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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Cassazione Penale, Sez. III, 12 febbraio 2003 , n. 12365
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta dagli Ill.mi Signori:
Dott. Giuseppe Savignano - Presidente -
1. Dott. Claudio Vitalone - Consigliere -
2. Dott. Alfredo Teresi - Consigliere -
3. Dott. Vittorio Vangelista - Consigliere -
4. Dott. Francesco Novarese - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da C. A., nato in Caprarola il 20.03.1972, quale
presidente della Riserva naturale del lago di Vico e sindaco di Caprarola,
avverso l'ordinanza del Tribunale di Viterbo in data 24.09.2002 con cui è stata
rigettata l'istanza di riesame del sequestro preventivo dell'area della suddetta
Riserva (con esclusivo riferimento agli interventi di abbattimento dei cinghiali
in forza dell'autorizzazione regionale 14.06.2002 n. AM/18160), sequestro emesso
d'urgenza dal PM il 4.09.2002, nel procedimento penale a carico di C. D. ed
altri indagati per il reato di cui all'art. 30, comma 1, lett. a) e d) legge n.
157/1992,
Visti gli atti, l'ordinanza
denunziata, il ricorso e la memoria difensiva;
Udita in Camera di Consiglio la relazione del Consigliere dott.Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG, dott. Francesco Iacoviello, il quale ha
chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza;
Sentito il difensore del ricorrente, avv. Cesare Gasbarri, il quale ha chiesto
l'accoglimento del ricorso;
Fatto Diritto
Con ordinanza in data 24.09.2002 il Tribunale di Viterbo rigettava l'istanza di
riesame proposta da C. A., quale presidente della Riserva naturale del lago di
Vico e sindaco di Caprarola, avverso il sequestro preventivo dell'area della
Riserva naturale del lago di Vico (con esclusivo riferimento agli interventi di
abbattimento dei cinghiali in forza dell'autorizzazione regionale 14.06.2002 n.
AM/18160), sequestro emesso d'urgenza dal PM il 4.09.2002 nel procedimento
penale a carico di C. D. ed altri indagati per il reato di cui all'art. 30,
comma 1, lett. a) e d) legge n. 157/1992, per avere esercitato la caccia al
cinghiale in area protetta ed in periodo di divieto generale.
Riteneva astrattamente ipotizzabile il suddetto reato sia per l'illegittimità,
valutata incidenter tantum nel procedimento penale, del provvedimento
autorizzativo regionale 14.06.2002 perché emesso senza il preventivo parere
dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, obbligatorio ai sensi degli art.
19 comma 2 legge sulla caccia e 22 legge quadro sulle aree protette n. 394/1991,
comma 6, sia perché, nel corso delle battute effettuate, non erano state
rispettate le direttive fissate nel provvedimento de quo che imponeva precise
modalità di esecuzione degli abbattimenti, dato che i conduttori, anziché
adottare il metodo della girata e dell'appostamento, avevano liberato i cani,
superiori al minimo consentito, lanciandoli all'inseguimento delle prede, non
assicurando, così, la selettività degli abbattimenti.
Proponeva ricorso per cassazione C. A., nella qualità, rilevando che la legge
quadro del 1991 non prevede il parere obbligatorio dell'INFS per l'adozione di
provvedimenti regionali di controllo numerica del cinghiale nelle aree protette.
Peraltro, era inesatto e riduttivo dire che, nella specie, l'atto amministrativo
fosse stato adottato in assenza di parere, dato che lo stesso atto era stato
preceduto dalla riunione tecnica dell'8.03.2002, avente ad oggetto il controllo
numerico dei cinghiali nelle aree protette del Lazio, cui aveva partecipato un
rappresentante dell'INFS che non aveva sollevato obiezione alcuna, nella quale
era stato deliberato di invitare le singole aree protette a promuovere tavoli
tecnici di lavoro.
La riunione tecnica locale del 2.05.2002 aveva ritenuto superfluo il parere
dell'INFS in quanto già espresso in passato ed aveva richiesto un intervento con
modalità di prelievo indicate dall'Istituto stesso, sicché la Regione Lazio
aveva legittimamente emesso l'autorizzazione 14.06.2002, avvalendosi pure dei
parere espresso dall'INFS per l'area protetta Tevere-Farfa.
Tanto premesso, denunciava violazione di legge e travisamento del fatto in
ordine alla ritenuta sussistenza del, fumus del reato.
Gli indagati erano cacciatori, muniti di regolare licenza di porto di fucile ed
iscritti negli elenchi dei selecontrollori tenuti dalle varie amministrazioni
provinciali, i quali erano stati incaricati dai responsabili del Parco di
svolgere attività di selezione, donde l'inapplicabilità della legge sulla caccia
e l'operatività della legge quadro sulle aree protette, richiamata dalla legge
regionale n. 17/1995, le cui disposizioni prevedono che nei parchi e nelle
riserve naturali l'attività di prelievo faunistico e di abbattimento selettivo
necessari per ricomporre squilibri ecologici deve avvenire in conformità del
regolamento e, in mancanza, delle direttive regionali e sotto la diretta
responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco.
