Il sistema europeo di Emission Trading.
The European system of Emission Trading (EU-ETS)
LAURA MONNI*
Abstract
The Kyoto Protocol, which came into force on February 2005, requires the
developed countries to reduce the greenhouse gas emissions for the 2008-2012
period.
The protocol introduced three flexible mechanisms that the countries can adopt
in order to meet the emissions reduction target.
Besides the above mentioned mechanisms, a regional market of emission credits
has been implemented. The most important market is the European Emission Trading
Scheme (EU-ETS): the scheme, started in 2005, involves about 12000 plants all
over the European Union, and is the first step towards a global emission credit
market. A similar market was never implemented before, but it quickly developed,
showing increasing exchange volumes and liquidity.
The document presents a synthesis of the base mechanisms of the system and of
its basilar elements, one and a half year after the start up.
Keywords: Directive 2003/87/CE, Linking directive, European
Emission Trading Scheme (EU-ETS), Italian National Allocation Plan, National
allocation plans (NAPs).
Introduzione all’EU-ETS: il
sistema europeo degli scambi di emissione
In linea con gli impegni sanciti dalla ratifica ed entrata in vigore del
Protocollo di Kyoto, l’Unione Europea ha istituito, con la direttiva 2003/87/CE,
un sistema per lo scambio di quote di emissione di gas serra all’interno della
Comunità, denominato Emission Trading Scheme (ETS). Il fine è quello di
promuovere la riduzione delle emissioni attraverso l’introduzione di meccanismi
flessibili, secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica.
La direttiva, nonostante richiami esplicitamente nel preambolo (punti 10,17,19)
il Protocollo di Kyoto e ne sia, di fatto, uno strumento attuativo, né è
sostanzialmente indipendente. Ciò può essere dedotto esplicitando le principali
differenze tra il sistema internazionale (IET), definito dal Protocollo di Kyoto,
ed il sistema europeo (ETS) in termini di soggetti coinvolti, tempi di
attuazione e obbligatorietà.
I soggetti abilitati allo scambio di quote nel sistema internazionale (IET) sono
gli Stati nazionali, ossia quelli compresi nell’Allegato B del Protocollo. Nel
sistema previsto dalla direttiva comunitaria, i soggetti che possono partecipare
sono tutte le persone (giuridiche e fisiche) all’interno della Comunità, e le
persone dei Paesi Terzi che abbiano sottoscritto un accordo bilaterale (art. 25)1.
Per quanto riguarda i tempi di attuazione, l’International Emission Trading (IET),
entrerà in vigore solo a partire dal 2008, mentre l’Emission Trading Scheme è
entrato in vigore il primo gennaio 2005.
Con riferimento all’obbligatorietà, sebbene i due sistemi siano vincolanti per
specifiche categorie di soggetti, il livello di obblighi previsto dal sistema
europeo ETS è sicuramente più definito e strutturato del sistema internazionale
IET. Questo è desumibile dal meccanismo sanzionatorio esistente e ben
disciplinato dalla direttiva europea a fronte di una “punibilità” dichiarata, ma
scarsamente strutturata nel Protocollo di Kyoto.
Il sistema europeo per lo scambio di quote di emissione, istituito dalla
direttiva 2003/87/CE è caratterizzato dai seguenti elementi:
- il campo d’applicazione è esteso alle attività ed ai gas elencati
nell’allegato I della direttiva; in particolare alle emissioni di anidride
carbonica provenienti da attività di: combustione energetica, produzione e
trasformazione dei metalli ferrosi, lavorazione prodotti minerari, produzione di
pasta per carta, carta e cartoni;
- previsione di un duplice obbligo per gli impianti da essa regolati: la
necessità per operare di possedere una autorizzazione all’emissione in atmosfera
di gas serra a cui corrisponde un certo numero di quote di emissione; l’obbligo
di rendere alla fine dell’anno un numero di quote (permessi) d’emissione pari
alle emissioni di gas serra rilasciate durante l’anno. L’autorizzazione
all’emissione di gas serra viene rilasciato dalle Autorità competenti previa
verifica da parte delle stesse della capacità dell’operatore dell’impianto di
monitorare nel tempo le proprie emissioni di gas serra;
- le quote d’emissioni sono rilasciate dalle Autorità competenti all’operatore
di ciascun impianto regolato dalla direttiva sulla base di un Piano Nazionale di
Allocazione (PNA); ogni quota da diritto al rilascio di una tonnellata di
biossido di carbonio equivalente;
- il Piano Nazionale di Allocazione viene redatto in conformità ai criteri
previsti dall’Allegato III della direttiva stessa; questi ultimi includono
coerenza con gli obiettivi di riduzione nazionale, con le previsioni di crescita
delle emissioni, con il potenziale di abbattimento e con i principi di tutela
della concorrenza; il PNA prevede l’assegnazione di quote a livello d’impianto
per periodi di tempo predeterminati;
- una volta rilasciate, le quote possono essere vendute o acquistate; tali
transazioni possono vedere la partecipazione sia degli operatori degli impianti
soggetti alla direttiva, sia di soggetti terzi (imprese, enti locali,
organizzazioni non governative, singoli cittadini); il trasferimento di quote
viene registrato nell’ambito di un registro nazionale.
- la resa delle quote d’emissione è effettuata annualmente dagli operatori degli
impianti in numero pari alle emissioni reali degli impianti stessi;
- le emissioni reali utilizzate nell’ambito della resa delle quote da parte
degli operatori sono il risultato del monitoraggio effettuato dall’operatore
stesso e certificato da un soggetto terzo accreditato dalle Autorità competenti;
- la mancata resa di una quota d’emissione prevede una sanzione pecuniaria di 40
Euro nel periodo 2005-2007 e di 100 Euro nei periodi successivi; le emissioni
oggetto di sanzione non sono esonerate dall’obbligo di resa di quote.
Il sistema europeo prevede l’istituzione di una serie di meccanismi di verifica,
attraverso il ricorso a verificatori indipendenti2.
L’Emission Trading Scheme (ETS): scadenze ed opportunità
Con il recepimento della direttiva 2003/87/CE e con l’approvazione dei
rispettivi Piani Nazionali di Assegnazione delle quote di emissione, a partire
dal 1 gennaio 2005, le imprese europee appartenenti all’Allegato I della
suddetta direttiva non possono continuare ad operare in assenza di apposita
autorizzazione.
La prima fase prevedeva che entro il 28 febbraio 2005 a tutti gli impianti che
ricadono nel campo di applicazione della direttiva fossero rilasciate quote di
emissioni di CO2 da parte dell’Autorità competente dello Stato
Membro, per consentire loro di partecipare allo scambio sul mercato comunitario.
Le quote di emissioni pari alle emissioni registrate nell’anno precedente
avrebbero dovuto essere restituite entro il 30 aprile 2006.
Il sistema stabilisce che l’impresa che gestisce l’impianto, una volta in
possesso delle quote di emissione assegnate con autorizzazione, stimi le sue
emissioni reali per il periodo futuro. Se le previsioni di emissioni superano i
quantitativi di quote assegnate e quindi non rientrano nell’autorizzazione ad
emettere, l’impresa può intraprendere due strategie a seconda della convenienza
economica:
- intervenire sui propri impianti, in modo da abbattere le emissioni di CO2
previste e raggiungere il livello emissioni pari alle quote assegnate;
- acquisire crediti alle emissioni attraverso i meccanismi flessibili da
“sommare” alle quote in possesso e coprire quindi le quantità totali di
emissione prodotte.
Per facilitare l’adempimento della normativa i gestori degli impianti hanno la
possibilità di raggrupparsi. Si permette loro, in questo modo, di aprire un
unico conto nel registro nazionale, con un amministratore unico per tutte le
operazioni sul conto, ottenendo un notevole risparmio dei costi di gestione e
delle relative operazioni sul conto o favorendo le imprese di piccole o medie
dimensioni che non riescono ad adempiere da sole a tutti gli obblighi o i grandi
gruppi industriali con diversi impianti che cercano di centralizzare la gestione
delle quote. Naturalmente, esistono anche delle difficoltà legate al fatto che
l’inadempimento degli obblighi della direttiva da parte di uno solo dei gestori
aderenti, comporta il blocco delle operazioni sul conto per tutti quanti;
l’amministratore non può, infatti, effettuare operazione nel conto se la
dichiarazione relativa alle emissioni di uno solo dei gestori appartenenti al
raggruppamento non è conforme ai requisiti richiesti.
A perfezionare la direttiva 2003/87/CE, al fine di chiarire il funzionamento dei
meccanismi flessibili per dare una reale possibilità di scelta alle imprese, è
intervenuta la direttiva 2004/101/CE (c.d. direttiva Linking) approvata
il 27 ottobre 2004; quest’ultima collega il mercato europeo delle emissioni alla
possibilità di utilizzare le riduzioni generate da progetti di CDM e di JI. Nel
PNA è quindi specificata, per ogni settore e singolo impianto, la percentuale
della quota di emissioni per la quale i gestori saranno autorizzati ad
utilizzare i CERs3
o ERUs4 e
ognuno di questi potrà essere convertito in quote comunitarie EEAs5.
I meccanismi flessibili disciplinati, come già detto, dalle direttive europee
2003/87/CE e 2004/101/CE, possono essere utilizzati da soggetti pubblici e
privati che pur non avendo obblighi di riduzione di emissioni hanno facoltà di
acquisire crediti e collocarli sul mercato delle emissioni. In questo scenario
le imprese intenzionate a perseguire progetti di cooperazione ed
internazionalizzazione, per i quali siano previste riduzioni di gas serra,
possono cogliere le opportunità offerte dai meccanismi flessibili quali JI e CDM.
Realizzazione del sistema di emission trading: i Piani Nazionali di
Allocazione
La direttiva UE stabilisce che, per ogni periodo di assegnazione (2005-2007;
2008-2012), ogni Stato membro elabori un piano nazionale di assegnazione (PNA)
che determini le quote totali di emissioni che intende assegnare per tale
periodo e le modalità di tale assegnazione. Nella stessa direttiva sono
contenuti i criteri che stabiliscono il contenuto dei piani. Il processo
decisionale è affidato all’autorità competente e le fasi principali sono: la
definizione della quota totale di emissioni da assegnare a livello nazionale,
assegnazione delle quote per settore e, infine, attribuzione le quote ai singoli
impianti che devono rispettare i vincoli posti dalla direttiva. Da questo
processo decisionale deriva il contenuto principale dei piani, in cui sono
presenti anche diverse informazioni riguardo la metodologia di assegnazione e
ripartizione delle quote che è stata seguita.
