Legislazione Giurisprudenza Vedi altre: Sentenze per esteso
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello iscritto al NRG 415 dell’anno 2003, proposto da T.
F. & C. S.A.S., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e
difesa dagli avv. prof. Antonio Cataudella e Marco Cardia, con i quali è
elettivamente domiciliata in Roma, via Barberini, n. 86;
c o n t r o
COMUNE DI TRANSACQUA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso
dagli avv. Marco Dalla Fior, Andrea Lorenzo e prof. Paolo Stella Richter, con i
quali è elettivamente domiciliato in Roma, viale Mazzini, n. 11 (presso lo
studio dell’avv. prof. Paolo Stella Richter);
e nei confronti di
COMUNE DI TONADICO, in persona del sindaco in carica; PROVINCIA AUTONOMA DI
TRENTO, in persona del presidente della giunta provinciale in carica, e
COMMISSARIO AD ACTA, ing. Moar Loris, tutti non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino
– Alto Adige, sede di Trento, n. 623 del 6 novembre 2001;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Transacqua;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi
difensive;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 9 marzo 2004 il consigliere Carlo Saltelli;
Uditi l’avvocato Cautadella per la società appellante e l’avvocato Stella
Richter per il Comune di Transacqua;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Con la sentenza n. 231 del 6 novembre 2001 il Tribunale regionale di giustizia
amministrativa del Trentino – Alto Adige, sezione di Trento, ha respinto, previa
riunione, due ricorsi proposti dalla società T. F. & C. s.a.s., rispettivamente,
il primo (NRG 180/1998) avverso il provvedimento del sindaco del Comune di
Transacqua n. 648/98 del 14 aprile 1998 di diniego della concessione edilizia
chiesta il 9 marzo 1998, per la realizzazione di un edificio per civile
abitazione sulla p.f. 1873/1 di sua proprietà: il secondo (NRG. 388/2000),
avverso le delibere commissariali n. 4/98 del Comune di Transacqua e n. 2/98 del
Comune di Tonadico, entrambe del 27 novembre 1998, di adozione definitiva del
piano regolatore intercomunale dei due comuni (nella parte in cui conteneva
prescrizioni urbanistiche lesive del lotto di sua proprietà), nonchè della
delibera della giunta provinciale di Trento n. 1815 del 14 luglio 2000 di
approvazione del predetto piano regolatore intercomunale, in uno a tutti gli
atti connessi e presupposti.
Ad avviso dell’adito Tribunale, sulla scorta delle puntuali risultanze
dell’istruttoria appositamente disposta, tutti i provvedimenti impugnati erano
esenti dalle critiche sollevate, atteso che: a) quanto al provvedimento di
diniego della concessione edilizia, del tutto legittimo e corretto era stato
l’operato dell’amministrazione comunale, sia in ragione delle specifiche
disposizioni contenute nell’articolo 13, quinto comma, del P.U.C. allora vigente
(che, per le aree ricedenti in zona per insediamenti di edilizia mista
esistenti, in cui era compresa la p.f. 1673/1 della società ricorrente,
consentiva l’edificazione fuori terra solo per ampliamenti accorpati di edifici
esistenti, qualora l’accorpamento risultasse possibile secondo i paramenti
edificatori della zona, escludendosi così che la particella edificatoria in
questione potesse configurarsi quale lotto libero dotato di autonoma
edificabilità), sia per le caratteristiche tipologiche del progetto, tali da non
consentirne l’armonioso inserimento nel contesto paesaggistico – ambientale, sia
perché la deroga alle distanze di legge dall’alveo del Rio Valluneda,
asseritamene ottenuta dalla ricorrente, riguardava un’altra particella
edificatoria (p.f. 408/3); inoltre, sempre secondo il predetto tribunale, non vi
era alcun obbligo in capo all’amministrazione comunale intimata di comunicare
l’esistenza di eventuali circostanze ostative al rilascio della concessione,
essendo la materia urbanistica regolata specialmente dalla legge provinciale n.
