AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


Copyright ©  Ambiente Diritto.it

 

 

Prevenzione dei rifiuti: i settori della carta e dell'alimentare

 

Waste prevention, application to the fields of the paper and feeding

 

GENNARO BUONAURO(*)




Summary
This work wants to be a point of reference and departure to study waste prevention. It wants to give a foundation of technical tools, environmental policy and knowledge about 2 industrial fields: paper and feeding.
In particular this work can be subdivide in three parts:

1. identification of bigger chain for paper and alimentary trade in Brescia town;
2. identification and quantification of flow-in and flow-out chain;
3. definition of waste prevention strategy in some chain points.



Lo studio di seguito presentato, ha come obiettivo quello di fornire una base di strumenti tecnici, di politica ambientale e di conoscenze su alcuni settori industriali, che possa servire come punto di riferimento e di partenza per lo studio della prevenzione dei rifiuti.
Oggetto dello studio è l’identificazione delle maggiori filiere dei settori della carta e dell’alimentare e dei relativi flussi in entrata ed in uscita, il tutto al fine di fornire uno strumento utile ad individuare “dove” (in quale fase della filiera) e “come” (la strategia di prevenzione più adatta) prevenire.


1. Premessa
Quando si intuisce un possibile danno, occorre operare in maniera preventiva, e predisporre le condizioni affinché il danno non avvenga o, perlomeno, i suoi effetti siano il più possibile contenuti.
In generale la prevenzione, in quanto rivolta ad una serie di possibili effetti che non è dato prevedere con precisione, costituisce una strategia complessa, che si evolve nel tempo in funzione delle conoscenze disponibili e della rilevanza che i fenomeni assumono nella coscienza collettiva.
Negli ultimi decenni è emersa una nuova coscienza dei problemi legati alla salvaguardia della natura e, successivamente, quella che può essere definita più propriamente “coscienza ambientale”.
Si è cominciato allora a parlare di “prevenzione ambientale”, di politiche rivolte alla salvaguardia delle risorse e alla regolazione delle economie che ne governano lo sfruttamento; in altri termini di sviluppo sostenibile. E si è avviata una svolta culturale e scientifica per raggiungere una conciliazione tra mercato, rapporti sociali e ambiente.
La sensibilità ambientale è cresciuta in modo generalizzato e diffuso fino a divenire parte integrante della politica delle imprese produttrici di beni di consumo. Il nuovo impegno è quello di tener conto della variabile ambientale, non solo in riferimento alla produzione ma anche rispetto a tutte le fasi del consumo. Si tratta di aggiungere alla responsabilità di processo anche una nuova responsabilità di prodotto, in altre parole, alle imprese viene chiesto di preoccuparsi non solo dell’impatto ambientale dei propri cicli produttivi, ma anche di esercitare una responsabilità su tutta la vita del prodotto, fino al suo recupero o smaltimento finale.
Sono, però, diversi i soggetti coinvolti nella prevenzione:
• i produttori dell’imballaggio;
• gli utilizzatori industriali e commerciali.

I produttori dell’imballaggio e dei suoi materiali tendono a raggiungere un equilibrio ottimale, a parità di prodotto contenuto, tra prestazioni, quantità di materiali impiegati. Mettere in atto interventi di prevenzione per loro significa ridisegnare il processo produttivo, ridurre le componenti pericolose, aumentare la riciclabilità dell’imballaggio, ottimizzare i cicli dei materiali.
Gli utilizzatori industriali e commerciali, a loro volta, richiedendo un packing con certe caratteristiche, dettate dal marketing, dalle esigenze della propria logistica, e anche da principi di prevenzione, possono spostare l’imballaggio verso un territorio di sostenibilità.


1.1 Riferimenti Normativi
La normativa europea in tema dei rifiuti prende in considerazione esplicitamente solo due profili della prevenzione rispetto ai rifiuti:
• l’aspetto quantitativo - riduzione del peso e volume dei rifiuti prodotti;
• l’aspetto qualitativo - diminuzione della pericolosità dei rifiuti.

