Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 20 gennaio 2004 (Ud. 27.11.2003), Sentenza n. 978
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III del 20 gennaio 2004, (ud. 27 novembre 2003),
sentenza n. 978
Pres. Savignano G. – Est. Fiale A. - Pm P.M. D'Angelo G. (Conf.) – Imp.
Marino
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
- Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente - del 27/11/2003
- Dott. RAIMONDI Raffaele - Consigliere - SENTENZA
- Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 1970
- Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
- Dott. FIALE Aldo - Consigliere -
N. 29639/2003
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da MARINO Pietro, n. a Serradifalco, il 4/8/1962;
avverso la sentenza 14/11/2002 del Tribunale monocratico di Caltanissetta;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. Fiale Aldo;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. D'ANGELO Giovanni, che ha
concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Udito il difensore,
avv.to Giuseppe Dacqui, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del
ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 14.11.2002 il Tribunale monocratico di Caltanissetta affermava
la penale responsabilità di Marino Pietro in ordine alle contravvenzioni di cui:
- all'art. 59, 1^ comma, D. Lgs. 11.5.1999, n. 152 (poiché, nell'esercizio di
un'attività di autocarrozzeria, effettuava nuovi scarichi di acque reflue
industriali contenenti residui di verniciatura e lavaggio di autoveicoli, senza
autorizzazione);
- all'art. 24, 1^ comma, D.P.R. 24.5.1988, n. 203 (poiché attivava un nuovo
impianto di verniciatura, che originava emissioni in atmosfera, senza la
prescritta autorizzazione - acc. in Serradifalco, fino al 5.6.1999) e, unificati
i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., lo condannava
alla pena complessiva di euro 1.500,00 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto impugnazione il difensore del Marino, il quale
ha eccepito, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di
motivazione, l'insussistenza di entrambi i reati, in quanto:
- la responsabilità penale sarebbe stata ravvisata alla stregua di "mere
congetture che certamente non possono considerarsi idoneee a provare la reità
dell'imputato";
- il D. Lgs. n. 152/1999 punirebbe esclusivamente la condotta di scarico di
reflui con sostanze inquinanti incluse nella tabella 5 - allegato 5, indicata
dal 5 comma dell'art. 59; pertanto la condotta di scarico già penalmente
sanzionata dall'abrogato art. 21 della legge 319/1976 non costituirebbe più
reato se le sostanze inquinanti non sono incluse nell'anzidetta tabella.
Mancando, nella specie, un'indagine specifica sulla presenza di sostanze nocive
ed inquinanti nelle acque reflue non potrebbe considerarsi integrata la
contestata contravvenzione di cui all'art. 59 del D. Lgs. n. 152/1999;
- il nuovo impianto di verniciatura non era in funzione al momento
dell'accertamento e, comunque, non rientrerebbe nelle previsioni dell'art. 24
del D.P.R. n. 203/1988, poiché ricollegato ad attività artigianale e non
industriale.
La Corte di Appello di Caltanissetta, con ordinanza del 10.6.2003, ha trasmesso
gli atti a questa Corte Suprema, ai sensi dell'art. 568, ultimo comma, c.p.p..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché contenente censure articolate in fatto e manifestamente infondate.
1. La contravvenzione contestata all'imputato al capo A) della rubrica è quella di scarico di reflui industriali non autorizzato non quella di scarico di acque reflue industriali eccedenti i limiti di legge ed in ordine a tale contestazione deve evidenziarsi che:
1.1 La legge 10.5.1976, n. 319 distingueva gli scarichi con riferimento alla
loro provenienza da "insediamenti o complessi produttivi" ovvero da
"insediamenti civili". A norma dell'art. 1 quater del D.L. 10.8.1976, n. 544,
convertito con modificazioni nella della legge 8.10.1976, n. 690, doveva
intendersi:
- per "insediamento o complesso produttivo", uno o più edifici od installazioni,
collegati tra di loro in un'area determinata, dalla quale abbiano origine uno o
più scarichi terminali e nella quale si svolgono prevalentemente, con carattere
di stabilità e permanenza, attività di produzione di beni;
- per "insediamento civile", uno o più edifici o installazioni, collegati tra di
loro in un'area determinata, dalla quale abbiano origine uno o più scarichi
terminali, ed adibiti ad abitazione o allo svolgimento di attività alberghiera,
turistica, sportiva, ricreativa, scolastica, sanitaria, a prestazione di servizi
ovvero ad ogni altra attività, anche compresa tra quelle di cui alla precedente
lettera, che dia origine esclusivamente a scarichi terminali assimilabili a
quelli provenienti da insediamenti abitativi.