22 del 1991 e non trovando, quindi applicazione l’articolo 13, quarto comma,
della legge regionale 31 luglio 1993, n. 13; b) quanto all’impugnazione delle
delibere di adozione definitiva e di approvazione del piano regolatore
intercomunale, la scelta discrezionale di introdurre il lotto minimo edificabile
non solo non era illogica e/o irragionevole, per quanto, inerendo all’esercizio
della funzione di pianificazione urbanistica, non comportava neppure l’onere di
una specifica motivazione, salvo quella rinvenibile nella relazione di
accompagnamento all’adozione del piano stesso.
Con atto di appello notificato tra il 19 ed il 20 dicembre 2002 la società
T. F. & C. s.a.s. ha chiesto la riforma di detta statuizione, riproponendo
sostanzialmente tutti i motivi di doglianza svolti in primo grado, a suo avviso,
erroneamente e frettolosamente esaminati dai primi giudici.
Il Comune di Transacqua, costituendosi in giudizio, ha dedotto l’inammissibilità
e l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui ha chiesto il rigetto;
nell’imminenza dell’udienza di discussione dell’appello poi ha illustrato con
apposita memoria le proprie difese su ogni singolo motivo dell’appello,
evidenziandone l’inammissibilità in relazione all’impugnato diniego di
concessione edilizia per l’omesso riproposizione del secondo motivo di censura
svolto in prime cure, relativo alla deroga per la realizzando edificazione dalla
distanza dal Rio Valluneda (così che la legittimità dell’impugnato diniego era
da considerare ormai incontestabile).
D I R I T T O
I. L’appello è infondato e deve essere respinto, circostanza che esime la
Sezione dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità del gravame sollevata
dall’appellato Comune di Transacqua in relazione all’impugnato diniego di
rilascio della concessione edilizia per essere stata omessa la riproposizione
del secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
I.1.Possono essere esaminati congiuntamente, ad avviso della Sezione, i primi
due motivi di gravame, rubricati rispettivamente “Violazione di legge, con
riferimento all’art. 89 II comma della L.P. n. 22 del 5 settembre 1991, in
relazione all’art. 13 V° comma delle norme tecniche di attuazione del Piano
Urbanistico Comprensoriale di Primiero. Eccesso di potere per difetto di
istruttoria, travisamento del fatto, carenza di motivazione” e “Violazione di
legge con riferimento all’art. 89 II comma della L.P. 22 del 5 settembre 1991,
in relazione all’articolo 5 della legge regionale n. 13/93. Difetto di
istruttoria e travisamento dei fatti. Carenza di motivazione”, con i quali la
società appellante ha censurato il provvedimento di diniego di rilascio della
concessione edilizia in quanto fondato sull’erronea natura attribuita al fondo
di sua proprietà, quale “area libera”, piuttosto che quale “lotto libero”, come
imponeva la corrette interpretazione dell’articolo 13 delle Norme Tecniche di
Attuazione del P.U.C. di Primiero, che ne avrebbe consentito l’edificabilità.
Inoltre, secondo la tesi dell’appellante, il provvedimento impugnato era
illegittimo, essendo privo della necessaria istruttoria e motivazione,
l’ulteriore ragione di diniego, fondata sull’asserita incompatibilità
dell’edificio da costruire con il contesto paesaggistico – ambientale.
Entrambe tali doglianze non sono meritevoli di accoglimento.
In ordine al primo profilo, la Sezione osserva che, come emerge dalla
documentazione in atti, la particella fondiaria 1673/1, di proprietà della
società appellante, ricadeva, secondo le previsioni del Piano Urbanistico
Comprensoriale di Primiero, approvato con delibera della Giunta provinciale di
Trento n. 11980 del 27 agosto 1993, in vigore al momento della presentazione
della istanza di concessione edilizia, in “zona di insediamenti di edilizia
mista a media densità esistente”.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 5, delle Norme Tecniche di Attuazione (articolo
espressamente rubricato “Insediamenti di edilizia mista”), negli insediamenti di
edilizia mista le aree libere non sono edificabili fuori terra se non per
ampliamenti accorpati di edifici esistenti, qualora l’accorpamento risulti
possibile secondo i parametri edificatori della zona”.
Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, dalla lettura della predetta
disposizione non emerge alcun elemento positivo che consenta di distinguere tra
lotto libero, quale sarebbe asseritamene la superficie di sua proprietà,
liberamente edificabile, e area libera, riferendosi la norma stessa solo a
quest’ultima (e prevedendo per essa la ricordata limitazione allo jus
aedificandi): in realtà, ad avviso della Sezione, la norma ricordata esprime una
precisa scelta urbanistica, ampiamente discrezionale (che tuttavia ictu oculi
non appare irragionevole o arbitraria), tesa a preservare il territorio da
possibili edificazioni in ogni area libera, indipendentemente dal motivo per cui
l’area stessa è libera (e cioè sia che essa non sia stata mai oggetto di
edificazione, sia che essa costituisca un residuo di una più vasta area a suo
tempo già edificata), fatti salvi gli accorpamenti per edifici esistenti e
sempreché l’accorpamento sia possibile secondo i parametri edificatori della
zona.
Il tenore letterale della norma, poi, mentre esclude la rilevanza (e la
fondatezza) delle ulteriori argomentazioni dell’appellante volte a dimostrare la
pretesa illegittimità della compressione del suo jus aedificandi (non essendo
alcune elemento che faccia pensare ad un presunto asservimento del suo fondo
all’area edificata), dà conto della sicura legittimità dell’impugnato diniego
del rilascio della concessione edilizia, non essendo assolutamente rinvenibile
nell’operato dell’amministrazione comunale di Transacqua, come correttamente
rilevato dai primi giudici, alcun travisamento di fatto, difetto di istruttoria
o carenza di motivazione (irrilevante, ai fini di causa, essendo l’asserito
errore in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione comunale di Transacqua
nell’apprezzamento delle dimensioni della particella fondiaria 1673/1, estesa
per 780 mq. e non per mq. 386).
Per completezza sul punto in esame, è appena il caso di rilevare che la
previsione contenuta nell’articolo 13, comma quinto, delle Norme Tecniche di
Attuazione in relazione all’asserita illegittima comprensione del diritto di
edificare non risulta neppure oggetto di apposita tempestiva impugnazione.
Quanto al secondo profilo di gravame (che la Sezione ritiene di dover esaminare
per mero dovere di completezza, atteso che l’infondatezza del primo motivo di
appello sarebbe di per sé già sufficiente a confermare la legittimità del
provvedimento impugnato), si deve rilevare che il giudizio di incompatibilità
dell’edificio da costruire con il contesto paesaggistico – ambientale,
diversamente da quanto sostenuto in modo per la verità apodittico e generico
dall’appellante, risulta sufficientemente motivato e fondato sulla scorta di un
attento esame della documentazione prodotta a corredo dell’istanza di rilascio
della concessione edilizia.
Invero, anche a voler ammettere che la motivazione sia estremamente stringata,
il giudizio di incompatibilità è saldamente e ragionevolmente fondata
sull’espressa circostanza della “composizione volumetrica proposta”, che fa
riferimento evidentemente alle dimensioni dell’edificio ed alle sue
caratteristiche che “mal si conciliano nel contesto paesaggistico – ambientale”.
Tale giudizio, lungi dal manifestarsi come irragionevole e arbitrario esercizio
del potere pubblico connesso all’esercizio alla funzione di controllo e tutela
del territorio da parte dell’ente locale di negare in ogni modo l’edificabilità
di un certo fondo (così come sostanzialmente prospettato dall’appellante), si
pone come congrua e ragionevole conseguenza della valutazione delle
caratteristiche dell’edificio da realizzare, ben note all’appellante e
puntualmente illustrate nella relazione prodotta dall’amministrazione comunale a
seguito dello specifico ordine istruttorio impartito dai primi giudici (le cui
conclusioni non sono state del resto smentite o contestate dall’appellante),
costituito da un fabbricato largo 5 metri, lungo 13,50 metri, di tre piani di
altezza, del tutto atipico con la tradizionale tipologia delle costruzioni della
zona e perciò configgente con l’ambiente e con il paesaggio circostante.
I.2. Possono essere esaminati congiuntamente gli tre motivi di gravame,
rubricati rispettivamente, il terzo “Violazione di legge: violazione dell’art.
