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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 maggio 2004 (Ud. 12.02.2004), Sentenza n. 24189
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III del 27
maggio
2004 (ud.
12/02/2004), sentenza n. 24189
Pres. Savignano G. - P.m. Consolo S. - Imp.
A.A.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVIGNANO Giuseppe - Presidente
Dott.
ZUMBO Antonio - Consigliere
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere
Dott.
GRILLO Carlo M. - Consigliere
Dott. FIALE Aldo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., n. a F. il 28 aprile 1966;
avverso la sentenza 27 giugno 2001 del Tribunale monocratico di Patti;
visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. CONSOLO Santi che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 27 giugno 2001 il Tribunale
monocratico di Patti affermava la penale responsabilità di AA. in ordine alla
contravvenzione di cui:
- all’art. 24 D.P.R. 24 maggio 1988. n. 203 (poiché, esercitando un’attività di
tipografia e serigrafia, attivava detto esercizio, che originava emissioni in
atmosfera, senza la prescritta autorizzazione - acc. in Brolo, il 3 luglio 1997
e, riconosciute circostanze attenuasti generiche, lo condannava alla pena di
lire 1.000.000 di ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’A., il quale ha eccepito:
- manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui
si dice che, ai fini della configurazione del reato contestato, non hanno
significativo rilievo la dimensione del locale ed il fatto che si tratti o meno
di stabilimento industriale, per poi affermarsi che il reato sussiste solo se si
tratta di stabilimento industriale;
- l’insussistenza del reato, poiché esso presuppone, sotto il profilo oggettivo,
la costruzione di un nuovo impianto industriale” mentre tale non è “una modesta
attività di serigrafia e tipografia, inidonea in sé e per sé ad inquinare o
minare la salute e l’ambiente”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile, perché manifestamente infondato.
1. Il D.P.R. n. 203 del 1988 nel dettare - in attuazione delle direttive C.E.E.
nn. 80/779, 82/884, 84/360 e
85/203 - la disciplina delle emissioni inquinanti in atmosfera derivanti da
impianti industriali, ha fissato in termini assai ampi la propria sfera
applicativa estendendola (con l’eccezione prevista dall’art. 17 per le centrali
termoelettriche e le raffinerie di olii minerali) “a tutti gli impianti che
possono dar luogo ad emissione nell’atmosfera” (art. 1, secondo comma - lett. a)
e specificando che l’emissione considerata è soltanto quella in grado di
produrre inquinamento atmosferico (art. 2, punto 4).
Per “impianto” si deve intendere, ai sensi dell’art. 2, punto 9, dello stesso
D.P.R., “lo stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi industriali o
di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di
quelli destinati alla difesa nazionale”.
Per completezza argomentativa deve rilevarsi che:
- l’art. 24, primo comma, del D.P.R. n. 203 del 1988 (tenuto conto della
sentenza 15 luglio 1997, n. 234 della Corte Costituzionale) sanziona quale
contravvenzione, con pena alternativa, “chi inizia la costruzione di un nuovo
impianto senza l’autorizzazione (prescritta dall’art. 12), ovvero ne continua
l’esercizio con autorizzazione sospesa, rifiutata, revocata, ovvero dopo
l’ordine di chiusura dell’impianto”.
- l’art. 25, primo comma, del D.P.R. n. 203 del 1988 sanziona quale
contravvenzione, con pena alternativa, “chi, esercitando un impianto esistente,
non presenta alle autorità competenti, ai sensi dell’art. 12, la domanda di
autorizzazione nel termine prescritto”.
Nella fattispecie in esame la condotta illecita è stata correttamente
contestata, nel capo di imputazione, quale violazione dell’art. 24 del D.P.R. n.
203 del 1988, vertendosi in ipotesi di autorizzazione tardivamente richiesta per
un impianto che non esisteva e non era in funzione prima della data di entrata
in vigore della normativa in oggetto ed il giudice del merito ha accertato, in
punto di fatto, che era stato abusivamente installato, in epoca successiva al
1988, un impianto di tipografia e serigrafia, dotato di forno, idoneo a
provocare inquinamento atmosferico.