La Commissione Europea ha pubblicato delle linee guida per assistere gli stati
membri nella redazione dei PNA; nonostante il suo supporto ci sono state grandi
difficoltà nella predisposizione dei piani, specie nel calcolo delle quantità di
emissioni e nell’attribuzione delle quote ai singoli impianti.
Per il primo periodo, il PNA sarebbe dovuto essere pubblicato e notificato alla
Commissione e agli altri Stati membri entro il 31 marzo 2004. L’Italia si è
mossa in ritardo riguardo all’attuazione del sistema di scambio delle emissioni:
Il PNA è stato presentato con oltre un anno di ritardo, mentre le direttive sono
state recepite nell’ordinamento nazionale nel mese di giugno del 2006; per
questi motivi l’Italia è stata sottoposta ad una procedura d’infrazione. Questa
situazione d’incertezza, inoltre, ha posto le aziende obbligate in una posizione
di svantaggio rispetto alle altre imprese europee al momento dell’ingresso nel
mercato dei permessi.
Per il secondo periodo, il termine di presentazione dei nuovi PNA scadeva il 30
giugno 2006, solo pochi Paesi membri sono stati puntuali nella presentazione. Il
ministero dell’ambiente italiano ha portato il nuovo piano in consultazione al
pubblico nel mese di luglio mentre lo presenterà alla Commissione europea in
autunno, una volta completata la procedura di consultazione. La redazione del
secondo PNA si è dimostrata ancora più delicata rispetto alla prima fase. Le
esperienze negative verificatesi hanno provato che il successo del sistema di
scambi dipenda molto dalla corretta redazione dei piani e da un’equa
assegnazione delle quote alle imprese. Per questo motivo la Commissione nel
redigere le linee guida ha affermato che considera il primo periodo come un
“esercizio di apprendimento” e ha stabilito alcuni criteri da seguire per
affrontare il secondo periodo6.
In primis ha richiesto la redazione di piani chiari e trasparenti, in
secundis che l’assegnazione delle quote sia più restrittiva e che si
incentivi il ricorso allo scambio delle quote per conseguire gli obiettivi di
Kyoto nella maniera economicamente più efficace, tenendo conto che si potranno
utilizzare a pieno gli strumenti, come i CERs e gli ERUs, messi a disposizione
dalla direttiva linking .
Il Piano di assegnazione nazionale italiano per il periodo 2005-2007 e la
presentazione del piano per il 2008-2012 alla consultazione del pubblico
Le strategie seguite per la redazione del piano e la definizione del tetto
nazionale delle emissioni per il primo periodo di attuazione si possono
ricondurre principalmente a ciò che riguarda la politica energetica italiana,
che si distingue per una elevata efficienza e una bassa “intensità di carbonio”
e la strategia di riduzione delle emissioni di gas nell’atmosfera ispirata dal
protocollo di Kyoto. Quest’ultima prevede l’utilizzo dei meccanismi flessibili
proposti dal protocollo resi disponibili grazie alla direttiva linking.
Il numero totale delle quote è suddiviso nei primi tre anni di funzionamento ed
è ottenuto sommando le quote attribuite ai settori, calcolate a loro volta
prendendo come riferimento le emissioni storiche degli stessi (dati anno 2000),
applicando a ciascun comparto produttivo le previsioni di crescita al 2010, più
i relativi aggiustamenti. Il totale delle quote assegnate è mostrato nella
tabella 1. Le emissioni delle attività regolate dalla Direttiva, infine, sono
state verificate utilizzando i risultati della rilevazione di dati storici a
livello di impianto (bottom up), in base all’aggiornamento
dell’inventario delle emissioni. La quantità di quote assegnate deve essere
coerente con gli obblighi previsti da Kyoto per riuscire a raggiungere e
superare gli obiettivi previsti. La direttiva, infatti, si propone di permettere
agli stati membri di arrivare preparati alla partenza degli obblighi del
protocollo proponendo delle misure che si affiancano a quelle previste dall’ONU.
Tabella 1 - Piano di assegnazione nazionale italiano 2005-2007
Anno | 2005 | 2006 | 2007 |
Totale Quote da assegnare |
222.31 | 225.88 | 221.15 |
Unità di misura: Milioni di
tonnellate di CO2
Fonte: PNA nazionale 2005-2007.
Per quanto riguarda l’assegnazione delle quote per settore, i dati utilizzati
provengono dal bilancio energetico nazionale e dall’inventario nazionale delle
emissioni dei gas ad effetto serra (riferite all’anno 2000); sono stati
elaborati tenendo conto del potenziale tecnologico d’abbattimento e delle
sviluppo economico del paese. I dati riguardanti le stime di crescita di ciascun
settore, i fattori che ne influenzano lo sviluppo e ne hanno giustificato le
previsioni per quanto riguarda l’aumento o la riduzione delle emissioni per il
periodo 2005-2007, sono riportati nell’allegato III del PNA7.
Nella tabella 2 sono riportate le quantità di quote assegnate ai vari settori
regolati. I valori per l’anno 2010 rappresentano lo scenario di riferimento che
tiene conto delle misure e delle politiche già individuate, ma non ancora
attuate. I valori per l’anno 2000 sono stimati in base ai dati storici, raccolti
a livello di impianto come prescritto dalla normativa.
Tabella 2 – Assegnazione a livello settoriale quote CO2
Settore |
2000 |
2005 |
2006 |
2007 |
2010 |
Termoelettrico non cogenerativo |
99.7 |
105.6 |
103.2 |
98.9 |
93.2 |
Elettricità cogenerativa |
30.9 |
40.9 |
43.2 |
45.8 |
54.1 |
Teleriscaldamento |
0.9 |
1.1 |
1.2 |
1.2 |
1.4 |
Raffinazione |
17.1 |
18.1 |
18.3 |
18.5 |
19.2 |
Metalli ferrosi |
27.6 |
28.9 |
29.2 |
29 |
30 |
Cemento |
26.8 |
28.3 |
28.6 |
29 |
30 |
Calce |
2.7 |
2.8 |
2.9 |
2.9 |
3 |
Vetro |
4 |
4.3 |
4.3 |
4.5 |
4.7 |
Prodotti ceramici |
3.8 |
4.2 |
4.3 |
4.3 |
4.6 |
Laterizi |
4.3 |
4.3 |
4.3 |
4.3 |
4.4 |
Cartario |
5.1 |
5.8 |
6 |
6.1 |
6.7 |
Altre attività combustione |
33.7 |
34 |
34 |
34.1 |
34.3 |
Totale |
256.6 |
278.5 |
279.7 |
279.2 |
285.8 |
Fonte: PNA nazionale 2005-2007.
Determinato l’ammontare delle quote da attribuire ai settori è stabilita la
quantità da attribuire ad ogni singolo impianto, si sono seguiti criteri
differenziati per diversi settori. Infatti, per il settore elettrico si è
applicato il criterio della “produzione prevista”, in base al quale le quote
sono assegnate al singolo impianto in funzione di “una componente fondamentale
previsiva ed una componente di modifica di regime”8.
Per questo settore, è previsto una crescita e una trasformazione nel futuro e,
per questo motivo, non possono essere applicati i criteri che si basano su dati
storici mentre quello scelto permette di aggiustare l’allocazione delle quote.
Il metodo della produzione storica è caratterizzato da una maggior efficienza
economica ambientale, poiché a parità di prodotto sono premiati gli impianti più
efficienti e quelli che hanno realizzato investimenti precoci. Questo criterio è
stato applicato ai settori della produzione di calore ed elettricità, della
calce, dell’acciaio, dei prodotti ceramici e del cemento. Al settore cartario,
dei laterizi, della raffinazione, del vetro e della produzione di calore sono
state attribuite le quote di emissione ai singoli impianti sulla base del
criterio delle emissioni storiche.
Nella tabella 3 è riportato un quadro riassuntivo dei criteri seguiti per
l’assegnazione ai diversi impianti delle quote di emissione.
Tabella 3 – Criteri assegnazione impianti esistenti
Settore | Criteri |
Termoelettrico non cogenerativo | Emissione prevista |
Elettricità cogenerativa | Produzione storica |
Calore non cogenerativo | Lavorato (combustibile) |
Raffinazione | Emissioni storiche |
Acciaio | Produzione storica |
Cemento | Produzione storica (clinker) |
Calce | Produzione storica |
Vetro | Emissioni storiche |
Prodotti ceramici | Produzione storica |
Cartario | Emissioni storiche |
Laterizi | Emissioni storiche |
Fonte: PNA nazionale 2005-2007.
Sono state previste, infine, delle procedure particolari per quanto riguarda il
trattamento dei nuovi entranti, delle sospensioni, delle chiusure e il
riconoscimento degli investimenti precoci.
I primi sono quegli impianti che hanno iniziato l’attività produttiva o ampliato
la loro capacità dopo l’assegnazione delle quote. Durante il primo periodo sono
state previste, nell’ordinamento italiano, delle quote di riserva la cui
gestione è stata diversificata per settore, per il settore termoelettrico la
quantità prevista era molto alta. E’ stata prevista, inoltre, la cosiddetta “
transfer rule” che permette di recuperare le quote liberate dagli impianti in
chiusura, invece di cancellarle. In questo modo le quote si sono sommate a
quelle della riserva. Le eventuali quote in eccesso, dopo la fine del primo
periodo, sarebbero state vendute nel carbon market per recuperare i fondi
necessari per acquistare le quote mancanti agli impianti sottoposti alla
direttiva. I criteri di assegnazione delle quote di riserva agli impianti, per i
ripotenziamenti e per i nuovi entranti, sono basati sulla produzione prevista
applicando i coefficienti di emissione della BAT (Best Avalaible Tecnology).
Per i riavvii si è applicato il criterio di assegnazione previsto per gli
impianti esistenti.
Agli impianti che hanno ridotto le proprie emissioni prima dell’entrata in
vigore della Direttiva viene riconosciuto lo sforzo compiuto come atto di
correttezza. I criteri seguiti per tenerne conto si basano o sulle emissioni
storiche, scegliendo un anno di riferimento si premiano gli impianti che, a
partire dall’anno di riferimento stesso, hanno realizzato intervento di
riduzione delle emissioni. Oppure, tenendo conto dei coefficienti dei parametri
di emissione ricavabili dai documenti di riferimento sulle BAT elaborati per la
Direttiva IPPC.
Nel mese di luglio 2006 è stato presentato alla consultazione pubblica lo schema
di piano di assegnazione per il secondo periodo di funzionamento9.
