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Il Ripristino Ambientale delle discariche: aspetti e problematiche connessi alla
rivegetazione della copertura finale
THE ENVIRONMENTAL RESTORATION OF THE LANDFILLS: ASPECTS AND PROBLEMATICS
CONNECTED WITH THE FINAL CAPPING RIVEGETATION*
Francesco Russo°, Rocco Pandolfo°, Salvatore Masi°
Summary
The environmental insertion of a site for wastes disposal is, for a long
time, one of the most delicate aspect for completing the phase of “site
restitution to the environment.” The “bad fame”, which enjoys the same concept
of landfill, is tied up to the difficulty with which the select zone returns to
be reusable by the citizens, with results often not satisfactory.
The choice of the possible reuses of the disposal site is ample more and more,
but every of the potential uses ask for a suitable planning of the processes of
design, management and closing that immediately keep in mind from of the typical
phenomena of the post closing, like settlings and leachate and landfill gas
management. Particularly, in Basilicata (Italy) we, generally, choose the
environmental rebuilding to preserve the landscape in which the landfills are
inserted.
The environmental insertion is, generally, realized through a rivegetation of
the final coverage; the choice of the crops is very ample and has to be effected
with careful. Different problems are met, which are tied up to the taking root
of the vegetation (technical aspect) and to the necessity to give a sense of
nature, verifying, for example, what are the local essences useful for the
rivegetation.
Sommario
Il problema del reinserimento di un sito per lo smaltimento dei rifiuti
nell’ambiente è, da sempre, uno dei più delicati da affrontare per completare la
fase di “restituzione del sito all’ambiente”. La “cattiva fama”, di cui gode il
concetto stesso di discarica, è in gran parte legata proprio alla difficoltà con
cui la zona prescelta può tornare a disposizione della collettività, con
risultati spesso non soddisfacenti.
La scelta dei possibili riutilizzi del sito di smaltimento è sempre più ampia,
ma ciascuno dei potenziali usi richiede un’adeguata pianificazione dei processi
di progettazione, gestione e chiusura che tengano conto da subito dei fenomeni
tipici della post chiusura, quali assestamenti, gestione del percolato e del
biogas. In particolare, in Basilicata si tende a scegliere la ricomposizione
ambientale, con lo scopo di preservare il paesaggio in cui le discariche sono
inserite.
Generalmente, il reinserimento ambientale è attuato tramite una rivegetazione
della copertura finale; la scelta delle colture è molto ampia e deve essere
compiuta con attenzione. Infatti, generalmente, si incontrano diversi problemi
sia legati all’attecchimento della vegetazione, e quindi squisitamente tecnici,
sia legati all’esigenza di conferire un senso di naturale, verificando, ad
esempio, quali siano le essenze autoctone utilizzabili.
Introduzione
La normativa italiana vigente, relativa ai criteri costruttivi delle
discariche cita testualmente:
“[…]La copertura superficiale finale deve essere realizzata mediante una
struttura multistrato costituita, dall’alto verso il basso, almeno dai seguenti
strati:
1. strato superficiale di copertura con spessore pari ad 1 m che favorisca lo
sviluppo delle specie vegetali di copertura ai fini del piano di ripristino
ambientale e fornisca una protezione adeguata contro l’erosione e di proteggere
le barriere sottostanti dalle escursioni termiche […] (DM 36/2003)”
Con il sistema di smaltimento integrato e gerarchizzato adottato dall’Unione
Europea, è diventato sempre più ampio il ventaglio di possibili utilizzi per le
aree contenenti discariche esaurite. Alcuni degli usi che si possibili sono:
• Ricomposizione ambientale (conservazione della natura, creazione o ricreazione
di un habitat, forestazione, parchi);
• Usi agrozootecnici;
• Parchi, aree mussali aperte;
• Ricreazione non attrezzata (per es. percorsi, sentieri, ippica);
• Ricreazione attrezzata (per es. piste sport su due ruote);
• Centri di raccolta e trattamento residui speciali (per es. carcasse di
autoveicoli);
• Impianti di smaltimento rifiuti (per es. stazioni di trasferimento,
compostaggio, termotrattamento).