L'art. 2 della Direttiva 91/271/CEE distingue invece:
- "acque reflue domestiche, provenienti da insediamenti di tipo residenziale e
da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività
domestiche;
- "acque reflue industriali", scaricate da edifici in cui si svolgono attività
commerciali o industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque
meteoriche di dilavamento. 1.2 In seguito dell'entrata in vigore del D.L.
17.3.1995, n. 79, convertito nella legge 17.5.1995, n. 172, l'apertura o la
effettuazione di scarichi civili sul suolo o nel sottosuolo senza la prescritta
autorizzazione non ha costituito più reato (con effetti anche sulla fattispecie
concernente il superamento dei limiti tabellari), poiché le sanzioni penali
previste dall'art. 21 della legge n. 319/1976 riguardavano esclusivamente gli
scarichi di "insediamenti produttivi".
1.3 Il D. Lgs. 11.5.1999, n. 152 (che ha espressamente abrogato le leggi n.
319/1976, n. 690/1976 e n. 172/1995) ha sostituito la distinzione tra
insediamenti produttivi e civili (che presupponeva una diversa qualità delle
acque di scarico in relazione alla provenienza) con quella tra:
- "acque reflue industriali", nozione ricomprendente "qualsiasi tipo di acque
reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività
commerciali o produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle
acque meteoriche di dilavamento" (art. 2, lett. h, nel testo modificato dal D.
Lgs. 18.8.2000, n. 258);
- ed "acque reflue domestiche" (per le quali è stata esclusa la sanzione penale
in mancanza dell'autorizzazione), intendendosi per tali quelle "provenienti da
insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal
metabolismo umano e da attività domestiche" (art. 2, lett. g).
L'art. 45, 1° comma, del D. Lgs. n. 152/1999 (pur dopo le modifiche introdotte
dal D. Lgs. n. 258/2000) ribadisce il principio di cui all'art. 9 della legge n.
319/1976 secondo cui "tutti gli scarichi devono essere preventivamente
autorizzati" (in deroga a tale principio gli scarichi di acque reflue domestiche
in reti fognarie non necessitano di preventiva autorizzazione ma sono
esplicitamente vincolati al rispetto dei regolamenti fissati dal gestore del
servizio idrico integrato) ed il successivo art. 59, 1^ comma, sanziona
penalmente "chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi di acque reflue
industriali, senza autorizzazione...".
1.4 Nella fattispecie in esame i reflui da attività di autocarrozzeria (ma anche - secondo la giurisprudenza costante di questa Corte - quelli da impianti di autolavaggio) devono considerarsi "acque reflue industriali", non assimilabili a quelle domestiche - poiché non ricollegabili al metabolismo umano e non provenienti dalla realtà domestica - sicché lo scarico di essi in assenza della prescritta autorizzazione è tuttora previsto dalla legge come reato.
Assolutamente irrilevante deve ritenersi ogni questione relativa alla presenza
di sostanze nocive ed inquinanti nelle acque reflue, poiché, nel caso che ci
occupa, è stato contestato soltanto il 1^ comma dell'art. 59 del D. Lgs. n.
152/1999.
2. Il D.P.R, 24.5.1988, n. 203, nel dettare - in attuazione delle direttive
C.E.E. nn. 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 - la disciplina delle emissioni
inquinanti in atmosfera derivanti da impianti industriali, ha fissato in termini
assai ampi la propria sfera applicativa estendendola (con l'eccezione prevista
dall'art. 17 per le centrali termoelettriche e le raffinerie di olii minerali)
"a tutti gli impianti che possono dar luogo ad emissione nell'atmosfera" (art.
1, 2^ comma - lett. a) e specificando che l'emissione considerata è soltanto
quella in grado di produrre inquinamento atmosferico (art. 2, punto 4).
Per "impianto" si deve intendere, ai sensi dell'art. 2, punto 9, dello stesso
D.P.R., "lo stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi industriali o
di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di
quelli destinati alla difesa nazionale".
