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Il sistema europeo di Emission Trading.

The European system of Emission Trading (EU-ETS)

 

LAURA MONNI*



Abstract
The Kyoto Protocol, which came into force on February 2005, requires the developed countries to reduce the greenhouse gas emissions for the 2008-2012 period.
The protocol introduced three flexible mechanisms that the countries can adopt in order to meet the emissions reduction target.
Besides the above mentioned mechanisms, a regional market of emission credits has been implemented. The most important market is the European Emission Trading Scheme (EU-ETS): the scheme, started in 2005, involves about 12000 plants all over the European Union, and is the first step towards a global emission credit market. A similar market was never implemented before, but it quickly developed, showing increasing exchange volumes and liquidity.
The document presents a synthesis of the base mechanisms of the system and of its basilar elements, one and a half year after the start up.


Keywords: Directive 2003/87/CE, Linking directive, European Emission Trading Scheme (EU-ETS), Italian National Allocation Plan, National allocation plans (NAPs).

 

 

Introduzione all’EU-ETS: il sistema europeo degli scambi di emissione

In linea con gli impegni sanciti dalla ratifica ed entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, l’Unione Europea ha istituito, con la direttiva 2003/87/CE, un sistema per lo scambio di quote di emissione di gas serra all’interno della Comunità, denominato Emission Trading Scheme (ETS). Il fine è quello di promuovere la riduzione delle emissioni attraverso l’introduzione di meccanismi flessibili, secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica.

La direttiva, nonostante richiami esplicitamente nel preambolo (punti 10,17,19) il Protocollo di Kyoto e ne sia, di fatto, uno strumento attuativo, né è sostanzialmente indipendente. Ciò può essere dedotto esplicitando le principali differenze tra il sistema internazionale (IET), definito dal Protocollo di Kyoto, ed il sistema europeo (ETS) in termini di soggetti coinvolti, tempi di attuazione e obbligatorietà.

I soggetti abilitati allo scambio di quote nel sistema internazionale (IET) sono gli Stati nazionali, ossia quelli compresi nell’Allegato B del Protocollo. Nel sistema previsto dalla direttiva comunitaria, i soggetti che possono partecipare sono tutte le persone (giuridiche e fisiche) all’interno della Comunità, e le persone dei Paesi Terzi che abbiano sottoscritto un accordo bilaterale (art. 25)1.

Per quanto riguarda i tempi di attuazione, l’International Emission Trading (IET), entrerà in vigore solo a partire dal 2008, mentre l’Emission Trading Scheme è entrato in vigore il primo gennaio 2005.

Con riferimento all’obbligatorietà, sebbene i due sistemi siano vincolanti per specifiche categorie di soggetti, il livello di obblighi previsto dal sistema europeo ETS è sicuramente più definito e strutturato del sistema internazionale IET. Questo è desumibile dal meccanismo sanzionatorio esistente e ben disciplinato dalla direttiva europea a fronte di una “punibilità” dichiarata, ma scarsamente strutturata nel Protocollo di Kyoto.

Il sistema europeo per lo scambio di quote di emissione, istituito dalla direttiva 2003/87/CE è caratterizzato dai seguenti elementi:
- il campo d’applicazione è esteso alle attività ed ai gas elencati nell’allegato I della direttiva; in particolare alle emissioni di anidride carbonica provenienti da attività di: combustione energetica, produzione e trasformazione dei metalli ferrosi, lavorazione prodotti minerari, produzione di pasta per carta, carta e cartoni;
- previsione di un duplice obbligo per gli impianti da essa regolati: la necessità per operare di possedere una autorizzazione all’emissione in atmosfera di gas serra a cui corrisponde un certo numero di quote di emissione; l’obbligo di rendere alla fine dell’anno un numero di quote (permessi) d’emissione pari alle emissioni di gas serra rilasciate durante l’anno. L’autorizzazione all’emissione di gas serra viene rilasciato dalle Autorità competenti previa verifica da parte delle stesse della capacità dell’operatore dell’impianto di monitorare nel tempo le proprie emissioni di gas serra;
- le quote d’emissioni sono rilasciate dalle Autorità competenti all’operatore di ciascun impianto regolato dalla direttiva sulla base di un Piano Nazionale di Allocazione (PNA); ogni quota da diritto al rilascio di una tonnellata di biossido di carbonio equivalente;
- il Piano Nazionale di Allocazione viene redatto in conformità ai criteri previsti dall’Allegato III della direttiva stessa; questi ultimi includono coerenza con gli obiettivi di riduzione nazionale, con le previsioni di crescita delle emissioni, con il potenziale di abbattimento e con i principi di tutela della concorrenza; il PNA prevede l’assegnazione di quote a livello d’impianto per periodi di tempo predeterminati;
- una volta rilasciate, le quote possono essere vendute o acquistate; tali transazioni possono vedere la partecipazione sia degli operatori degli impianti soggetti alla direttiva, sia di soggetti terzi (imprese, enti locali, organizzazioni non governative, singoli cittadini); il trasferimento di quote viene registrato nell’ambito di un registro nazionale.
- la resa delle quote d’emissione è effettuata annualmente dagli operatori degli impianti in numero pari alle emissioni reali degli impianti stessi;
- le emissioni reali utilizzate nell’ambito della resa delle quote da parte degli operatori sono il risultato del monitoraggio effettuato dall’operatore stesso e certificato da un soggetto terzo accreditato dalle Autorità competenti;
- la mancata resa di una quota d’emissione prevede una sanzione pecuniaria di 40 Euro nel periodo 2005-2007 e di 100 Euro nei periodi successivi; le emissioni oggetto di sanzione non sono esonerate dall’obbligo di resa di quote.
Il sistema europeo prevede l’istituzione di una serie di meccanismi di verifica, attraverso il ricorso a verificatori indipendenti2.


L’Emission Trading Scheme (ETS): scadenze ed opportunità

Con il recepimento della direttiva 2003/87/CE e con l’approvazione dei rispettivi Piani Nazionali di Assegnazione delle quote di emissione, a partire dal 1 gennaio 2005, le imprese europee appartenenti all’Allegato I della suddetta direttiva non possono continuare ad operare in assenza di apposita autorizzazione.

La prima fase prevedeva che entro il 28 febbraio 2005 a tutti gli impianti che ricadono nel campo di applicazione della direttiva fossero rilasciate quote di emissioni di CO2 da parte dell’Autorità competente dello Stato Membro, per consentire loro di partecipare allo scambio sul mercato comunitario. Le quote di emissioni pari alle emissioni registrate nell’anno precedente avrebbero dovuto essere restituite entro il 30 aprile 2006.

Il sistema stabilisce che l’impresa che gestisce l’impianto, una volta in possesso delle quote di emissione assegnate con autorizzazione, stimi le sue emissioni reali per il periodo futuro. Se le previsioni di emissioni superano i quantitativi di quote assegnate e quindi non rientrano nell’autorizzazione ad emettere, l’impresa può intraprendere due strategie a seconda della convenienza economica:
- intervenire sui propri impianti, in modo da abbattere le emissioni di CO2 previste e raggiungere il livello emissioni pari alle quote assegnate;
- acquisire crediti alle emissioni attraverso i meccanismi flessibili da “sommare” alle quote in possesso e coprire quindi le quantità totali di emissione prodotte.

Per facilitare l’adempimento della normativa i gestori degli impianti hanno la possibilità di raggrupparsi. Si permette loro, in questo modo, di aprire un unico conto nel registro nazionale, con un amministratore unico per tutte le operazioni sul conto, ottenendo un notevole risparmio dei costi di gestione e delle relative operazioni sul conto o favorendo le imprese di piccole o medie dimensioni che non riescono ad adempiere da sole a tutti gli obblighi o i grandi gruppi industriali con diversi impianti che cercano di centralizzare la gestione delle quote. Naturalmente, esistono anche delle difficoltà legate al fatto che l’inadempimento degli obblighi della direttiva da parte di uno solo dei gestori aderenti, comporta il blocco delle operazioni sul conto per tutti quanti; l’amministratore non può, infatti, effettuare operazione nel conto se la dichiarazione relativa alle emissioni di uno solo dei gestori appartenenti al raggruppamento non è conforme ai requisiti richiesti.

A perfezionare la direttiva 2003/87/CE, al fine di chiarire il funzionamento dei meccanismi flessibili per dare una reale possibilità di scelta alle imprese, è intervenuta la direttiva 2004/101/CE (c.d. direttiva Linking) approvata il 27 ottobre 2004; quest’ultima collega il mercato europeo delle emissioni alla possibilità di utilizzare le riduzioni generate da progetti di CDM e di JI. Nel PNA è quindi specificata, per ogni settore e singolo impianto, la percentuale della quota di emissioni per la quale i gestori saranno autorizzati ad utilizzare i CERs3 o ERUs4 e ognuno di questi potrà essere convertito in quote comunitarie EEAs5.

I meccanismi flessibili disciplinati, come già detto, dalle direttive europee 2003/87/CE e 2004/101/CE, possono essere utilizzati da soggetti pubblici e privati che pur non avendo obblighi di riduzione di emissioni hanno facoltà di acquisire crediti e collocarli sul mercato delle emissioni. In questo scenario le imprese intenzionate a perseguire progetti di cooperazione ed internazionalizzazione, per i quali siano previste riduzioni di gas serra, possono cogliere le opportunità offerte dai meccanismi flessibili quali JI e CDM.


Realizzazione del sistema di emission trading: i Piani Nazionali di Allocazione

La direttiva UE stabilisce che, per ogni periodo di assegnazione (2005-2007; 2008-2012), ogni Stato membro elabori un piano nazionale di assegnazione (PNA) che determini le quote totali di emissioni che intende assegnare per tale periodo e le modalità di tale assegnazione. Nella stessa direttiva sono contenuti i criteri che stabiliscono il contenuto dei piani. Il processo decisionale è affidato all’autorità competente e le fasi principali sono: la definizione della quota totale di emissioni da assegnare a livello nazionale, assegnazione delle quote per settore e, infine, attribuzione le quote ai singoli impianti che devono rispettare i vincoli posti dalla direttiva. Da questo processo decisionale deriva il contenuto principale dei piani, in cui sono presenti anche diverse informazioni riguardo la metodologia di assegnazione e ripartizione delle quote che è stata seguita.
La Commissione Europea ha pubblicato delle linee guida per assistere gli stati membri nella redazione dei PNA; nonostante il suo supporto ci sono state grandi difficoltà nella predisposizione dei piani, specie nel calcolo delle quantità di emissioni e nell’attribuzione delle quote ai singoli impianti.