18 T.U. n. 22/91; eccesso di potere per illogicità manifesta; irrazionalità,
sviamento della funzione pianificatoria, e difetto di motivazione e
istruttoria”; il quarto, “Violazione dell’art. 40 L.P. n. 22/91; eccesso di
potere per difetto di istruttoria e sviamento” ed il quinto “Violazione
dell’art. 20 L.P. n. 22/91, eccesso di potere per irrazionalità, disparità di
trattamento nella scelta pianificatoria ed illogicità”, stante la loro intima
connessione, determinata dall’essere tutti rivolti avverso le delibere di
adozione definitiva (da parte dei Comuni di Transacqua e Tonadico) e quella di
approvazione (da parte della Giunta provinciale di Trento) del nuovo piano
regolatore generale intercomunale.
In estrema sintesi, la società appellante si duole, per un verso, che benché
l’area di sua proprietà, estesa 780 metri quadrati, fosse classificata come
edificatoria, l’amministrazione comunale aveva inopinatamente introdotto il
lotto minimo edificabile di 800 metri quadrati, senza la necessaria istruttoria
e senza alcuna plausibile motivazione, così determinando irragionevolmente
l’assoluta inedificabilità del suo fondo, e, per altro verso, che il predetto
lotto minimo, inopinatamente relativo solo al territorio comunale di Transacqua
e non anche a quello di Tonadico, benché regolati dallo stesso piano regolatore
intercomunale, era stato introdotto solo in sede di adozione definitiva del
nuovo strumento urbanistico a seguito delle osservazioni svolte dai privati.
Anche tali doglianze sono destituite di fondamento alla stregua dei consolidati
indirizzi della giurisprudenza della Sezione in materia urbanistica, dai quali
non vi è motivo alcuno per discostarsi.
Invero, è sufficiente ricordare che le scelte urbanistiche, tra le quali deve
essere annoverata anche quella di introdurre il lotto minimo edificabile,
costituiscono apprezzamenti di merito, sottratti al sindacato di legittimità,
salvo che non siano inficiate da errore di fatto o abnormi illogicità, e non
necessitano di apposita motivazione, salvo quella che si può evincere dai
criteri generali di ordine tecnico – discrezionale, seguiti nell’impostazione
del piano stesso (da ultimo, C.d.S., sez. IV, 11 febbraio 2004, n. 548; 25
settembre 2002, n. 4907): nel caso di specie, anche a voler prescindere
dall’estrema genericità e laconicità delle censure svolte sul punto, la Sezione
deve osservare che non è idoneo a costituire sintomo dell’eventuale
arbitrarietà, illogicità o abnormità della scelta di introdurre il lotto minimo
della misura di 800 metri quadrati la circostanza che il fondo della società
appellante sia esteso 780 metri quadrati.
Egualmente priva di rilievo, ai fini della dedotta illegittimità della scelta
urbanistica in questione, è la circostanza che la previsione del predetto lotto
minimo edificabile sia stato introdotto in sede di adozione definitiva del nuovo
strumento urbanistico, dovendosi rilevare al riguardo che le innovazioni
introdotte nello strumento urbanistico a seguito delle osservazioni dei privati
non comportano necessariamente la nuova pubblicazione del piano stesso ai fini
della presentazione di nuove e diverse osservazioni dei privati interessati,
salvo che dette innovazioni non sconvolgono completamente la struttura del piano
stesso, dando luogo ad un nuovo piano regolatore, evenienza questa che non
risulta essersi verificata nel caso di specie (né come tale essendo stata
dedotto la relativa censura).
Il fatto poi il territorio comunale di Transacqua e quello di Tonadico siano
disciplinati, dal punto di vista urbanistico, da un unico piano regolatore
generale intercomunale non comporta necessariamente che le scelte urbanistiche
debbano essere uguali per tutti i predetti territori, essendo invece del tutto
coerente con i principi di imparzialità e buon andamento, postulati
dall’articolo 97 della Costituzione, che ognuno di essi possa essere oggetto di
una puntuale e specifica regolamentazione idonea al perseguimento del fine
pubblico del miglior controllo e della missione gestione possibile del proprio
territorio: sotto tale profilo la scelta di prevedere solo per il territorio
comunale il lotto minimo edificabile non è quindi di per sé né illogica, né
arbitraria, a nulla rilevando che un’analoga previsione non riguardi anche il
territorio di Tonadico.