Per la redazione del piano e l’assegnazione delle quote si è tenuto conto sia
degli obblighi posti dal Protocollo di Kyoto che degli orientamenti indicati
dalla Commissione Europea che prevedono un numero di quote assegnate nel periodo
2008-2012 inferiore rispetto a quelle assegnate nel primo periodo.
Non si è potuto prescindere dall’esigenza di tutelare la competitività
dell’economia italiana. In questo contesto i settori meno esposti alla
concorrenza internazionale sono quelli elettrico e della raffinazione i quali,
pertanto, sono stati sottoposti agli obblighi maggiori di riduzione.
Il numero totale di quote che si intende assegnare per il periodo 2008-2012 agli
impianti esistenti è stato determinato applicando ai più recenti dati
disponibili la metodologia indicata dalla Commissione Europea. I valori delle
quote assegnate, espressi in MtCO2, sono mostrati nella tab. 4. Tale
metodologia si basa sull’ipotesi che il peso delle emissioni dei settori
regolati dalla direttiva sul totale delle emissioni nazionali e il peso delle
emissioni dei settori non regolati dalla direttiva sul totale delle emissioni
nazionali rimanga costante nel periodo 2005-2012. Prevede, inoltre, che i due
macro-settori abbiano lo stesso potenziale di riduzione tenendo conto
dell’assegnazione media annua delle quote di CO2 approvata dalla commissione
europea per il primo periodo, dei pesi dei settori EU-ETS in termini di
emissioni, della distanza dagli obiettivi di Kyoto e dello sforzo di riduzione
richiesto ai settori coinvolti.
Tabella 4 - Piano di assegnazione nazionale italiano 2008-2012
Anno | 2008 | 2009 | 2010 | 2011 | 2012 |
Totale Quote da assegnare | 192,44 | 189,16 | 185,88 | 182,78 | 179,86 |
Unità di misura: Milioni di
tonnellate di CO2
Fonte: PNA nazionale 2008-2012.
L’assegnazione delle quote per settore (vedi tab. 3) è avvenuta tenendo conto e
modificando le assegnazioni del primo periodo. Per quanto riguarda il settore
dell’acciaio a ciclo integrato la quota assegnata è stata ridotta di circa 1
MtCO2/anno, in ragione dei dati recenti che indicano una riduzione
delle emissioni. Per i settori dell’acciaio forno elettrico, carta, vetro,
cemento, calce, ceramici, laterizi e altri impianti di combustione l’ammontare
settoriale delle quote è stato tenuto agli stessi livelli del 2005/2007.
La differenza maggiore tra i due piani riguarda i settori termoelettrico e
raffinazione; le assegnazioni sono state effettuate, infatti, in modo da coprire
il fabbisogno complessivo. Per il settore termoelettrico, l’assegnazione è
passata da 131,6 MtCO2/anno a 100,41 MtCO2/anno mentre per
il settore della raffinazione è passata da 23,76 MtCO2/anno a 18,21
MtCO2/anno. I due settori sono, infatti, caratterizzati da: un
maggior potenziale di riduzione; dalla possibilità di distribuire sui clienti
finali gli eventuali maggiori oneri, derivanti dall’acquisto dei permessi di
riduzione, e da una minore esposizione alla concorrenza internazionale. I dati
riportati nella tabella 5 mostrano le differenze di assegnazione per settori
esistenti nei due piani.
Tabella 5 – Distribuzione per attività delle assegnazioni medie annue
Attività energetiche |
Assegnazione 2005- 2007 |
Assegnazione 2008- 2012 |
Termoelettrico non cogenerativo e cogenerativo |
131.6 |
100.41 |
Altri impianti di combustione |
14.9 |
14.89 |
Teleriscaldamento |
0.23 |
0.23 |
Raffinazione |
23.76 |
18.21 |
Compressione e metanodotti |
0.88 |
0.88 |
Altro |
13.78 |
13.78 |
Unità di misura: Milioni di
tonnellate di CO2
Fonte: PNA nazionali 2005-2007 e 2008-2012.
Le quantità attribuite ai singoli impianti per quanto riguarda il settore
termoelettrico è basata, per il 2008, sui dati del monitoraggio 2005 per la
produzione di energia elettrica e calore utile, incrementata dai dati degli
impianti nuovi entranti nel periodo 2006-2007.
Per il periodo 2008-2012, invece, si prevede che l’assegnazione per l’energia
elettrica da combustibili fossili decresca e contemporaneamente aumenti la
produzione di energia da fonti rinnovabili.
Il calcolo di tale assegnazione si sviluppa secondo le seguenti regole:
- si individua una gamma limitata di categorie di tecnologie/combustibili di
generazione;
- i coefficienti di emissione delle produzioni di energia elettrica sono
fissati, per ciascuna categoria, sulla base delle BAT;
- le assegnazioni vengono ridotte nel periodo 2008-2012 seguendo la riduzione
lineare secondo i trend delle energie prodotte per ogni categoria di
tecnologia/combustibile per il 2008-2010.
Per gli impianti degli altri settori diversi dal termoelettrico l’assegnazione
delle quote si basa principalmente su tre parametri:
o le quote assegnate all’impianto nel 2007. Questo è un elemento comune sia ai
diversi settori che agli impianti esistenti e nuovi entranti. Il numero di quote
assegnate all’impianto nell’anno 2007 viene successivamente corretto attraverso
l’indice di efficienza ambientale e l’indice di espansione;
o un indice di efficienza ambientale. E’ un sistema che cerca di premiare i
gestori che hanno realizzato una migliore efficienza emissiva nel processo
produttivo. In tal modo si favorisce chi ha introdotto tecnologie di produzione
pulite;
o un indice di espansione.
Nonostante la metodologia adottata per l’assegnazione ai settori non
termoelettrici sia stata la medesima, la scelta di parametri è stata
differenziata per settore.
Il trattamento dei nuovi entranti è specificato meglio rispetto al primo
periodo. E’ stato loro riconosciuto, infatti, un ruolo importante poiché
assicurano il mantenimento di un ambiente competitivo, ottimizzano l’assetto dei
sistemi produttivi minimizzando i costi di produzione.
Le tipologie di nuovi entranti previste, conformemente alla normativa, sono
quattro:
- impianto “ex-novo”: caso in cui l’impianto ha bisogno di un’autorizzazione ad
emettere gas serra poiché ha avviato la produzione dopo la data di notifica del
nuovo PNA alla Commissione europea;
- riavvio da attività esistente: se l’impianto riprende le sue attività dopo la
presentazione del PNA;
- ripotenziamento o riavvio da chiusura parziale: se sono state apportate
modifiche consistenti ad un impianto esistente ed il gestore ottiene un
aggiornamento dell’autorizzazione alle emissioni;
- nuovi entranti non noti nel periodo 2005-2007: se l’impianto, o una parte,
entra in funzione dopo la data di notifica del nuovo PNA ed entro il 31/12/2007.
Ai fini dell’assegnazione delle quote i nuovi impianti sono classificati
all’interno di una delle attività per le quali sono state effettuate le
assegnazioni che avvengono a titolo gratuito fino all’esaurimento della riserva
destinata ai nuovi entranti.
Per quanto riguarda, invece, le chiusure e le sospensioni degli impianti, il
piano prevede che sia ritirato il permesso ad emettere i gas serra e la
restituzione delle quote pari alle emissioni prodotte nell’anno in corso e fino
alla data di chiusura.
Il ricorso ai crediti ottenuti mediante la realizzazione di progetti di JI o CDM
è fissato nel 10% della quantità assegnata a ciascun operatore. Questo dato è
importante perché il secondo periodo dell’EU-ETS coincide con il “first
commitment period” del protocollo di Kyoto, nel quale gli Stati aderenti devono
dimostrare di aver raggiunto i loro obiettivi nazionali di riduzione delle
emissioni. Il ricorso alle unità di Kyoto (derivanti da progetti di CDM e JI),
nel caso dell’emission trading, è subordinato al fatto che gli stati membri
debbano stabilire un tetto massimo nei loro PNA e che il loro utilizzo sia
supplementare rispetto alle azioni intraprese dagli Stati e dalle aziende per la
riduzione delle emissioni. In mancanza di limiti obbligatori, di fatto, in
questa fase gli Stati membri sono chiamati a stabilire il limite massimo di
ricorso alle Kyoto Units. Questo passaggio si rivela strategico alla luce dei
costi o dei benefici che possono derivare da questi strumenti. L’imposizione di
limiti stringenti, ad esempio, da un lato si può rivelare un incentivo ad
adottare politiche di riduzione delle emissioni e di efficienza domestica da
parte delle industrie; dall’altro lato rischiano di limitare la flessibilità nel
raggiungimento degli obiettivi di riduzione, limitando la competitività di
alcune imprese e la possibilità di trasferimento di tecnologie pulite
all’estero. Anche se i crediti in eccesso potranno essere venduti a Stati o
imprese estere o tenuti da parte per il prossimo periodo di emission trading.
Registro nazionale delle quote10
Stabilite le quote assegnate a ciascun impianto, queste, in base all’art. 14 del
d. leg. 216/06, sono riportate in un Registro nazionale. Il Registro è una banca
dati elettronica, standardizzata e sicura, che consente la gestione delle quote
di emissione e il meccanismo di scambio delle quote stesse. La gestione riguarda
il monitoraggio, il rilascio, il possesso, il trasferimento, la restituzione e
la cancellazione delle quote. Queste attività sono affidate all’Autorità
Nazionale competente, istituita presso il Ministero dell’Ambiente.
Il sistema è formato dai Registri Nazionali dei 25 Stati membri della Comunità
Europea interconnessi tra loro attraverso un Registro centrale a livello
europeo, denominato catalogo indipendente comunitario delle operazioni, per
evitare che si verifichino irregolarità e garantire la compatibilità delle
operazioni con gli obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto. Il CITL11
esegue controlli automatici su ogni trasferimento di quote, per garantire il
rispetto delle regole della direttiva ET12.
A livello internazionale, per quanto riguarda il Protocollo di Kyoto, le
autorità competenti lavorano per la realizzazione di un registro internazionale
dove raccogliere le informazioni derivanti dai progetti di CDM o JI che generano
dei crediti. Il sistema sarà operativo dal novembre 2006 mentre dai primi mesi
del 2007 sarà attivo il collegamento con il CITL, in modo da realizzare una rete
completa di comunicazione tra i due programmi. In questo modo si seguono quelli
che sono i presupposti della direttiva linking che si indirizza nella
creazione di un mercato internazionale dei permessi di emissione caratterizzato
dal mutuo riconoscimento.