Per il primo periodo, il PNA sarebbe dovuto essere pubblicato e notificato alla Commissione e agli altri Stati membri entro il 31 marzo 2004. L’Italia si è mossa in ritardo riguardo all’attuazione del sistema di scambio delle emissioni: Il PNA è stato presentato con oltre un anno di ritardo, mentre le direttive sono state recepite nell’ordinamento nazionale nel mese di giugno del 2006; per questi motivi l’Italia è stata sottoposta ad una procedura d’infrazione. Questa situazione d’incertezza, inoltre, ha posto le aziende obbligate in una posizione di svantaggio rispetto alle altre imprese europee al momento dell’ingresso nel mercato dei permessi.

Per il secondo periodo, il termine di presentazione dei nuovi PNA scadeva il 30 giugno 2006, solo pochi Paesi membri sono stati puntuali nella presentazione. Il ministero dell’ambiente italiano ha portato il nuovo piano in consultazione al pubblico nel mese di luglio mentre lo presenterà alla Commissione europea in autunno, una volta completata la procedura di consultazione. La redazione del secondo PNA si è dimostrata ancora più delicata rispetto alla prima fase. Le esperienze negative verificatesi hanno provato che il successo del sistema di scambi dipenda molto dalla corretta redazione dei piani e da un’equa assegnazione delle quote alle imprese. Per questo motivo la Commissione nel redigere le linee guida ha affermato che considera il primo periodo come un “esercizio di apprendimento” e ha stabilito alcuni criteri da seguire per affrontare il secondo periodo6. In primis ha richiesto la redazione di piani chiari e trasparenti, in secundis che l’assegnazione delle quote sia più restrittiva e che si incentivi il ricorso allo scambio delle quote per conseguire gli obiettivi di Kyoto nella maniera economicamente più efficace, tenendo conto che si potranno utilizzare a pieno gli strumenti, come i CERs e gli ERUs, messi a disposizione dalla direttiva linking .


Il Piano di assegnazione nazionale italiano per il periodo 2005-2007 e la presentazione del piano per il 2008-2012 alla consultazione del pubblico

Le strategie seguite per la redazione del piano e la definizione del tetto nazionale delle emissioni per il primo periodo di attuazione si possono ricondurre principalmente a ciò che riguarda la politica energetica italiana, che si distingue per una elevata efficienza e una bassa “intensità di carbonio” e la strategia di riduzione delle emissioni di gas nell’atmosfera ispirata dal protocollo di Kyoto. Quest’ultima prevede l’utilizzo dei meccanismi flessibili proposti dal protocollo resi disponibili grazie alla direttiva linking.

Il numero totale delle quote è suddiviso nei primi tre anni di funzionamento ed è ottenuto sommando le quote attribuite ai settori, calcolate a loro volta prendendo come riferimento le emissioni storiche degli stessi (dati anno 2000), applicando a ciascun comparto produttivo le previsioni di crescita al 2010, più i relativi aggiustamenti. Il totale delle quote assegnate è mostrato nella tabella 1. Le emissioni delle attività regolate dalla Direttiva, infine, sono state verificate utilizzando i risultati della rilevazione di dati storici a livello di impianto (bottom up), in base all’aggiornamento dell’inventario delle emissioni. La quantità di quote assegnate deve essere coerente con gli obblighi previsti da Kyoto per riuscire a raggiungere e superare gli obiettivi previsti. La direttiva, infatti, si propone di permettere agli stati membri di arrivare preparati alla partenza degli obblighi del protocollo proponendo delle misure che si affiancano a quelle previste dall’ONU.

 

Tabella 1 - Piano di assegnazione nazionale italiano 2005-2007

 

Anno 2005 2006 2007

Totale Quote da

assegnare

222.31 225.88 221.15

Unità di misura: Milioni di tonnellate di CO2
Fonte: PNA nazionale 2005-2007.



Per quanto riguarda l’assegnazione delle quote per settore, i dati utilizzati provengono dal bilancio energetico nazionale e dall’inventario nazionale delle emissioni dei gas ad effetto serra (riferite all’anno 2000); sono stati elaborati tenendo conto del potenziale tecnologico d’abbattimento e delle sviluppo economico del paese. I dati riguardanti le stime di crescita di ciascun settore, i fattori che ne influenzano lo sviluppo e ne hanno giustificato le previsioni per quanto riguarda l’aumento o la riduzione delle emissioni per il periodo 2005-2007, sono riportati nell’allegato III del PNA7.

Nella tabella 2 sono riportate le quantità di quote assegnate ai vari settori regolati. I valori per l’anno 2010 rappresentano lo scenario di riferimento che tiene conto delle misure e delle politiche già individuate, ma non ancora attuate. I valori per l’anno 2000 sono stimati in base ai dati storici, raccolti a livello di impianto come prescritto dalla normativa.

 

Tabella 2 – Assegnazione a livello settoriale quote CO2

Settore   

2000

2005

2006

2007

2010

Termoelettrico

non cogenerativo

99.7

105.6

103.2

98.9

93.2

Elettricità

cogenerativa

30.9

40.9

43.2

45.8

54.1

Teleriscaldamento

 0.9

1.1

1.2

1.2

1.4

Raffinazione

17.1

18.1

18.3

18.5

19.2

Metalli ferrosi

27.6

28.9

29.2

29

30

Cemento

26.8

28.3

28.6

29

30

Calce

2.7

2.8

2.9

2.9

3

Vetro

4

4.3

4.3

4.5

4.7

Prodotti ceramici

3.8

4.2

4.3

4.3

4.6

Laterizi

4.3

4.3

4.3

4.3

4.4

Cartario

5.1

5.8

6

6.1

 6.7

Altre attività combustione

33.7

34

34

34.1

34.3

Totale

256.6

278.5

279.7

279.2

285.8

Fonte: PNA nazionale 2005-2007.


Determinato l’ammontare delle quote da attribuire ai settori è stabilita la quantità da attribuire ad ogni singolo impianto, si sono seguiti criteri differenziati per diversi settori. Infatti, per il settore elettrico si è applicato il criterio della “produzione prevista”, in base al quale le quote sono assegnate al singolo impianto in funzione di “una componente fondamentale previsiva ed una componente di modifica di regime”8. Per questo settore, è previsto una crescita e una trasformazione nel futuro e, per questo motivo, non possono essere applicati i criteri che si basano su dati storici mentre quello scelto permette di aggiustare l’allocazione delle quote.

Il metodo della produzione storica è caratterizzato da una maggior efficienza economica ambientale, poiché a parità di prodotto sono premiati gli impianti più efficienti e quelli che hanno realizzato investimenti precoci. Questo criterio è stato applicato ai settori della produzione di calore ed elettricità, della calce, dell’acciaio, dei prodotti ceramici e del cemento. Al settore cartario, dei laterizi, della raffinazione, del vetro e della produzione di calore sono state attribuite le quote di emissione ai singoli impianti sulla base del criterio delle emissioni storiche.

Nella tabella 3 è riportato un quadro riassuntivo dei criteri seguiti per l’assegnazione ai diversi impianti delle quote di emissione.

 

Tabella 3 – Criteri assegnazione impianti esistenti

Settore Criteri
Termoelettrico non cogenerativo Emissione prevista
Elettricità cogenerativa Produzione storica
Calore non cogenerativo Lavorato (combustibile)
Raffinazione Emissioni storiche
Acciaio Produzione storica
Cemento Produzione storica (clinker)
Calce Produzione storica
Vetro Emissioni storiche
Prodotti ceramici Produzione storica
Cartario Emissioni storiche
Laterizi Emissioni storiche

Fonte: PNA nazionale 2005-2007.


Sono state previste, infine, delle procedure particolari per quanto riguarda il trattamento dei nuovi entranti, delle sospensioni, delle chiusure e il riconoscimento degli investimenti precoci.
I primi sono quegli impianti che hanno iniziato l’attività produttiva o ampliato la loro capacità dopo l’assegnazione delle quote. Durante il primo periodo sono state previste, nell’ordinamento italiano, delle quote di riserva la cui gestione è stata diversificata per settore, per il settore termoelettrico la quantità prevista era molto alta. E’ stata prevista, inoltre, la cosiddetta “ transfer rule” che permette di recuperare le quote liberate dagli impianti in chiusura, invece di cancellarle. In questo modo le quote si sono sommate a quelle della riserva. Le eventuali quote in eccesso, dopo la fine del primo periodo, sarebbero state vendute nel carbon market per recuperare i fondi necessari per acquistare le quote mancanti agli impianti sottoposti alla direttiva. I criteri di assegnazione delle quote di riserva agli impianti, per i ripotenziamenti e per i nuovi entranti, sono basati sulla produzione prevista applicando i coefficienti di emissione della BAT (Best Avalaible Tecnology). Per i riavvii si è applicato il criterio di assegnazione previsto per gli impianti esistenti.
Agli impianti che hanno ridotto le proprie emissioni prima dell’entrata in vigore della Direttiva viene riconosciuto lo sforzo compiuto come atto di correttezza. I criteri seguiti per tenerne conto si basano o sulle emissioni storiche, scegliendo un anno di riferimento si premiano gli impianti che, a partire dall’anno di riferimento stesso, hanno realizzato intervento di riduzione delle emissioni. Oppure, tenendo conto dei coefficienti dei parametri di emissione ricavabili dai documenti di riferimento sulle BAT elaborati per la Direttiva IPPC.

Nel mese di luglio 2006 è stato presentato alla consultazione pubblica lo schema di piano di assegnazione per il secondo periodo di funzionamento9.
Per la redazione del piano e l’assegnazione delle quote si è tenuto conto sia degli obblighi posti dal Protocollo di Kyoto che degli orientamenti indicati dalla Commissione Europea che prevedono un numero di quote assegnate nel periodo 2008-2012 inferiore rispetto a quelle assegnate nel primo periodo.