Ognuno dei potenziali usi richiede un’adeguata pianificazione dei processi di
progettazione, gestione e chiusura che tengano conto da subito dei fenomeni
tipici della post chiusura, quali assestamenti, gestione percolato e biogas. In
particolare, in Basilicata si tende a scegliere la ricomposizione ambientale,
con lo scopo di preservare il paesaggio in cui le discariche sono inserite.
Problemi legati all’attecchimento della vegetazione sulla copertura delle
discariche
Favorire la crescita delle specie vegetali sullo strato di copertura delle
discariche non è un problema di facile risoluzione, in quanto la scelta del
terreno utilizzato dovrebbe tener conto, in generale, anche delle necessità
delle piante che andranno poi a colonizzare la copertura finale della discarica.
I problemi principali che si possono riscontrare sono riconducibili a tre grandi
categorie:
stress idrico;
ancoraggio;
presenza di metano.
Bisogna innanzitutto considerare che il sistema di copertura delle discariche si
compone, dal basso verso l’alto, di uno strato di drenaggio del biogas e di
rottura capillare di 0,5 m composto principalmente da ghiaia con granulometria
compresa fra 16 e 32 mm, di uno strato minerale compattato di 0,5 m o
geosintetico con permeabilità 10-11 m/s, di un ulteriore strato di 0,5 m di
ghiaia per il drenaggio delle acque meteoriche, ed infine di un solo metro di
terreno adibito a supporto per la crescita della vegetazione, di cui la
normativa non specifica la composizione.
Analizzando tale sistema, risulta subito evidente che l’unico apporto idrico per
lo strato di terreno superficiale è costituito dalle precipitazioni, mentre è
del tutto escluso qualsiasi contributo dal sottosuolo per risalita capillare, a
causa della presenza dello strato impermeabile e degli strati drenanti
sottostanti. La conseguenza di ciò è che la vegetazione potrà facilmente
approvvigionarsi d’acqua nei mesi più piovosi, mentre nei mesi estivi non si
avrà alcuna riserva sfruttabile immagazzinata in profondità. Escludendo
l’utilizzo di un sistema di irrigazione che, soprattutto nel caso di discariche
molto estese e poco profonde, implicherebbe dei costi di realizzazione e
manutenzione troppo elevati, la sopravvivenza di eventuali specie sarà legata
alla sola presenza di acqua stoccata nello strato superficiale di terreno,
affidandosi solo alla propria capacità di ritenzione idrica (capacità idrica di
campo).
Figura 1. Schema della stratificazione di una discarica per rifiuti non
pericolosi
Il secondo problema è legato al cosiddetto ancoraggio, ovvero all’estensione
dell’apparato radicale. Un solido apparato radicale, che si estende in
profondità, permette alla pianta di svilupparsi anche in altezza e di vincere la
forza esercitata dal vento. Tuttavia, nel nostro caso, la crescita dell’apparato
radicale è molto limitata, potendo inoltrarsi al massimo per il mezzo metro
dello strato di drenaggio delle acque meteoriche, mentre è assolutamente da
evitare la penetrazione delle radici nello strato impermeabile, che darebbe
origine a fessurazioni e, quindi, infiltrazioni. Con tale limitazione, è
difficile aspettarsi la crescita in questi siti di alberi ad alto fusto, ma si
può al massimo aspirare all’attecchimento di specie arbustive. Inoltre, la
profondità assunta dall’apparato radicale è relazionabile anche alle
disponibilità idriche del terreno: la notevole profondità raggiungibile da
alcune specie giustifica, infatti, la loro capacità di superare senza grossi
danni periodi poco piovosi, purché possano reperire acqua nel sottosuolo. Ciò
impedisce quindi di fare ricorso a quelle specie vegetali che possano resistere
allo stress idrico solo grazie alla possibilità di approfondire il proprio
apparato radicale.
