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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 3 settembre 2004, (Ud.01/07/2004) Sentenza n. 35870
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III del 3
settembre 2004, (Ud. 01/07/2004) sentenza n. 35870
Pres. Savignano G. -
Est. Lombardi AM. - Imp. Arcidiacono. - P.M. Fuzio R. (Conf.)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere
Dott. GENTILE Mario - Consigliere
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. Francesco Terrazzino, difensore di fiducia di Arcidiacono Filippo, n. il
26.9.1960 in Agrigento, ivi res. via Stromboli n. 19;
avverso la sentenza in data 13.3.2003 del Tribunale di Agrigento, con la quale
venne condannato alla pena di euro 1.000,00 di ammenda, quale colpevole del
reato di cui all'art. 59, comma 1, del D.L.vo n. 152/99.
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Maria
Lombardi;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. FUZIO Riccardo,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Agrigento ha affermato la colpevolezza
di Arcidiacono Filippo in ordine al reato di cui all'art. 59, comma 1, del
D.L.vo n. 152/99, ascrittogli perché, in qualità di titolare della ditta
"Tipografia Arcigraf", effettuava lo scarico dei reflui provenienti dalla
attività produttiva nella pubblica fognatura, senza la prescritta
autorizzazione. Il giudice di merito ha accertato che i liquidi usati per lo
sviluppo venivano raccolti in appositi bidoni e smaltiti tramite una ditta
specializzata, mentre venivano immesse nella pubblica fognatura, attraverso uno
scarico, le acque di lavaggio delle lastre. Avverso la sentenza ha proposto
appello il difensore dell'imputato, e l'impugnazione è stata trasmessa a questa
Corte ai sensi dell'art. 568, ultimo comma, c.p.p..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed
errata applicazione dell'art. 59, comma primo, del D.L.vo n. 152/99. Si deduce,
in sintesi, che il giudice di merito ha erroneamente equiparato le acque di
lavaggio delle lastre, utilizzate per l'attività tipografica, ai reflui
industriali, dovendo essere, invece, assimilate a quelli domestici. Si osserva
in proposito che i veri reflui industriali, rappresentati dai liquidi di
sviluppo, venivano smaltiti regolarmente tramite una ditta specializzata per il
recupero dei rifiuti tossici, mentre le acque di lavaggio delle lastre non
avevano le caratteristiche dei reflui della attività industriale, essendo emerso
dalle analisi effettuate che le stesse avevano un contenuto di sostanze
inquinanti anche inferiore a quello delle acque provenienti dalle civili
abitazioni.
In subordine l'impugnante chiede la diminuzione della pena inflitta, previa
concessione delle attenuanti genetiche, e, in ogni caso, il dissequestro dello
scarico fognario.
Il ricorso non è fondato.
Osserva la Corte in ordine al primo mezzo di annullamento che l'art. 2, primo
comma lett. g), del D.L.vo n. 152/99 definisce "acque reflue domestiche" le
"acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e
derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche".
L'art. 2, primo comma lett. h), definisce "acque reflue industriali":
"qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si
svolgono attività commerciali e produzione di beni, diverse dalle acque reflue
domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento". Emerge, quindi, evidente da
tale classificazione che la distinzione tra "acque reflue domestiche" e "acque
reflue industriali" non è determinata dal grado o dalla natura dell'inquinamento
delle acque, bensì dalla natura della attività dalle quali provengono, di talché
qualsiasi tipo di acqua derivante dallo svolgimento di un'attività produttiva
rientra nella categoria di quelle di cui alla lett. h) e rende necessaria la
autorizzazione prescritta dall'art. 45 del D.L.vo n. 152/99, la cui mancanza
integra il reato di cui al successivo art. 59.
È stato, infatti, già affermato da questa Corte proprio con riferimento ad una
fattispecie analoga a quella in esame che "Nella nozione di acque reflue
industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono
strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso
che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque
domestiche. Conseguentemente rientrano tra le acque reflue industriali quelle
provenienti da attività artigianali e da prestazioni di servizi". (Fattispecie
relativa a scarico proveniente dal lavaggio dei macchinari di una officina
tipo-litografica), (sez. 3^, 200242932, Barattoli, riv. 222966; conf. sez. 3^,
200001774, Scaramazza G., riv. 215608).
Peraltro, esattamente si è osservato nella impugnata sentenza in ordine alla
ratio della norma che, nel caso di acque provenienti dall'esercizio di
un'attività industriale, il legislatore ha anticipato la punibilità ad una fase
prodromica alla causazione di un eventuale danno; che, a tal fine, la normativa
impone all'esercente un'attività produttiva di richiedere una specifica
autorizzazione, onde consentire alla pubblica amministrazione i controlli
necessari in ordine alla autorizzabilità dello scarico, rendendo possibile la
imposizione delle precauzioni e modalità di scarico ritenute necessarie.
Pertanto, la pericolosità minima dello scarico accertata nella sede di merito -
per la bassa concentrazione di sostanze inquinanti - non esclude la sussistenza
del reato.
Il secondo motivo di gravame è inammissibile, contenendo solo la richiesta di
una valutazione di merito in ordine alla entità della pena da irrogarsi.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. al rigetto dell'impugnazione segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Arcidiacono Filippo al
pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 1 luglio 2004.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2004.
Acque - Tutela dall'inquinamento - Acque reflue industriali e domestiche - Differente regime - Rilevanza del grado o natura dell'inquinamento - Esclusione. In tema di scarichi di acque reflue, la distinzione fra acque reflue domestiche ed acque reflue industriali non è determinata dal grado o dalla natura dell'inquinamento delle acque, ma esclusivamente dalla natura della attività dalle quali provengono, così che qualunque tipo di acqua derivante dallo svolgimento di una attività produttiva rientra fra le acque reflue industriali, ed il suo scarico in difetto di autorizzazione configura il reato di cui all'art. 59 del D.Lgs. 11 maggio 1999 n. 152. (Fattispecie relativa allo scarico proveniente dal lavaggio delle lastre utilizzate per una attività tipografica nella quale la Corte ha escluso che la bassa concentrazione di sostanze inquinanti escludesse la configurabilità del reato). Pres. Savignano G. - Est. Lombardi AM. - Imp. Arcidiacono. - P.M. Fuzio R. (Conf.) (Rigetta, Trib. Agrigento, 13 febbraio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 3 settembre 2004 (Ud. 01/07/2004) Sentenza n. 35870
Acque - Tutela dall'inquinamento - Acque provenienti da attività artigianali e da prestazioni di servizi - Nozione di acque reflue industriali. Nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la sola diversità del refluo rispetto alle acque domestiche. Conseguentemente rientrano tra le acque reflue industriali quelle provenienti da attività artigianali e da prestazioni di servizi". (Fattispecie relativa a scarico proveniente dal lavaggio dei macchinari di una officina tipo-litografica), (sez. 3^, 200242932, Barattoli, riv. 222966; conf. sez. 3^, 200001774, Scaramazza G., riv. 215608).Pres. Savignano G. - Est. Lombardi AM. - Imp. Arcidiacono. - P.M. Fuzio R. (Conf.) (Rigetta, Trib. Agrigento, 13 febbraio 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale, sez. III, 3 settembre 2004 (Ud. 01/07/2004) Sentenza n. 35870
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