I.3. Con il sesto motivo di gravame la società appellante ha poi denunciato
“eccesso di potere per violazione dei principi fondamentali delle materie
delineate dalla sentenza n. 179/99 della Corte Costituzionale – eccesso di
potere per difetto di motivazione”.
Anche tale motivo deve essere respinto, essendo addirittura in conferente
rispetto alla questione oggetto di controversia.
Invero la questione affrontata dalla Corte Costituzionale nella ricordata
sentenza riguardava la reiterazione dei vincoli urbanistici di tipo
espropriativo considerata patologica per la semplice assenza di previsione di
indennizzo quando, anche se giustificata sul piano della programmazione, è
indefinita o quando il limite temporale sia indeterminato e quindi
irragionevole: nel caso di specie, infatti, non risulta che l’area di proprietà
della società ricorrente era assoggettata a vincoli espropriativi e che questi
siano stati poi reiterati in occasione dell’adozione e dell’approvazione del
nuovo strumento urbanistico.
Per di più, come puntualmente precisato nella memoria difensiva dell’appellata
amministrazione comunale (e come del resto ammesso dalla stessa società
appellante) l’area di proprietà di quest’ultima è pienamente edificabile, salva
la necessità a tal fine che il lotto sia di almeno 800 metri quadrati, ciò
importando o l’acquisizione da parte dell’appellante di altra area confinante
ovvero la cessione del fondo ad altro proprietario confinante (senza che in
nessun caso l’introduzione del lotto minimo abbia inciso sul diritto di
costruire ovvero sul valore economico del fondo stesso, stante la sua natura di
area edificabile).
II. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente
pronunciando sull’appello proposto dalla società T. F. & C. s.a.s. avverso
la sentenza n. 623 del 6 novembre 2001 del Tribunale regionale di giustizia
amministrativa del Trentino – Alto Adige, sezione autonoma di Trento, lo
respinge.
Condanna l’appellante al pagamento in favore del costituito Comune di Transacqua
delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi €.
3.000 (tremila).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 9 marzo 2004 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in camera di consiglio con
l’intervento dei seguenti signori:
VENTURINI LUCIO - Presidente
RULLI DEDI MARINELLA - Consigliere
ANASTASI ANTONINO - Consigliere
MOLLICA BRUNO - Consigliere
SALTELLI CARLO - Consigliere, rel.
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
Il Dirigente
Carlo Saltelli
Lucio Venturini
Marta Belloni
Antonio Serrao
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
14 luglio 2004
(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)
1) Urbanistica e edilizia – Lotto minimo edificabile - Scelte urbanistiche della P.A. - Sindacato di legittimità – Limiti. Le scelte urbanistiche, tra le quali deve essere annoverata anche quella di introdurre il lotto minimo edificabile, costituiscono apprezzamenti di merito, sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errore di fatto o abnormi illogicità, e non necessitano di apposita motivazione, salvo quella che si può evincere dai criteri generali di ordine tecnico – discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso (da ultimo, C.d.S., sez. IV, 11 febbraio 2004, n. 548; 25 settembre 2002, n. 4907). Nel caso di specie, è stato osservato che non è idonea a costituire sintomo dell’eventuale arbitrarietà, illogicità o abnormità della scelta di introdurre il lotto minimo della misura di 800 metri quadrati la circostanza che il fondo della società appellante sia esteso 780 metri quadrati. Pres. VENTURINI - Est. SALTELLI - T. F.& C. S.A.S (avv.ti Cataudella e Cardia) c. COMUNE DI TRANSACQUA ed altri (avv.ti Dalla Fior, Lorenzo e Stella Richtere) (conferma Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino – Alto Adige, sede di Trento, n. 623/2001). CONSIGLIO DI STATO sez. IV, 14 luglio 2004, (ud. 9 marzo 2004) sentenza n. 5103
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