Concretamente il sistema prevede che l’Autorità Nazionale Competente (ANC) apra
un conto nel Registro nazionale per ogni impianto che ricade nell’ambito di
applicazione della direttiva ET; in seguito riporti su ciascun conto le quote
stabilite in base al PNA. Le quote possono essere trasferite tra i diversi
conti, all’interno dello stesso Registro o tra Registri diversi. La supervisione
dell’ANC è concentrata sulla conformità degli Operatori con le condizioni della
loro autorizzazione, sulla verifica delle loro emissioni, e sulla restituzione
delle quote dovute.
Oltre agli impianti sottoposti ad obblighi di riduzione, ogni persona o altra
organizzazione interessata a comprare o vendere quote sul mercato, può aprire un
conto nel Registro, questo per facilitare la partecipazione delle associazioni
ambientaliste o di chiunque voglia certificare un’attività a emissioni zero.
In Europa operano tre tipi di Registri: uno messo a punto in Francia dalla CDC è
utilizzato da Francia, Belgio, Germania e altri Paesi dell’Europa del Sud e
dell’Est; un secondo, realizzato in Gran Bretagna dal DEFRA14
viene utilizzato dalla maggior parte dei Paesi del Nord Europa; infine quello
messo a punto e utilizzato in Austria.
L’Italia e la Gran Bretagna hanno firmato un accordo di licenza in base al quale
l’Italia utilizza il software per il Registro prodotto dal DEFRA, noto con il
nome di GRETA15
Gli obiettivi del registro sono diversi:
assegnare le quote di emissioni agli operatori, ossia, definire le quantità
totale di CO2 che l’impianto ha diritto ad emettere nel periodo di
funzionamento. Tale ammontare viene riportato sul conto intestato all’impianto;
tenere la contabilità e consentire il controllo delle emissioni dichiarate,
che devono essere convalidate da un verificatore riconosciuto prima di essere
restituite all’autorità competente. Nel momento in cui le quote sono restituite
vengono cancellate dal registro; in questo modo l’ANC utilizza il registro per
verificare l’adempimento degli obblighi da parte degli operatori, se questi
hanno restituito un numero di quote sufficiente e chi non ha rispettato gli
obblighi;
rendere possibile lo scambio di quote: il registro permette, al titolare di un
conto, di scambiare le quote stesse con altri conti, sia a livello nazionale che
internazionale. Inoltre, le quote ottenute attraverso progetti di riduzione in
altri paesi sono riportate nel conto.
La gestione del registro è affidata ad un amministratore di registro, nominato
dall’Autorità Nazionale, che si occupa di tutti i compiti amministrativi
necessari e della gestione operativa che, per tale motivo, ha accesso a tutti i
conti e potere di modifica.
Al registro, oltre l’amministratore, hanno accesso cinque diversi tipi di
utenti:
I. gli operatori: sono aziende obbligate per legge a partecipare allo schema
dell’ET europeo. I gestori devono presentare domanda di autorizzazione ad
emettere gas serra all’autorità nazionale che provvede ad aprire un conto nel
registro per ciascun impianto;
II. i singoli utenti: sono identificati come individui che partecipano a titolo
personale allo scambio delle quote;
III. le organizzazioni: sono aziende o associazioni, non sottoposte ad obblighi
di riduzione, che vogliono partecipare allo schema di ET europeo su base
volontaria;
IV. i verificatori: sono utenti che appartengono ad un organismo di
certificazione autorizzato e hanno il compito di controllare il valore delle
emissioni dichiarate e convalidarlo se corretto inoltre sono responsabili del
processo di verifica e di comunicarne all’autorità l’esito;
V. le organizzazioni del rappresentante autorizzato aggiunto: sono scelte
dall’operatore hanno la funzione di controllo esterna dell’azienda e accesso
solo alle informazioni necessarie a respingere o approvare le transazioni che
possono essere effettuate nel registro.
Tutti i titolari di un conto devono nominare un primo e un secondo
rappresentante autorizzato che gestiscono le quote a nome del titolare. Il
rappresentante autorizzato principale (PAR) è l’utente amministratore che ha
varie funzioni e viene nominato al momento dell’apertura del conto insieme al
rappresentante autorizzato secondario (SAR). Esiste anche un altro
rappresentante del conto: il rappresentante autorizzato aggiunto, il cui
consenso è necessario per specifiche operazioni effettuate sul conto dal PAR o
dal SAR.
Le tipologie di conto in cui il registro è diviso sono create
dall’amministratore e si possono riassumere in:
- un conto nazionale di deposito nel quale le quote di carbonio sono rilasciate
prima dell’assegnazione a ciascun gestore, e restituite, sempre su questo conto,
dai gestori prima che siano ritirate;
- un conto nazionale per il ritiro per ogni periodo di adempimento, usato per
ritirare le quote di emissione e le unità di Kyoto alla fine di ogni anno che
rappresenta una parte della procedura per l’adempimento degli obbiettivi di
emissione;
- un conto nazionale per la cancellazione per ogni periodo di adempimento serve
per la cancellazione volontaria di unità da parte di individui, società o
organizzazioni al fine di ridurre gli obbiettivi di emissione, e per la
cancellazione da parte dell’ANC delle quote e delle unità ritirate;
- i conti di deposito degli utenti, che si distinguono, a loro volta, in conti
di deposito dell’operatore e conti di deposito personali. I primi, che
comprendono un solo conto per singolo impianto, sono aperti automaticamente per
quegli operatori che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva e
sono utilizzati anche per adempiere agli obblighi di riduzione. I secondi sono
aperti su richiesta degli individui e delle organizzazioni e sono utilizzati per
l’acquisto, la vendita o la cancellazione di quote di emissione e unità di Kyoto.
L’importanza dell’implementazione dei registri deriva dal fatto che la partenza
ritardata ha rallentato lo sviluppo dei mercati spot16
che offrono numerosi vantaggi rispetto ai mercati forward17
in termini di crescita dei volumi scambiati e di riduzione dei rischi collegati
all’aumento dei prezzi. Accedere ai mercati spot permette, inoltre, di gestire
il portafoglio delle emissioni quotidianamente e di realizzare profitti nel
breve termine.
Sanzioni a carico dei gestori18
Nel D.lgs. n. 216 del 04/04/2006, che ha recepito la direttiva nel nostro
ordinamento, sono previsti dei meccanismi sanzionatori in relazione alle
possibili violazioni in cui può incorrere un gestore.
In primo luogo sono previste sanzioni per i gestori che esercitino la propria
attività sprovvisti di autorizzazione ad emettere gas ad effetto serra. Si
tratta di sanzioni amministrative pecuniarie che aumentate per ciascuna
tonnellata di CO2 equivalente emessa in mancanza di autorizzazione. Entro trenta
giorni dalla data d'accertamento della violazione, tali gestori dovranno, in
ogni caso, richiedere l’autorizzazione, pena la sospensione amministrativa
dell'attività dell'impianto. Sono previste sanzioni anche per i gestori che
apportano modifiche tecnologiche agli impianti o alle metodologie di
monitoraggio delle emissioni e non provvedono alla richiesta di aggiornamento
alle loro autorizzazioni.
I gestori sono soggetti a sanzioni amministrative pecuniarie anche nel caso
rilascino informazioni false, non veritiere o non congruenti alle dichiarazioni
del verificatore nella fase di raccolta dati per l'assegnazione delle quote di
emissione. In ogni caso all'accertamento della violazione consegue l'obbligo per
il gestore di restituire un numero di quote di emissioni corrispondenti alle
emissioni indebitamente assegnate. Stesso tipo di sanzione è previsto per i
gestori che non provvedono a comunicare al Comitato, entro il 30 aprile di ogni
anno, la dichiarazione relativa alle attività ed alle emissioni dell'impianto
nell'anno solare precedente, corredata da relativo attestato di verifica, o che
renda dichiarazione falsa e incompleta. Nel caso in cui la restituzione delle
quote da parte del gestore a quella data non corrisponda a quanto dichiarato, o
in caso di omessa dichiarazione di quanto effettivamente emesso, si applicano
sanzioni pecuniarie per ogni quota non restituita. Vige l’obbligo, per il
gestore, di restituire un numero di quote corrispondenti alle emissioni
effettive.
Sono, inoltre, previste sanzioni per i gestori che non forniscono la
comunicazione relativa alla chiusura o sospensione dell’attività entro i termini
e nelle modalità previste dal Decreto.
Infine, il Decreto prevede il ritiro dell'accreditamento e una sanzione
amministrativa pecuniaria per ogni tonnellata effettivamente emessa dagli
impianti controllati a carico dei verificatori che rilascino attestati di
verifica pur essendo a conoscenza di differenze significative tra i dati
forniti, le informazioni sulle emissioni contenute nelle dichiarazioni e le
emissioni effettive.
Nel caso dei raggruppamenti, le sanzioni relative alla mancata restituzione di
quote da parte dei singoli impianti raggruppati, si applicano all'amministratore
fiduciario: la responsabilità dell'amministratore fiduciario non esclude però la
responsabilità di ciascun gestore per il pagamento delle suddette sanzioni
qualora a ciò non provveda l'amministratore fiduciario.
Tabella 6 – Sanzioni a carico dei gestori
|
Sanzioni pecuniarie |
Mancata autorizzazione ad emettere. (art. 4 decreto) |
Da 25.000 a 250.000 euro + 40 euro per ogni tonnellata emessa senza autorizzazione (2005-2007), aumentato a 100 euro per il secondo periodo. |
Autorizzazione ad emettere non aggiornata.(art. 7 decreto). |
Da 1000 euro a 100.000 euro. |
Mancata comunicazione dei dati relativi all’impianto nei tempi prescritti (art. 12 decreto). |
Da 2.500 euro a 25.000 euro. |
Comunicazione sulle emissioni con informazioni false o non veritiere (art. 12 decreto). |
40 euro per ogni quota di emissioni indebitamente assegnata per il primo periodo; 100 euro per i periodi successivi. |
Comunicazione sulle emissioni con informazioni non congruenti rispetto alle dichiarazioni dei verificatori (art. 12 decreto). |
20 euro per ogni quota di emissione indebitamente assegnata per il primo periodo e 100 euro per i periodi successivi. |
Mancata dichiarazione sulle emissioni entro il 30 aprile. (art. 15 decreto). |
Da 2.500 euro a 50.000 euro. |
Mancata restituzione delle quote entro il 30 aprile. (art. 15 decreto). |
40 euro per il primo periodo; 100 euro per i successivi + obbligo restituzione quote mancanti. |
Mancata comunicazione di chiusura o sospensione dell’attività (art. 21 decreto). |
Da 1.000 euro a 100.000 euro + da 20 euro a 100 euro per ogni quota di emissione indebitamente rilasciata. |
Fonte: D.lgs. n. 216 del 04/04/2006.