Non si è potuto prescindere dall’esigenza di tutelare la competitività dell’economia italiana. In questo contesto i settori meno esposti alla concorrenza internazionale sono quelli elettrico e della raffinazione i quali, pertanto, sono stati sottoposti agli obblighi maggiori di riduzione.

Il numero totale di quote che si intende assegnare per il periodo 2008-2012 agli impianti esistenti è stato determinato applicando ai più recenti dati disponibili la metodologia indicata dalla Commissione Europea. I valori delle quote assegnate, espressi in MtCO2, sono mostrati nella tab. 4. Tale metodologia si basa sull’ipotesi che il peso delle emissioni dei settori regolati dalla direttiva sul totale delle emissioni nazionali e il peso delle emissioni dei settori non regolati dalla direttiva sul totale delle emissioni nazionali rimanga costante nel periodo 2005-2012. Prevede, inoltre, che i due macro-settori abbiano lo stesso potenziale di riduzione tenendo conto dell’assegnazione media annua delle quote di CO2 approvata dalla commissione europea per il primo periodo, dei pesi dei settori EU-ETS in termini di emissioni, della distanza dagli obiettivi di Kyoto e dello sforzo di riduzione richiesto ai settori coinvolti.

 

Tabella 4 - Piano di assegnazione nazionale italiano 2008-2012

Anno 2008 2009 2010 2011 2012
Totale Quote da assegnare 192,44 189,16 185,88 182,78 179,86

Unità di misura: Milioni di tonnellate di CO2
Fonte: PNA nazionale 2008-2012.



L’assegnazione delle quote per settore (vedi tab. 3) è avvenuta tenendo conto e modificando le assegnazioni del primo periodo. Per quanto riguarda il settore dell’acciaio a ciclo integrato la quota assegnata è stata ridotta di circa 1 MtCO2/anno, in ragione dei dati recenti che indicano una riduzione delle emissioni. Per i settori dell’acciaio forno elettrico, carta, vetro, cemento, calce, ceramici, laterizi e altri impianti di combustione l’ammontare settoriale delle quote è stato tenuto agli stessi livelli del 2005/2007.

La differenza maggiore tra i due piani riguarda i settori termoelettrico e raffinazione; le assegnazioni sono state effettuate, infatti, in modo da coprire il fabbisogno complessivo. Per il settore termoelettrico, l’assegnazione è passata da 131,6 MtCO2/anno a 100,41 MtCO2/anno mentre per il settore della raffinazione è passata da 23,76 MtCO2/anno a 18,21 MtCO2/anno. I due settori sono, infatti, caratterizzati da: un maggior potenziale di riduzione; dalla possibilità di distribuire sui clienti finali gli eventuali maggiori oneri, derivanti dall’acquisto dei permessi di riduzione, e da una minore esposizione alla concorrenza internazionale. I dati riportati nella tabella 5 mostrano le differenze di assegnazione per settori esistenti nei due piani.

 

Tabella 5 – Distribuzione per attività delle assegnazioni medie annue

Attività energetiche

Assegnazione 2005-

2007

Assegnazione 2008-

2012

Termoelettrico non

cogenerativo e cogenerativo

131.6

100.41

Altri impianti di combustione

14.9

14.89

Teleriscaldamento

0.23

0.23

Raffinazione

23.76

18.21

Compressione e metanodotti

0.88

0.88

Altro

13.78

13.78

Unità di misura: Milioni di tonnellate di CO2
Fonte: PNA nazionali 2005-2007 e 2008-2012.



Le quantità attribuite ai singoli impianti per quanto riguarda il settore termoelettrico è basata, per il 2008, sui dati del monitoraggio 2005 per la produzione di energia elettrica e calore utile, incrementata dai dati degli impianti nuovi entranti nel periodo 2006-2007.
Per il periodo 2008-2012, invece, si prevede che l’assegnazione per l’energia elettrica da combustibili fossili decresca e contemporaneamente aumenti la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Il calcolo di tale assegnazione si sviluppa secondo le seguenti regole:
- si individua una gamma limitata di categorie di tecnologie/combustibili di generazione;
- i coefficienti di emissione delle produzioni di energia elettrica sono fissati, per ciascuna categoria, sulla base delle BAT;
- le assegnazioni vengono ridotte nel periodo 2008-2012 seguendo la riduzione lineare secondo i trend delle energie prodotte per ogni categoria di tecnologia/combustibile per il 2008-2010.

Per gli impianti degli altri settori diversi dal termoelettrico l’assegnazione delle quote si basa principalmente su tre parametri:
o le quote assegnate all’impianto nel 2007. Questo è un elemento comune sia ai diversi settori che agli impianti esistenti e nuovi entranti. Il numero di quote assegnate all’impianto nell’anno 2007 viene successivamente corretto attraverso l’indice di efficienza ambientale e l’indice di espansione;
o un indice di efficienza ambientale. E’ un sistema che cerca di premiare i gestori che hanno realizzato una migliore efficienza emissiva nel processo produttivo. In tal modo si favorisce chi ha introdotto tecnologie di produzione pulite;
o un indice di espansione.

Nonostante la metodologia adottata per l’assegnazione ai settori non termoelettrici sia stata la medesima, la scelta di parametri è stata differenziata per settore.

Il trattamento dei nuovi entranti è specificato meglio rispetto al primo periodo. E’ stato loro riconosciuto, infatti, un ruolo importante poiché assicurano il mantenimento di un ambiente competitivo, ottimizzano l’assetto dei sistemi produttivi minimizzando i costi di produzione.
Le tipologie di nuovi entranti previste, conformemente alla normativa, sono quattro:
- impianto “ex-novo”: caso in cui l’impianto ha bisogno di un’autorizzazione ad emettere gas serra poiché ha avviato la produzione dopo la data di notifica del nuovo PNA alla Commissione europea;
- riavvio da attività esistente: se l’impianto riprende le sue attività dopo la presentazione del PNA;
- ripotenziamento o riavvio da chiusura parziale: se sono state apportate modifiche consistenti ad un impianto esistente ed il gestore ottiene un aggiornamento dell’autorizzazione alle emissioni;
- nuovi entranti non noti nel periodo 2005-2007: se l’impianto, o una parte, entra in funzione dopo la data di notifica del nuovo PNA ed entro il 31/12/2007.

Ai fini dell’assegnazione delle quote i nuovi impianti sono classificati all’interno di una delle attività per le quali sono state effettuate le assegnazioni che avvengono a titolo gratuito fino all’esaurimento della riserva destinata ai nuovi entranti.

Per quanto riguarda, invece, le chiusure e le sospensioni degli impianti, il piano prevede che sia ritirato il permesso ad emettere i gas serra e la restituzione delle quote pari alle emissioni prodotte nell’anno in corso e fino alla data di chiusura.

Il ricorso ai crediti ottenuti mediante la realizzazione di progetti di JI o CDM è fissato nel 10% della quantità assegnata a ciascun operatore. Questo dato è importante perché il secondo periodo dell’EU-ETS coincide con il “first commitment period” del protocollo di Kyoto, nel quale gli Stati aderenti devono dimostrare di aver raggiunto i loro obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni. Il ricorso alle unità di Kyoto (derivanti da progetti di CDM e JI), nel caso dell’emission trading, è subordinato al fatto che gli stati membri debbano stabilire un tetto massimo nei loro PNA e che il loro utilizzo sia supplementare rispetto alle azioni intraprese dagli Stati e dalle aziende per la riduzione delle emissioni. In mancanza di limiti obbligatori, di fatto, in questa fase gli Stati membri sono chiamati a stabilire il limite massimo di ricorso alle Kyoto Units. Questo passaggio si rivela strategico alla luce dei costi o dei benefici che possono derivare da questi strumenti. L’imposizione di limiti stringenti, ad esempio, da un lato si può rivelare un incentivo ad adottare politiche di riduzione delle emissioni e di efficienza domestica da parte delle industrie; dall’altro lato rischiano di limitare la flessibilità nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione, limitando la competitività di alcune imprese e la possibilità di trasferimento di tecnologie pulite all’estero. Anche se i crediti in eccesso potranno essere venduti a Stati o imprese estere o tenuti da parte per il prossimo periodo di emission trading.


Registro nazionale delle quote10

Stabilite le quote assegnate a ciascun impianto, queste, in base all’art. 14 del d. leg. 216/06, sono riportate in un Registro nazionale. Il Registro è una banca dati elettronica, standardizzata e sicura, che consente la gestione delle quote di emissione e il meccanismo di scambio delle quote stesse. La gestione riguarda il monitoraggio, il rilascio, il possesso, il trasferimento, la restituzione e la cancellazione delle quote. Queste attività sono affidate all’Autorità Nazionale competente, istituita presso il Ministero dell’Ambiente.

Il sistema è formato dai Registri Nazionali dei 25 Stati membri della Comunità Europea interconnessi tra loro attraverso un Registro centrale a livello europeo, denominato catalogo indipendente comunitario delle operazioni, per evitare che si verifichino irregolarità e garantire la compatibilità delle operazioni con gli obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto. Il CITL11 esegue controlli automatici su ogni trasferimento di quote, per garantire il rispetto delle regole della direttiva ET12.

A livello internazionale, per quanto riguarda il Protocollo di Kyoto, le autorità competenti lavorano per la realizzazione di un registro internazionale dove raccogliere le informazioni derivanti dai progetti di CDM o JI che generano dei crediti. Il sistema sarà operativo dal novembre 2006 mentre dai primi mesi del 2007 sarà attivo il collegamento con il CITL, in modo da realizzare una rete completa di comunicazione tra i due programmi. In questo modo si seguono quelli che sono i presupposti della direttiva linking che si indirizza nella creazione di un mercato internazionale dei permessi di emissione caratterizzato dal mutuo riconoscimento.

