono, effettivamente, oggetto di
una utilizzazione generale e diretta da parte di terzi (vicenda in cui,
peraltro, si perviene ugualmente ad affermare la responsabilità del gestore
della strada a determinate condizioni), da fattispecie ad essa non propriamente
assimilabili, come la gestione di linee elettriche ad alta tensione, nelle quali
l'impianto, per quanto di vasta estensione, è, in realtà, nell'esclusiva
disponibilità e sotto l'esclusivo controllo del custode: infatti, ad esempio, in
passato in un'occasione si è affermata la responsabilità dell'Enel per danni
cagionati in conseguenza della caduta di un fulmine su di un trefolo e sulla
fune di guardia di una linea elettrica ad alta tensione, osservando che si
trattava di oggetti in uso esclusivo dell'ente per la gestione della linea
(Cass. III, 15/1/96, n. 265).
Nel caso di specie, peraltro, si assume che il danno non derivi dall'intervento
di un elemento esterno alla cosa o alla sua custodia, ma dalla capacità
intrinsecamente dannose della cosa, ove gestita in concreto in maniera da
indurre un campo magnetico della portata sopra indicata.
In questo modo non si afferma che l'esercizio di elettrodotto sia attività
pericolosa ai sensi dell'art. 2050 C.c., in quanto in base allo stato delle
conoscenze al momento dell'introduzione del giudizio questa affermazione non era
consentita (anche se, in caso di definitiva conferma delle conclusioni della
consulenza tecnica d'ufficio nell'ambito scientifico, si dovrebbe probabilmente
affermare la natura di attività pericolosa per la gestione di un impianto capace
di indurre un campo magnetico superiore a 0,2 microtesla), ma si applica la
norma di cui all'art. 2051 C.c., che appunto disciplina la gestione delle cose
solo eventualmente pericolose.
Infine, nel caso di specie non può neppure parlarsi di una palese e certa
esclusione, totale o parziale, della responsabilità del custode per effetto
della condotta dello stesso danneggiato, sotto il profilo della volontaria
esposizione a rischio: tutta la condotta antecedente al giudizio ed anche la
stessa iniziativa processuale, sia in sede cautelare che dì merito, denota
proprio l'evidente intenzione di sottrarsi agli effetti dei campi magnetici
temuti. Né può essere ritenuta condotta colposa quella di avere acquistato
l'immobile e di avervi instaurato la propria abitazione ad elettrodotto già
installato: detta condotta costituisce esclusivamente esercizio di legittime
facoltà di esplicazione dell'autonomia privata e del diritto di proprietà e, se
da un lato è palese che essa non può subire simili limitazioni, d'altro lato non
può nemmeno essere oggetto di valutazione negativa ai sensi dell'art. 1227 C.c.,
in quanto ciò costituirebbe una reintroduzione surrettizia di un criterio di
contemperamento degli interessi contrapposti, simile a quello di cui all'art.
844 C.c., in una fattispecie nella quale, come sopra già stabilito al punto 9.,
non è consentito alcun bilanciamento, per la minaccia a diritti assoluti della
persona.
19. Sul fatto che il procurato aborto costituisca fatto in ipotesi generatore -
sotto un profilo oggettivo - di danno alla salute e di danno non patrimoniale,
oltre che - ove ricorrano i presupposti - di danno morale subiettivo, non
sussistono dubbi.
L'evento in questione non incide solo sulla sfera biologica della persona umana,
ma incide anche, deteriorandola, sulla stessa qualità della vita, comportando
per il soggetto alterazione del suo equilibrio psicofisico. Ne consegue che il
danno che ne deriva è suscettibile soltanto in parte di essere valutato in
termini economici e soltanto per equivalente; e che, nel caso specifico,
l'evento é di per sé nocivo alla salute per ciò che comporta l'interruzione
della gravidanza, ed è lesivo nei confronti della salute psichica, come
menomazione dell'aspettativa di maternità (soprattutto ove determinatosi in
misura superiore al rischio - peraltro naturalmente esistente di eventi
spontanei); per l'accertamento della lesione del diritto alla salute non è,
quindi, necessaria alcuna ulteriore prova del danno psicologico subito (che
servirebbe, in ipotesi, solo a dimostrare un ulteriore titolo di danno, ove a
livello psichico si fosse sovrapposta una patologizzazione nell'elaborazione
dell'evento, tale da determinare conseguenze fisiche obiettivabili; il che nel
caso di specie non è nemmeno allegato da parte attrice).
Quanto al danno non patrimoniale e non alla salute, secondo la ricostruzione
evoluta, espressa dalla giurisprudenza di legittimità del 2003 avallata dalla
Corte costituzionale con sent. n. 233/2003, il danno non patrimoniale va inteso
come categoria ampia, all'interno della quale il danno morale subiettivo va
distinto dagli altri pregiudizi, diversi ed ulteriori, che conseguono alla
lesione di un interesse costituzionalmente protetto della persona, anche
indipendentemente dalla ricorrenza degli estremi di reato (Cass. III, 31/5/03,
nn. 8827 ed 8828).
Questo danno non patrimoniale conseguente alla ingiusta lesione di un interesse
costituzionalmente protetto inerente la persona non è soggetto, ai fini della
risarcibilità, al limite della riserva di legge correlata all'art. 185 C.p. e
non presuppone la qualifica di illecito come reato (Cass. nn. 8827/03 e 8828/03
cit.).