Nel 2006 l’accertamento delle eventuali sanzioni applicabili agli impianti per
la mancata restituzione delle quote rilasciate nel 2005 non è stato ancora
possibile essendo stato prorogato il termine ultimo per la restituzione, per
cause tecniche imputabili al malfunzionamento del Registro Nazionale.
Le sanzioni devono essere pagate entro il 30 aprile dell’anno successivo
rispetto a quello in cui è stata accertata la violazione; gli importi in euro
delle sanzioni sono riportati nella tabella precedente.
Piani nazionali di allocazione europei e restituzione delle quote19
I primi dati relativi alle quote di emissione allocate e verificate dagli stati
membri sono disponibili sul CITL dal maggio 2006. I dati pubblicati non sono
ancora completi sia perché alcuni stati non hanno pubblicato i dati delle loro
verifiche, sia perché altri paesi hanno comunicato dati incompleti. Inoltre
Spagna e Italia hanno prorogato il termine per la verifica e la consegna delle
quote a causa di problemi tecnici nell’implementazione del registro nazionale.
Dai dati a disposizione si possono, in ogni modo, iniziare a trarre le prime
considerazioni. Nel primo anno di funzionamento del sistema EU-ETS sono state
allocate 1.848,7 MtCO2
ma ne sono state effettivamente emesse solo 1.781,7 MtCO2
con un surplus di quote pari a 67 MtCO2.
Emerge, quindi, che, nonostante le possibilità di effettuare il banking,
i governi europei hanno allocato, attraverso i rispettivi PNA, una quantità di
permessi di emissioni superiore a quanto fosse realmente necessario al sistema
delle imprese, creando un eccesso di offerta sul mercato che ha portato ad un
crollo del prezzo dei permessi sul carbon market. Il banking rappresenta
la possibilità, per le aziende, di trasferire all’interno di ciascun periodo,
2005-2007 e 2008- 2012, una parte delle quote in eccesso ad anni successivi.
L’andamento del mercato induce a pensare che solo le imprese che hanno un
eccesso di quote a disposizione possano ricorre a questo strumento, che dipende
dalle aspettative sul prezzo delle quote, sui costi di abbattimento e dai
comportamenti strategici tipici dei mercati dei titoli. Ad esempio, aspettative
al rialzo sul prezzo delle quote e sui costi di abbattimento possono indurre le
imprese in credito ad attuare politiche di banking posticipando la
vendita al futuro; viceversa nel caso di aspettative al ribasso.
Per spiegare questa situazione si possono formulare diverse ipotesi: previsioni
errate relative al fabbisogno di permessi di emissione; sistemi di allocazione
errati; effettivo miglioramento dell’efficienza energetica con conseguente
riduzione delle emissioni da parte degli impianti; la volontà politica di non
imporre un vincolo (Cap) stringente alle imprese. Indipendentemente dalle cause,
ancora da approfondire, un risultato è già evidente: con gli attuali livelli di
emissioni sarà difficile rispettare gli impegni di riduzione rispetto agli
obiettivi di Kyoto assunti dall’Unione Europea (- 8%). In vista di questo
obiettivo ed alla luce delle prime verifiche è stata ribadita l’urgenza di
attuare tagli più significativi alle emissioni per il secondo periodo di
riferimento.
Queste affermazioni si spiegano se si analizzano e si confrontano i PNA del
primo periodo di alcuni Stati europei e i dati resi disponibili nel CITL a
partire da maggio 2006. Nei paragrafi seguenti è riportato, infatti, un breve
resoconto dove i dati sono presentati tenendo conto, principalmente, delle
quantità di quote assegnate e dei criteri seguiti, sia a livello di settore che
di singolo impianto; delle quote destinate come riserva per i nuovi entranti e
delle quote di Kyoto Units a cui si prevede di ricorrere e dei primi dati
disponibili sulla restituzione delle quote.
Germania
L’allocazione di quote per l’anno 2005 è stata pari a 494,9 MtCO2
contro un valore di 469,4 MtCO2
di emissioni verificate: il surplus di quote è di 25,5 MtCO2
pari al 5% dell’allocato. Per interpretare questo dato è utile considerare i
criteri adottati nello schema di assegnazione delle quote per il periodo
2005-2007. La Germania, nella definizione del proprio Cap per settori, ha preso
a riferimento l’obiettivo generale di riduzione ( pari a - 21%), assunto con la
ratifica del Protocollo, e le emissioni storiche. Nell’assegnazione per i
singoli impianti si è tenuto conto delle emissioni storiche e di quelle
annunciate per gli impianti che hanno iniziato le loro attività nel periodo
2003-2004. Per i nuovi entranti è stata prevista una riserva pari a 3 MtCO2
all’anno, a cui si devono aggiungere 1.5 MtCO2
come compensazione per la chiusura di impianti nucleari.
In seguito alla pubblicazione dei dati relativi alla restituzione delle quote è
emerso che l’allocazione è stata inferiore alle emissioni storiche solo dell’
1,8%, anche se le imprese hanno ridotto le proprie emissioni del 7%. Sembra,
dunque, che l’assegnazione sia stata molto superiore a quanto effettivamente
emesso dalle imprese, sia grazie ad una riduzione effettiva delle emissioni e ad
un miglioramento della performance ambientale del sistema, ma in parte anche per
la definizione di un Cap troppo poco stringente, soprattutto in relazione
all’obiettivo generale di riduzione.
Francia
Per questo paese si deve fare un discorso differente rispetto al caso della
Germania. Le emissioni prodotte nel 2005 (131,2 MtCO2)
sono state inferiori del 12,7% rispetto a quelle allocate per lo stesso anno
(150,3 MtCO2).
Anche in questo caso i criteri utilizzati per l’assegnazione delle quote ai
settori sono stati da una parte le emissioni storiche, considerando la media
delle emissioni prodotte fra il 1998/2002 (141,2 MtCO2)
e dall’altra una stima delle emissioni che sarebbero state prodotte in ogni anno
del triennio (163,8 MtCO2).
Ai nuovi entranti è stata riconosciuta una riserva differenziata per settori e
l’impegno ad acquistare nuove quote sul mercato nel caso quelle previste si
fossero rivelate insufficienti; non è stata specificata la quantità di Kyoto
units a cui si può ricorrere.
Secondo i dati pubblicati alla fine del primo periodo, le emissioni sono state
ridotte del 6,9% rispetto al dato storico e del 19,8% rispetto alle previsioni,
indicando una buona performance del sistema imprese. L’allocazione è stata
superiore alle emissioni storiche di riferimento anche se inferiore allo
scenario previsto. In questo modo, la posizione della Francia è risultata lunga,
ovvero le imprese hanno ricevuto più quote di quanto effettivamente emesso, pur
considerando un miglioramento di efficienza del sistema.
Slovenia
Nel piano Sloveno le quote assegnate per il primo periodo ammontano a 26.329.969
MtCo2
suddivise nei tre anni di funzionamento. I criteri seguiti per l’assegnazione ai
diversi settori sono quelli delle emissioni previste e del potenziale di
abbattimento; per il settore energetico è previsto il tasso di riduzione
maggiore, è pari a 18.431.017 MtCO2
contro i 7.698.679 MtCO2
del settore industriale. I criteri di assegnazione seguiti sono: per il 2005,
emissioni storiche dei singoli impianti; per il 2006, media delle quote allocate
per il 2005 ed il 2007; per il 2007, si tiene conto del fattore di riduzione
settoriale. Per i nuovi entranti è prevista una riserva pari a 0.2 MtCO2
per l’intero periodo che si è assegnata secondo il criterio del “ first come,
first served”; il riconoscimento delle azioni precoci, invece, non è considerato
in maniera esplicita e non è previsto il ricorso ai meccanismi flessibili di
Kyoto. I criteri di assegnazione ai singoli impianti seguono, per il settore
industriale, un meccanismo che combina le emissioni storiche ed il
benchmarking; per il settore energetico si è tenuto conto delle emissioni
previste.
Irlanda
La quantità di quote assegnate è stata pari a 67 MtCO2 nei tre anni, a fronte di
un obiettivo di riduzione del 2%; il criterio seguito è stato quello delle
emissioni storiche sia per i settori che per i singoli impianti. Lo 0,75% delle
quote più quelle restanti dalle riserve non utilizzate sono allocate tramite
asta; le riserve per i nuovi entranti sono, invece, assegnate gratuitamente.
Austria
In questo paese l’allocazione è avvenuta sottraendo alle emissioni previste la
somma delle riduzioni per ciascun settore. Le riduzioni previste ammontavano a
1,65 MtCO2 nei tre anni, pari al 50% del potenziale di riduzione al 2010. Al
settore energetico sono state assegnate quote pari a 12,52 MtCO2, mentre
all’industria 20,67 MtCO2; nell’allocazione è compresa la quota di riserva per i
nuovi entranti, pari al 1% delle quote. I criteri di assegnazione adottati per i
singoli impianti sono quelli delle emissioni storiche, di quelle previste e del
potenziale di riduzione in base al tipo di impianto.
Danimarca
Il piano danese prevede l’allocazione del 5% delle quote tramite un’asta, aperta
a tutti gli operatori nazionali ed internazionali, non solo agli impianti
sottoposti alla direttiva EU-ETS. I criteri di assegnazione seguiti sono stati
gli stessi sia per i settori che per i singoli impianti: per il settore
elettrico, a cui sono state attribuite 21,7 MtCO2 all’anno, si è seguito quello
della produzione storica; per il calore quello delle emissioni storiche; per le
altre industrie, 9,2 MtCO2 all’anno, quello delle emissioni storiche. Per i
nuovi entranti è stata prevista una riserva pari a 1 MtCO2 l’anno con
distribuzione effettuata in base al benchmarking settoriale e non è previsto il
ricorso ai meccanismi flessibili del protocollo di Kyoto.
Regno Unito
Nel Regno Unito, a differenza degli altri Paesi fin qui analizzati, non è stato
utilizzato come criterio di allocazione quello delle emissioni storiche, ma è
stato calcolato un tetto massimo di permessi da assegnare mediante previsioni
relative all’andamento delle emissioni Business as Usual (BaU) per il periodo
2005/2007. Le emissioni annue previste sono risultate in questo modo pari a
261.8 MtCO2.
In base a questa cifra il PNA aveva stabilito un’allocazione media annua pari
245,4 MtCO2
(corrispondenti fra l’altro alla media delle emissioni prodotte fra il
1998/2003), tenendosi quindi al di sotto della previsione (-6%), in modo tale
che le imprese nazionali fossero sollecitate a ridurre le proprie emissioni
future senza discostarsi dalle emissioni passate. La situazione è stata però
modificata a seguito di una correzione governativa che ha deciso di abbassare
ulteriormente il totale delle quote allocate per il triennio (628,08 MtCO2)
stabilendo un’allocazione media annua pari a circa 209 MtCO2.