Per ciò che concerne il rischio associato alla presenza di metano, dovuto a
possibili fughe di biogas dal sistema di captazione, esso è legato
essenzialmente alla tossicità di questo gas nei confronti delle piante che
possono assorbirlo attraverso le radici e l’apparato fogliare. Occorrerà quindi
scegliere quelle essenze che meno risentono di tali esalazioni.
Per ottenere una rivegetazione efficace, è necessario dunque non solo scegliere
un terreno con una composizione tale da conseguire un’elevata capacità di
ritenzione idrica e che, nel contempo, costituisca un substrato adeguato alla
crescita vegetale, ma anche delle essenze vegetali che abbiano caratteristiche
tali da permettere loro di vivere in un ambiente considerabile ostile. Inoltre,
è di fondamentale importanza costituire dei campi di prova atti verificare che
le scelte fatte, sia delle specie vegetali sia del terreno da utilizzare come
strato superficiale, siano effettivamente praticabili oppure sia necessario
valutare alternative diverse.
Composizione dello strato di terreno vegetativo
Nella normativa vigente non viene data alcuna indicazione sulla composizione
dello strato di terreno da adibirsi a supporto della vegetazione, lasciando
quindi la scelta al progettista. Questo, se da un lato consente la ricerca della
soluzione ottimale per ogni singolo caso da affrontare, dall’altro non fornisce
delle linee guida che possano indirizzare la valutazione della migliore opzione.
Bisogna, quindi, stabilire quale possa essere la composizione ottimale per
favorire la crescita, della specie prescelta, nelle condizioni sfavorevoli in
cui essa si viene a trovare sulla copertura di una discarica.
Al fine di individuare tale composizione, è opportuno analizzare brevemente le
caratteristiche di alcune tipologie di terreno utili in questa sede, e la loro
propensione ad ospitare organismi vegetali.
Granulometria dei terreni
Dal punto di vista della granulometria si distinguono terreni a
scheletro prevalente, sabbiosi, limosi e argillosi.
Tabella 1 – Caratteristiche delle tipologie di terreni
Tipo di |
Osservazioni |
A scheletro prevalente |
|
Sabbiosi |
|
Limosi |
|
Argillosi |
|
Struttura dei terreni
Oltre alla granulometria, un altro contributo molto importante per
definire il comportamento di un terreno è dato dalla struttura, che rappresenta
il modo e l’intensità in cui le particelle o gli aggregati di particelle si
associano e si dispongono nello spazio. Sotto l’aspetto fisico si deve rilevare
che dal tipo di struttura dipendono i rapporti fra la parte solida, la parte
liquida e quella gassosa del terreno; ne risultano, di conseguenza, influenzate
l’umidità, la temperatura e l’aerazione. Sotto l’aspetto chimico si evidenzia
che una miglior aerazione influenza i processi di ossidazione e di riduzione che
avvengono nel terreno. Ad essi è legata la trasformazione della sostanza
organica e la messa a disposizione di taluni elementi nutritivi. Questi ultimi,
del resto, possono essere assorbiti dalle piante, in modo più o meno agevole a
seconda della disponibilità idrica.
La fauna e la flora del terreno, infine, ivi comprese anche le piante coltivate,
possono trovare nel suolo condizioni di abilità e nutrizione assai diverse, in
funzione proprio dell’influenza della struttura sulle proprietà chimiche e
fisiche sopra ricordate.
È opportuno però aggiungere che non tutti i terreni risentono allo stesso modo
dell’influenza della struttura: alcuni infatti sono molto produttivi solo se
presentano uno strato di aggregazione ottimale, mentre altri si comportano
diversamente. I primi sono certamente più numerosi e rientrano nella vastissima
gamma dei substrati a grana fine. Per essi la formazione di aggregati
strutturali riveste la massima importanza, in quanto permettono la creazione di
un ambiente nel quale esista un equilibrato rapporto tra macro e micropori, dove
la circolazione e l’immagazzinamento di acqua e di aria possano avvenire con
relativa facilità e dove le radici possano espandersi liberamente.