2. D.P.C.M 21 luglio 1989 (emanato dal Governo nell’ambito dei poteri di
indirizzo e coordinamento alle Regioni previsti, in via generale, dall’art. 9
della legge 8 luglio 1986. n. 349, istitutiva dei Ministero dell’ambiente, e
riconosciuti, con specifico riferimento alla materia dell’inquinamento
atmosferico, dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 101 del 9 marzo 1989)
ha esteso l’ambito di applicazione del D.P.R. n. 203 del 1988 anche agli
impianti di imprese artigiane e di servizi ed ha introdotto le categorie:
- delle “attività i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco
significativo” (punto 25), da individuarsi con apposito decreto e non soggette
ad alcuna autorizzazione (punto 26);
- delle “attività a ridotto inquinamento atmosferico” (punto 19), stabilendo
unicamente al riguardo che le Regioni possono predisporre “modelli semplificati
di domande di autorizzazione in base alle quali le quantità e le qualità delle
emissioni siano deducibili dall’indicazione della quantità di materie prime ed
ausiliarie utilizzate nel ciclo produttivo”.
Il D.P.R. 25 luglio 1991 (emanato, in base alle previsioni dell’art. 1 della
legge 12 gennaio 1991. n. 13 (faste atto normativo di indirizzo e coordinamento
dell’attività amministrativa delle Regioni) ha modificato parzialmente il
D.P.C.M 21 luglio 1989 ed ha previsto che le “attività ad inquinamento
atmosferica poco significativo” - elencate nell’Allegato 1° - non necessitano di
autorizzazione per le emissioni in atmosfera (art. 2), mentre le Regioni possono
unicamente prevedere l’obbligo, per i titolari di tali attività, di comunicare
la sussistenza delle condizioni che consentono di ritenere poco significative le
emissioni dell’impianto.
Lo stesso D.P.R. 25 luglio 1991 ha altresì individuato le “attività a ridotto
inquinamento atmosferico” (art. 4) ed ha specificato che le stesse sono:
- quelle i cui impianti producono flussi di massa degli inquinanti inferiori a
quelli indicati sei decreti ministeriali che dettano le linee guida per il
contenimento delle emissioni ed i valori minimi e massimi di emissione;
- quelle che “utilizzano, nel ciclo di produzione, materie prime ed ausiliarie
che non superano le quantità ed i requisiti indicati nell’Allegato 2°" a decreto
stesso (tale Allegato contiene un elenco di 27 attività, per ciascuna delle
quali è indicato il quantitativo massimo giornaliero di prodotti che possono
essere utilizzati affinché l’attività possa essere ricompresa nel settore in
questione).
Le Regioni autorizzano in via generale le attività a ridotto inquinamento
atmosferico e possono “altresì predisporre procedure specifiche anche con
modelli semplificati di domande di autorizzazione in base ai quali le quantità e
le qualità delle emissioni siano deducibili dall’indicazione delle quantità di
materie prime ed ausiliarie utilizzate nel ciclo” (art. 5).
Alla stregua di quanto previsto dal D.P.C.M 21 luglio 1989 e dal D.P.R. 25
luglio 1991, l’attività di tipografia e serigrafia in oggetto non rientra tra
quelle “i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo”,
non soggette ad alcuna autorizzazione; né la difesa ha mai prospettato che la
stessa (per la quantità effettiva di prodotti per la stampa (inchiostri, vernici
e similari) effettivamente utilizzata, secondo la previsione dell’Allegato 2°,
n. 3 al D.P.R. 25 luglio 1991) potesse essere riconducibile a quelle “attività a
ridotto inquinamento atmosferico” che le Regioni autorizzano in via generale e
per le quali possono “altresì predisporre procedure specifiche anche con modelli
semplificati di domande di autorizzazione in base ai quali le quantità e le
qualità delle emissioni siano deducibili dall’indicazione delle quantità di
materie prime ed ausiliarie utilizzate nel ciclo”.
3. La contravvenzione di cui all’art. 24, primo comma, del D.P.R. n. 203 del
1988 ha natura permanente e la permanenza si protrae sino a quando il
responsabile dell’impianto non presenti (anche oltre il termine prescritto) la
domanda di autorizzazione per le emissioni atmosferiche prodotte (Cass., Sez.
3°: 21 dicembre 1994, n. 12710, D’Alessandro). Tale presentazione, nella
fattispecie in esame, non era intervenuta alla data della pronuncia della
sentenza impugnata, sicché da tale data deve farsi decorrere il termine ultimo
di prescrizione.
4. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte Costituzionale
e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto
il ricorso senza vergare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, alla declaratoria della inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché del
versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 500,00.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento della somma di euro cinquecento/00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2004.
Depositato in Cancelleria il 27
maggio 2004.