2.1 Il D.P.C.M. 21.7.1989 (emanato dal Governo nell'ambito dei poteri di
indirizzo e coordinamento alle Regioni previsti, in via generale, dall'art. 9
della legge 8.7.1986, n. 349, istitutiva del Ministero dell'ambiente, e
riconosciuti, con specifico riferimento alla materia dell'inquinamento
atmosferico, dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 101 del 9 marzo 1989)
ha esteso l'ambito di applicazione del D.P.R. n. 203/1988 anche agli impianti di
imprese artigiane e di servizi ed ha introdotto le categorie:
- delle "attività i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco
significativo" (punto 25), da individuarsi con apposito decreto e non soggette
ad alcuna autorizzazione (punto 26);
- delle "attività a ridotto inquinamento atmosferico" (punto 19), stabilendo
unicamente al riguardo che le Regioni possono predisporre "modelli semplificati
di domande di autorizzazione in base alle quali le quantità e le qualità delle
emissioni siano deducibili dall'indicazione della quantità di materie prime ed
ausiliarie utilizzate nel ciclo produttivo".
2.2 Il D.P.R. 25.7.1991 (emanato, in base alle previsioni dell'art. 1 della
legge 12.1.1991, n. 13, quale atto normativo di indirizzo e coordinamento
dell'attività amministrativa delle Regioni) ha modificato parzialmente il
D.P.C.M. 21.7.1989 ed ha previsto che le "attività ad inquinamento atmosferico
poco significativo" - elencate nell'Allegato 1 - non necessitano di
autorizzazione per le emissioni in atmosfera (art. 2), mentre le Regioni possono
unicamente prevedere l'obbligo, per i titolari di tali attività, di comunicare
la sussistenza delle condizioni che consentono di ritenere poco significative le
emissioni dell'impianto.
Lo stesso D.P.R. 25.7.1991 ha altresì individuato le "attività a ridotto
inquinamento atmosferico" (art. 4) ed ha specificato che le stesse sono:
- quelle i cui impianti producono flussi di massa degli inquinanti inferiori a
quelli indicati nei decreti ministeriali che dettano le linee guida per il
contenimento delle emissioni ed i valori minimi e massimi di emissione;
- quelle che "utilizzano, nel ciclo di produzione, materie prime ed ausiliarie
che non superano le quantità ed i requisiti indicati nell'Allegato 2" al decreto
stesso (tale Allegato contiene un elenco di 27 attività, per ciascuna delle
quali è indicato il quantitativo massimo giornaliero di prodotti che possono
essere utilizzati affinché l'attività possa essere ricompresa nel settore in
questione).
Le Regioni autorizzano in via generale le attività a ridotto inquinamento
atmosferico e possono "altresì predisporre procedure specifiche anche con
modelli semplificati di domande di autorizzazione in base ai quali le quantità e
le qualità delle emissioni siano deducibili dall'indicazione delle quantità di
materie prime ed ausiliarie utilizzate nel ciclo" (art. 5).
2.3 Alla stregua di quanto previsto dal D.P.C.M. 21.7.1989 e dal D.P.R 25.7.1991, l'attività di verniciatura di carrozzerie di autoveicoli in oggetto non rientra tra quelle "i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo", non soggette ad alcuna autorizzazione; ne' la difesa ha mai prospettato che la stessa (per la quantità effettiva di prodotti vernicianti pronti all'uso effettivamente utilizzata, secondo la previsione dell'Allegato 2 al D.P.R. 25.7.1991) potesse essere riconducibile a quelle "attività a ridotto inquinamento atmosferico" che le Regioni autorizzano in via generale e per le quali possono "altresì predisporre procedure specifiche anche con modelli semplificati di domande di autorizzazione in base ai quali le quantità e le qualità delle emissioni siano deducibili dall'indicazione delle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate nel ciclo".
3. Le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi
della ricostruzione fattuale degli episodi e dell'attribuzione degli stessi alla
persona dell'imputato non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando
la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da
logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti
dal processo e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la
rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione dei
fatti, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.