Capacità idrica di campo
Granulometria e struttura del terreno influenzano un terzo fattore molto
importante: la capacità idrica di campo del terreno. Essa è definibile come
l’umidità residua del terreno presente quando l’acqua di percolazione ha
raggiunto una velocità talmente bassa da poter essere trascurata; ovvero
rappresenta l’acqua sfruttabile dalle piante quando cessa qualsiasi forma di
percolazione.
Ai fini della rivegetazione della copertura delle discariche, occorre scegliere
un terreno con granulometria e struttura tale da favorire lo sviluppo delle
piante e che nel contempo abbia un’alta capacità idrica di campo, per poter far
fronte ai periodi di scarsa piovosità.
La soluzione più idonea, in generale, è costituita dalla scelta di un terreno
detto “di medio impasto”, formato da sabbia, limo e argilla in proporzioni tali
che le caratteristiche fisiche e chimico-fisiche delle singole frazioni non
prevalgano l’una sull’altra, ma si completino vicendevolmente. Un substrato del
genere può contenere dal 35 al 55 % di sabbia, dal 25 al 45 % di limo, dal 10 al
25 % di argilla ed una frazione trascurabile di scheletro. In esso la
compattezza dell’argilla e la natura polverulenta del limo sono compensate dalla
incoerenza della sabbia. A seconda delle percentuali delle varie frazioni
granulometriche del terreno, varierà la capacità di campo come mostrato in
tabella.
Tabella 2 – Valori della capacità idrica di campo al variare della
tipologia di terreno
Terreno | Sabbia | Limo | Argilla | C.I.C. |
(%) | (%) | (%) | (% vol.) | |
A | 43 | 41 | 19 | 35 |
B | 70 | 21 | 9 | 19 |
C | 58 | 34 | 8 | 25 |
D | 50 | 31 | 19 | 30 |
Il terreno A, che presenta un contenuto di frazioni a grana fine del 60%,
risulta quello con la più alta capacità idrica di campo, mentre nel terreno B,
dove si ha il 70% di sabbia, come è logico attendersi, si ha una bassa capacità
di ritenzione. Ne scaturisce che un terreno con composizione simile alla A, ben
strutturato (ovvero ben aggregato: ciò lo rende soffice e aerato), potrebbe
essere idoneo allo scopo prefissato.
Scelta delle specie vegetali
Una volta stabilito che è comunque necessario procedere almeno all’inerbimento
della copertura finale delle discariche, ci si pone il problema della scelta
delle piante da impiegare a questo scopo. Una essenza vegetale, per essere
considerata utilizzabile, deve presentare tre caratteristiche principali:
• resistenza a stress idrico;
• apparato radicale superficiale (profondità massima di 1,5 m);
• resistenza alle esalazioni di metano.
Nella tabella seguente sono indicate le piante con le succitate caratteristiche;
da questo elenco vanno poi, ovviamente, selezionate quelle specie che meglio
possono adattarsi al clima del sito, con particolare riguardo, ove possibile, a
quelle autoctone, così come prescritto dalla normativa.