Concretamente il sistema prevede che l’Autorità Nazionale Competente (ANC) apra un conto nel Registro nazionale per ogni impianto che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva ET; in seguito riporti su ciascun conto le quote stabilite in base al PNA. Le quote possono essere trasferite tra i diversi conti, all’interno dello stesso Registro o tra Registri diversi. La supervisione dell’ANC è concentrata sulla conformità degli Operatori con le condizioni della loro autorizzazione, sulla verifica delle loro emissioni, e sulla restituzione delle quote dovute.
Oltre agli impianti sottoposti ad obblighi di riduzione, ogni persona o altra organizzazione interessata a comprare o vendere quote sul mercato, può aprire un conto nel Registro, questo per facilitare la partecipazione delle associazioni ambientaliste o di chiunque voglia certificare un’attività a emissioni zero.

In Europa operano tre tipi di Registri: uno messo a punto in Francia dalla CDC è utilizzato da Francia, Belgio, Germania e altri Paesi dell’Europa del Sud e dell’Est; un secondo, realizzato in Gran Bretagna dal DEFRA14 viene utilizzato dalla maggior parte dei Paesi del Nord Europa; infine quello messo a punto e utilizzato in Austria.
L’Italia e la Gran Bretagna hanno firmato un accordo di licenza in base al quale l’Italia utilizza il software per il Registro prodotto dal DEFRA, noto con il nome di GRETA15

Gli obiettivi del registro sono diversi:
 assegnare le quote di emissioni agli operatori, ossia, definire le quantità totale di CO2 che l’impianto ha diritto ad emettere nel periodo di funzionamento. Tale ammontare viene riportato sul conto intestato all’impianto;
 tenere la contabilità e consentire il controllo delle emissioni dichiarate, che devono essere convalidate da un verificatore riconosciuto prima di essere restituite all’autorità competente. Nel momento in cui le quote sono restituite vengono cancellate dal registro; in questo modo l’ANC utilizza il registro per verificare l’adempimento degli obblighi da parte degli operatori, se questi hanno restituito un numero di quote sufficiente e chi non ha rispettato gli obblighi;
 rendere possibile lo scambio di quote: il registro permette, al titolare di un conto, di scambiare le quote stesse con altri conti, sia a livello nazionale che internazionale. Inoltre, le quote ottenute attraverso progetti di riduzione in altri paesi sono riportate nel conto.

La gestione del registro è affidata ad un amministratore di registro, nominato dall’Autorità Nazionale, che si occupa di tutti i compiti amministrativi necessari e della gestione operativa che, per tale motivo, ha accesso a tutti i conti e potere di modifica.
Al registro, oltre l’amministratore, hanno accesso cinque diversi tipi di utenti:
I. gli operatori: sono aziende obbligate per legge a partecipare allo schema dell’ET europeo. I gestori devono presentare domanda di autorizzazione ad emettere gas serra all’autorità nazionale che provvede ad aprire un conto nel registro per ciascun impianto;
II. i singoli utenti: sono identificati come individui che partecipano a titolo personale allo scambio delle quote;
III. le organizzazioni: sono aziende o associazioni, non sottoposte ad obblighi di riduzione, che vogliono partecipare allo schema di ET europeo su base volontaria;
IV. i verificatori: sono utenti che appartengono ad un organismo di certificazione autorizzato e hanno il compito di controllare il valore delle emissioni dichiarate e convalidarlo se corretto inoltre sono responsabili del processo di verifica e di comunicarne all’autorità l’esito;
V. le organizzazioni del rappresentante autorizzato aggiunto: sono scelte dall’operatore hanno la funzione di controllo esterna dell’azienda e accesso solo alle informazioni necessarie a respingere o approvare le transazioni che possono essere effettuate nel registro.

Tutti i titolari di un conto devono nominare un primo e un secondo rappresentante autorizzato che gestiscono le quote a nome del titolare. Il rappresentante autorizzato principale (PAR) è l’utente amministratore che ha varie funzioni e viene nominato al momento dell’apertura del conto insieme al rappresentante autorizzato secondario (SAR). Esiste anche un altro rappresentante del conto: il rappresentante autorizzato aggiunto, il cui consenso è necessario per specifiche operazioni effettuate sul conto dal PAR o dal SAR.

Le tipologie di conto in cui il registro è diviso sono create dall’amministratore e si possono riassumere in:
- un conto nazionale di deposito nel quale le quote di carbonio sono rilasciate prima dell’assegnazione a ciascun gestore, e restituite, sempre su questo conto, dai gestori prima che siano ritirate;
- un conto nazionale per il ritiro per ogni periodo di adempimento, usato per ritirare le quote di emissione e le unità di Kyoto alla fine di ogni anno che rappresenta una parte della procedura per l’adempimento degli obbiettivi di emissione;
- un conto nazionale per la cancellazione per ogni periodo di adempimento serve per la cancellazione volontaria di unità da parte di individui, società o organizzazioni al fine di ridurre gli obbiettivi di emissione, e per la cancellazione da parte dell’ANC delle quote e delle unità ritirate;
- i conti di deposito degli utenti, che si distinguono, a loro volta, in conti di deposito dell’operatore e conti di deposito personali. I primi, che comprendono un solo conto per singolo impianto, sono aperti automaticamente per quegli operatori che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva e sono utilizzati anche per adempiere agli obblighi di riduzione. I secondi sono aperti su richiesta degli individui e delle organizzazioni e sono utilizzati per l’acquisto, la vendita o la cancellazione di quote di emissione e unità di Kyoto.

L’importanza dell’implementazione dei registri deriva dal fatto che la partenza ritardata ha rallentato lo sviluppo dei mercati spot16 che offrono numerosi vantaggi rispetto ai mercati forward17 in termini di crescita dei volumi scambiati e di riduzione dei rischi collegati all’aumento dei prezzi. Accedere ai mercati spot permette, inoltre, di gestire il portafoglio delle emissioni quotidianamente e di realizzare profitti nel breve termine.


Sanzioni a carico dei gestori18

Nel D.lgs. n. 216 del 04/04/2006, che ha recepito la direttiva nel nostro ordinamento, sono previsti dei meccanismi sanzionatori in relazione alle possibili violazioni in cui può incorrere un gestore.

In primo luogo sono previste sanzioni per i gestori che esercitino la propria attività sprovvisti di autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra. Si tratta di sanzioni amministrative pecuniarie che aumentate per ciascuna tonnellata di CO2 equivalente emessa in mancanza di autorizzazione. Entro trenta giorni dalla data d'accertamento della violazione, tali gestori dovranno, in ogni caso, richiedere l’autorizzazione, pena la sospensione amministrativa dell'attività dell'impianto. Sono previste sanzioni anche per i gestori che apportano modifiche tecnologiche agli impianti o alle metodologie di monitoraggio delle emissioni e non provvedono alla richiesta di aggiornamento alle loro autorizzazioni.

I gestori sono soggetti a sanzioni amministrative pecuniarie anche nel caso rilascino informazioni false, non veritiere o non congruenti alle dichiarazioni del verificatore nella fase di raccolta dati per l'assegnazione delle quote di emissione. In ogni caso all'accertamento della violazione consegue l'obbligo per il gestore di restituire un numero di quote di emissioni corrispondenti alle emissioni indebitamente assegnate. Stesso tipo di sanzione è previsto per i gestori che non provvedono a comunicare al Comitato, entro il 30 aprile di ogni anno, la dichiarazione relativa alle attività ed alle emissioni dell'impianto nell'anno solare precedente, corredata da relativo attestato di verifica, o che renda dichiarazione falsa e incompleta. Nel caso in cui la restituzione delle quote da parte del gestore a quella data non corrisponda a quanto dichiarato, o in caso di omessa dichiarazione di quanto effettivamente emesso, si applicano sanzioni pecuniarie per ogni quota non restituita. Vige l’obbligo, per il gestore, di restituire un numero di quote corrispondenti alle emissioni effettive.

Sono, inoltre, previste sanzioni per i gestori che non forniscono la comunicazione relativa alla chiusura o sospensione dell’attività entro i termini e nelle modalità previste dal Decreto.
Infine, il Decreto prevede il ritiro dell'accreditamento e una sanzione amministrativa pecuniaria per ogni tonnellata effettivamente emessa dagli impianti controllati a carico dei verificatori che rilascino attestati di verifica pur essendo a conoscenza di differenze significative tra i dati forniti, le informazioni sulle emissioni contenute nelle dichiarazioni e le emissioni effettive.

Nel caso dei raggruppamenti, le sanzioni relative alla mancata restituzione di quote da parte dei singoli impianti raggruppati, si applicano all'amministratore fiduciario: la responsabilità dell'amministratore fiduciario non esclude però la responsabilità di ciascun gestore per il pagamento delle suddette sanzioni qualora a ciò non provveda l'amministratore fiduciario.

 

Tabella 6 – Sanzioni a carico dei gestori

 

Sanzioni pecuniarie

Mancata autorizzazione ad

emettere. (art. 4 decreto)

Da 25.000 a 250.000 euro + 40

euro per ogni tonnellata emessa

senza autorizzazione (2005-2007),

aumentato a 100 euro per il

secondo periodo.

Autorizzazione ad emettere non

aggiornata.(art. 7 decreto).

Da 1000 euro a 100.000 euro.

Mancata comunicazione dei dati

relativi all’impianto nei tempi

prescritti (art. 12 decreto).

Da 2.500 euro a 25.000 euro.

Comunicazione sulle emissioni

con informazioni false o non

veritiere (art. 12 decreto).

40 euro per ogni quota di

emissioni indebitamente

assegnata per il primo periodo;

100 euro per i periodi successivi.

Comunicazione sulle emissioni

con informazioni non congruenti

rispetto alle dichiarazioni dei

verificatori (art. 12 decreto).

20 euro per ogni quota di

emissione indebitamente

assegnata per il primo periodo e

100 euro per i periodi successivi.

Mancata dichiarazione sulle

emissioni entro il 30 aprile. (art.

15 decreto).

Da 2.500 euro a 50.000 euro.

Mancata restituzione delle quote

entro il 30 aprile. (art. 15

decreto).

40 euro per il primo periodo;

100 euro per i successivi + obbligo

restituzione quote mancanti.

Mancata comunicazione di

chiusura o sospensione

dell’attività (art. 21 decreto).