Non è stato previsto il ricorso alle Kyoto Units e ai nuovi entranti è stata
assegnata una riserva pari al 7,7% del totale delle emissioni.
L’allocazione effettiva per il 2005, così come riportato nel registro, è pari a
206 MtCO2, mentre le emissioni prodotte sono 237 MtCO2. In base ai dati di
registro, la riduzione delle emissioni è stata del 9,3% rispetto alle previsioni
e del 3,1% rispetto al dato storico; questo è indice di una buona performance
del sistema in termini di contenimento delle emissioni. Tuttavia, la definizione
di un Cap molto stringente da parte del governo, pari ad una riduzione delle
emissioni sul dato previsto del 21%, ha determinato una posizione corta delle
imprese superiore a 31 MtCO2, la cifra più elevata fra tutti i Paesi che hanno
superato il tetto massimo consentito.
Spagna
Secondo i dati forniti dal registro, in questo paese sono state allocate nel
2005 circa 171,9 MtCO2
mentre ne sono state prodotte 181,1 MtCO2
superando del 5,3% il tetto massimo stabilito. Per determinare la quantità di
quote da allocare, sia per i settori che per i singoli impianti, per il periodo
2005–2007, sono state considerate sia le emissioni storiche, in particolare la
media delle emissioni prodotte fra il 2000 e il 2002 (un valore di 164,3 MtCO2),
sia le previsioni relative al fabbisogno settoriale di quote per ogni anno del
triennio (181.6 MtCO2).
Le emissioni verificate hanno confermato i valori delle previsioni, confermando
una scarsa efficacia del sistema nel breve periodo a modificare la performance
ambientale delle imprese. Rispetto alle emissioni storiche, infatti, la Spagna
nel 2005 ha aumentato le proprie emissioni del 10,2%, nonostante un tetto
allocato inferiore alle previsioni di circa 10MtCO2.
La Spagna ha assegnato quote superiori al periodo storico di riferimento ma in
misura inferiore alle previsioni: in questo modo le imprese, che non hanno
modificato un comportamento BaU, hanno dovuto colmare il deficit di allocazione
ricorrendo al mercato delle EUAs.
Nella tabella 7 sono riportati i dati elaborati dalla Commissione europea sulle
emissioni del 2005 che sono stati pubblicati nel maggio 2006. Questo permette di
fare una panoramica sulla situazione dei Paesi sottoposti all’obbligo dell’emission
trading. I dati che destano maggiore interesse, oltre al numero degli impianti
coinvolti, riportati nella quinta colonna, sono i permessi assegnati a impianti
esistenti all’avvio dell’ETS, riportati nella settima colonna e i permessi non
assegnati ad impianti esistenti ma accantonati per i nuovi entranti o per
eventuali aste, riportati nell’ultima colonna. Alcuni campi sono vuoti a causa
di problemi tecnici nel funzionamento del CITL perciò le informazioni sui
permessi risultano incomplete e non affidabili.
Tabella 7 – Dati della Commissione Europea sulle emissioni ETS 2005
Paesi membri |
Emissioni CO2 nel 2005 |
Impianti che non hanno inviato i dati |
Impianti con verifica emission i |
Impianti monitorati |
Impianti non in regola al 30 aprile |
Allocazione media annuale 2005- 2007 |
Allocazione media annuale non assegnata |
Austria |
33.372.841 |
0 |
100% |
199 |
0 |
32.674.905 |
330.050 |
Belgio |
55.354.096 |
2 |
99.9% |
309 |
2 |
59.853.575 |
2.545.876 |
Repubblica Ceca |
82.453.727 |
39 |
98,4% |
389 |
4 |
96.907.832 |
348.020 |
Danimarca |
26.090.910 |
2 |
98,9% |
380 |
4 |
31.039.318 |
2.460.382 |
Estonia |
12.621.824 |
0 |
100% |
43 |
1 |
18.763.471 |
189.529 |
Finlandia |
33.072.638 |
10 |
100% |
578 |
19 |
44.587.032 |
862.952 |
Francia |
131.147.905 |
17 |
99,7% |
|
1075 |
150.500.685 |
4.871.317 |
Germania |
473.715.872 |
13 |
99,8% |
1872 |
90 |
495.073.574 |
3.926.426 |
Grecia |
71.033.794 |
28 |
99,5% |
141 |
29 |
71.135.034 |
3.286.839 |
Ungheria |
25.714.574 |
13 |
99% |
229 |
19 |
30.236.166 |
1.424.738 |
Irlanda |
22.397.678 |
0 |
100% |
109 |
19.328.190 |
3.081.180 |
|
Italia |
215.415.641 |
208 |
95,4% |
943 |
647 |
207.518.860 |
15.551.575 |
Estonia |
2.854.824 |
1 |
99,9% |
92 |
1 |
4.054.431 |
505.760 |
Lituania |
6.603.869 |
2 |
99,9% |
93 |
4 |
11.468.181 |
797.213 |
Olanda |
80.351.292 |
0 |
100% |
209 |
0 |
86.439.031 |
2.503.305 |
Portogallo |
36.413.004 |
1 |
99,9% |
243 |
2 |
36.898.516 |
1.262.898 |
Repubblica Slovacca |
25.237.739 |
0 |
100% |
175 |
|
30.364.848 |
7.180 |
Slovenia |
8.720.550 |
0 |
100% |
98 |
0 |
8.691.990 |
66.667 |
Spagna |
181.063.141 |
|
99,1% |
800 |
|
162.111.391 |
13.162.130 |
Svezia |
19.306.761 |
29 |
99,4% |
705 |
31 |
22.530.831 |
678.149 |
Regno Unito |
242.396.039 |
15 |
99,9% |
768 |
16 |
209.387.854 |
15.527.484 |
Totale |
1.785.337.819 |
|
99,1% |
9.420 |
|
1.829.476.015 |
73.389.670 |
Fonte: CITL; Unione europea
Nella tabella 8 sono riportati i dati, parziali, riguardanti la restituzione
delle quote da parte delle aziende italiane. La differenza tra emissioni e
allocazioni presenta il segno negativo; la maggior parte delle aziende
sottoposte all’obbligo della direttiva operano nel settore della combustione che
è quello che riporta il deficit maggiore (8,6 MtCO2)
insieme ai cementifici (-1,41 MtCO2).
Le imprese degli altri settori mostrano, invece, un surplus di quote. Tra gli
strumenti a disposizione delle aziende per valutare tra strategie di riduzione
di emissioni di CO2
rispetto all’uso dei diversi meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di
Kyoto si possono usare le curve di costo marginale di abbattimento delle
emissioni (CCMA). Queste sono infatti uno strumento fondamentale per misurare
l’impatto del Protocollo di Kyoto sul sistema di trading basato sul modello di
“cap and trade”. Le CCMA rappresentano il costo di riduzione di una tonnellata
di CO2
utilizzando diversi metodi di abbattimento (in questo caso si parla di
tecnologie industriali) confrontata con la quantità totale di riduzione che
quella opzione determina. La curva dei costi marginali di abbattimento evidenzia
il totale dei costi di riduzione di una tonnellata di CO2
abbattuta o evitata. Mettendo a confronto la necessità totale di crediti di
emissione e l’offerta disponibile sul mercato può essere verosimilmente
determinato il costo della CO2.
Tabella 8 – Bilancio delle emissioni di gas serra in Italia nel 2005
Combustione | Ceramica | Cementifici | Raffinerie | Acciaierie | Carta | Vetro | Totale | |
Installazioni | 550 | 35 | 82 | 20 | 43 | 163 | 55 | 948 |
Installazioni (%) | 58,02 | 3,69 | 8,65 | 2,11 | 4,54 | 17,19 | 5,80 | |
Allocazione (ton) | 136.152.137 | 736.455 | 28.855.771 | 27.304.950 | 14.825.969 | 4.899.076 | 2.964.351 | 215.738.709 |
Allocazione (%) | 63,11 | 0,34 | 13,38 | 12,66 | 6,87 | 2,27 | 1,37 | |
Emissioni (ton) | 144.825.562 | 565.075 | 30.269.145 | 26.078.536 | 13.827.865 | 4.742.710 | 2.850.770 | 223.159.664 |
Emissioni (%) | 64,90 | 0,25 | 13,56 | 11,69 | 6,20 | 2,13 | 1,28 | |
Differenza (ton) | -8.673.425 | 171.379 | -1.413.374 | 1.226.414 | 996.104 | 156.366 | 113.581 | -7.420.955 |
Fonte:: Carbon Capital Markets.
Confrontando i dati riportati nelle due precedenti tabelle emerge che, rispetto
agli altri paesi europei, il deficit italiano è inferiore a quello della Gran
Bretagna, che si trova in difetto di 27 MtCO2
e della Spagna (11 MtCO2);
mentre è superiore a quello di Irlanda e Austria. Gli altri paesi registrano, al
contrario, un surplus quantificabile, per tutta l’Unione europea, in 67 MtCO2;
i casi più indicativi sono quelli di Germania, che presenta un’eccedenza di
circa 25 MtCO2;
della Francia, 19 MtonCO2
e della Finlandia con 12,5 MtCO2.
Gli scambi
L’esperienza del primo anno di funzionamento dei mercati della CO2
ha portato alla creazione di un mercato delle emissioni globale, che utilizza
gli strumenti tipici dei mercati finanziari. L’ulteriore sviluppo dei mercati
spot e di altri strumenti di risk management hanno permesso al mercato di
svilupparsi e di collocarsi a fianco degli altri mercati già maturi.
La presenza degli intermediari è utile allo sviluppo del mercato, essi
permettono di superare gli ostacoli dovuti alla presenza di numerosi
partecipanti provenienti da paesi diversi dove vigono differenti normative
fiscali e finanziarie.
Per l’attività di trading all’interno dell’EU-ETS ci si può rivolgere, infatti,
a diversi soggetti; oltre che alle borse europee delle emissioni, si può
ricorrere ad un trader o ad un broker, oppure trattare la compravendita di quote
direttamente con un altro impianto. I diversi operatori garantiscono
flessibilità nelle operazioni di compravendita o forniscono consulenze per la
realizzazione di progetti di riduzione delle emissioni. Questo permette alle
aziende di considerare l’anidride carbonica parte integrante della gestione e il
prezzo dei permessi un costo opportunità che influenza direttamente i costi di
produzione delle imprese sottoposte alla direttiva e indirettamente quelli delle
altre imprese, ad esempio attraverso il prezzo dell’ energia elettrica.