1) Inquinamento atmosferico - Disciplina delle emissioni inquinanti in atmosfera – D.P.R. n. 203/1988 – Dir. C.E.E. nn. 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 - Applicazione. Il D.P.R. n. 203 del 1988 nel dettare - in attuazione delle direttive C.E.E. nn. 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 - la disciplina delle emissioni inquinanti in atmosfera derivanti da impianti industriali, ha fissato in termini assai ampi la propria sfera applicativa estendendola (con l’eccezione prevista dall’art. 17 per le centrali termoelettriche e le raffinerie di olii minerali) “a tutti gli impianti che possono dar luogo ad emissione nell’atmosfera” (art. 1, secondo comma - lett. a) e specificando che l’emissione considerata è soltanto quella in grado di produrre inquinamento atmosferico (art. 2, punto 4). Pres. SAVIGNANO - Est. FIALE - Imp. A.A. - P.M. CONSOLO (dichiara inammissibile il ricorso Tribunale monocratico di Patti). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 maggio 2004 (Ud. 12.02.2004), Sentenza n. 24189
2) Inquinamento atmosferico - Nozione impianto - Disciplina - Domanda di autorizzazione - Artt. 24, 1 c. e 25 1 c., D.P.R. n. 203/1988 – Natura. In tema d’inquinamento atmosferico per “impianto” si deve intendere, ai sensi dell’art. 2, punto 9, D.P.R. n. 203 del 1988, “lo stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi industriali o di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli destinati alla difesa nazionale”. In termini, l’art. 24, primo comma, del D.P.R. n. 203/1988 (tenuto conto della sentenza 15 luglio 1997, n. 234 della C. Cost.) sanziona quale contravvenzione, con pena alternativa, “chi inizia la costruzione di un nuovo impianto senza l’autorizzazione (prescritta dall’art. 12), ovvero ne continua l’esercizio con autorizzazione sospesa, rifiutata, revocata, ovvero dopo l’ordine di chiusura dell’impianto”. Mentre, l’art. 25, primo comma, del D.P.R. n. 203/1988 sanziona quale contravvenzione, con pena alternativa, “chi, esercitando un impianto esistente, non presenta alle autorità competenti, ai sensi dell’art. 12, la domanda di autorizzazione nel termine prescritto”. La contravvenzione di cui all’art. 24, primo comma, del D.P.R. n. 203 del 1988 ha natura permanente e la permanenza si protrae sino a quando il responsabile dell’impianto non presenti (anche oltre il termine prescritto) la domanda di autorizzazione per le emissioni atmosferiche prodotte (Cass., Sez. 3°: 21 dicembre 1994, n. 12710, D’Alessandro). Pres. SAVIGNANO - Est. FIALE - Imp. A.A. - P.M. CONSOLO (dichiara inammissibile il ricorso Tribunale monocratico di Patti). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 maggio 2004 (Ud. 12.02.2004), Sentenza n. 24189
3) Inquinamento atmosferico - Impianti di imprese artigiane e di servizi - Attività di tipografia e serigrafia - Attività a ridotto inquinamento atmosferico - Esclusione – D.P.C.M 21 luglio 1989 - D.P.R. 25 luglio 1991 - Presupposti - D.P.R. n. 203/1988. Alla stregua di quanto previsto dal D.P.C.M 21 luglio 1989 e dal D.P.R. 25 luglio 1991, l’attività di tipografia e serigrafia non rientra (se non per la quantità effettiva di prodotti per la stampa (inchiostri, vernici e similari) utilizzata, secondo la previsione dell’Allegato 2°, n. 3 al D.P.R. 25 luglio 1991) tra quelle “i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo”, non soggette ad alcuna autorizzazione. Il D.P.C.M 21 luglio 1989 ha esteso l’ambito di applicazione del D.P.R. n. 203 del 1988 anche agli impianti di imprese artigiane e di servizi ed ha introdotto le categorie: delle “attività i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo” (punto 25), da individuarsi con apposito decreto e non soggette ad alcuna autorizzazione (punto 26); delle “attività a ridotto inquinamento atmosferico” (punto 19), stabilendo unicamente al riguardo che le Regioni possono predisporre “modelli semplificati di domande di autorizzazione in base alle quali le quantità e le qualità delle emissioni siano deducibili dall’indicazione della quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate nel ciclo produttivo”. Pres. SAVIGNANO - Est. FIALE - Imp. A.A. - P.M. CONSOLO (dichiara inammissibile il ricorso Tribunale monocratico di Patti). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 27 maggio 2004 (Ud. 12.02.2004), Sentenza n. 24189
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