A questi aggiunge le nuove politiche ambientali di seconda generazione, delegandone però l’attuazione all’iniziativa volontaria dei diversi soggetti implicati. A livello comunitario, si assiste quindi mix di iniziative che integrano norme dettate dai governi nazionali con azioni promosse dai sistemi nazionali di gestione, cui si aggiungono programmi specifici per settori particolari. I risultati modesti raggiunti si spiegano con la mancanza di una strategia generale diretta a promuovere la prevenzione.
Per quanto riguarda le pratiche di riutilizzo, la maggiore attenzione, in generale, è stata riservata ai contenitori per bevande (i cosiddetti “refillable”).
In alcune nazioni le quote di contenitori destinati al riutilizzo sono fissate per legge, in altre vengono stabiliti dei target da parte delle Agenzie dell’Ambiente, e in quasi tutti i Paesi, i refillable sono comunque esentati dagli obblighi di recupero e riciclo stabiliti dai sistemi di gestione autorizzati. E, ancora, in alcuni stati membri è in vigore un sistema obbligatorio di deposito/resa, mentre in altri intervengono vere e proprie tassazioni sui non refillable.
I sistemi deposito/rimborso prevedono una spesa aggiuntiva per il consumatore all’atto dell’acquisto (deposito) e un rimborso al momento della riconsegna dell’imballaggio (o in certi casi del prodotto).
A livello nazionale il Decreto Ronchi (Decreto Legislativo 22/97, del 5 febbraio 1997) ha rappresentato l’attuazione delle Direttive europee 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio. In particolare, gli imballaggi e i rifiuti d’imballaggio sono contemplati nel Titolo II del Decreto (dall’articolo 34 all’articolo 43), il cui titolo è “Gestione degli imballaggi”.
Il Titolo II del Decreto fornisce una definizione di prevenzione relativa agli imballaggi e ai rifiuti di imballaggio (art.35, c.1, lett. g) mutuata dalla Direttiva 94/62/CE (art.3, c.4). Inoltre indica la prevenzione come uno dei principi generali a cui uniformare l’attività di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio (art.36, c.1).
Uno degli obiettivi della Direttiva 94/62/CE (modificata recentemente dalla Direttiva 2004/12/CE) è adottare misure di tutela dell’ambiente, tramite l’attuazione di azioni di prevenzione sugli imballaggi volte a ridurne l’impatto sull’ambiente (art.1, c.1 e 2). La Direttiva incoraggia gli Stati membri a prendere anche misure di prevenzione autonome o in collaborazione tra loro, misure intese anche a responsabilizzare il produttore dell’imballaggio riguardo al minimo impatto ambientale possibile che questo deve avere (art.4, c.1 e 2). Vengono indicati dei requisiti minimi che gli imballaggi devono avere per essere commercializzati (allegato II), quindi caratteristiche da stabilire al momento della progettazione e della scelta delle materie prime di imballaggio.
La prevenzione rientra tra i temi affrontati dalla politica ambientale europea, che negli ultimi anni ha rafforzato l’attenzione per il controllo delle emissioni e dei rifiuti. La gestione degli imballaggi si inquadra allora all’interno di un panorama, più ampio, di sviluppo sostenibile, a cui l’Europa vuole allineare la propria crescita futura.
Alla prevenzione la Commissione europea ha dedicato un documento strategico, la Comunicazione verso una strategia tematica di prevenzione e riciclo dei rifiuti” (COM 301 del 2003), che indica le linee guida a cui conformare l’attività dell’Unione in materia di prevenzione e riciclo dei rifiuti e traccia un quadro generale della situazione in Europa riguardo alla prevenzione. La COM 301 della Commissione ripone molta fiducia nell’approccio integrato adottato dalla Direttiva IPPC (96/61/CE) (Integrated Pollution Prevention and Control, Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento). Tale documento parte dal presupposto che è necessario un controllo omogeneo (cioè integrato) delle emissioni in aria, acque e suolo. L’IPPC costituisce il primo orientamento basato su una visione d’insieme della questione ambientale, e che chiama alle loro responsabilità tutti i soggetti interessati. Vengono previsti obblighi ed adempimenti per un insieme di categorie di attività e di impianti industriali, volti a limitare le emissioni, gli sprechi e la produzione di rifiuti. Vengono, inoltre, istituiti i requisiti minimi, basati sulle “migliori tecniche disponibili”, quelle che consentono le migliori prestazioni ambientali al minor costo possibile, senza i quali gli impianti non sono autorizzati a funzionare.
Nell’approccio integrato dell’IPPC la prevenzione è uno degli aspetti primari per raggiungere l’obiettivo di una crescita economica e produttiva ambientalmente sostenibile (considerando 1, art. 3 punto c). Si tratta di una prevenzione “di processo”, in quanto sono da tenere sotto controllo le emissioni degli impianti indicati dalla Direttiva.
L’attenzione si rivolge anche alla prevenzione “di prodotto” con l’approccio IPP (Integrated Product Policy, Politica integrata di prodotto), enunciato nel Libro Verde della Commissione europea (COM 68 del 2001). L’IPP guarda a tutte la fasi del ciclo di vita dei prodotti, cercando di ridurre l’impatto ambientale complessivo di ciascuna fase. “Dalla culla alla tomba” di un prodotto vengono coinvolti diversi soggetti: l’IPP vuole incoraggiare ogni parte interessata a migliorare le proprie prestazioni ambientali. In particolare, la responsabilità del produttore è da realizzare anche tramite una politica dei prezzi che tenga conto dei costi ambientali, in modo tale da incentivare la prevenzione in fase di progettazione.