In proposito, nello stesso 2003 si è anche chiarita anche la risarcibilità del
vero e proprio danno morale subiettivo, che spetta alla vittima di un illecito
quand'anche la colpa dell'offensore non sia stata accertata in concreto, ma sia
stata presunta in base ad una presunzione legale (nella specie, art. 2051 c.c.);
ciò in quanto il mancato positivo accertamento della colpa dell'autore del danno
non osta alla risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. e 185
c.p., se essa responsabilità, come nel caso di cui all'art. 2051 c.c., debba
ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la
colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato (Cass. III, 12/5/03, n. 7281).
Nell'ottica, dunque, di questa seconda lettura, costituzionalmente orientata,
degli artt. 2043 e 2059 C.c., nel caso di specie non sussistono dubbi sulla
possibilità di pervenire alla risarcibilità dell'illecita lesione degli
interessi non patrimoniali della persona, anche nell'assenza degli estremi di
reato, come nel caso di specie.
Tornando al danno patrimoniale, anche il richiesto danno per deprezzamento
economico della proprietà degli attori é in ipotesi configurabile; si tratta di
una fattispecie di danno patrimoniale emergente per la diminuzione di valore
dell'immobile che subisce le immissioni, specificamente connessa alla
menomazione delle possibilità di godimento (Cass. sez. un., 10/ 12/84, n. 6476;
sez. un., 16/7/83, n. 4889.
20. Tutti i menzionati aspetti risarcitori, peraltro, nella presente sede si
arrestano al livello di accertamento dei presupposti per una condanna generica,
per espressa richiesta di parte attrice, che ha chiesto fin dall'atto
introduttivo di procedere a liquidazione in separato giudizio civile. Quindi non
si versa nell'ipotesi di cui all'art. 278 C.p.c., in cui occorre proseguire il
giudizio con ordinanza, ma, sul punto, nella presente sede va emanata una
sentenza definitiva, di esclusivo accertamento e condanna generica, restando
impregiudicata, nella successiva sede processuale, ogni ulteriore decisione.
In giurisprudenza si precisa, infatti, che la condanna generica al risarcimento
del danno postula, quale presupposto necessario e sufficiente della pronuncia,
l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose,
restando impregiudicato quello, riservato al giudice della liquidazione,
dell'esistenza e dell'entità del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione
del giudicato sull'"an debeatur". Tale principio trova applicazione non solo
nella ipotesi specificamente prevista dall'art. 278 c.p.c. - in cui, risultando
accertata la sussistenza di un diritto, ma essendo controversa la quantità della
prestazione dovuta, il giudice, su istanza di parte, si limiti a pronunciare,
con sentenza, non definitiva, la condanna generica alla prestazione, disponendo
con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione; ma altresì nel caso
in cui l'attore proponga ab origine" domanda limitata alla sola condanna
generica, riservando a separato giudizio la richiesta di determinazione della
prestazione dovuta (Cass. I, 22/11/2000,n°.15066).
L'affermazione, poi, che la pronuncia di condanna generica al risarcimento del
danno per fatto illecito integra un accertamento di potenziale idoneità lesiva
di quel fatto, e non anche l'accertamento del fatto effettivo, la cui prova è
riservata alla fase successiva, è pacifica e consolidata in giurisprudenza
(Cass. III, 18/6/03, n. 9709; III; 16/5/03, n. 7637); dunque, ai fini della
condanna generica al risarcimento del danno, sia essa oggetto di autonomo
giudizio, ovvero di quello che prosegue per la determinazione del quantum, è
sufficiente l'esistenza potenziale del danno - in base ad un accertamento anche
di probabilità o di verosimiglianza - che dovrà poi essere determinato, o anche
escluso dal giudice della liquidazione (Cass. I, 17/4/03, n. 6190). In ogni
caso, infatti, la condanna generica al risarcimento dei danni, sia essa oggetto
di autonomo giudizio, ovvero di quello che prosegue per la determinazione del
quantum, presuppone soltanto l'accertamento di un fatto potenzialmente dannoso,
mentre la prova dell'esistenza in concreto del danno, della sua reale entità e
del rapporto di causalità è riservata alla fase successiva di determinazione e
di liquidazione (Cass. III, 2/5/02, n. 6257).
21. Nei termini sopra espressi in motivazione, le domande di parte attrice sono
risultate fondate e vanno accolte.
Le spese del presente giudizio, ivi compresa la fase cautelare, seguono la
soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P. Q. M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando
ordina alla società Enel S.p.a. di spostare altrove la condotta elettrica che
sovrasta la proprietà di L XX, G XX ed ZZ, in Formigine (MO), fraz. C, via B, e
comunque di fare in modo che essa non provochi nella predetta proprietà un campo
magnetico del valore pari o superiore a 0,2 microtesla e un livello massimo di
esposizione a valori superiori a 1.4 microT ;
dichiara obbligata e condanna la società Enel S.p.a. al risarcimento dei danni
patrimoniali e non patrimoniali nei confronti nei confronti di L XX G XX ed ZZ,
danni tutti da liquidarsi in separato giudizio;
dichiara obbligata e condanna la società Enel S.p.a. a rifondere a L XX, G XX ed
ZZ le spese processuali che liquida nella complessiva somma di €.8.091,41, di
cui €.691,74 per spese, €.3.826,98 per competenze, €.2.900,00 per onorari ed €.6
72,69 per spese generali, oltre IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Modena, il 5/5/104.
Consegnato per il deposito in Cancelleria il 15/06/04
Il Giudice
(Dr. G. Pagliani)
Deposito in Cancelleria il 06/09/2004
Per ulteriori approfondimenti ed altre massime vedi il canale: Giurisprudenza
Massima in preparazione
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