Legislazione Giurisprudenza Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 24 marzo 2004 (Ud. 21.01.2004), Sentenza n. 14425
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III del 24 marzo 2004, (ud.
21 gennaio 2004 n. 00048
), sentenza n. 14425
Pres. Zumbo – Est. Onorato - Pm Izzo – Imp. Lecchi
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
- Dott. ZUMBO Antonio Presidente
- Dott. ONORATO Pierluigi est. Consigliere
- Dott. SQUASSONI Claudia Consigliere
- Dott. PICCIALLI Luigi Consigliere
- Dott. GRILLO Carlo Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LECCHI Giorgio, nato a Caorle (VE) l'8.7.196, avverso la sentenza resa il
14.4.2003 dalla corte d'appello di Milano;
Vista la sentenza denunciata e il ricorso;
Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere Dott. Pierluigi Onorato;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
IZZO Gioacchino;
che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza;
Udito il difensore della parte civile, avv. Claudio Pizzocaro, per il comune di
Senago, che ha chiesto il rigetto del ricorso. Udito il difensore dell'imputato,
avv. Carlo Baccaredda Boy, che ha insistito nel ricorso,
Osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con sentenza del 14.4.2003 la corte d'appello di Milano ha integralmente confermato quella resa il 17.5.2002 dal locale tribunale monocratico, che aveva dichiarato Giorgio Lecchi colpevole del reato di cui all'art. 59, comma 5, D.Lgs. 11.5.1999 n. 152, perché - quale direttore di stabilimento e responsabile in materia ambientale della Uva Polimeri s.p.a. - aveva effettuato uno scarico di acque reflue industriali superante i valori stabiliti dalla tabella 3 dell'allegato 5 in relazione allo zinco (accertato in Senago il 18.10.1999).
Per l'effetto il Lecchi veniva condannato alla pena di un mese di arresto ed
euro 1.500 di ammenda, con i doppi benefici di legge, oltre al risarcimento dei
danni a favore del comune di Senago, costituitosi parte civile, liquidato in
euro 2.500. Prendendo in considerazione i motivi di appello, la corte milanese
ha osservato che "il residuo di zinco trovato nel pozzetto era diretta
conseguenza di una fase del ciclo produttivo"; che si trattava di scarichi
reiterati, ancorché non continui, tali da non potersi definire come immissione
occasionale; che è "ovvio che per cicli di produzione che non richiedano
scarichi continui o di lunga durata, il metodo di analisi non può essere che
quello del prelievo, anche singolo", intendendo così escludere l'obbligo del
prelievo plurimo di un campione medio.
2 - Il Lecchi ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo sei motivi a
sostegno. In particolare, lamenta:
2.1 - inosservanza di legge penale e mancanza o illogicità di motivazione in
ordine al metodo del prelievo unico o istantaneo. Sostiene che a norma
dell'allegato 5 del D.Lgs. 152/1999, par. 1.2, è imposto il prelievo di un
campione medio nell'arco di tre ore, salvo che l'autorità preposta al controllo,
con motivazione espressa nel verbale di campionamento, decida di effettuare il
campionamento su tempi diversi al fine di ottenere il campione più adatto a
rappresentare lo scarico, in relazione alle caratteristiche di questo. Tali
regole, che non sono soltanto modi di acquisizione delle fonti di prove, ma
elementi integratrici della fattispecie penale, non erano state osservate nella
fattispecie concreta.
2.2 - mancanza e illogicità di motivazione laddove la sentenza impugnata ha escluso che si trattasse di una immissione occasionale, priva di rilevanza penale;
2.3 - omessa motivazione, laddove la sentenza, ipotizzando col giudice di primo
grado che l'acqua trovata nel pozzetto fosse il risultato anche del dilavamento
del piazzale dello stabilimento (dove veniva trasportato stereato di zinco), non
ha considerato l'obiezione difensiva secondo cui il ritrovamento del ferro, non
normalmente utilizzato nello stabilimento, era incompatibile con l'ipotesi
formulata;
2.4 - mancanza di motivazione e violazione dell'ari, 530, comma 2, c.p.p.,
giacché la corte milanese non ha minimamente preso in considerazione l'ipotesi
difensiva secondo cui il ferro e lo zinco reperiti nel campione analizzato
fossero il residuo conseguente all'evaporazione dell'acqua presente nel
pozzetto;
2.5 - illogicità di motivazione e travisamento del fatto laddove la sentenza
impugnata sembra aver escluso che il titolare della ditta abbia fatto
osservazioni a verbale durante la procedura di prelievo;
2.6 - illogicità di motivazione con travisamento del fatto e violazione degli
artt. 24 e 133 c.p. in ordine alla determinazione della pena, nonché mancata
decisione in ordine alla richiesta di sostituzione della pena detentiva ex art.