2.Tipologie di prevenzione
E’ molto importante studiare il comportamento del consumatore (cosa consuma ed in che modo), così da capire come (quale strategia di prevenzione adottare) e dove (in quale punto della filiera) intervenire.
Sarebbe riduttivo, però, parlare di prevenzione solo nell’ottica della riduzione degli imballaggi.
Prevenzione significa, anche e soprattutto, comunicazione (verso i cittadini), coinvolgimento, sensibilizzazione, educazione.
Infatti, è fondamentale educare il consumatore a comportamenti attenti alla qualità del prodotto (durata di vita del prodotto e qualità tecnologica dello stesso). E’ per questo che tra le tipologie di prevenzione di seguito riportate, si fa riferimento ad una comunicazione mirata, alla partecipazione dei consumatori, alla redazione di progetti locali ed all’ottenimento e divulgazione dei risultati ottenuti.
Le principali metodologie di prevenzione sono:
• attività regolativa:

○ Standard IPPC (standard europeo);
○ Standard di emissione e rifiuti (permessi di scarico);

• attività fiscale che colpisce gli scarichi non differenziati;
• comunicazione (mirata);
• partecipazione (con associazioni ambientaliste, consumatori, operatori,…);
• progetti locali che rappresentano la documentazione del vantaggio ambientale e territoriale e permettono la restituzione dei risultati:
• restituzione dei risultati.


3. I settori
La Environment Agency della Gran Bretagna ha condotto nel 2004 un’indagine sull’attuazione dell’IPPC In Inghilterra e Galles, avente come obiettivi quelli di:
• effettuare una panoramica sull’attuazione della direttiva in termini di miglioramenti nell’efficienza delle risorse presso i settori industriali regolamentati,
• identificare settori prioritari nei quali promuovere misure di gestione efficiente delle risorse e riduzione dei rifiuti attraverso lo strumento dell’IPPC.
Da questa indagine risulta che, nel periodo in cui è stata attuata la direttiva, molte aziende sottoposte a regolamentazione hanno ottenuto risultati significativi in termini di riduzione dei rifiuti e recupero/riutilizzo delle risorse. Nonostante i miglioramenti nell’efficienza, nella gestione delle risorse, sono dovuti primariamente dall’aumentata competitività, che spinge le aziende a ridurre i costi, e dalla legislazione in materia (ad esempio la tassa sulle discariche), sembra che l’IPPC abbia incoraggiato questi comportamenti. La cosa davvero interessante è che sembra che l’IPPC abbia effetti più diretti sull’efficienza nell’utilizzo delle risorse nei settori relativamente nuovi allo strumento dell’autorizzazione integrata, come quello alimentare e delle bevande.
Un altro risultato interessante è che nei settori in crescita economica, come quello della carta, la riduzione nell’ammontare dei rifiuti prodotti può essere attribuita interamente ai miglioramenti nell’efficienza delle risorse.
L’analisi delle motivazioni dei miglioramenti nell’efficienza delle risorse, è fondamentale per stabilire le priorità d’intervento indirizzate a settori specifici nei quali si possono ottenere i miglioramenti più significativi.
Queste osservazioni supportano dunque la scelta di prendere in considerazione i settori:
• Alimentare;
• Carta.

Vediamo pertanto nel dettaglio come si caratterizzano questi settori e quali sono i principali impatti ambientali che essi generano.