Tabella 3 – Piante ritenute idonee alla rivegetazione delle discariche
Acacia farnesiana |
Colletia |
Lavandula angustifolia (lavanda) |
Acacia saligna |
Convolvulus cneorum |
Leucophyllum fructescens |
Agave |
Cordyline indivisa |
Melia azederach |
Aloe |
Cowania mexicana |
Myrsine africana |
Anthyllis barba-jovis |
Cytisus (ginestra) |
Myrtus |
Anigozanthos ftavidus |
Diospyros kaki |
Olea europea (ulivo) |
Arbutus unedo (corbezzolo) |
Dorycnium hirsutum |
Opunzia |
Artemisia |
Elaeagnus angustifolia |
Phillyrea angustifolia |
Atriplex halimus |
Eucalyptus cinerea |
Pistacia lentiscus (lentisco) |
Baccahris halimifolia |
Ficus carica |
Poncirus trifoliate |
Ballota pseudodictamnus |
Forestiera neo-mexicana |
Punica granatum |
Brachychiton populneus |
Femontodendron californicum |
Robinia pseudoacacia |
Bupleurum fructicosum |
Genista (ginestra) |
Rosa |
Bursaria spinosa |
Grevillea juniperina |
Rosmarinus officialis |
Capparis spinosa |
Grevillea robusta |
Salix caprea |
Carissa grandiflora |
Grevillea rosmarinifolia |
Shepherdia argentea |
Ceratonia siliqua |
Hardenbergia violacea |
Spartium junceum (ginestra) |
Chamelacium uncinatum |
Helichrysum |
Teucrium fructicans |
Chamaerops humilis |
Hesperaloe |
Thymus |
Cistus |
Hippophae rhamnoides |
Ulex europaeus |
Cneorurn tricoccum |
Lagestroemia indica |
Vitex agnus-castus |
Coleonema pulchrum |
|
|
Fra le essenze sopra elencate, alcune si prestano maggiormente ad essere
utilizzate in zone prettamente montuose, come in gran parte è la Basilicata.
Tabella 4 - Caratteristiche delle essenze vegetali utilizzate in zone
montane
Tipo di essenza |
Osservazioni |
Salix caprea
|
Arbusto o alberello collinare e montano che si spinge anche in
pianura, diffuso in tutta Italia, tranne che in Sardegna, e che si
ritrova nelle radure e negli incolti fino a 1.500 m di quota. |
Robinia pseudoacacia
|
Pianta a portamento arbustivo ed arboreo, di non elevate dimensioni.
In Italia la si trova in una fascia altimetrica che va dal livello
del mare fino a più di 1.000 m (oltre 1.500 nel sud). |
Spartium junceum
|
Comunemente detta ginestra, della famiglia delle leguminose, è un
arbusto alto 1-2 m sino a 3-4 m. |
Lavandula angustifolia
|
Comunemente detta lavanda, pianta erbacea con odore forte e
caratteristico. Legnosa alla base, densamente cespugliosa, alta fino
a 70-100 cm. |
In conclusione si può affermare che il reinserimento ambientale di una
discarica, se è tecnicamente possibile, per assicurare i migliori risultati deve
essere previsto già in sede progettuale. In particolare, la scelta del terreno
che il progettista sceglie impiegare per implementare il sistema di copertura
finale, deve tener conto delle caratteristiche climatiche del sito e delle
esigenze delle essenze vegetali prescelte, così da creare da subito le migliori
condizioni per una buona riuscita del ripristino ambientale dell’area.
Bibliografia
[1] K.E. Lorber: “A novel approach for the redevelopment of old
landfill sites” International Solid Waste Association (ISWA) World
Environment Congress and Exhibition, Rome 17 – 21 october 2004;
[2] R.B. Wallace, C.M. Urlich: “Closure of landfills: future land use”,
atti del convegno Sardinia ’95, vol. III; S. Margherita di Pula (CA), 1995;
[3] T. Gomiscek, P. Lechner e P. Liebhard: “Revegetation of closed landfills
on diverse refuse substrate with fuel plant“, atti del convegno Sardinia
’99, vol. IV; S. Margherita di Pula (CA), 1999;
[4] E. de Fraja Frangipane, G. Andreottola, F. Tatàno: “Terreni contaminati –
Identificazione, Normative, Indagini, Trattamento”, C.I.P.A. editore;
[5] M. Manassero: “Sistemi di copertura finale a confronto”, seminario di
aggiornamento professionale “Messa in sicurezza e bonifica di vecchie
discariche”, Roma 15 giugno 2004;
[6] L. Giardini: “Agronomia generale ambientale e aziendale”, Patron
editore, Bologna, 1992, pagg 71-91;
________________________
* Referring: -: frusso@unibas.it
° Department of
Engineering and Physics of the Environment - University of Basilicata
Campus Macchia Romana – via dell’Ateneo Lucano 10, 85100 Potenza (Italy)