53 legge 689/1981. Con motivi nuovi tempestivamente depositati, il difensore del
Lecchi ha argomentato ulteriormente sul secondo, terzo, quarto e sesto motivo, e
ha formalmente chiesto la sostituzione dell'arresto con l'ammenda ai sensi
dell'art. 5 legge 134/2003 e la conseguente revoca della sospensione
condizionale della pena.
3 - Il pubblico ministero in sede ha chiesto l'annullamento con rinvio della
sentenza impugnata, nella considerazione che il giudice d'appello non aveva
adeguatamente motivato che nella specie non si trattasse di immissioni
occasionali, le quali non sono più sanzionate in seguito alla novella di cui al
D.Lgs. 258/2000.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4 - Va anzitutto chiarita la portata degli artt. 21 e 22 del D.Lgs. 18.8.2000 n.
258 laddove riformulano il testo del primo comma dell'art. 54 e del quinto comma
dell'art. 59 del D.Lgs. 152/1999 che prevedono rispettivamente come illecito
amministrativo o come reato lo scarico superante determinati valori tabellari.
Il nuovo testo si limita ad escludere l'inciso relativo alle "immissioni
occasionali", con la conseguenza che non costituiscono più reato o illecito
amministrativo quelle immissioni occasionali che superano i valori tabellari
(cfr. Cass. Sez. 3^, n. 29651 del 9.8.2002, P.G. in proc. Paolini, rv. 222114).
La portata normativa della modifica va però precisata in relazione alla
definizione di scarico introdotta per la prima volta dal D.Lgs. 11.5.1999 n.
152, secondo cui è scarico "qualsiasi immissione diretta tramite condotta di
acque reflue (...) nelle acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete
fognaria" (art. 2 lett. bb)). Secondo il testo originario di questo
provvedimento legislativo, gli scarichi in quanto tali, cioè le immissioni
dirette tramite condotte, in via di principio dovevano essere preventivamente
autorizzati (art. 45); mentre gli scarichi superanti i limiti tabellari venivano
sottoposti secondo i casi a sanzione amministrativa o penale; analogo
trattamento sanzionatorio era previsto per le immissioni occasionali
extratabellari (art. 54, comma 1, e art. 59, comma 5). Secondo una corretta
interpretazione logica, teleologica e sistematica, dunque, per immissioni
occasionali dovevano intendersi quelle realizzate senza il tramite di una
condotta, in relazione alle quali era illogico richiedere un'autorizzazione
amministrativa, ma era logico sanzionare ugualmente l'inquinamento extrabellare.
Ora, con l'abolizione dell'inciso relativo alla immissioni occasionali, il D.Lgs.
18.8.2000 n. 258 ha inteso semplicemente escludere dalla sanzione per
l'inquinamento tabellare le immissioni realizzate senza il tramite di una
condotta.
Ma non ha inteso escludere dalla sanzione gli scarichi propriamente detti, cioè
le immissioni tramite condotta, che non abbiano carattere di continuità. Più
precisamente questi scarichi non possono superare i limiti tabellari, quale che
sia il loro carattere temporale, continuo, discontinuo o anche semplicemente
occasionale. Nel caso di specie, i giudici di merito hanno motivatamente
accertato che lo scarico nella fognatura avveniva tramite condotta, anche se in
modo discontinuo. Più precisamente nello stabilimento di Senato, dove la Uva
Polimeri s.p.a. produceva vernici per legno e resine, esisteva a) un impianto di
ossidazione termica che bruciava i liquidi di processo: le ceneri che
residuavano dalla combustione venivano smaltite come rifiuti; b) una rete di
condotte che scaricava nella pubblica fognatura le acque meteoriche, le acque
derivanti dallo spurgo delle torri di raffreddamento, le acque usate per
attività urbane o derivanti da normali operazioni di pulizia, nonché le acque di
scolatura di alcuni processi di lavaggio del piazzale usato per il trasporto
dello stereato di zinco (v. pag. 3 sentenza tribunale). Correttamente la corte
d'appello ha ritenuto che lo scarico delle acque di cui al punto b) fosse
"diretta conseguenza di una fase del ciclo produttivo" e non potesse definirsi
una "immissione occasionale" (pag. 5 sentenza impugnata).
È quindi infondato il secondo motivo di ricorso.