 Da 1.000 euro a 100.000 euro +

da 20 euro a 100 euro per ogni

quota di emissione indebitamente

rilasciata.

Fonte: D.lgs. n. 216 del 04/04/2006.



Nel 2006 l’accertamento delle eventuali sanzioni applicabili agli impianti per la mancata restituzione delle quote rilasciate nel 2005 non è stato ancora possibile essendo stato prorogato il termine ultimo per la restituzione, per cause tecniche imputabili al malfunzionamento del Registro Nazionale.

Le sanzioni devono essere pagate entro il 30 aprile dell’anno successivo rispetto a quello in cui è stata accertata la violazione; gli importi in euro delle sanzioni sono riportati nella tabella precedente.


Piani nazionali di allocazione europei e restituzione delle quote19

I primi dati relativi alle quote di emissione allocate e verificate dagli stati membri sono disponibili sul CITL dal maggio 2006. I dati pubblicati non sono ancora completi sia perché alcuni stati non hanno pubblicato i dati delle loro verifiche, sia perché altri paesi hanno comunicato dati incompleti. Inoltre Spagna e Italia hanno prorogato il termine per la verifica e la consegna delle quote a causa di problemi tecnici nell’implementazione del registro nazionale.

Dai dati a disposizione si possono, in ogni modo, iniziare a trarre le prime considerazioni. Nel primo anno di funzionamento del sistema EU-ETS sono state allocate 1.848,7 MtCO
2 ma ne sono state effettivamente emesse solo 1.781,7 MtCO2 con un surplus di quote pari a 67 MtCO2. Emerge, quindi, che, nonostante le possibilità di effettuare il banking, i governi europei hanno allocato, attraverso i rispettivi PNA, una quantità di permessi di emissioni superiore a quanto fosse realmente necessario al sistema delle imprese, creando un eccesso di offerta sul mercato che ha portato ad un crollo del prezzo dei permessi sul carbon market. Il banking rappresenta la possibilità, per le aziende, di trasferire all’interno di ciascun periodo, 2005-2007 e 2008- 2012, una parte delle quote in eccesso ad anni successivi. L’andamento del mercato induce a pensare che solo le imprese che hanno un eccesso di quote a disposizione possano ricorre a questo strumento, che dipende dalle aspettative sul prezzo delle quote, sui costi di abbattimento e dai comportamenti strategici tipici dei mercati dei titoli. Ad esempio, aspettative al rialzo sul prezzo delle quote e sui costi di abbattimento possono indurre le imprese in credito ad attuare politiche di banking posticipando la vendita al futuro; viceversa nel caso di aspettative al ribasso.

Per spiegare questa situazione si possono formulare diverse ipotesi: previsioni errate relative al fabbisogno di permessi di emissione; sistemi di allocazione errati; effettivo miglioramento dell’efficienza energetica con conseguente riduzione delle emissioni da parte degli impianti; la volontà politica di non imporre un vincolo (Cap) stringente alle imprese. Indipendentemente dalle cause, ancora da approfondire, un risultato è già evidente: con gli attuali livelli di emissioni sarà difficile rispettare gli impegni di riduzione rispetto agli obiettivi di Kyoto assunti dall’Unione Europea (- 8%). In vista di questo obiettivo ed alla luce delle prime verifiche è stata ribadita l’urgenza di attuare tagli più significativi alle emissioni per il secondo periodo di riferimento.

Queste affermazioni si spiegano se si analizzano e si confrontano i PNA del primo periodo di alcuni Stati europei e i dati resi disponibili nel CITL a partire da maggio 2006. Nei paragrafi seguenti è riportato, infatti, un breve resoconto dove i dati sono presentati tenendo conto, principalmente, delle quantità di quote assegnate e dei criteri seguiti, sia a livello di settore che di singolo impianto; delle quote destinate come riserva per i nuovi entranti e delle quote di Kyoto Units a cui si prevede di ricorrere e dei primi dati disponibili sulla restituzione delle quote.


Germania

L’allocazione di quote per l’anno 2005 è stata pari a 494,9 MtCO
2 contro un valore di 469,4 MtCO2 di emissioni verificate: il surplus di quote è di 25,5 MtCO2 pari al 5% dell’allocato. Per interpretare questo dato è utile considerare i criteri adottati nello schema di assegnazione delle quote per il periodo 2005-2007. La Germania, nella definizione del proprio Cap per settori, ha preso a riferimento l’obiettivo generale di riduzione ( pari a - 21%), assunto con la ratifica del Protocollo, e le emissioni storiche. Nell’assegnazione per i singoli impianti si è tenuto conto delle emissioni storiche e di quelle annunciate per gli impianti che hanno iniziato le loro attività nel periodo 2003-2004. Per i nuovi entranti è stata prevista una riserva pari a 3 MtCO2 all’anno, a cui si devono aggiungere 1.5 MtCO2 come compensazione per la chiusura di impianti nucleari.
In seguito alla pubblicazione dei dati relativi alla restituzione delle quote è emerso che l’allocazione è stata inferiore alle emissioni storiche solo dell’ 1,8%, anche se le imprese hanno ridotto le proprie emissioni del 7%. Sembra, dunque, che l’assegnazione sia stata molto superiore a quanto effettivamente emesso dalle imprese, sia grazie ad una riduzione effettiva delle emissioni e ad un miglioramento della performance ambientale del sistema, ma in parte anche per la definizione di un Cap troppo poco stringente, soprattutto in relazione all’obiettivo generale di riduzione.


Francia

Per questo paese si deve fare un discorso differente rispetto al caso della Germania. Le emissioni prodotte nel 2005 (131,2 MtCO
2) sono state inferiori del 12,7% rispetto a quelle allocate per lo stesso anno (150,3 MtCO2). Anche in questo caso i criteri utilizzati per l’assegnazione delle quote ai settori sono stati da una parte le emissioni storiche, considerando la media delle emissioni prodotte fra il 1998/2002 (141,2 MtCO2) e dall’altra una stima delle emissioni che sarebbero state prodotte in ogni anno del triennio (163,8 MtCO2). Ai nuovi entranti è stata riconosciuta una riserva differenziata per settori e l’impegno ad acquistare nuove quote sul mercato nel caso quelle previste si fossero rivelate insufficienti; non è stata specificata la quantità di Kyoto units a cui si può ricorrere.
Secondo i dati pubblicati alla fine del primo periodo, le emissioni sono state ridotte del 6,9% rispetto al dato storico e del 19,8% rispetto alle previsioni, indicando una buona performance del sistema imprese. L’allocazione è stata superiore alle emissioni storiche di riferimento anche se inferiore allo scenario previsto. In questo modo, la posizione della Francia è risultata lunga, ovvero le imprese hanno ricevuto più quote di quanto effettivamente emesso, pur considerando un miglioramento di efficienza del sistema.


Slovenia

Nel piano Sloveno le quote assegnate per il primo periodo ammontano a 26.329.969 MtCo
2 suddivise nei tre anni di funzionamento. I criteri seguiti per l’assegnazione ai diversi settori sono quelli delle emissioni previste e del potenziale di abbattimento; per il settore energetico è previsto il tasso di riduzione maggiore, è pari a 18.431.017 MtCO2 contro i 7.698.679 MtCO2 del settore industriale. I criteri di assegnazione seguiti sono: per il 2005, emissioni storiche dei singoli impianti; per il 2006, media delle quote allocate per il 2005 ed il 2007; per il 2007, si tiene conto del fattore di riduzione settoriale. Per i nuovi entranti è prevista una riserva pari a 0.2 MtCO2 per l’intero periodo che si è assegnata secondo il criterio del “ first come, first served”; il riconoscimento delle azioni precoci, invece, non è considerato in maniera esplicita e non è previsto il ricorso ai meccanismi flessibili di Kyoto. I criteri di assegnazione ai singoli impianti seguono, per il settore industriale, un meccanismo che combina le emissioni storiche ed il benchmarking; per il settore energetico si è tenuto conto delle emissioni previste.


Irlanda

La quantità di quote assegnate è stata pari a 67 MtCO2 nei tre anni, a fronte di un obiettivo di riduzione del 2%; il criterio seguito è stato quello delle emissioni storiche sia per i settori che per i singoli impianti. Lo 0,75% delle quote più quelle restanti dalle riserve non utilizzate sono allocate tramite asta; le riserve per i nuovi entranti sono, invece, assegnate gratuitamente.


Austria

In questo paese l’allocazione è avvenuta sottraendo alle emissioni previste la somma delle riduzioni per ciascun settore. Le riduzioni previste ammontavano a 1,65 MtCO2 nei tre anni, pari al 50% del potenziale di riduzione al 2010. Al settore energetico sono state assegnate quote pari a 12,52 MtCO2, mentre all’industria 20,67 MtCO2; nell’allocazione è compresa la quota di riserva per i nuovi entranti, pari al 1% delle quote. I criteri di assegnazione adottati per i singoli impianti sono quelli delle emissioni storiche, di quelle previste e del potenziale di riduzione in base al tipo di impianto.


Danimarca

Il piano danese prevede l’allocazione del 5% delle quote tramite un’asta, aperta a tutti gli operatori nazionali ed internazionali, non solo agli impianti sottoposti alla direttiva EU-ETS. I criteri di assegnazione seguiti sono stati gli stessi sia per i settori che per i singoli impianti: per il settore elettrico, a cui sono state attribuite 21,7 MtCO2 all’anno, si è seguito quello della produzione storica; per il calore quello delle emissioni storiche; per le altre industrie, 9,2 MtCO2 all’anno, quello delle emissioni storiche. Per i nuovi entranti è stata prevista una riserva pari a 1 MtCO2 l’anno con distribuzione effettuata in base al benchmarking settoriale e non è previsto il ricorso ai meccanismi flessibili del protocollo di Kyoto.