3.1 Il settore alimentare
La trasformazione alimentare in Italia esprime 88 miliardi di Euro di fatturato, 30mila aziende, 350mila dipendenti. Il settore si pone al terzo posto per fatturato, fra i grandi settori manifatturieri nazionali, dopo il metalmeccanico e il tessile-abbigliamento. A livello comunitario, esso rappresenta oltre il 15% dell’intera produzione industriale europea. E’ il primo settore industriale della Comunità, con un fatturato che supera i 650 miliardi e un numero di dipendenti di oltre 2,5 milioni di unità. L’industria alimentare europea stacca di molto gli Stati Uniti ed è la prima industria alimentare del mondo.
Nel quinquennio 1996-2000, la produzione dell’industria alimentare nazionale è cresciuta del +11,1%. In parallelo, nello stesso periodo, l’industria italiana nel suo complesso ha mostrato un aumento del +7,7%.
Nel 2001, tuttavia, il trend di sviluppo è rallentato. Il fenomeno ha peraltro riguardato la generalità dei settori industriali, per la minore dinamica complessiva del ciclo economico.
Nei primi otto mesi dell’anno numerosi comparti hanno mostrato variazioni negative sullo stesso periodo del 2000. Fra questi: la lavorazione della carne (-3,3%); del pesce (-3,9%); la conservazione di frutta e ortaggi (-5,5%); la produzione di farina di frumento tenero (-4,2%); la fabbricazione di oli e grassi vegetali e animali (-2,6%); il riso (-5,4%); gli “altri” prodotti alimentari. In positivo, invece, si sono posti il comparto dell’alimentazione animale (+8,6%) e l’industria delle bevande (+6,7%).
I dati per comparto dell’industria alimentare italiana evidenziano il primato, in termini di fatturato, del settore lattiero-caseario (25mila miliardi), seguito dal dolciario (16.200 miliardi), dalla trasformazione della carne (14.200 miliardi) e dal vino (13mila miliardi).
Le brevi schede che seguono riguardano alcuni fra i principali comparti dell’industria alimentare italiana.


3.1.1 Bevande Gassate
La produzione di bevande gassate nel 2000 ha raggiunto l’ammontare di 2.900 milioni di litri, con un aumento del 5,0%. Il fatturato ha superato i 3.100 miliardi di lire.
L’occupazione diretta del settore raggiunge le 5.450 unità. L’indotto indiretta è valutabile in 16.200 unità, per un’occupazione complessiva di 21.650 unità. Il consumo pro-capite di bevande gassate è passato dai 41 litri del 1988 ai 49 litri del 1998 (+19.7%).
La produzione 2001 (censita dall’Istat cumulativamente con le acque minerali) ha registrato, nei primi otto mesi, una variazione del +3,7%. Il commercio estero dei soft drinks (classificati dall’Istat come “gassose”) ha visto nei primi sette mesi dell’anno un export di 137 miliardi, con un incremento del 30,9%. Il quantitativo esportato ha raggiunto 153.800 tonn., con una crescita del +23,7%. L’import, nello stesso periodo, ha raggiunto quota 127,9 miliardi, con un aumento del +12,4%. Esso corrisponde ad un quantitativo importato di 142.000 tonn. (+16,7%). Il saldo ha registrato un marginale attivo di 9,1 miliardi, speculare rispetto al passivo di 9,1 miliardi dei primi sette mesi 2001.

3.1.2 Dolciario
Il settore ha raggiunto nel 2000 una produzione complessiva di 1.588.150 tonn., con un aumento dello 0,7% sull’anno precedente. Il fatturato ha toccato i 16.100 miliardi e si è confermato al secondo posto, dopo il lattiero-caseario, tra i settori della trasformazione alimentare nazionale.
La produzione, su base decennale, è salita del +51,9% in valore e del +21,9% in quantità. La maggiore dinamica espansiva in volume nel decennio è stata evidenziata dal comparto cioccolatiero (+ 33,9%), seguito da quello dei prodotti da forno (+ 22,6%) e da quello dei gelati (+ 20,2%). Sostanziale stabilità ha caratterizzato invece i prodotti della confetteria. La propensione all’export è passata, in volume, dal 14,8% del 1991 sul totale produzione, al 27,5% del 2000.
L’export 2000 del comparto ha complessivamente raggiunto 2.463,1 miliardi, con un aumento del 6,8% sull’anno precedente. In quantità, le esportazioni 2000 sono state pari a 417.604 tonn., con una crescita del 8,8% sulle 383.807 tonn. esportate nel ’99. All’interno dell’export, la quota maggioritaria è stata conquistata dal comparto della biscotteria e pasticceria, con 1.456,3 miliardi esportati, seguito dai prodotti a base di cacao, con 604,8 miliardi.
L’import 2000 ha raggiunto complessivamente 1.285,3 miliardi, con un aumento del 4,1% sull’anno precedente. In quantità, le importazioni hanno raggiunto 266.176 tonn., con un aumento del 6,7% sulle 249.520 tonn. importate nel ’99.
La produzione dei primi otto mesi 2001 ha registrato un aumento del +1,0%. L’export, nei primi sette mesi del 2001, ha raggiunto 1.378 miliardi, con un incremento del 16,5% sull'identico periodo del 2000. In quantità, l’export del periodo ha toccato 237.000 tonn., con un aumento del 9,7% sulle 216.195 tonn. esportate nei primi sette mesi 2000. L’import del periodo ha raggiunto 717,2 miliardi, con una variazione del + 12,9% sui primi sette mesi 2000. In quantità, l’import ha complessivamente raggiunto nel periodo 147.182 tonn., con un aumento dell'8,1% sulle 136.137 tonn. importate nei primi sette mesi 2000.
Il saldo attivo è pari a 660,7 miliardi, con una crescita di 113,6 miliardi sul saldo di 547,1 miliardi dei primi sette mesi 2000.