Non può, invece, operare la normativa della legge n. 157 del 1992 (art. 19) che
si applica alle zone vietate alla caccia , diverse dalle aree dei parchi e delle
riserve, nelle quali le regioni o le amministrazioni provinciali, per ragioni
specifiche, abbiano ritenuto di interdire l'attività venatoria.
Non è consentita, poi, neppure incidentalmente, la disapplicazione dell'atto
amministrativo ritenuto illegittimo da parte del giudice penale poiché, nella
specie, non si era trattato di atto incidente negativamente su diritti
soggettivi, ma di esercizio di attività amministrativa sulla quale non è
consentito ad altro potere dello Stato di esercitare un potere di controllo e di
ingerenza esterna.
Denunciava, inoltre, abnormità del provvedimento di sequestro per violazione
degli art. 101, comma 2, e 117, comma 1, Cost. poiché avendo il giudice penale
ritenuto necessario il parere dell'INFS, parere non previsto dalla legge quadro
e dalla legge regionale n. 17/1995, aveva disapplicata tali norme primarie
degradandole ad atto amministrativo.
Chiedeva l'annullamento dell'ordinanza.
Va, anzitutto, puntualizzato che il provvedimento regionale 14.06.2002, con cui
la Riserva naturale del lago di Vico veniva autorizzata a riprendere l'attività
di controllo e di contenimento della popolazione dei cinghiali insistente nel
suo territorio, è stato adattato senza il previo parere dell'Istituto nazionale
per la fauna selvatica non potendo costituire equipollenti né i precedenti
pareri emessi nel 1989 e nel 1993 e quello relativo all'area protetta Tevere/Farfa,
attenendo le determinazioni dell'Istituto a situazioni di squilibrio specifiche,
concrete ed attuali, né la presenza di un rappresentante dell'Istituto alla
riunione tecnica del 8.03.2002,nella quale era stato discusso il problema del
contenimento della popolazione del cinghiale ed era stata ritenuto opportuno
convocare altre riunioni per le singole aree protette, non risultando che il
suddetto rappresentante abbia espresso alcuna opinione in proposito.
La materia del controllo delle specie della fauna selvatica è regolata dalla
legge quadro sulle aree protette n. 394/1991, modificata dalla legge n,
426/1998, che all'art. 22, comma 6 sancisce il divieto dell'attività venatoria
nei parchi naturali e nelle riserve naturali regionali "salvo eventuali prelievi
faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri
ecologici" e stabilisce che tali prelievi ed abbattimenti devono essere eseguiti
in conformità al regolamento del parco e, in mancanza, alle direttive regionali
per iniziativa e sotto la diretta sorveglianza dell'organismo di gestione del
parco.
Ragioni di ordine razionale, testuale e sistematico, impongono di ritenere che
la stessa materia sia regolata anche dalla successiva legge sulla caccia del
1992 che, all'art. 19, attribuisce alle regioni "il controllo delle specie di
fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia . Tale controllo,
esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di
metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni
possono autorizzare piani di abbattimento".
Infatti, l'affermazione del principio di divieto di caccia anche nelle zone
protette di cui alla legge quadro e la portata onnicomprensiva della locuzione
"zone vietate alla caccia " portano a ritenere che la legge del 1992 abbia
inteso, non già delimitare l'ambito territoriale del divieto, ma disciplinare
gli interventi di riequilibrio della popolazione della fauna selvatica
nell'ambito delle zone protette, stabilendo che l'eventuale ed eccezionale
superamento del principio di divieto di caccia in tali zone non possa
prescindere dalla esplicita constatazione, da parte di un organismo
specializzato, della necessità e congruità dell'intervento selettivo e dal
rispetto della normativa procedimentale per il rilascio dell'autorizzazione
regionale.
Pertanto, correttamente è stata ritenuta illegittima l'autorizzazione regionale
de qua perché adottata senza il previo parere obbligatorio (Cass. Sez. III n.
1655, 12.12.1998, Zito, RV 212601) dell'INFS e, quindi, senza l'imprescindibile
supporto tecnico, che la giustifichi.
Irrazionale, invece, è l'assunto dell'assoluta autonomia delle suddette
normative che ignora l'identità della materia disciplinata (il controllo delle
specie della fauna selvatica) e del bene giuridico protetto (la fauna selvatica,
che non può essere cacciata se non entro i limiti stabiliti da norme che
regolano la condotta dei cacciatori e quella degli organi deputati ad introdurre
eccezioni al divieto di cacciare), sicché la violazione di norme che impongono
il rispetto di specifiche procedure dirette ad accertare le condizioni
legittimanti l'adozione di attività che si pongano macroscopicamente in
contrasto coi divieto di caccia rende illegittimo il provvedimento autorizzativo.
L'accertamento penale, incidenter tantum, dell'illegittimità dell'atto non
costituisce arbitraria invasione della sfera amministrativa essendo doveroso
nell'esercizio dell'attività penale verificare la conformità tra la situazione
di fatto (l'esercizio della caccia ) e la fattispecie legale comprendente le
disposizioni legislative statali e regionali in materia venatoria.
