Per altre sentenze vedi: Sentenze per esteso
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CORTE DI CASSAZIONE Sez. III del 9 novembre 2004 (Ud. 17.12.2004), Sentenza n. 48520
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte di Cassazione Sez. III del 9
novembre 2004 (ud.17/12/2004), sentenza n. 48520
Pres.Zumbo A. - Est.Petti C. - Rel. Petti C.-Imp.Coviello-P.M Passacantando
G.(Parz.Diff)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
III PENALE
Udienza pubblica del 09/11/2004
SENTENZA N. 2096
REGISTRO GENERALE N. 26086/2002
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente -
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere -
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere -
Dott. PETTI Ciro - Consigliere -
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Coviello Annunziata, nata il 16 novembre 1940 a Casal di Principe;
avverso la sentenza della corte d'appello di Napoli del 14 marzo 2002;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Sostituto Procuratore Generale nella persona del Dott. PASSACANTANDO
Guglielmo, il quale ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio,
limitatamente al reato di cui al capo a) perché estinto per prescrizione, e nel
resto il rigetto del ricorso. osserva:
IN FATTO
La Corte d'appello di Napoli, con
sentenza del 14 marzo 2002, riduceva la pena inflitta a Coviello Annunziata a
mesi otto di reclusione ed euro 400,00 di multa, con l'interdizione dai pubblici
uffici per la durata di un anno, quale responsabile dei seguenti reati unificati
a norma dell'art. 81 c.p.:
a) del reato di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav. per avere eseguito, su suolo
demaniale in località Baia Verde Lido Paradiso di Castelvolturno, le seguenti
opere: posteggi per auto per mq 704 circa; area asservita a parcheggi per mq
5362; strada asfaltata per mq 316; manufatto in muratura ad uso chiosco-bar e
cucina per mq 63;
manufatto ad uso alloggio per mq 62; passerella per mq 47 circa; muro in tufo
per mq 16; gruppo di cabine in muratura per mq 40, occupando uno spazio di circa
10.000 mq;
b) del reato di cui all'art 633 comma 1^ e 639 bis c.p., per avere
arbitrariamente invaso con le opere innanzi indicate uno spazio demaniale di
circa 10.000 mq;
c) del reato di cui all'art 349 1^ e secondo comma per avere, in esecuzione di
un medesimo disegno criminoso, nella qualità di custode giudiziale, violato i
sigilli che erano stati apposti dall'autorità giudiziaria in data 17 agosto 1955
per potere continuare a svolgere l'attività di gestione del Lido Paradiso;
fatti accertati in Castelvoturno il 18 giugno 1996.
Secondo la ricostruzione della vicenda contenuta nella sentenza impugnata, il 17
agosto del 1995, si era proceduto al sequestro dei manufatti indicati al capo A)
dell'imputazione abusivamente realizzati dalla prevenuta su suolo demaniale e si
era nominata custode la stessa Coviello. Quest'ultima, circa un anno dopo il
sequestro, era stata sorpresa a gestire lo stesso stabilimento sequestrato,
nonostante l'apposizione dei sigilli. Sulla base di tale premessa la Corte
osservava che, sia il delitto d'invasione di terreno che la contravvenzione di
cui al capo A), avevano natura permanente; che l'intervenuto sequestro dell'area
non rendeva legittima la successiva invasione; che non era maturato il termine
previsto per la prescrizione del reato di cui al capo a), avuto riguardo al
periodo di sospensione del dibattimento per impedimento del difensore, secondo i
principi elaborati da questa Corte con la decisione delle Sezioni unite n. 1021
del 2001.