3.1.3 Lattiero-Caseario
La produzione 2000, considerata nel suo complesso, ha registrato un aumento del 2,4% rispetto all’anno precedente. Il fatturato ha raggiunto 25.000 miliardi, confermandosi di gran lunga al primo posto tra i settori della trasformazione alimentare nazionale. La produzione 2000 si è articolata in: 31 milioni di quintali di latte 9,6 milioni di quintali di formaggi, 1,1 milioni di quintali di burro, 1,9 milioni di quintali di yogurt e altri latti fermentati, 1 milione, infine, i quintali di altri prodotti a base di latte.
Il latte complessivamente utilizzato in Italia (113,1 milioni q.li prodotti più 18,8 milioni q.li importati) ha raggiunto 131,9 milioni di q.li complessivi. Di questo quantitativo, 100,8 milioni di q.li (76,4%) sono stati destinati alla trasformazione industriale; 31,1 milioni (23,6%) all’alimentazione diretta.
Il comparto, assieme alla trasformazione della carne suina e al comparto enologico, è caratterizzato dalla più alta presenza di prodotti tipici e a denominazione di origine, sia a livello di produzione che di export.
Le esportazioni 2000 del settore hanno raggiunto nel complesso 1.835,1 miliardi di lire, con un aumento del 13,2%. Molto elevata (circa il 75%, al loro interno), la presenza di prodotti DOP e IGP. In quantità, l’export ha raggiunto 306.600 tonn., con un aumento del 9,0% rispetto alle 281.300 tonn. complessivamente esportate nel ’99. Le esportazioni specifiche di formaggi hanno toccato 1.663,1 miliardi, con un aumento del +12,5%. In quantità, l’export di formaggi è stato pari a 168.900 tonn., con una crescita del +5,1% rispetto al quantitativo, pari a 160.700 tonn., esportato nel 1999.
Le importazioni 2000 hanno complessivamente raggiunto 3.640,1 miliardi, con un aumento del +8,2%. In quantità, esse hanno raggiunto 788.800 tonn., con un aumento del +3,5% rispetto alle 762.100 tonn. importate nel ’99. Le importazioni di formaggi hanno raggiunto 2.138,6 miliardi, con un aumento del +7,9%. In quantità esse hanno raggiunto 347.200 tonn., con un aumento del +8,5% sulle 320.100 tonn. importate nel ’99.
Il saldo complessivo 2000 è stato passivo per 1.805 miliardi, in aumento rispetto al passivo di 1.745,1 miliardi del ’99.
La produzione dei primi otto mesi 2001 è diminuita del 2,8%. Le esportazioni dei primi sette mesi 2001 sono state pari a 1.189 miliardi, con un aumento del 17,6%. In quantità, esse hanno raggiunto 179.900 tonn., con una crescita limitata allo 0,2% sulle 179.600 tonn. esportate nei primi sette mesi del 2000. Le esportazioni specifiche di formaggi dei primi sette mesi 2001 hanno raggiunto 1.086,5 miliardi, con variazione del 18,3% sullo stesso periodo 2000. In quantità, esse sono state pari a 104.300 tonn., con un aumento del +10,1% sulle 94.800 tonn. esportate nei primi sette mesi 2001.
Le importazioni dei primi sette mesi 2001 hanno raggiunto 2.176,4 miliardi, con una variazione del +16,4% sullo stesso periodo del 2000. In quantità, esse hanno complessivamente raggiunto 435.300 tonn., con una crescita del 1,1% sulle 430.700 tonn. importate nei primi sette mesi 2000.
Le importazioni specifiche di formaggi dei primi sette mesi dell’anno sono state pari a 1.271,8 miliardi, con un aumento del +17,1% sui primi sette mesi 2000. In quantità, esse hanno raggiunto 191.900 tonn., con un aumento del +5,1% sui primi sette mesi 2000. Il saldo specifico dei formaggi, nei primi sette mesi 2001, è stato negativo per 185,3 miliardi, con un leggero aggravio rispetto al passivo di 168,1 miliardi dello stesso periodo 2000.