Tale complesso normativo, apprestando entrambe le leggi citate tutela faunistica,
costituisce il parametro organico per l'accertamento dell'illiceità della
condotta di caccia , che non può essere esclusa sol perché sia stata rilasciata
l'autorizzazione regionale, la quale nel suo contenuto, nonché per le
caratteristiche strutturali e formali dell'atto, non è idonea a superare il
divieto di caccia, posto che è avulso, dal quadro delle prescrizioni che
legittimano l'emissione dell'atto amministrativo.
Pertanto, in tale ipotesi, il giudice penale non esercita alcun sindacato
sull'atto amministrativo nè interferisce nella sfera dei poteri riservati alla
p.a., ma deve, sulla base di un'esplicita previsione normativa, procedere ad
un'identificazione in concreto della fattispecie sanzionata, donde il potere di
accertamento sull'atto amministrativo che costituisce un elemento integrante la
fattispecie criminosa.
Per le considerazioni che precedono è manifestamente infondato il rilievo di
disapplicazione della normativa sulle aree protette ed inammissibile la
questione di illegittimità del provvedimento di sequestro perché in contrasto
con gli art. 101, comma 2, e 117, comma 1, Cost.
Sebbene il ricorso non abbia sollevato censura sul punto va, infine, rilevato
che l'esercizio abusivo della caccia è astrattamente configurabile anche in
riferimento alla condotta di abbattimento non selettivo dei cinghiali in
violazione delle direttive stabilite nell'autorizzazione regionale che prevedeva
soltanto il ricorso al metodo della girata o dell'appostamento.
II rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del
procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento.
Cosi deciso nella Camera di Consiglio in Roma all'udienza del 12.02.2003.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 17 MAR. 2003.
1) Caccia e pesca – Fauna selvatica in generale - Controllo – Aree protette - prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi - conformità al regolamento del parco - l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. La materia del controllo delle specie della fauna selvatica è regolata dalla legge quadro sulle aree protette n. 394/1991, modificata dalla legge n, 426/1998, che all'art. 22, comma 6 sancisce il divieto dell'attività venatoria nei parchi naturali e nelle riserve naturali regionali "salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici" e stabilisce che tali prelievi ed abbattimenti devono essere eseguiti in conformità al regolamento del parco e, in mancanza, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta sorveglianza dell'organismo di gestione del parco. Ragioni di ordine razionale, testuale e sistematico, impongono di ritenere che la stessa materia sia regolata anche dalla successiva legge sulla caccia del 1992 che, all'art. 19, attribuisce alle regioni "il controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento". Pres. SAVIGNANO - Est. TERESI - Riserva naturale del lago di Vico - Comune di Caprarola. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 Marzo 2003 (ud. 12.02.2003), sentenza n. 12365
2) Caccia e pesca – Fauna selvatica in generale - Aree protette – Divieto di caccia - intervento selettivo - parere obbligatorio dell'INFS – necessità - autorizzazione regionale senza parere INFS – illegittima. L'affermazione del principio di divieto di caccia anche nelle zone protette di cui alla legge quadro e la portata onnicomprensiva della locuzione "zone vietate alla caccia " portano a ritenere che la legge del 1992 abbia inteso, non già delimitare l'ambito territoriale del divieto, ma disciplinare gli interventi di riequilibrio della popolazione della fauna selvatica nell'ambito delle zone protette, stabilendo che l'eventuale ed eccezionale superamento del principio di divieto di caccia in tali zone non possa prescindere dalla esplicita constatazione, da parte di un organismo specializzato, della necessità e congruità dell'intervento selettivo e dal rispetto della normativa procedimentale per il rilascio dell'autorizzazione regionale. Pertanto, correttamente è stata ritenuta illegittima l'autorizzazione regionale de qua perché adottata senza il previo parere obbligatorio (Cass. Sez. III n. 1655, 12.12.1998, Zito, RV 212601) dell'INFS e, quindi, senza l'imprescindibile supporto tecnico, che la giustifichi. Pres. SAVIGNANO - Est. TERESI - Riserva naturale del lago di Vico - Comune di Caprarola. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 Marzo 2003 (ud. 12.02.2003), sentenza n. 12365
3) Caccia e pesca – Caccia esercitata con mezzi vietati - esercizio abusivo della caccia - abbattimento non selettivo – violazione delle direttive stabilite nell'autorizzazione regionale. L'esercizio abusivo della caccia è astrattamente configurabile anche in riferimento alla condotta di abbattimento non selettivo dei cinghiali in violazione delle direttive stabilite nell'autorizzazione regionale che prevedeva soltanto il ricorso al metodo della girata o dell'appostamento. Pres. SAVIGNANO - Est. TERESI - Riserva naturale del lago di Vico - Comune di Caprarola. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 17 Marzo 2003 (ud. 12.02.2003), sentenza n. 12365
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