Ricorre per cassazione l'imputata, tramite il suo difensore, con due mezzi di
annullamento.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i due mezzi d'annullamento, che possono essere esaminati congiuntamente perché logicamente connessi, l'imputata denuncia, peraltro in maniera generica, violazione di legge e difetto di motivazione. Assume in sostanza che l'oggetto specifico dell'invasione di cui al capo B) era identico a quello di cui al capo A) sicché il reato si era già consumato al momento del sequestro e, d'altra parte, la Coviello non poteva essere ritenuta responsabile d'invasione di un suolo già da lei occupato e posseduto. In ogni caso, a prescindere dalla controvertibilità del principio enunciato da questa Corte con la sentenza delle Sezioni unite 1021 del 2001 in materia di sospensione del corso della prescrizione, nell'ipotesi di rinvio del dibattimento per impedimento dell'imputato o del suo difensore, non essendo stato adottato alcun provvedimento sospensivo da parte del giudice, tutti i reati si erano ormai estinti per prescrizione.
L'impugnazione è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi.
È ben vero che la permanenza della contravvenzione di cui all'articolo 1161
codice della navigazione cessa con l'estromissione dell'occupatore abusivo e
quindi con il sequestro del bene e che il delitto di cui all'articolo 633 c.p.
presuppone che l'occupante non abbia il possesso del bene., ma nella fattispecie
la ricorrente ha omesso di considerare che a seguito del sequestro e della
conseguente estromissione dal possesso, essa aveva perduto la disponibilità del
suolo demaniale occupato, conservando la mera detenzione dello stesso nella
qualità di custode giudiziario nominato dall'autorità giudiziaria. Da ciò
consegue che la stessa, allorché, violando i sigilli che erano stati apposti a
garanzia della conservazione della cosa, aveva continuato ad occupare i beni
oggetto di sequestro, ha posto in essere una nuova condotta criminosa, giacché
non si era più limitata ad espletare i compiti propri del custode, ma aveva
continuato nuovamente a possedere i beni già oggetto del sequestro per un
interesse proprio, dando inizio così ad una nuova attività criminosa di natura
permanente. In proposito occorre rilevare che, secondo l'orientamento di questa
corte, la contravvenzione di cui all'art. 1161 cod. nav., che ha natura
permanente, può concorrere con il delitto di cui all'articolo 633 c.p.,
anch'esso eventualmente permanente, per l'obiettiva diversità degli interessi
tutelati e delle stesse condotte illecite ipotizzate dalle norme incriminatici,
consistenti, nel delitto di cui all'articolo 633 c.p., nell'introduzione
arbitraria e per un congruo lasso di tempo in terreni o edifici altrui allo
scopo di occuparli e trame profitto e, nella contravvenzione di cui all'art.
1161 cod. nav., nell'effettiva occupazione del demanio marittimo (Cass. n. 269
del 1987;599 del 1989, 865 del 1996).
La data indicata nel capo d'imputazione è quella dell'accertamento dei reati e
non della cessazione della permanenza. In ogni caso, pur facendo coincidere la
cessazione della permanenza della contravvenzione di cui al capo a) con la data
dell'accertamento, come sembra implicitamente opinare la corte territoriale
(avendo richiamato i principi enunciati con la sentenza delle Sez un. n. 1021
del 2001, che non avrebbe avuto ragione di citare, se la permanenza non fosse
cessata alla data dell'accertamento), si deve comunque rilevare che al momento
della decisione di secondo grado il reato di cui al capo A) non si era ancora
prescritto in quanto si doveva computare il periodo pari ad anni uno mesi sei e
gg. 7 durante il quale, come risulta dalla sentenza impugnata, il dibattimento è
stato sospeso per impedimento del difensore. Di conseguenza il termine scadeva
il 25 luglio 2002. Per il computo di tale periodo non era necessario alcun
formale provvedimento sospensivo, giacché il corso della prescrizione si deve
intendere sospeso, a prescindere dallo stato di detenzione dell'imputato,
allorché il dibattimento sia sospeso per impedimento dell'imputato o del suo
difensore. Al di fuori delle ipotesi di detenzione dell'imputato, non occorre
l'adozione di un formale provvedimento di sospensione per computare ai fini
della prescrizione il periodo durante il quale il dibattimento è sospeso per
impedimento dell'imputato o del suo difensore, in conformità del principio
enunciato dalle Sezioni unite nella decisione prima richiamata.