5 - Diverso è il problema della regolarità del metodo di prelievo del campione
delle acque reflue industriali come sopra individuate (primo motivo di ricorso
di cui al n. 2.1).
La materia è disciplinata dall'allegato 5, paragrafo 1.2, il quale - nel testo
vigente al momento del fatto - stabiliva che "i limiti indicati in tabella 3,
per le acque reflue industriali, sono riferiti ad un campione medio prelevato
nell'arco di tre ore", salva la possibilità di effettuare il campionamento su
tempi più lunghi. In seguito il citato D.Lgs. 258/2000 ha riformulato la norma,
confermando come criterio ordinario il campionamento medio nell'arco di tre ore,
ma prevedendo in aggiunta che l'autorità preposta al controllo può, con
motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento
su tempi diversi al line di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo
scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze.
Se questa novellazione della norma non poteva essere applicata al caso di
specie, perché entrata in vigore successivamente alla effettuazione del
campionamento, doveva tuttavia essere rispettata la norma originaria che
prevedeva comunque il campionamento medio, ordinariamente nell'arco di tre ore.
In fatto questa norma non è stata rispettata, giacché i funzionari preposti al
controllo hanno proceduto a un prelievo istantaneo. Peraltro l'inosservanza del
metodo di campionamento non è assoggettata ad alcuna sanzione, sicché è lasciata
all'autorità amministrativa procedente e in ultima istanza al giudice la
valutazione della razionalità del metodo adottato, in relazione alle
caratteristiche del ciclo produttivo e alle modalità temporali dello scarico,
nonché la valutazione della attendibilità delle analisi. In altri termini,
ritiene il collegio che la norma sul metodo di campionamento dello scarico ha
carattere procedimentale, non sostanziale, sicché non può configurarsi come
norma integratrice della fattispecie penale: essa indica il criterio tecnico
ordinario per il prelevamento, ma non esclude che il giudice possa motivatamente
valutare la rappresentatività di un campione che, per qualsiasi causa, non è
stato potuto prelevare secondo il criterio ordinario. Sul punto, non appare
quindi condivisibile Cass. Sez. 3^, n. 9140 del 22.8.2000, Pautasso, rv. 217545,
richiamata dal ricorrente, dovendosi invece condividere Cass. Sez. 3^, n. 32996
del 5.8.2003, Lazzeroni, rv. 225547.
Nel caso di specie la corte di merito ha giustificato il prelievo istantaneo in
considerazione del carattere discontinuo dello scarico, senza logicamente
considerare che uno scarico non continuo, ma ripetuto (come sembra pacificamente
quello di cui trattasi), avrebbe consentito un prelievo plurimo in un arco
temporale più o meno lungo.
In secondo luogo la sentenza impugnata avrebbe dovuto motivare
sull'attendibilità delle analisi effettuate sul campione istantaneo prelevato,
giacché anche un prelievo irregolare può essere ritenuto dal giudice ugualmente
rappresentativo dello scarico e quindi idoneo a provare il superamento dei
valori tabellari, purché il giudizio sia supportato da specifica motivazione.
Sul punto però la motivazione della sentenza è carente. Vero è che l'acqua
reflua prelevata dal pozzetto, data la sua provenienza composita, poteva
contenere anche ferro, oltre allo zinco (in tal senso è infondato il motivo di
ricorso di cui al n. 2.3). Ma è anche vero che la corte milanese non spiega in
modo specifico perché l'analisi del campione dovesse ritenersi attendibile
nonostante il prelievo istantaneo; e anche laddove esclude che l'attendibilità
fosse pregiudicata dall'evaporazione dell'acqua non confuta in maniera
plausibile le censure sollevate sul punto dall'appellante. Al riguardo il
tribunale aveva in sostanza escluso che nel pozzetto non fossero avvenuti
scarichi da molto tempo e che nei mesi di settembre e ottobre non avesse
piovuto, cioè aveva escluso che fossero ricorse le condizioni necessarie per
l'evaporazione. Ma il giudice d'appello ha ritenuto errate e irrilevanti queste
argomentazioni, senza sostituirle con altre argomentazioni pertinenti e logiche
(pag. 5). Nei limiti sopra esposti vanno accolti il primo e il quarto motivo di
ricorso, mentre restano assorbiti il quinto e il sesto. In conclusione la
sentenza impugnata va annullata per difetto di motivazione, con rinvio ad altra
sezione della corte milanese, perché - alla luce dei principi su esposti -
rinnovi il giudizio sulla attendibilità delle analisi effettuate sul campione
prelevato.