3.1.4 Gli aspetti ambientali
La questione ambientale ha assunto recentemente ancora maggiore importanza nell’industria alimentare, sia per via di eventi che hanno portato alla ribalta la questione della sicurezza alimentare (basti pensare alla vicenda “mucca pazza” o all’attuale influenza aviaria), sia per via della crescente preoccupazione per l’obesità e la conseguente ricerca di cibi sani e genuini al posto del junk food, che ha comportato anche la forte spinta al biologico o comunque alla sostenibilità della produzione alimentare.
Le questioni ambientali più rilevanti della produzione e distribuzione alimentare riguardano:
• la contrapposizione tra agricoltura biologica e non biologica;
• le implicazioni ambientali dell’ingegneria genetica nell’industria alimentare;
• l’efficienza energetica nei processi produttivi;
• le fonti, il controllo e i costi dell’inquinamento dell’aria e del rumore prodotto dall’industria alimentare;
• le acque di scarico;
• gli scarti di lavorazione;
• la conservazione degli alimenti nei magazzini e nella distribuzione;
• le opzioni di imballaggio;
• lo smaltimento finale degli imballaggi utilizzati.

Di questi aspetti occorre tenere conto nell’impostare un’efficace politica di riduzione dei rifiuti.

3.2 Il settore della carta
La produzione della carta avviene a partire da materie prime provenienti dal mondo vegetale. Essa, infatti, è essenzialmente costituita da cellulosa, principale componente delle piante. Non tutte le piante però ne contengono in quantità tale da renderne vantaggiosa l'estrazione. Solo alcune di esse sono idonee a fornire cellulosa. La carta di migliore qualità è ottenuta da stracci di fibre vegetali come il cotone, il lino, la canapa (pasta + straccio). Essendo questo tipo di materia prima particolarmente costoso, si è pensato di ottenere cellulosa da alberi di legno tenero come il pioppo, il pino, l'abete, la betulla, per mezzo di trattamenti chimici (pasta chimica).
La materia prima legnosa utilizzata dall'industria cartaria europea è costituita da legno di piccole dimensioni proveniente da sfoltimenti necessari in selvicoltura (28%) e da abbattimenti di fine rotazione (37%) oltre che da residui di segheria (26%) e da raccolti provenienti da specie a rapido accrescimento (come, ad esempio, il pioppo).
L'industria cartaria nazionale, a causa della mancanza strutturale di risorse forestali interne, deve importare oltre 3 milioni di tonnellate all'anno di paste per carta. Queste importazioni provengono principalmente da aree di consolidata tradizione nell'industria forestale come il Nord America (Stati Uniti e Canada) e la Scandinavia, che offrono attualmente sostanziali garanzie sulla corretta utilizzazione delle loro risorse forestali.
Alla salvaguardia ambientale, oltre che a motivi di carattere economico, è legata anche l'attenzione sempre crescente verso la produzione di carta riciclata.
L'uso delle materie seconde (maceri) limita infatti il ricorso alle materie prime vergini e contemporaneamente riduce la quantità di materiali destinati alle discariche.
Si può ottenere carta di qualità meno pregiata anche dalla pasta-legno o dalla pasta-carta (detta, quest'ultima, anche pasta-cartaccia). La prima si ottiene sfibrando, ossia riducendo in piccoli pezzi le fibre di legno. Dalla sfibratura, attraverso passaggi successivi, si giunge ad un prodotto sempre più minuto ed omogeneo. Sia la pasta-legno che la pasta chimica possono essere immagazzinate sotto forma di fogli disidratati simili a cartoni. La pasta-carta si ottiene invece riducendo in poltiglia la carta usata. Questo tipo di pasta ha assunto negli ultimi tempi una notevole importanza per l'alto costo assunto dalle paste più pregiate e perché, sostituendo la materia prima legnosa, consente un maggiore controllo del patrimonio boschivo.
Il prodotto semilavorato (pasta), una volta giunto in cartiera, viene nuovamente sminuzzato e mescolato con acqua per mezzo di idroapritori, contenitori simili ad una grossa scodella muniti di una paletta che gira vorticosamente.
Segue la raffinazione per mezzo di macchine dette Olandesi, che sono grosse vasche dove lame inossidabili riducono la lunghezza delle fibre. Quest'operazione viene effettuata per favorire il processo di feltrazione o feltraggio, fenomeno che permette la formazione del foglio. Con la feltrazione, infatti, le fibre si dispongono in modo disordinato una sull'altra e la successiva pressatura ed asciugatura fa sì che esse si incastrino tra di loro, costituendo una struttura resistente. Attualmente si tende a sostituire, in alcuni settori, la macchina Olandese con altre macchine che permettono un ciclo continuo, tale da produrre pasta raffinata in continuazione. La qualità del prodotto finale può essere migliorata con l'aggiunta di varie sostanze. Ciò può avvenire durante la raffinazione oppure in un secondo tempo. In questo caso la pasta viene messa nel mescolatore, per fare in modo che gli additivi si mescolino bene e formino un prodotto dalle caratteristiche costanti.
Solitamente le aggiunte sono costituite dalla carica, dalla collatura e dalla colorazione. La carica consiste nell'aggiunta di minerali in polvere come il talco, il caolino, il marmo. Serve a dare al prodotto il peso desiderato, la stampabilità, l'opacità.
La collatura consiste nell'aggiunta di colla di origine animale, vegetale oppure sintetica. Essa serve a dare ai prodotto la capacità di ricevere la scrittura e di resistere maggiormente all'acqua. La collatura può essere effettuata anche quando il foglio è già formato; in questo caso si tratta di collatura superficiale. Con la colorazione si aggiungono sostanze tali da dare al prodotto il colore desiderato. Altre aggiunte possono essere effettuate quando si desidera ottenere un prodotto per usi particolari.
Dopo di ciò, la pasta viene inviata in una macchina detta 'continua' che produce fogli di carta di lunghezza praticamente illimitata. La continua è il risultato della meccanizzazione e della modificazione dello staccio, con l'aggiunta di cilindri rotanti che funzionano da presse, e 'spremono' l'acqua rimasta nella pasta. All'uscita da questa macchina la carta si presenta avvolta in enormi bobine spesso della lunghezza di qualche decina di chilometri. II prodotto viene successivamente tagliato e ridotto a formati commerciali o accoppiato ad altri materiali secondo l'uso cui è destinato.