Regno Unito

Nel Regno Unito, a differenza degli altri Paesi fin qui analizzati, non è stato utilizzato come criterio di allocazione quello delle emissioni storiche, ma è stato calcolato un tetto massimo di permessi da assegnare mediante previsioni relative all’andamento delle emissioni Business as Usual (BaU) per il periodo 2005/2007. Le emissioni annue previste sono risultate in questo modo pari a 261.8 MtCO
2. In base a questa cifra il PNA aveva stabilito un’allocazione media annua pari 245,4 MtCO2 (corrispondenti fra l’altro alla media delle emissioni prodotte fra il 1998/2003), tenendosi quindi al di sotto della previsione (-6%), in modo tale che le imprese nazionali fossero sollecitate a ridurre le proprie emissioni future senza discostarsi dalle emissioni passate. La situazione è stata però modificata a seguito di una correzione governativa che ha deciso di abbassare ulteriormente il totale delle quote allocate per il triennio (628,08 MtCO2) stabilendo un’allocazione media annua pari a circa 209 MtCO2. Non è stato previsto il ricorso alle Kyoto Units e ai nuovi entranti è stata assegnata una riserva pari al 7,7% del totale delle emissioni.
L’allocazione effettiva per il 2005, così come riportato nel registro, è pari a 206 MtCO2, mentre le emissioni prodotte sono 237 MtCO2. In base ai dati di registro, la riduzione delle emissioni è stata del 9,3% rispetto alle previsioni e del 3,1% rispetto al dato storico; questo è indice di una buona performance del sistema in termini di contenimento delle emissioni. Tuttavia, la definizione di un Cap molto stringente da parte del governo, pari ad una riduzione delle emissioni sul dato previsto del 21%, ha determinato una posizione corta delle imprese superiore a 31 MtCO2, la cifra più elevata fra tutti i Paesi che hanno superato il tetto massimo consentito.


Spagna

Secondo i dati forniti dal registro, in questo paese sono state allocate nel 2005 circa 171,9 MtCO
2 mentre ne sono state prodotte 181,1 MtCO2 superando del 5,3% il tetto massimo stabilito. Per determinare la quantità di quote da allocare, sia per i settori che per i singoli impianti, per il periodo 2005–2007, sono state considerate sia le emissioni storiche, in particolare la media delle emissioni prodotte fra il 2000 e il 2002 (un valore di 164,3 MtCO2), sia le previsioni relative al fabbisogno settoriale di quote per ogni anno del triennio (181.6 MtCO2).

Le emissioni verificate hanno confermato i valori delle previsioni, confermando una scarsa efficacia del sistema nel breve periodo a modificare la performance ambientale delle imprese. Rispetto alle emissioni storiche, infatti, la Spagna nel 2005 ha aumentato le proprie emissioni del 10,2%, nonostante un tetto allocato inferiore alle previsioni di circa 10MtCO2.

La Spagna ha assegnato quote superiori al periodo storico di riferimento ma in misura inferiore alle previsioni: in questo modo le imprese, che non hanno modificato un comportamento BaU, hanno dovuto colmare il deficit di allocazione ricorrendo al mercato delle EUAs.

Nella tabella 7 sono riportati i dati elaborati dalla Commissione europea sulle emissioni del 2005 che sono stati pubblicati nel maggio 2006. Questo permette di fare una panoramica sulla situazione dei Paesi sottoposti all’obbligo dell’emission trading. I dati che destano maggiore interesse, oltre al numero degli impianti coinvolti, riportati nella quinta colonna, sono i permessi assegnati a impianti esistenti all’avvio dell’ETS, riportati nella settima colonna e i permessi non assegnati ad impianti esistenti ma accantonati per i nuovi entranti o per eventuali aste, riportati nell’ultima colonna. Alcuni campi sono vuoti a causa di problemi tecnici nel funzionamento del CITL perciò le informazioni sui permessi risultano incomplete e non affidabili.





Tabella 7 – Dati della Commissione Europea sulle emissioni ETS 2005

 

Paesi membri

Emissioni

CO2 nel

2005

 Impianti

che non

hanno

inviato i

dati

Impianti

con

verifica

emission

i

Impianti

monitorati  

Impianti

non in

regola al

30 aprile

Allocazione

media

annuale 2005-

2007

Allocazione

media

annuale non

assegnata

Austria

33.372.841

0

100%

199

0

32.674.905

330.050

Belgio

55.354.096

2

99.9%

309

2

59.853.575

2.545.876

Repubblica

Ceca

82.453.727

39

98,4%

389

4

96.907.832

348.020

Danimarca

26.090.910

2

98,9%

380

4

31.039.318

2.460.382

Estonia

12.621.824

0

100%

43

1

18.763.471

189.529

Finlandia

33.072.638

10

100%

578

19

44.587.032

862.952

Francia

131.147.905

17

99,7%

 

1075

150.500.685

4.871.317

Germania

473.715.872

13

99,8%

1872

90

495.073.574

3.926.426

Grecia

71.033.794

28

99,5%

141

29

71.135.034

3.286.839

Ungheria

25.714.574

13

99%

229

19

30.236.166

1.424.738

Irlanda

22.397.678

0

100%

109  

19.328.190

3.081.180

Italia

215.415.641

208

95,4%

943

647

207.518.860

15.551.575

Estonia

2.854.824

1

99,9%

92

1

4.054.431

505.760

Lituania

6.603.869

2

99,9%

93

4

11.468.181

797.213

Olanda

80.351.292

0

100%

209

0

86.439.031

2.503.305

Portogallo

36.413.004

1

99,9%

243

2

36.898.516

1.262.898

Repubblica

Slovacca

25.237.739

0

100%

175

 

30.364.848

7.180

Slovenia

8.720.550

0

100%

98

0

8.691.990

66.667

Spagna

181.063.141

 

99,1%

800

 

162.111.391

13.162.130

Svezia

19.306.761

29

99,4%

705 

31

22.530.831

678.149

Regno Unito

242.396.039

15

 99,9%

 768

16

209.387.854

15.527.484

Totale

1.785.337.819 

 

99,1%

9.420

 

1.829.476.015

73.389.670

Fonte: CITL; Unione europea


Nella tabella 8 sono riportati i dati, parziali, riguardanti la restituzione delle quote da parte delle aziende italiane. La differenza tra emissioni e allocazioni presenta il segno negativo; la maggior parte delle aziende sottoposte all’obbligo della direttiva operano nel settore della combustione che è quello che riporta il deficit maggiore (8,6 MtCO
2) insieme ai cementifici (-1,41 MtCO2). Le imprese degli altri settori mostrano, invece, un surplus di quote. Tra gli strumenti a disposizione delle aziende per valutare tra strategie di riduzione di emissioni di CO2 rispetto all’uso dei diversi meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto si possono usare le curve di costo marginale di abbattimento delle emissioni (CCMA). Queste sono infatti uno strumento fondamentale per misurare l’impatto del Protocollo di Kyoto sul sistema di trading basato sul modello di “cap and trade”. Le CCMA rappresentano il costo di riduzione di una tonnellata di CO2 utilizzando diversi metodi di abbattimento (in questo caso si parla di tecnologie industriali) confrontata con la quantità totale di riduzione che quella opzione determina. La curva dei costi marginali di abbattimento evidenzia il totale dei costi di riduzione di una tonnellata di CO2 abbattuta o evitata. Mettendo a confronto la necessità totale di crediti di emissione e l’offerta disponibile sul mercato può essere verosimilmente determinato il costo della CO2.

 

Tabella 8 – Bilancio delle emissioni di gas serra in Italia nel 2005

  Combustione Ceramica Cementifici Raffinerie Acciaierie Carta Vetro Totale
Installazioni 550 35 82 20 43 163 55 948
Installazioni (%) 58,02 3,69 8,65 2,11 4,54 17,19 5,80  
Allocazione (ton) 136.152.137 736.455 28.855.771 27.304.950 14.825.969 4.899.076 2.964.351 215.738.709
Allocazione (%) 63,11 0,34 13,38 12,66 6,87 2,27 1,37  
Emissioni (ton) 144.825.562 565.075 30.269.145 26.078.536 13.827.865 4.742.710 2.850.770 223.159.664
Emissioni (%) 64,90 0,25 13,56 11,69 6,20 2,13 1,28  
Differenza (ton) -8.673.425 171.379  -1.413.374 1.226.414 996.104 156.366 113.581 -7.420.955

Fonte:: Carbon Capital Markets.


Confrontando i dati riportati nelle due precedenti tabelle emerge che, rispetto agli altri paesi europei, il deficit italiano è inferiore a quello della Gran Bretagna, che si trova in difetto di 27 MtCO
2 e della Spagna (11 MtCO2); mentre è superiore a quello di Irlanda e Austria. Gli altri paesi registrano, al contrario, un surplus quantificabile, per tutta l’Unione europea, in 67 MtCO2; i casi più indicativi sono quelli di Germania, che presenta un’eccedenza di circa 25 MtCO2; della Francia, 19 MtonCO2 e della Finlandia con 12,5 MtCO2.


Gli scambi

L’esperienza del primo anno di funzionamento dei mercati della CO
2 ha portato alla creazione di un mercato delle emissioni globale, che utilizza gli strumenti tipici dei mercati finanziari. L’ulteriore sviluppo dei mercati spot e di altri strumenti di risk management hanno permesso al mercato di svilupparsi e di collocarsi a fianco degli altri mercati già maturi.
La presenza degli intermediari è utile allo sviluppo del mercato, essi permettono di superare gli ostacoli dovuti alla presenza di numerosi partecipanti provenienti da paesi diversi dove vigono differenti normative fiscali e finanziarie.

Per l’attività di trading all’interno dell’EU-ETS ci si può rivolgere, infatti, a diversi soggetti; oltre che alle borse europee delle emissioni, si può ricorrere ad un trader o ad un broker, oppure trattare la compravendita di quote direttamente con un altro impianto. I diversi operatori garantiscono flessibilità nelle operazioni di compravendita o forniscono consulenze per la realizzazione di progetti di riduzione delle emissioni. Questo permette alle aziende di considerare l’anidride carbonica parte integrante della gestione e il prezzo dei permessi un costo opportunità che influenza direttamente i costi di produzione delle imprese sottoposte alla direttiva e indirettamente quelli delle altre imprese, ad esempio attraverso il prezzo dell’ energia elettrica.

