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Qualità locale e qualità globale*


Federico M. Butera**

 

 

Non c’è dubbio: grazie ai combustibili fossili stiamo molto meglio, ma consumiamo troppo ed emettiamo troppa anidride carbonica nell’atmosfera. Né ci sono segni di inversione di questa tendenza; al contrario, ci sono segni di ulteriore crescita dei consumi domestici, a parità di comfort.


Da uno studio svolto in Norvegia è emerso che, se in una abitazione vive una sola persona, il consumo procapite è una volta e mezza di quello che si ha se le persone sono due e il doppio rispetto al caso in cui le persone sono tre o quattro. E il numero di appartamenti abitati da single o da coppie nella nostra società va sempre più aumentando, sia per ragioni socio-culturali che per l’aumento del numero di anziani.


In più, ci sono fattori comportamentali che nelle case con 3-4 persone fanno aumentare i consumi procapite, e sono quelli relativi ai giovani. Essi sono soliti fare docce più lunghe, fare più spesso il bagno, mangiare a orari irregolari, lavare e asciugare più spesso gli indumenti, usare di più la televisione, passare il tempo con i videogame, i personal computer e gli stereo.


Forse sarà solo la nostra generazione di fortunati nati nei paesi industrializzati, e solo quelli fra noi che appartengono alla fascia socio-economica medio-alta, a godere dei livelli di comfort domestico che abbiamo raggiunto; o forse anche la prossima.


Ma, continuando così, questo non sarà più vero per quella successiva. Stiamo dilapidando una risorsa limitata: gli idrocarburi. Certo, da vent’anni si dice che dureranno solo vent’anni, e poi nuove tecnologie e nuovi ritrovamenti spostano in avanti questo temuto punto di non ritorno. Gli esperti potranno continuare a fare previsioni errate ancora per qualche tempo: dieci, venti, trent’anni. Però una cosa è certa: anche se la sfera terrestre fosse tutta piena solo di petrolio, a un certo punto finirebbe. Inevitabilmente. Più vicino e percepibile è il problema del cambiamento climatico, che ci impone di agire subito.


Cioè di cominciare subito a ridurre le emissioni, ovvero i consumi di combustibile fossile. Anche perché alcuni miliardi di persone premono, ci fiatano sul collo, per unirsi a noi in questo mondo che ci siamo costruiti intorno, per avere anche loro, invece delle capanne nude e piene di insetti, delle home sweet home da cui è bandita la fatica fisica, il freddo, il caldo, il buio.


E come possiamo fare?


Se tutti vorranno usare il petrolio come noi, non solo ci costerà molto di più, ma per giunta le emissioni di CO2 cresceranno esponenzialmente, e gli effetti sul clima saranno sempre più catastrofici.
Che fare? Impedire ai meno fortunati di condividere i nostri agi, o rinunciarci per consumare di meno, o farci maledire dai nostri nipoti? Non c’è dunque soluzione?


I potenti della Terra ci propinano strane iniezioni di ottimismo. Ci dicono: non c’è ragione di preoccuparci, perché la scienza e la tecnologia risolveranno il problema. Aspettiamo che la situazione sia veramente critica e vedrete che ce la faremo, senza dover fare sacrifici. Già, perché gli stessi potenti riescono solo a vedere soluzioni che comportano gravi sacrifici, o soluzioni che spostano il problema nel tempo. Come quella dell’energia nucleare, con l’irrisolto problema delle scorie che lasciamo in eredità ai nostri figli, nipoti, pronipoti e fino alla settima generazione; o come l’idrogeno da metano, che richiede di pompare la CO2 che inevitabilmente si ottiene nei pozzi di petrolio esausti, in caverne sotterranee o in acquiferi profondi. Dopo di che saranno sempre loro (figli, nipoti, pronipoti, ecc.) a doversi occupare di tutto questo gas che cercherà di farsi strada per tornare a inquinare l’atmosfera.


In realtà i potenti della Terra hanno ragione di essere ottimisti e riporre fiducia nella scienza e nella tecnologia, ma non per risolvere il problema in futuro, come hanno in mente, ma per cominciare a risolverlo fin da ora, e definitivamente. Non è pensabile che si debba rinunciare a tutto ciò che abbiamo conquistato. Non si può immaginare di dover tornare agli standard di vita di 150 anni fa. La qualità della vita domestica (è di questa che stiamo parlando ora, ma il discorso vale per la qualità della vita tout court) deve e può migliorare, per noi e per tutti gli abitanti di questa terra, senza per questo aumentare le emissioni.