4. Applicazioni e risultati
Il lavoro ipotizzato in partenza può essere suddiviso in tre parti:
• identificazione delle maggiori filiere per i settori della carta e dell’alimentare;
• individuazione e quantificazione dei flussi in entrata ed in uscita;
• definizione di possibili strategie di prevenzione dei rifiuti.
Lo studio è durato tre mesi, durante i quali sono state sviluppate le prime due parti; queste rappresentano la base da cui partire per l’identificazione delle strategie più adatte di prevenzione dei rifiuti.
Il lavoro è stato applicato alla città di Brescia.
Le filiere (per ognuno dei settori) sono state individuate sulla base della quantità prodotta e dei rifiuti generati da ognuna di esse.
I dati ottenuti si riferiscono ai flussi che accompagnano ogni fase delle filiere (quantificazione dei flussi), sono espressi in tonnellate/anno e sono stati forniti da associazioni di categoria (Assocarta, Federalimentare), consorzi (Conai, Comieco), Camera di Commercio di Brescia, Apat, Asm. Alcuni di questi dati erano originariamente riferiti all’intera produzione italiana e sono stati poi applicati alla città di Brescia convertendo il valore, su scala nazionale, in percentuale (rispetto alla produzione totale) e riportando tale percentuale su scala locale, nota la produzione su Brescia.

4.1 Carta
Per la carta, il lavoro svolto è rappresentato dalla seguente figura:
 

Figura 1 - schema carta, fonte: elaborazione dell’autore.


Questo è lo schema identificativo delle maggiori filiere individuate e dei relativi flussi quantificati mediante i dati descritti sopra.
Le frecce verso l’alto rappresentano i rifiuti indifferenziati, destinati alla termodistruzione, mentre quelle verso il basso raffigurano i rifiuti raccolti in maniera differenziata.
La cartiera presa in considerazione è quella di Toscolano perché la produzione di carta ad essa associata rappresenta circa il 90% della produzione complessiva a Brescia e provincia. I relativi flussi in entrata sono la pasta per carta, gli additivi ed il macero, proveniente, quest’ultimo, dal circuito differenziato. In realtà, la carta da macero si distingue in: “macero pre-consumo”, che è rappresentato dagli scarti cellulosici della cartiera, e “macero post- consumo”, costituito dalla carta riciclata in fase di distribuzione e di consumo. In questo caso, il macero pre-consumo rappresenta una piccolissima parte delle materie utilizzate dalla cartiera per la produzione di carta e ciò è dovuto al fatto che tale cartiera produce solo carta pregiata.
Nello schema elaborato, per “resto del mondo” si intende convenzionalmente tutto ciò che è destinato all’export e quello che viene poi importato a Brescia. In realtà, non è facilmente quantificabile la quantità esportata ed importata, per cui sono stati utilizzati dei dati APAT su base nazionale, rielaborati come descritto sopra. Analogo discorso vale per la quantità di carta per imballaggi fornita alla GDO (grande distribuzione organizzata) e proveniente dai vari produttori di merci. Come dati in uscita dalla cartiera vi sono anche i rifiuti generati durante la produzione (fanghi, pigmenti, collanti,…).
I distributori di carta riforniscono gli uffici e l’editoria.
Da notare che la maggior parte della carta da macero post-consumo proviene dalla GDO e i rifiuti destinati alla raccolta differenziata superano di circa duemila t/a quelli indifferenziati.