Chi ricorre ad un trader può effettuare operazioni sia per grandi volumi che per modeste dimensioni, con un trattamento personalizzato e privo di commissioni. I trader, generalmente, eseguono qualsiasi tipo di operazione, poiché hanno a disposizione sia un volume proprio di permessi (acquistati o ottenuti tramite progetti CDM) sia un’attività di scambio con le Borse e con gli altri operatori del sistema. Alcune società di trading offrono ai propri clienti un accesso diretto alle Borse, in modo che anche i soggetti più piccoli vi possano operare senza gli oneri dell’apertura di un conto presso la Borsa.

I broker, al contrario, non hanno disponibilità proprie di permessi, ma operano come intermediari tra un’azienda che vuole vendere e una che vuole comprare, trattando il prezzo e le condizioni contrattuali per conto di ciascuna parte. Il broker ha, tra le sue principali competenze, una buona conoscenza del mercato e un gran numero di contatti e può cercare di soddisfare al meglio le esigenze dei clienti. Gli svantaggi, di contro, sono le commissioni praticate su ogni transazione e le difficoltà tipiche di ogni intermediazione; l’operazione è spesso soggetta a contratto che deve essere stipulato con ciascuna parte terza contattata dal broker.

Lo scambio diretto di permessi con un’altra azienda del sistema di emission trading, invece, ha il vantaggio di non avere commissioni e di poter essere concordato in modo diretto, ma occorre una valutazione molto più attenta in modo da poter fissare un prezzo equo per entrambe le parti.

Per chi decide di eseguire le operazioni in Borsa, i vantaggi risiedono nella liquidità di queste “piattaforme di scambio”, dal momento che qui si trovano numerosi soggetti desiderosi di effettuare scambi in tempi rapidi. Occorre tuttavia considerare che la partecipazione alla Borsa comporta l’apertura di un conto e quindi il possesso di precisi requisiti, il pagamento di una quota d’iscrizione e di una commissione per ogni operazione effettuata. Inoltre, i permessi vengono generalmente scambiati in lotti minimi (di solito 5.000 MtCO
2), con la conseguenza che i soggetti minori potrebbero incontrare difficoltà a vendere o comprare volumi più modesti.

Il mercato delle quote è composto da due prezzi, quello più basso al quale il venditore è disposto a vendere e quello più alto al quale l’acquirente è disposto a comprare. Il prezzo di acquisto viene chiamato “offerta di acquisto”, quello di vendita “offerta di vendita”; la differenza tra i due prezzi è detta “spread”.

Tempi di consegna diversi attraggono “spread” e prezzi diversi: chi desidera acquistare o vendere con consegna nel 2010 troverà uno spread molto ampio; gli acquirenti o venditori con consegna nel 2006 incontreranno invece uno spread più ristretto. Anche volumi diversi attraggono spread diversi: i volumi molto piccoli o molto grandi avranno gli “spread” più ampi, quelli standard avranno gli “spread” più ristretti. Ciò è dato dalla minore liquidità del mercato e dalla minore presenza di acquirenti e venditori rispetto a volumi non standard.

Il prezzo della CO
2 dipende da diversi elementi: la politica dell’UE e quella degli Stati nazionali con cui sono stati stabiliti i limiti delle emissioni; i fondamentali di mercato; la differenza tra emissioni che si registrano negli impianti interessati e la quantità di permessi allocata gratuitamente (Cap); la psicologia degli operatori; le scelte delle imprese e i crediti provenienti da investimenti effettuati in progetti di CDM o JI. Tra i fondamentali di mercato si possono considerare: l’andamento meteorologico, i prezzi dei combustibili, la crescita economica e la diffusione di nuove tecnologie.
Uno degli elementi determinanti nella formazione del prezzo della CO
2 è la quantità delle emissioni, che è legata ad almeno altri tre fattori: il mix di combustibili; il livello di produzione e la possibilità di abbattimento delle emissioni. Il primo fattore riguarda il mix di combustibili usato per produrre energia, che è alla base delle emissioni; preferire combustibili fossili, come il carbone, porta ad un maggiore livello delle emissioni rispetto all’impiego dell’idroelettrico e del nucleare. Il mix dipende dal prezzo dei combustibili, soprattutto dal rapporto tra prezzo del gas e prezzo del carbone, che ultimamente sono in forte concorrenza. In futuro si prevede che i prezzi dei combustibili siano influenzati da quelli della CO2, se il prezzo dei permessi aumenta si dovrebbero preferire combustibili più puliti. Non si possono escludere, che in presenza di prezzi delle quote molto elevati nel lungo periodo, effetti di ribasso sul prezzo delle rinnovabili a ragione di una crescita della domanda che, espandendo la scala della produzione, genera in una prima fase rendimenti crescenti ed economie di apprendimento.

Il livello della produzione, invece, è legato a quello della domanda che a sua volta dipende, oltre che dai prezzi dell’elettricità, dalla crescita economica e dalle condizioni meteorologiche. La crescita economica comporta una maggiore domanda di beni e servizi, aumentando il livello di produzione e, di conseguenza, il livello delle emissioni. D’altra parte il vento, le precipitazioni e le temperature hanno un forte impatto sulle emissioni del settore elettrico. Nella figura 1 è mostrato l’andamento dei prezzi dei permessi di allocazione confrontato con l’andamento dei prezzi dei combustibili collegati all’andamento delle temperature e delle precipitazioni nel periodo febbraio/novembre 2005. Si nota come il mercato risenta dell’andamento dei fondamentali, la distanza è di 0.92 punti complessivi durante l’anno e questo è un ulteriore segnale di come il mercato funzioni e che il prezzo non è fissato in maniera arbitraria.

Le temperature invernali ed estive, ad esempio, determinano la domanda di energia per il riscaldamento o il condizionamento, mentre il vento e le precipitazioni influenzano la disponibilità di energia eolica e idroelettrica.

Per quanto riguarda le possibilità di abbattimento delle emissioni, esistono diverse soluzioni tecnologiche, dal passaggio a fonti a basso contenuto di carbonio (dal carbone al gas oppure, nel lungo periodo, alle rinnovabili) al sequestro e allo stoccaggio della CO
2. La convenienza ad adottare o meno tali opzioni dipende dal confronto tra il costo marginale di abbattimento e il prezzo di mercato della CO2.
 

Figura 1. Prezzi dei permessi di allocazione confrontati con i prezzi dei carburanti correlati all’andamento meteorologico
Fonte: Point Carbon 2006



La struttura delle piattaforme di scambio è direttamente collegata al processo di formazione dei prezzi dell’anidride carbonica. Per capire il loro funzionamento è utile analizzare: l’andamento dei prezzi, la loro volatilità, i volumi scambiati, le piattaforme di scambio e le caratteristiche dei partecipanti al mercato.

Andamento dei prezzi

I dati riportati in figura 2 mostrano l’andamento e l’evoluzione generale dei prezzi. I primi scambi di emissioni sono avvenuti nel 2003, in quel periodo il prezzo è passato da 6 a 12 euro, restando a quei livelli fino al maggio 2004, quando è sceso a 7 € circa. Il prezzo è rimasto stabile fino all’inizio del 2005, quando si è verificata una crescita che ha registrato il valore massimo nel maggio del 2005, toccando quota 30€. L’aumento dei prezzi si può attribuire a diversi fattori: le decisioni politiche prese riguardo i PNA; l’incertezza sulla politica ambientale dei diversi Stati; l’aumento dei prezzi dei combustibili; il clima freddo nel periodo invernale e l’assenza di fornitori nel mercato. Alla fine di luglio 2005 i prezzi sono nuovamente scesi in seguito alla diminuzione del prezzo del gas e all’ingresso della Repubblica Ceca nel mercato20.
All’inizio del 2006 i prezzi sono saliti a 25 € per effetto dell’aumento dei prezzi del gas determinati dall’inverno rigido, sono rimasti stabili per alcuni mesi per risalire fino a quota 30 € nel mese di aprile guidati dall’andamento crescente dei prezzi dei carburanti. In seguito alla pubblicazione dei primi dati sulle emissioni 2005 i prezzi sono scesi a un livello pari alla metà del valore che avevano raggiunto in precedenza. Alcuni paesi, tra cui Olanda, Francia e Spagna, hanno dichiarato che il livello delle loro emissioni era inferiore al numero di permessi assegnati nei rispettivi PNA. Molti paesi, secondo quanto riportato nella tab. 7, hanno, infatti, dimostrato di possedere un’elevata eccedenza di quote. L’andamento dei prezzi è determinato, comunque, da un insieme di cause che non deve essere ricondotto unicamente agli eventi collegati alla pubblicazione anticipata dei dati sulle emissioni.
Dopo la caduta dei prezzi del mese di aprile, infatti, il prezzo dei permessi ha ripreso a salire perché alcuni membri del mercato hanno continuato a operarvi normalmente cercando di proteggersi dall’instabilità dei prezzi dell’energia ma anche perché diverse aziende non hanno iniziato a vendere il loro surplus di quote.
 

 

Figura 2. Andamento dei prezzi degli EUA
Fonte: REUTERS 2006.

 

 

 

Figura 3: Prezzi Spot e Forward nel mercato OTC 2006
Fonte: elaborazione su dati Point Carbon

 


Volatilità

La volatilità dei prezzi misura la fluttuazione dei prezzi in un determinato periodo. Nel mercato degli EUAs è stata molto alta sia per l’andamento dei fondamentali sia per motivi tecnici collegati all’aspetto normativo.

L’andamento della volatilità, calcolata giornalmente sulla base dei prezzi dei 30 giorni precedenti, è mostrato nella figura 4, dove si nota come il 2004 sia stato un periodo stabile, mentre nel 2005 è stata più forte nel periodo estivo rispetto a quello invernale, fino a raggiungere livelli superiori al 205% nella primavera del 2006.

 

Figura 4: Volatilità prezzo EUA nel periodo maggio 2004 – maggio 2006
Fonte: Point Carbon 2006.

 


Volume degli scambi

Già prima dell’inizio ufficiale del sistema EU-ETS alcune imprese si erano preparate agli scambi di quote tramite contratti forward, cosi nel 2003 sono state scambiate 650.000 TCO
2, gli scambi si sono intensificati fino a raggiungere le 262 MtCO2 nel 2005, con un valore pari a 5,4 miliardi di €, mentre nei primi sei mesi del 2006 sono state scambiate 203 MtCO2, con un valore di 6.6 miliardi di €. La maggior parte degli scambi, circa il 60%, sono effettuati tramite brokers, il ruolo delle piattaforme di scambio è in crescita mentre il resto degli scambi avvengono tramite contratti bilaterali fra le aziende.