L'inammissibilità originaria dell'impugnazione impedisce di dichiarare ora la
prescrizione della contravvenzione di cui all'art. 1161 cod. nav. (gli altri
reati non si sono ancora prescritti). Invero, l'obbligo del giudice
dell'impugnazione di dichiarare ai sensi dell'articolo 129 c.p.p. eventuali
cause di non punibilità presuppone che il grado del giudizio sia stato
ritualmente instaurato ancorché con un atto poi ritenuto infondato, presuppone
in altre parole che l'impugnazione sia originariamente ammissibile e quindi
idonea a fare sorgere il rapporto processuale con il conseguente obbligo del
giudice di prendere in esame l'impugnazione stessa e, quindi, di rilevare
eventuali cause di non punibilità a norma dell'articolo 129 c.p.p..
L'inammissibilità originaria dell'impugnazione non consente al giudice di
adottare una decisione diversa dalla pronuncia d'inammissibilità. Non può valere
in contrario l'argomento secondo cui, a norma dell'articolo 648 c.p.p., se v'è
stato ricorso per cassazione la sentenza è irrevocabile dal giorno in cui è
pubblicata l'ordinanza o la sentenza che dichiari inammissibile il ricorso,
giacché tale norma indica il momento del passaggio in giudicato della sentenza
solo in senso formale. Invece, per quanto attiene al giudicato in senso
sostanziale, si deve fare riferimento al momento dell'insorgenza della causa
d'inammissibilità e non a quello in cui questa è dichiarata. Il giudicato
sostanziale si realizza al momento in cui scadono i termini per proporre
l'impugnazione, sia nel caso in cui questa non venga proposta, sia in quello in
cui venga proposta invalidamente. Siffatti principi sono stati più volte
ribaditi dalle sezioni unite di questa cortesia pure con qualche differenza per
quanto concerne l'inammissibilità per manifesta infondatezza dei motivi (cfr.
sentenza Piepoli del 30 giugno 1999). A proposito della manifesta infondatezza
dei motivi più recentemente le sezioni unite, superando l'empirica distinzione
tra cause d'inammissibilità originaria e cause sopravvenute, risalente al codice
del 1930 (l'unica causa sopravvenuta è ora la rinuncia all'impugnazione di cui
alla lettera d) dell'art. 591 c.p.p.), hanno statuito che l'inammissibilità del
ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non
consente il formarsi di un valido rapporto d'impugnazione e preclude pertanto la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell'articolo 129 c.p.p. e ciò perché la metodica d'accertamento della causa
d'inammissibilità anzidetta è assolutamente conforme a quella utilizzata per
dichiarare le altre cause d'inammissibilità previste dall'art. 606 comma 3
c.p.p. (per ulteriori approfondimenti si rinvia alla sentenza delle Sezioni
unite n. 32 del 2000, De Luca).
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p.;
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 500 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2004
1) Demanio - Demanio marittimo - Reato di cui all'art. 1161 cod. nav. - Delitto di cui all'art. 633 c. p. - Concorso - Configurabilità - Fondamento.La contravvenzione di cui all'art. 1161 cod. nav., abusiva occupazione di spazio demaniale, concorre con il delitto di cui all'art. 633 cod. pen., invasione di terreni o edifici, stante la obiettiva diversità degli interessi tutelati e delle condotte illecite previste dalla due norme, consistente nell'introduzione arbitraria e per un congruo lasso di tempo in terreni o edifici altrui allo scopo di occuparli e trarne profitto nell'ipotesi di cui all'art. 633 cod. pen., e nell'effettiva occupazione del demanio nell'altra ipotesi. Pres.Zumbo A. - Est.Petti C. - Rel. Petti C.-Imp.Coviello-P.M Passacantando G.(Parz.Diff) CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 9 novembre 2004 (17/12/2004) Sentenza n. 48520
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