4.2 Alimentari
Lo schema riportato di seguito offre una rappresentazione delle principali filiere e dei flussi:
 

Figura 2 - schema alimentare, fonte: elaborazione dell’autore.


Le frecce verso l’alto rappresentano i rifiuti indifferenziati, quelle verso il basso costituiscono la raccolta differenziata. A differenza dello schema sulla carta, qui abbiamo due tipi di rifiuti: organici e da imballaggio (di carta e di plastica), ognuno dei quali avrà sia un percorso differenziato che indifferenziato.
Sono state individuate tre filiere (GDO, grandi mense, piccoli negozi); nella fase di ingrosso è stato considerato il mercato ortofrutticolo per la quantità di scarti organici prodotti; nella fase di produzione vi sono tre sottosettori dell’industria alimentare: lattiero-caseario, carne, prodotti da forno; essi sono stati individuati sulla base dei rifiuti generati, delle quantità prodotte e del numero di addetti.
Il quadro dei dati non è completo, per la difficoltà trovata nel reperimento degli stessi, e non è sempre esaustivo, per il diverso grado di accuratezza dei dati ottenuti; in ogni caso è possibile avere una fotografia generale sufficiente al raggiungimento dell’obiettivo del lavoro svolto.
Lo schema identificativo delle quantità associate ai flussi è il seguente:

 

Figura 3 - schema quantità, fonte: elaborazione dell’autore.


I dati relativi alla parte organica differenziata sono di carattere generale in quanto comprendono anche gli scarti da giardinaggio; nonostante questo, i rifiuti organici indifferenziati sono maggiori di circa mille tonnellate/anno; potrebbe essere migliorata la raccolta dell’organico domestico e di quello proveniente dalla GDO.
I dati sulla quantità di carta per imballaggio provengono dallo schema precedente relativo alla carta.
E’ da notare infine come la quantità di rifiuti di plastica differenziati sia irrisoria rispetto al gran numero di plastiche che finiscono nell’indifferenziato.
 

 

* gennarobuonauro@tiscali.it

 

Richiami bibliografici
[1] Dossier Prevenzione: Progetti e Soluzioni per Imballaggi Ecocompatibili, CONAI
[2] N. Buclet, O. Godard, Municipal Waste Management in Europe, Kluwer academic Publisher
[3] S. Pogutz, A. Tencati, I Mercati del Recupero, Maggioli, 2003
[4] G. Barbiero, S. Camponeschi, A. Femia, G. Greca, A. Macrì, A. Tudini, M. Vannozzi, 1980-1998 Material-Input-Based Indicators Time Series and 1997 Material Balance of the Italian Economy, Istat
[5] Rapporto Ambientale dell’Industria Cartaria Italiana, ASSOCARTA
[6] Rapporto di Sostenibilità e Bilancio, COMIECO
[7] Il Ciclo del Riciclo, COMIECO
[8] I.Ivoi, M.Santi, Analisi propedeutiche alla individuazione di azioni di prevenzione e minimizzazione della produzione del rifiuto, ASM
[9] I.Ivoi, M.Santi, Prevenzione Produzione Rifiuti e Analisi del Territorio Bresciano, ASM
[10] Rapporto Rifiuti 2003, APAT, Osservatorio Nazionale Rifiuti
[11] Rapporto Rifiuti 2004, APAT, Osservatorio Nazionale Rifiuti
[12] Rapporto Rifiuti 2005, APAT, Osservatorio Nazionale Rifiuti
[13] P. Amadei, Un Centro Progetti Bresciano per la Prevenzione, la Raccolta Differenziata e il Riciclaggio dei Rifiuti
[14] Waste Prevention and Minimization, Europa-Commissione Ambiente
[15] Waste Management Options and Climate Change,Europa-Commissione Ambiente


 

Pubblicato su www.ambientediritto.it il 03/07/2006