Nella figura 5 è rappresentato il volume settimanale degli scambi e del mercato Over-the- Counter (OTC) dalla 14ma settimana del 2005 alla 16ma del 2006. Il volume è aumentato costantemente dalla primavera del 2005, fino a raggiungere il livello massimo nella primavera del 2006, periodo che coincide con il massimo valore di volatilità dei prezzi. Tra il 2005 e il 2006 si è avuto un calo a causa sia del fatto che i permessi scambiati non erano riportati nei registri, sia che i permessi potevano essere trasferiti da un anno all’altro. Gli scambi di molte imprese sono stati limitati dall’alta volatilità dei prezzi, dall’incertezza e dall’immaturità del mercato. La crescita dei volumi, infatti, ha coinciso con lo sviluppo del mercato e ha portato maggiore liquidità fattore che attira molti operatori e facilita le transazioni.

 

Figura 5: volume degli scambi nel mercato OTC
Fonte: Point Carbon 2006.
 

 

I mercati Spot hanno realizzato volumi di scambi inferiori al previsto a causa dei ritardi con cui si sono presentati i PNA e dei disguidi tecnici nel funzionamento dei registri. L’elevato numero di scambi nel mercato forward ha portato ad usare il prezzo di tale mercato come guida nelle scelte di investimento e come strumento informativo per il pubblico e per i decisori sul costo reale dell’Emission Trading.


Principali borse europee, prodotti e partecipanti

Le principali piattaforme di scambio europee sono:
- European climate exchange (ECE), con base in Germania;
- European Energy Exchange (EEX), con base in Inghilterra;
- Nord Pool, con base nei paesi scandinavi;
- Powernext, con base in Francia;
- Energy Exchange Austria (EXAA);
- Komodnita Burza Bratislava (KBB);
- Climex Alliance, nato dall’unione di operatori locali tra cui: New Values, SendeCO2, Amsterdam Power Exchange (APX), the APX Power UK, euets.com e STX Energy Services.

Prima della partenza dell’ETS gli scambi avvenivano soltanto tramite contratti forward. Il Nord Pool è stato il primo a partire con l’offerta di contratti futures standardizzati ed è il secondo mercato più grande con il 5% degli scambi totali; il mercato più liquido è l’ECX dove avvengono il 90% degli scambi totali. Il primo mercato ad offrire contratti Spot è stato l’EEX, attualmente il mercato dei futures riguarda il 95% degli scambi mentre quello spot il 5%. Considerando che il 60% del mercato forward è in mano ai brokers, si può dedurre che solo il Nord Pool e l’ECX offrono contratti futures, mentre tutti gli altri offrono contratti spot.

 

Tabella 9: Principali borse europee e prodotti scambiati

Borsa

Data d’inizio

Prodotti

Nord Pool

11.02.2005

Futures, scadenza a

Dicembre 05-07

EEX

 09.03.2005

 Spot

ECX

22.04.2005

Futures, scadenza a

Mar/Giu/Sett/Dic 05-07
Mar/Dic 2008
Dic 2009-2012

Climex Alliance

22.06.2005

Spot

Powernext

24.06.2005

Spot

EXAA

28.06.2005

Spot

KBB

27.12.2005

Spot

Fonte: elaborazione su dati delle borse.



I partecipanti al mercato sono le grandi compagnie, i brokers, le banche e i fondi d’investimento. I più attivi sono le imprese che operano nel settore energetico, sia perché hanno grandi quantità di permessi da scambiare, sie perché sono già esperte nel trading. La partecipazione al mercato è stata limitata dal non funzionamento dei registri nazionali, la presenza di numerosi soggetti aumenta la liquidità, la presenza di diverse piattaforme di scambio da questo punto di vista favorisce lo sviluppo del mercato ma da un altro non è un elemento positivo perché crea dei mercati decentralizzati.


Conclusioni

In questi ultimi anni ci sono stati grandi progressi nelle politiche dell’Unione Europea per la riduzione delle emissioni di gas serra. Si è puntato sulla creazione di un mercato delle quote perché permette di stabilire un livello predeterminato di emissioni e offre alle aziende uno strumento flessibile per il raggiungimento dei loro obiettivi, possono scegliere, infatti, se ridurre le loro emissioni o se comprare i permessi da altre aziende. Il vantaggio delle creazione dei mercati rispetto ad altri strumenti risiede nel fatto che garantiscono una relativa redditività, le emissioni sono ridotte solo se l’operazione si dimostra economicamente conveniente.

Nel primo periodo di funzionamento il mercato dei permessi si è sviluppato: sono aumentati i volumi scambiati, i partecipanti al mercato e la conoscenza del sistema ETS e quest’ultimo ha influenzato direttamente i processi decisionali delle aziende coinvolte e indirettamente quelli delle aziende che ne usano i prodotti. La presenza di piattaforme di scambio in diversi paesi europei dimostra anche l’interesse degli operatori finanziari per il settore, permettendo quindi una diffusione degli scambi. Si deve cercare di impedire che si creino troppi mercati decentralizzati che circoscrivano le operazioni a regioni limitate, perché, con la fase operativa del protocollo di Kyoto, si punta a realizzare un mercato globale che coinvolga tutti i paesi interessati, abbandonando in questo modo la logica del singolo impianto.

Il sistema ha dimostrato sia di essere efficiente sia di funzionare ed essere operativo, tenendo conto che la direttiva, con cui è stato creato il sistema di “cap and trade”, è stata realizzata e messa a punto in poco tempo. Lo schema prevedeva per gli stati membri di sottoporre alla Commissione la valutazione dei PNA secondo precise scadenze ed in tempi ristretti, per permettere l’effettiva partenza dei mercati a gennaio 2005. Prima della partenza ufficiale dei mercati sono iniziati gli scambi forward, anche se con volumi limitati. La realizzazione, in un secondo tempo, dei registri nazionali ha facilitato lo sviluppo dei mercati spot, che hanno registrato una liquidità in costante crescita.

Per assicurare maggiore credibilità al sistema si dovrebbe intervenire sui diversi fronti d’azione del sistema. Innanzi tutto, la Commissione dovrebbe richiedere maggiore coerenza dei PNA con la direttiva, in modo da impedire, nella fase II, che coincide con la fase operativa del protocollo di Kyoto, un crollo dei prezzi come avvenuto nei mesi scorsi. Non c’è stato coordinamento nella diffusione delle informazioni riguardanti la restituzione delle quote e questo deve essere migliorato perchè un mercato efficiente ha bisogno delle informazioni non di voci.

I PNA hanno mostrato, nella prima fase che si è appena conclusa, la loro importanza strategica nella riuscita del mercato. Allocazioni troppo generose possono danneggiare il mercato e impedire la realizzazione degli obiettivi della direttiva. In seguito bisognerebbe preoccuparsi di allargare il sistema in modo da comprendere altri settori e altri gas, per poter ridurre le distanze tra gli obiettivi generali di riduzione dei gas serra e quelli dell’EU-ETS. Questo richiederebbe uno sforzo notevole da parte delle aziende per rispettare gli obblighi imposti: il ricorso ai meccanismi flessibili di Kyoto permetterebbe di impedire che l’obiettivo delle riduzioni abbia una connotazione meramente finanziaria, ossia l’acquisto delle quote dai paesi dove le allocazioni sono state più “generose” o sono stati imposti limiti meno stringenti all’utilizzo delle quote. Si arriverebbe, in ogni caso, alla situazione in cui la maggior parte delle azioni per la riduzione delle emissioni avverrebbe in paesi terzi., nonostante la disponibilità di quote in eccesso debba dipendere dai differenti costi marginali di abbattimento. L’allargamento del sistema permetterebbe di armonizzare le regole di allocazione per la fase III, a cui l’Unione europea sta già pensando.


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* laura.monni@unibocconi.it
1 Fonte: documento introduttivo direttiva 2003/87/CE.
2 Fonte: Elaborazione direttiva 2003/87/CE.
3 CERs: Certified Emission Reductions; Unità delle riduzioni certificate.
4 ERUs: Emission Reduction Units; Unità delle riduzioni ottenute con attuazione congiunta.
5 EEAs: European Emission Allowances; permessi di emissione europei.
6 Fonte: Commissione Europea “Orientamenti complementari sui piani nazionali di assegnazione per il periodo di scambio 2008-2012 nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE”.
7 Fonte: PNA 2005/2007.
8 Fonte: PNA nazionale 2005/2007.
9 Fonte: Schema di Piano Nazionale d’Assegnazione, periodo 2008-2012; elaborato ai sensi dell’articolo 8, comma 2 del D.lgs. 4 aprile 2006, n. 216.
10 Fonte: Manuale istruzioni Registro Nazionale delle Quote – Apat.
11 CITL: Community Independent Transaction Log: registro europeo delle emissioni.
12 Fonte: Regolamento (CE) n. 2216/04 della Commissione del 21/12/04, relativo ad un sistema standardizzato e sicuro di registri a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
13 CDC: Caisse des Dépôts et Consignations.
14 DEFRA: Department for Environment, Food and Rural Affaire.
15 GRETA: Greenhouse gas Registry for Emissions Trading Arrangements.
16 Contratto SPOT: contratto per la compravendita immediata di EUAs ad un determinato prezzo.
17 Contratti FORWARD: contratto con cui gli operatori si impegnano a comprare / vendere un determinato numero di EUAs ad un dato prezzo con scadenza futura (dicembre o marzo di ogni anno).
18 Fonte: D.lgs. n. 216 del 04/04/2006: recepimento nell’ordinamento nazionale delle direttiva europee 2003/87/CE e 2004/101/CE.
19 Fonte: Piani nazionali di allocazione approvati dalla Commissione europea;
http://ec.europa.eu/environment/climat/emission_plans.htm.
20 Fonte: Point Carbon 2006.

 

Pubblicato su www.ambientediritto.it il 10/12/2006