Chi ricorre ad un trader può effettuare operazioni sia per grandi volumi che per
modeste dimensioni, con un trattamento personalizzato e privo di commissioni. I
trader, generalmente, eseguono qualsiasi tipo di operazione, poiché hanno a
disposizione sia un volume proprio di permessi (acquistati o ottenuti tramite
progetti CDM) sia un’attività di scambio con le Borse e con gli altri operatori
del sistema. Alcune società di trading offrono ai propri clienti un accesso
diretto alle Borse, in modo che anche i soggetti più piccoli vi possano operare
senza gli oneri dell’apertura di un conto presso la Borsa.
I broker, al contrario, non hanno disponibilità proprie di permessi, ma operano
come intermediari tra un’azienda che vuole vendere e una che vuole comprare,
trattando il prezzo e le condizioni contrattuali per conto di ciascuna parte. Il
broker ha, tra le sue principali competenze, una buona conoscenza del mercato e
un gran numero di contatti e può cercare di soddisfare al meglio le esigenze dei
clienti. Gli svantaggi, di contro, sono le commissioni praticate su ogni
transazione e le difficoltà tipiche di ogni intermediazione; l’operazione è
spesso soggetta a contratto che deve essere stipulato con ciascuna parte terza
contattata dal broker.
Lo scambio diretto di permessi con un’altra azienda del sistema di emission
trading, invece, ha il vantaggio di non avere commissioni e di poter essere
concordato in modo diretto, ma occorre una valutazione molto più attenta in modo
da poter fissare un prezzo equo per entrambe le parti.
Per chi decide di eseguire le operazioni in Borsa, i vantaggi risiedono nella
liquidità di queste “piattaforme di scambio”, dal momento che qui si trovano
numerosi soggetti desiderosi di effettuare scambi in tempi rapidi. Occorre
tuttavia considerare che la partecipazione alla Borsa comporta l’apertura di un
conto e quindi il possesso di precisi requisiti, il pagamento di una quota
d’iscrizione e di una commissione per ogni operazione effettuata. Inoltre, i
permessi vengono generalmente scambiati in lotti minimi (di solito 5.000 MtCO2),
con la conseguenza che i soggetti minori potrebbero incontrare difficoltà a
vendere o comprare volumi più modesti.
Il mercato delle quote è composto da due prezzi, quello più basso al quale il
venditore è disposto a vendere e quello più alto al quale l’acquirente è
disposto a comprare. Il prezzo di acquisto viene chiamato “offerta di acquisto”,
quello di vendita “offerta di vendita”; la differenza tra i due prezzi è detta “spread”.
Tempi di consegna diversi attraggono “spread” e prezzi diversi: chi desidera
acquistare o vendere con consegna nel 2010 troverà uno spread molto ampio; gli
acquirenti o venditori con consegna nel 2006 incontreranno invece uno spread più
ristretto. Anche volumi diversi attraggono spread diversi: i volumi molto
piccoli o molto grandi avranno gli “spread” più ampi, quelli standard avranno
gli “spread” più ristretti. Ciò è dato dalla minore liquidità del mercato e
dalla minore presenza di acquirenti e venditori rispetto a volumi non standard.
Il prezzo della CO2
dipende da diversi elementi: la politica dell’UE e quella degli Stati nazionali
con cui sono stati stabiliti i limiti delle emissioni; i fondamentali di
mercato; la differenza tra emissioni che si registrano negli impianti
interessati e la quantità di permessi allocata gratuitamente (Cap); la
psicologia degli operatori; le scelte delle imprese e i crediti provenienti da
investimenti effettuati in progetti di CDM o JI. Tra i fondamentali di mercato
si possono considerare: l’andamento meteorologico, i prezzi dei combustibili, la
crescita economica e la diffusione di nuove tecnologie.
Uno degli elementi determinanti nella formazione del prezzo della CO2
è la quantità delle emissioni, che è legata ad almeno altri tre fattori: il mix
di combustibili; il livello di produzione e la possibilità di abbattimento delle
emissioni. Il primo fattore riguarda il mix di combustibili usato per produrre
energia, che è alla base delle emissioni; preferire combustibili fossili, come
il carbone, porta ad un maggiore livello delle emissioni rispetto all’impiego
dell’idroelettrico e del nucleare. Il mix dipende dal prezzo dei combustibili,
soprattutto dal rapporto tra prezzo del gas e prezzo del carbone, che
ultimamente sono in forte concorrenza. In futuro si prevede che i prezzi dei
combustibili siano influenzati da quelli della CO2,
se il prezzo dei permessi aumenta si dovrebbero preferire combustibili più
puliti. Non si possono escludere, che in presenza di prezzi delle quote molto
elevati nel lungo periodo, effetti di ribasso sul prezzo delle rinnovabili a
ragione di una crescita della domanda che, espandendo la scala della produzione,
genera in una prima fase rendimenti crescenti ed economie di apprendimento.
Il livello della produzione, invece, è legato a quello della domanda che a sua
volta dipende, oltre che dai prezzi dell’elettricità, dalla crescita economica e
dalle condizioni meteorologiche. La crescita economica comporta una maggiore
domanda di beni e servizi, aumentando il livello di produzione e, di
conseguenza, il livello delle emissioni. D’altra parte il vento, le
precipitazioni e le temperature hanno un forte impatto sulle emissioni del
settore elettrico. Nella figura 1 è mostrato l’andamento dei prezzi dei permessi
di allocazione confrontato con l’andamento dei prezzi dei combustibili collegati
all’andamento delle temperature e delle precipitazioni nel periodo
febbraio/novembre 2005. Si nota come il mercato risenta dell’andamento dei
fondamentali, la distanza è di 0.92 punti complessivi durante l’anno e questo è
un ulteriore segnale di come il mercato funzioni e che il prezzo non è fissato
in maniera arbitraria.
Le temperature invernali ed estive, ad esempio, determinano la domanda di
energia per il riscaldamento o il condizionamento, mentre il vento e le
precipitazioni influenzano la disponibilità di energia eolica e idroelettrica.
Per quanto riguarda le possibilità di abbattimento delle emissioni, esistono
diverse soluzioni tecnologiche, dal passaggio a fonti a basso contenuto di
carbonio (dal carbone al gas oppure, nel lungo periodo, alle rinnovabili) al
sequestro e allo stoccaggio della CO2.
La convenienza ad adottare o meno tali opzioni dipende dal confronto tra il
costo marginale di abbattimento e il prezzo di mercato della CO2.
Figura 1. Prezzi dei permessi di
allocazione confrontati con i prezzi dei carburanti correlati all’andamento
meteorologico
Fonte: Point Carbon 2006
La struttura delle piattaforme di scambio è direttamente collegata al processo
di formazione dei prezzi dell’anidride carbonica. Per capire il loro
funzionamento è utile analizzare: l’andamento dei prezzi, la loro volatilità, i
volumi scambiati, le piattaforme di scambio e le caratteristiche dei
partecipanti al mercato.
Andamento dei prezzi
I dati riportati in figura 2 mostrano l’andamento e l’evoluzione generale dei
prezzi. I primi scambi di emissioni sono avvenuti nel 2003, in quel periodo il
prezzo è passato da 6 a 12 euro, restando a quei livelli fino al maggio 2004,
quando è sceso a 7 € circa. Il prezzo è rimasto stabile fino all’inizio del
2005, quando si è verificata una crescita che ha registrato il valore massimo
nel maggio del 2005, toccando quota 30€. L’aumento dei prezzi si può attribuire
a diversi fattori: le decisioni politiche prese riguardo i PNA; l’incertezza
sulla politica ambientale dei diversi Stati; l’aumento dei prezzi dei
combustibili; il clima freddo nel periodo invernale e l’assenza di fornitori nel
mercato. Alla fine di luglio 2005 i prezzi sono nuovamente scesi in seguito alla
diminuzione del prezzo del gas e all’ingresso della Repubblica Ceca nel mercato20.
All’inizio del 2006 i prezzi sono saliti a 25 € per effetto dell’aumento dei
prezzi del gas determinati dall’inverno rigido, sono rimasti stabili per alcuni
mesi per risalire fino a quota 30 € nel mese di aprile guidati dall’andamento
crescente dei prezzi dei carburanti. In seguito alla pubblicazione dei primi
dati sulle emissioni 2005 i prezzi sono scesi a un livello pari alla metà del
valore che avevano raggiunto in precedenza. Alcuni paesi, tra cui Olanda,
Francia e Spagna, hanno dichiarato che il livello delle loro emissioni era
inferiore al numero di permessi assegnati nei rispettivi PNA. Molti paesi,
secondo quanto riportato nella tab. 7, hanno, infatti, dimostrato di possedere
un’elevata eccedenza di quote. L’andamento dei prezzi è determinato, comunque,
da un insieme di cause che non deve essere ricondotto unicamente agli eventi
collegati alla pubblicazione anticipata dei dati sulle emissioni.
Dopo la caduta dei prezzi del mese di aprile, infatti, il prezzo dei permessi ha
ripreso a salire perché alcuni membri del mercato hanno continuato a operarvi
normalmente cercando di proteggersi dall’instabilità dei prezzi dell’energia ma
anche perché diverse aziende non hanno iniziato a vendere il loro surplus di
quote.
Figura 2. Andamento dei prezzi
degli EUA
Fonte: REUTERS 2006.
Figura 3: Prezzi Spot e Forward
nel mercato OTC 2006
Fonte: elaborazione su dati Point Carbon
Volatilità
La volatilità dei prezzi misura la fluttuazione dei prezzi in un determinato
periodo. Nel mercato degli EUAs è stata molto alta sia per l’andamento dei
fondamentali sia per motivi tecnici collegati all’aspetto normativo.
L’andamento della volatilità, calcolata giornalmente sulla base dei prezzi dei
30 giorni precedenti, è mostrato nella figura 4, dove si nota come il 2004 sia
stato un periodo stabile, mentre nel 2005 è stata più forte nel periodo estivo
rispetto a quello invernale, fino a raggiungere livelli superiori al 205% nella
primavera del 2006.
Figura 4: Volatilità prezzo EUA
nel periodo maggio 2004 – maggio 2006
Fonte: Point Carbon 2006.