P.Q.M.
la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione
della corte d'appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2004.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2004
1) Inquinamento idrico - Acque - Tutela dall'inquinamento - Acque reflue industriali con superamento dei limiti tabellari - Configurazione del reato di cui all'art. 59 c. 5° D. L.vo n. 152/1999 e s.m. - Sussiste. In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, lo scarico occasionale di acque reflue industriali con superamento dei limiti tabellari configura il reato di cui all'art. 59, comma quinto, del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152 anche a seguito delle modifiche operate dall'art. 23 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 258, atteso che, quale che sia il loro carattere temporale, sono escluse dalla disciplina sulla tutela delle acque esclusivamente le immissioni realizzate senza il tramite di una condotta. Pres. Zumbo - Est. Onorato - Imp. Lecchi - Pm Izzo G. (Conf.) (Annulla con rinvio, App.Milano, 14 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 24 marzo 2004 (Ud. 21 gennaio 2004) Rv. 227782 sentenza n. 14425
2) Inquinamento idrico - Acqua - Tutela dall'inquinamento - Metodo campionamento e scarico occasionale - Metodiche di prelievo dei campioni del refluo - Inosservanza - Sanzionabilità - Esclusione. In tema di controllo dei reflui degli scarichi di acque reflue industriali l'inosservanza del metodo di campionamento medio nell'arco di tre ore non è assoggettata ad alcuna sanzione, atteso che spetta all'autorità amministrativa di controllo, ed in sede processuale al giudice, valutare la razionalità del metodo adottato in relazione alle specifiche caratteristiche del ciclo produttivo e delle modalità dello scarico. Pres. Zumbo – Est. Onorato – Imp. Lecchi - Pm Izzo G. (Conf.) (Annulla con rinvio, App.Milano, 14 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 24 marzo 2004 (Ud. 21 gennaio 2004), Sentenza n. 14425
3) Inquinamento idrico - Immissioni realizzate senza il tramite di una condotta - Immissioni occasionali - Disciplina legislativa - Interpretazione - Superamento dei limiti tabellari - Fattispecie. In tema di tutela delle acque dall'inquinamento, l'abolizione dell'inciso relativo alla “immissioni occasionali”, (D.Lgs. 18.8.2000 n. 258) ha inteso semplicemente escludere dalla sanzione per l'inquinamento tabellare le immissioni realizzate senza il tramite di una condotta. Ma non ha inteso escludere dalla sanzione gli scarichi propriamente detti, cioè le immissioni tramite condotta, che non abbiano carattere di continuità. Più precisamente questi scarichi non possono superare i limiti tabellari, quale che sia il loro carattere temporale, continuo, discontinuo o anche semplicemente occasionale. Fattispecie: scarico nella fognatura tramite condotta in modo discontinuo di acque derivanti dallo spurgo delle torri di raffreddamento, le acque usate per attività urbane o derivanti da normali operazioni di pulizia, nonché le acque di scolatura di alcuni processi di lavaggio del piazzale usato per il trasporto dello stereato di zinco. Pres. Zumbo - Est. Onorato - Imp. Lecchi - Pm Izzo G. (Conf.) (Annulla con rinvio, App.Milano, 14 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 24 marzo 2004 (Ud. 21 gennaio 2004), Sentenza n. 14425
4) Inquinamento idrico - Attendibilità delle analisi - Inosservanza del metodo di campionamento - Valutazione del giudice della rappresentatività del campione - Sussiste. L'inosservanza del metodo di campionamento non è assoggettata ad alcuna sanzione, sicché è lasciata all'autorità amministrativa procedente e in ultima istanza al giudice la valutazione della razionalità del metodo adottato, in relazione alle caratteristiche del ciclo produttivo e alle modalità temporali dello scarico, nonché la valutazione della attendibilità delle analisi. In altri termini, la norma sul metodo di campionamento dello scarico ha carattere procedimentale, non sostanziale, sicché non può configurarsi come norma integratrice della fattispecie penale: essa indica il criterio tecnico ordinario per il prelevamento, ma non esclude che il giudice possa motivatamente valutare la rappresentatività di un campione che, per qualsiasi causa, non è stato potuto prelevare secondo il criterio ordinario. Conf.: Cass. Sez. 3^, n. 32996 del 5.8.2003, Lazzeroni, rv. 225547; contra: Cass. Sez. 3^, n. 9140 del 22.8.2000, Pautasso, rv. 217545 Pres. Zumbo - Est. Onorato - Imp. Lecchi - Pm Izzo G. (Conf.) (Annulla con rinvio, App.Milano, 14 aprile 2003). CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 24 marzo 2004 (Ud. 21 gennaio 2004), Sentenza n. 14425
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