Allora, per garantire in modo sostenibile quella che è stata definita “democratizzazione del comfort”, cioè l’accessibilità del maggior numero di persone al maggior numero di beni (e servizi, aggiungiamo noi) giudicati “confortevoli” occorre riprogettare le tecnologie che ci forniscono quella qualità della vita a cui non intendiamo rinunciare in modo da consumare meno energia, e come fonti energetiche usare quelle rinnovabili.


Si tratta di forzare il mercato, come tante, troppe volte si è fatto con prodotti del tutto inutili, imponendo invece prodotti utili, essenziali per noi e per chi popolerà la terra dopo di noi.


Le tecnologie esistono, in molti casi sono mature, o vicine alla maturità. In qualche caso sono anche economicamente competitive; in altri lo sarebbero se solo si attribuissero alle fonti fossili i costi indotti dal loro uso, cioè i danni alla salute che derivano dall’inquinamento dell’aria, i danni alle cose per effetto degli attacchi chimici, i danni derivanti dalle catastrofi ambientali.


Se tutti questi costi - o esternalità, come le chiamano gli economisti - che comunque paghiamo di tasca nostra con le tasse, fossero fatti gravare, come sarebbe giusto e corretto, sui combustibili fossili, molte tecnologie per la conversione delle fonti rinnovabili, oggi al limite della convenienza economica, diventerebbero fortemente competitive.


È stato calcolato, per esempio, che se si tenesse conto delle esternalità di cui si è detto, il costo del chilowattora elettrico prodotto da una centrale a olio combustibile in Italia aumenterebbe dai 3 ai 6 centesimi di euro, a fronte di un attuale costo al produttore di circa 4; più del doppio, quindi.14 Il chilowattora prodotto da un campo eolico costa meno. È minore il costo delle esternalità per le centrali a gas, mentre è maggiore (fino a 15 centesimi di euro in Belgio) per quelle a carbone; i calcoli vanno fatti paese per paese, in relazione al peso che localmente hanno i diversi tipi di danni “esterni”.


Tra le tante tecniche e tecnologie che permetterebbero sin da oggi di avviarsi nella giusta direzione la maggior parte riguarda proprio l’edificio, il suo involucro e tutto ciò che contiene. Anzi, è proprio l’edificio il vero protagonista della nuova auspicabile rivoluzione tecnologica, perché può tornare a non consumare più energia fossile, o persino diventare produttore netto di energia. E tutto ciò senza richiedere un cambiamento degli stili di vita individuali, se non in misura del tutto marginale, ma di certo con un forte impatto sul sistema economico e sulla sfera culturale.


Siamo di fronte a una nuova svolta, della stessa portata di quella che si ebbe nel 20° secolo. Allora noi dei paesi ricchi abbiamo conquistato il comfort: ora dobbiamo mantenerlo ed estenderlo a tutti gli altri, in modo permanente e senza fare danni. Bisogna che si affermino le innovazioni nel settore dell’uso razionale dell’energia e della conversione delle fonti rinnovabili, mediante una


… progettazione che cerca di aprire un orizzonte articolato, coerente, socialmente responsabile dell’ambiente umano e del suo destino (…). In contrapposizione a una (…) progettazione come attività destinata solo a far proliferare artificiosamente gli oggetti … (Maldonado T., La speranza progettuale, Einaudi, Torino, 1970).


Sono tecniche e tecnologie che ci toccheranno da vicino, perché le vedremo, le useremo, le compreremo. Andranno a influenzare i materiali e le forme della casa; il sistema di riscaldamento e di condizionamento, la produzione di acqua calda, l’illuminazione, la cucina, il frigorifero, la lavabiancheria. Influenzeranno prodotti e processi, migliorando la qualità della vita.


Oggi, come sempre all’inizio di una rivoluzione tecnologica, vengono proposte decine, centinaia di nuovi componenti e sistemi, ma solo alcuni alla fine si affermeranno e, come spesso avviene, non saranno necessariamente i migliori. Nelle pagine che seguono verranno passate in rassegna le principali soluzioni tecniche e tecnologiche che riguardano l’edificio, il contesto in cui sorge, e ciò che contiene, scelte fra quelle che sembrano avere maggiore probabilità di successo. Su queste dovrà misurarsi la nostra capacità di progettare.
 

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* Il testo è tratto da “Dalla caverna alla casa ecologica -Storia del comfort e dell’energia” (di Federico M. Butera, Edizioni Ambiente, Milano).
** Ordinario di Fisica Tecnica Ambientale presso il Politecnico di Milano è stato fra i fondatori dell’ambientalismo scientifico in Italia.