Volume degli scambi
Già prima dell’inizio ufficiale del sistema EU-ETS alcune imprese si erano
preparate agli scambi di quote tramite contratti forward, cosi nel 2003 sono
state scambiate 650.000 TCO2,
gli scambi si sono intensificati fino a raggiungere le 262 MtCO2 nel 2005, con
un valore pari a 5,4 miliardi di €, mentre nei primi sei mesi del 2006 sono
state scambiate 203 MtCO2, con un valore di 6.6 miliardi di €. La maggior parte
degli scambi, circa il 60%, sono effettuati tramite brokers, il ruolo delle
piattaforme di scambio è in crescita mentre il resto degli scambi avvengono
tramite contratti bilaterali fra le aziende.
Nella figura 5 è rappresentato il volume settimanale degli scambi e del mercato
Over-the- Counter (OTC) dalla 14ma settimana del 2005 alla 16ma del 2006. Il
volume è aumentato costantemente dalla primavera del 2005, fino a raggiungere il
livello massimo nella primavera del 2006, periodo che coincide con il massimo
valore di volatilità dei prezzi. Tra il 2005 e il 2006 si è avuto un calo a
causa sia del fatto che i permessi scambiati non erano riportati nei registri,
sia che i permessi potevano essere trasferiti da un anno all’altro. Gli scambi
di molte imprese sono stati limitati dall’alta volatilità dei prezzi,
dall’incertezza e dall’immaturità del mercato. La crescita dei volumi, infatti,
ha coinciso con lo sviluppo del mercato e ha portato maggiore liquidità fattore
che attira molti operatori e facilita le transazioni.
Figura 5: volume degli scambi nel
mercato OTC
Fonte: Point Carbon 2006.
I mercati Spot hanno realizzato
volumi di scambi inferiori al previsto a causa dei ritardi con cui si sono
presentati i PNA e dei disguidi tecnici nel funzionamento dei registri.
L’elevato numero di scambi nel mercato forward ha portato ad usare il prezzo di
tale mercato come guida nelle scelte di investimento e come strumento
informativo per il pubblico e per i decisori sul costo reale dell’Emission
Trading.
Principali borse europee, prodotti e partecipanti
Le principali piattaforme di scambio europee sono:
- European climate exchange (ECE), con base in Germania;
- European Energy Exchange (EEX), con base in Inghilterra;
- Nord Pool, con base nei paesi scandinavi;
- Powernext, con base in Francia;
- Energy Exchange Austria (EXAA);
- Komodnita Burza Bratislava (KBB);
- Climex Alliance, nato dall’unione di operatori locali tra cui: New Values,
SendeCO2, Amsterdam Power Exchange (APX), the APX Power UK, euets.com e STX
Energy Services.
Prima della partenza dell’ETS gli scambi avvenivano soltanto tramite contratti
forward. Il Nord Pool è stato il primo a partire con l’offerta di contratti
futures standardizzati ed è il secondo mercato più grande con il 5% degli scambi
totali; il mercato più liquido è l’ECX dove avvengono il 90% degli scambi
totali. Il primo mercato ad offrire contratti Spot è stato l’EEX, attualmente il
mercato dei futures riguarda il 95% degli scambi mentre quello spot il 5%.
Considerando che il 60% del mercato forward è in mano ai brokers, si può dedurre
che solo il Nord Pool e l’ECX offrono contratti futures, mentre tutti gli altri
offrono contratti spot.
Tabella 9: Principali borse europee e prodotti scambiati
Borsa |
Data d’inizio |
Prodotti |
Nord Pool |
11.02.2005 |
Futures, scadenza a Dicembre 05-07 |
EEX |
09.03.2005 |
Spot |
ECX |
22.04.2005 |
Futures, scadenza a
Mar/Giu/Sett/Dic 05-07 |
Climex Alliance |
22.06.2005 |
Spot |
Powernext |
24.06.2005 |
Spot |
EXAA |
28.06.2005 |
Spot |
KBB |
27.12.2005 |
Spot |
Fonte: elaborazione su dati delle borse.
I partecipanti al mercato sono le grandi compagnie, i brokers, le banche e i
fondi d’investimento. I più attivi sono le imprese che operano nel settore
energetico, sia perché hanno grandi quantità di permessi da scambiare, sie
perché sono già esperte nel trading. La partecipazione al mercato è stata
limitata dal non funzionamento dei registri nazionali, la presenza di numerosi
soggetti aumenta la liquidità, la presenza di diverse piattaforme di scambio da
questo punto di vista favorisce lo sviluppo del mercato ma da un altro non è un
elemento positivo perché crea dei mercati decentralizzati.
Conclusioni
In questi ultimi anni ci sono stati grandi progressi nelle politiche dell’Unione
Europea per la riduzione delle emissioni di gas serra. Si è puntato sulla
creazione di un mercato delle quote perché permette di stabilire un livello
predeterminato di emissioni e offre alle aziende uno strumento flessibile per il
raggiungimento dei loro obiettivi, possono scegliere, infatti, se ridurre le
loro emissioni o se comprare i permessi da altre aziende. Il vantaggio delle
creazione dei mercati rispetto ad altri strumenti risiede nel fatto che
garantiscono una relativa redditività, le emissioni sono ridotte solo se
l’operazione si dimostra economicamente conveniente.
Nel primo periodo di funzionamento il mercato dei permessi si è sviluppato: sono
aumentati i volumi scambiati, i partecipanti al mercato e la conoscenza del
sistema ETS e quest’ultimo ha influenzato direttamente i processi decisionali
delle aziende coinvolte e indirettamente quelli delle aziende che ne usano i
prodotti. La presenza di piattaforme di scambio in diversi paesi europei
dimostra anche l’interesse degli operatori finanziari per il settore,
permettendo quindi una diffusione degli scambi. Si deve cercare di impedire che
si creino troppi mercati decentralizzati che circoscrivano le operazioni a
regioni limitate, perché, con la fase operativa del protocollo di Kyoto, si
punta a realizzare un mercato globale che coinvolga tutti i paesi interessati,
abbandonando in questo modo la logica del singolo impianto.
Il sistema ha dimostrato sia di essere efficiente sia di funzionare ed essere
operativo, tenendo conto che la direttiva, con cui è stato creato il sistema di
“cap and trade”, è stata realizzata e messa a punto in poco tempo. Lo
schema prevedeva per gli stati membri di sottoporre alla Commissione la
valutazione dei PNA secondo precise scadenze ed in tempi ristretti, per
permettere l’effettiva partenza dei mercati a gennaio 2005. Prima della partenza
ufficiale dei mercati sono iniziati gli scambi forward, anche se con volumi
limitati. La realizzazione, in un secondo tempo, dei registri nazionali ha
facilitato lo sviluppo dei mercati spot, che hanno registrato una liquidità in
costante crescita.
Per assicurare maggiore credibilità al sistema si dovrebbe intervenire sui
diversi fronti d’azione del sistema. Innanzi tutto, la Commissione dovrebbe
richiedere maggiore coerenza dei PNA con la direttiva, in modo da impedire,
nella fase II, che coincide con la fase operativa del protocollo di Kyoto, un
crollo dei prezzi come avvenuto nei mesi scorsi. Non c’è stato coordinamento
nella diffusione delle informazioni riguardanti la restituzione delle quote e
questo deve essere migliorato perchè un mercato efficiente ha bisogno delle
informazioni non di voci.
I PNA hanno mostrato, nella prima fase che si è appena conclusa, la loro
importanza strategica nella riuscita del mercato. Allocazioni troppo generose
possono danneggiare il mercato e impedire la realizzazione degli obiettivi della
direttiva. In seguito bisognerebbe preoccuparsi di allargare il sistema in modo
da comprendere altri settori e altri gas, per poter ridurre le distanze tra gli
obiettivi generali di riduzione dei gas serra e quelli dell’EU-ETS. Questo
richiederebbe uno sforzo notevole da parte delle aziende per rispettare gli
obblighi imposti: il ricorso ai meccanismi flessibili di Kyoto permetterebbe di
impedire che l’obiettivo delle riduzioni abbia una connotazione meramente
finanziaria, ossia l’acquisto delle quote dai paesi dove le allocazioni sono
state più “generose” o sono stati imposti limiti meno stringenti all’utilizzo
delle quote. Si arriverebbe, in ogni caso, alla situazione in cui la maggior
parte delle azioni per la riduzione delle emissioni avverrebbe in paesi terzi.,
nonostante la disponibilità di quote in eccesso debba dipendere dai differenti
costi marginali di abbattimento. L’allargamento del sistema permetterebbe di
armonizzare le regole di allocazione per la fase III, a cui l’Unione europea sta
già pensando.
__________________________
* laura.monni@unibocconi.it
1 Fonte:
documento introduttivo direttiva 2003/87/CE.
2 Fonte: Elaborazione direttiva 2003/87/CE.
3 CERs: Certified Emission Reductions; Unità delle riduzioni
certificate.
4 ERUs: Emission Reduction Units; Unità delle riduzioni ottenute
con attuazione congiunta.
5 EEAs: European Emission Allowances; permessi di emissione
europei.
6 Fonte: Commissione Europea “Orientamenti complementari sui
piani nazionali di assegnazione per il periodo di scambio 2008-2012 nell’ambito
del sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE”.
7 Fonte: PNA 2005/2007.
8 Fonte: PNA nazionale 2005/2007.
9 Fonte: Schema di Piano Nazionale d’Assegnazione, periodo
2008-2012; elaborato ai sensi dell’articolo 8, comma 2 del D.lgs. 4 aprile 2006,
n. 216.
10 Fonte: Manuale istruzioni Registro Nazionale delle Quote –
Apat.
11 CITL: Community Independent Transaction Log: registro
europeo delle emissioni.
12 Fonte: Regolamento (CE) n. 2216/04 della Commissione del
21/12/04, relativo ad un sistema standardizzato e sicuro di registri a norma
della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
13 CDC: Caisse des Dépôts et Consignations.
14 DEFRA: Department for Environment, Food and Rural Affaire.
15 GRETA: Greenhouse gas Registry for Emissions Trading
Arrangements.
16 Contratto SPOT: contratto per la compravendita immediata di
EUAs ad un determinato prezzo.
17 Contratti FORWARD: contratto con cui gli operatori si
impegnano a comprare / vendere un determinato numero di EUAs ad un dato prezzo
con scadenza futura (dicembre o marzo di ogni anno).
18 Fonte: D.lgs. n. 216 del 04/04/2006: recepimento
nell’ordinamento nazionale delle direttiva europee 2003/87/CE e 2004/101/CE.
19 Fonte: Piani nazionali di allocazione approvati dalla
Commissione europea;
http://ec.europa.eu/environment/climat/emission_plans.htm.
20 Fonte: Point Carbon 2006.
Pubblicato su www.ambientediritto.it il 10/12/2006