4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la
parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità", alla declaratoria della inammissibilità
medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del
procedimento nonché del versamento di una somma, in favore della Cassa delle
ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di
euro 500,00.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento della somma di euro 500,00 (cinquecento/00) in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 novembre
2003.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2004
1) Inquinamento atmosferico - Attività di verniciatura di autoveicoli - D.P.R. n. 203/1988 - Applicabilità - Impianti di imprese artigiane e di servizi - Impianti ad inquinamento poco significativo o a ridotto inquinamento - Esclusione - Procedure diversificate. In materia di inquinamento atmosferico, l'attività di verniciatura di autoveicoli è disciplinata dal d.P.R. 24 maggio 1988 n. 203, in quanto non rientra ne' tra le attività a ridotto inquinamento atmosferico previste dal punto 19 del d. p. c. m. 21 luglio 1989 ne' tra le attività i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo, previste dal punto 25 dello stesso d. p. c. m., come modificato dal d.P.R. 25 luglio 1991, che estendendo l'ambito di applicabilità del citato d.P.R. n. 203 agli impianti di imprese artigiane e di servizi ha introdotto tali categorie, per le quali vengono introdotte procedure diversificate rispetto al disposto del d.P.R. n. 203 del 1988. Pres. Savignano G.– Est. Fiale A.- Pm D'Angelo G. (Conf.) – Imp. Marino. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 20 gennaio 2004, (Ud. 27 novembre 2003 n. 01970 ), Rv. 227181, sentenza n. 978
2) Inquinamento atmosferico - Emissione inquinanti in atmosfera - Nozione - Impianti industriali - Estensione - Impianto in genere - Nozione - Applicabilità. In tema di inquinamento atmosferico, il D.P.R, 24.5.1988, n. 203, nel dettare - in attuazione delle direttive C.E.E. nn. 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 - la disciplina delle emissioni inquinanti in atmosfera derivanti da impianti industriali, ha fissato in termini assai ampi la propria sfera applicativa estendendola (con l'eccezione prevista dall'art. 17 per le centrali termoelettriche e le raffinerie di olii minerali) "a tutti gli impianti che possono dar luogo ad emissione nell'atmosfera" (art. 1, 2^ comma - lett. a) e specificando che l'emissione considerata è soltanto quella in grado di produrre inquinamento atmosferico (art. 2, punto 4). Per "impianto" si deve intendere, ai sensi dell'art. 2, punto 9, dello stesso D.P.R., "lo stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi industriali o di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli destinati alla difesa nazionale". Pres. Savignano G. - Est. Fiale A.- Pm D'Angelo G. (Conf.) - Imp. Marino. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 20 gennaio 2004, (Ud. 27 novembre 2003), Sentenza n. 978
3) Inquinamento atmosferico - Attività di verniciatura di carrozzerie di autoveicoli - Autorizzazione - Necessità. Alla stregua di quanto previsto dal D.P.C.M. 21.7.1989 e dal D.P.R 25.7.1991, l'attività di verniciatura di carrozzerie di autoveicoli non rientra tra quelle "i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo". Pres. Savignano G. - Est. Fiale A.- Pm D'Angelo G. (Conf.) - Imp. Marino. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 20 gennaio 2004, (Ud. 27 novembre 2003), Sentenza n. 978
4) Inquinamento idrico - Tutela delle acque - Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati - Principio - Acque reflue domestiche in reti fognarie - Deroga e condizione - L. 319/1976 - Artt. 45 e 59 1° c., .D. Lgs. n. 152/1999 - D. Lgs. n. 258/2000. In tema d’inquinamento delle acque, l'art. 45, 1° comma, del D. Lgs. n. 152/1999 (pur dopo le modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 258/2000) ribadisce il principio di cui all'art. 9 della legge n. 319/1976 secondo cui "tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati" (in deroga a tale principio gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie non necessitano di preventiva autorizzazione ma sono esplicitamente vincolati al rispetto dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato) ed il successivo art. 59, 1^ comma, sanziona penalmente "chiunque apre o comunque effettua nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione...". Pres. Savignano G. - Est. Fiale A.- Pm D'Angelo G. (Conf.) - Imp. Marino. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 20 gennaio 2004, (Ud. 27 novembre 2003), Sentenza n. 978
5) Inquinamento idrico - Tutela delle acque - I reflui di autocarrozzeria (e/o autolavaggio) sono da considerarsi "acque reflue industriali", non assimilabili a quelle domestiche - Assenza della prescritta autorizzazione - Reato - Sussiste. In tema d’inquinamento delle acque, i reflui da attività di autocarrozzeria (ma anche - secondo la giurisprudenza costante di questa Corte - quelli da impianti di autolavaggio) devono considerarsi "acque reflue industriali", non assimilabili a quelle domestiche - poiché non ricollegabili al metabolismo umano e non provenienti dalla realtà domestica - sicché lo scarico di essi in assenza della prescritta autorizzazione è tuttora previsto dalla legge come reato. Pres. Savignano G. - Est. Fiale A.- Pm D'Angelo G. (Conf.) - Imp. Marino. CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 20 gennaio 2004, (Ud. 27 novembre 2003), Sentenza n. 978
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