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CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 23 marzo 2004, sentenza n. 13967
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III del 23 marzo 2004, (Cc. 11 febbraio 2004),
sentenza n. 13967
Pres. Rizzo – Est. Squassoni - Pm Izzo – Imp. Scarabello
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. RIZZO Aldo
Presidente
Dott. ZUMBO Antonio
Consigliere
Dott. ONORATO Pierluigi Consigliere
Dott. SQUASSONI Claudia Consigliere
Dott. GRILLO Carlo
Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) SCARABELLO ERMANNO N. IL 05/05/1966;
avverso ORDINANZA del 23/09/2003 TRIB. LIBERTÀ di MILANO;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. SQUASSONI CLAUDIA;
sentite le conclusioni del P.G. Dr. Izzo Gioacchino: rigetto del ricorso;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza 6.8.2003, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Milano ha disposto il sequestro preventivo degli scarichi della Ditta Scarabello
evidenziando la configurabilità del reato previsto dagli artt. 81 c.p., 59 ci
D.Lvo. 152/1999 (immissioni non autorizzate nella rete fognaria di acque reflue
industriali contenente sostanze pericolose); le esigenze cautelari sono state
individuate nella necessità di impedire la permanenza dell'illecito. Il
provvedimento è stato confermato, con ordinanza 23.9.2003, dal Tribunale del
riesame il quale ha reputato ininfluente, ai fini della configurabilità del
reato, la circostanza - evidenziata dalla difesa e confermata dalle esperite
investigazioni - che gli scarichi fossero effettuati in un pozzo a perdere e non
nella rete fognaria. La necessità cautelare è stato ritenuta sussistente per la
possibilità di reiterazione della condotta antidoverosa. Per l'annullamento
dell'ordinanza, l'indagato Scarabello Ermanno ricorre in Cassazione deducendo
violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che indebitamente il Tribunale ha utilizzato materiale probatorio che non era
ignoto al Giudice al momento della emissione della misura ed ha valutato, in
tale modo, risultanze processuali alle quali non avrebbe dovuto avere accesso;
- che i Giudici hanno limitato la loro analisi alla eventuale esistenza del
reato senza indagare sulle esigenze cautelari;
- che il periculum in mora era collegato, secondo la impostazione del Giudice
delle indagini preliminari, allo scarico nella rete fognaria e, venuta meno tale
circostanza, dovevano ritenersi superate le necessità di cautela.
Il Collegio ritiene che le deduzioni non siano meritevoli di accoglimento.
Prima di affrontare le censure del ricorrente, è appena il caso di rilevare
come, nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto misure cautelari reali, o
sequestri probatori, non sia configurabile una piena cognizione del Tribunale
del riesame al quale compete solo di valutare se la fattispecie concreta sia
sussumibile nell'ipotesi di reato contestato e se permangano le esigenze
endoprocessuali della misura.
In base a tale principio, deve concludersi che il Tribunale ha esattamente
svolto la funzione di controllo che la legge gli demanda limitata alla verifica
della legittimità del vincolo reale senza entrare nel merito della pretesa
punitiva che forma oggetto di indagini nel procedimento principale.
Invero i Giudici - dopo avere preso in opportuna considerazione le allegazioni
della difesa - hanno ritenuto che l'indagato effettuasse scarichi di acque
reflue industriali del suo insediamento produttivo, contenente sostanze
pericolose, senza la prescritta autorizzazione. Tanto è sufficiente, nella
presente fase cautelare, per ritenere la astratta configurabilità del reato - e
di conseguenza non arbitrario il vincolo reale - senza necessità di ulteriori
approfondimenti che esulano dai limiti cognitivi di un procedimento incidentale.
I Giudici hanno correttamente evidenziato come la circostanza che l'illegittimo
sversamento avvenga in fognatura (secondo quanto ritenuto dal Giudice per le
indagini preliminare) o in un pozzo a perdere (secondo quanto prospettato da un
accertamento dell'Ama successivo alla applicazione delle misura) sia del tutto
ininfluente;
la fattispecie di reato contestata punisce ogni indebita immissione di acque
reflue nel suolo, nel sottosuolo ed in rete fognaria. In tale modo, il Tribunale
non ha posto a fondamento delle sua decisione elementi probatori non sottoposti
al vaglio del Giudice, ma si è limitato a rilevare che le nuove emergenze non
mutano il quadro indiziario.
Le esigenze di cautela sono state correttamente enucleate nella possibilità che
l'indagato, nella libera disponibilità dei beni, continui l'attività produttiva
con conseguente protrarsi della illecita condotta. Pertanto la conclusione sia
sulla configurabilità del reato sia sulle esigenze di cautela è sorretta da
apparato argomentativo congruo, completo, corretto.
In tale contesto, il ricorrente formula generiche censure sul fumus commissi
delicti prive della necessaria specificità e concretezza. Le residue deduzioni
hanno come presupposto, non fondato, che le esigenze di cautela debbano essere
correlate allo scarico in rete fognaria; le ricordate esigenze sono state
ritenute sussistenti per la possibile reiterazione del reato per la
configurazione del quale elemento irrilevante è, come già evidenziato, la
immissione in fognatura o in un pozzo a perdere.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2004.
Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2004
Inquinamento acqua - Tutela dall'inquinamento - Reflui industriali pericolosi - Sversamento in rete fognaria e/o nel suolo - Reato di cui all'art. 59 del D.Lgs n. 152 del 1999 - Configurabilità. L'immissione non autorizzata di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 59, comma primo, del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152, e successive modificazioni, sia che lo sversamento avvenga in fognatura sia che sia effettuato in un pozzo a perdere, atteso che la fattispecie in questione punisce ogni indebita immissione di acque reflue nel suolo, nel sottosuolo ed in rete fognaria. Pres. Rizzo – Est. Squassoni – Imputato Scarabello - Pm Izzo (Conf.) (Rigetta, Trib. riesame Milano, 23 settembre 2003). CORTE DI CASSAZIONE Penale Sez. III del 23 marzo 2004 (Cc. 11 febbraio 2004) Rv. 228449 sentenza n. 13967
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