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Mercato del carbonio, uno sguardo all'Emissions Trading europeo

 

Carbon market, a look at the European Emissions Trading

 

RENATO DE FILIPPO(*)



The Kyoto Protocol, in force since February 2005, obliges industrialized countries to reduce their greenhouse-gases emissions during the period 2008-2012. The Protocol ha introduced three Flexibility Mechanisms (among which the International Emission Trading) in order to allow the countries to minimize the costs for cutting the emissions. Beside the three Flexible Mechanisms new regional carbon credits exchange schemes are born. Among them, the most important is the European Emissions Trading Scheme. Started in 2005, the scheme is compulsory for 12000 facilities throughout Europe. The article analyzes the development of the emissions allowances market during the first year and a half since the beginning of the European Scheme.


 

Il surriscaldamento globale ed i cambiamenti climatici sono problemi le cui cause ed i cui effetti riguardano l’intero pianeta. Gli studiosi sono, quasi unanimemente, d’accordo che le cause debbano ricercarsi nell’aumento a partire dalla rivoluzione industriale della concentrazione in atmosfera dei gas ad effetto serra. Per porre un freno all’innalzamento delle temperature ed alle conseguenze che esso comporta, occorre dunque coinvolgere la maggior parte dei responsabili, ossia dei Paesi che generano i maggiori quantitativi di gas-serra. Con questi presupposti, a valle di intense negoziazioni, nel dicembre del 1997 nasceva il Protocollo di Kyoto (PK), il primo esempio di accordo vincolante finalizzato alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra dei Paesi industrializzati. Ci sono voluti poi oltre sette anni (febbraio 2005) affinché il PK entrasse in vigore, in seguito alla ratifica della Federazione Russa. Sebbene il PK non costituisca la panacea di tutti i mali che affliggono il clima terrestre, esso rappresenta tuttavia un primo, importante passo nella giusta direzione.

 

Effetto serra


In condizioni di equilibrio termico la terra emette verso gli spazi siderali lo stesso quantitativo di energia che riceve dal sole. In atmosfera sono presenti però alcuni gas che “riflettono” in direzione della superficie terrestre la radiazione infrarossa emessa. In questo modo l'energia non può essere dispersa nello spazio, aumentando così la temperatura media dell’atmosfera. Questo è il cosiddetto “effetto serra”. L'effetto serra è un fenomeno naturale soltanto accentuato dalle attività antropiche. Infatti, l’atmosfera, soprattutto per la presenza di vapore acqueo, funge da volano termico rispetto alla superficie terrestre, evitando che si verifichino grandi escursioni termiche tra giorno e notte. La delicatezza di tale equilibrio risiede nel fatto che anche l’aumento di qualche grado della temperatura media può influire notevolmente sui delicati equilibri naturali (scioglimento dei ghiacciai, aumento del livello dei mari, siccità, aumento della frequenza e della intensità degli uragani) e sulla nostra società (impatti sugli insediamenti costieri, sulla salute umana, sulle attività energetiche, industriali, turistiche ed agricole).

 

 

 

La definizione di obiettivi, quantificati e vincolanti, di riduzione delle emissioni obbliga infatti i Paesi ratificanti ad intraprendere azioni concrete per ridurre le emissioni, intervenendo sui settori economici e sul modus vivendi dei propri cittadini.

 

Purtroppo ad oggi non si sono registrate sostanziali inversioni di tendenza. I fabbisogni energetici, infatti, continuano a crescere a livello planetario. Le cause sono da ricercare innanzitutto nell’accesso al benessere di milioni ci cittadini delle potenze economiche emergenti, nell’evoluzione in senso sempre più energivoro dei nostri stili di vita (si pensi ad esempio al boom dei condizionatori), nella concentrazione in estremo oriente della manifattura mondiale1. Il trend crescente della domanda energetica non è stato compensato dall’incremento, registrato negli ultimi anni, dell’efficienza energetica e delle fonti alternative, determinando pertanto una crescita globale delle emissioni di gas-serra.

 

 

Protocollo di Kyoto


La prima risposta internazionale ai cambiamenti climatici è stata la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), nata nel 1992 a Rio de Janeiro. La Convenzione indicava la necessità di ridurre le emissioni di gas-serra senza tuttavia porre alcun obiettivo vincolante. Nel 1997 la Terza Conferenza delle Parti (Paesi che avevano ratificato l’UNFCCC) diede vita al Protocollo di Kyoto. Caratteristica principale del Protocollo è la definizione di target vincolanti di riduzione delle emissioni di gas-serra. Ad ogni Paese iscritto nell’Annex B sono stati attribuiti diversi obiettivi di riduzione per il 2012 rispetto ai livelli di emissione del 1990. L’obiettivo aggregato è la riduzione del 5,2%. L’UE ha un target complessivo dell’8%, ripartito in maniera differenziata sugli Stati Membri. I Paesi in via di sviluppo (compresi India, Cina e Brasile) sono esenti da obblighi. Tra i Paesi inclusi nell’Annex B, gli Usa - i maggiori emettitori mondiali – e l’Australia non hanno ratificato il PK, rifiutandosi di intraprendere alcuna politica di contenimento delle emissioni. Nell’Annex B rientrano anche i Paesi dell’Est Europa (Economie in Transizione). Essi, però, negli anni novanta hanno dimesso grandi comparti produttivi poco efficienti, ed oggi risultano essere ampiamente in compliance con i propri target senza avere tuttavia intrapreso politiche virtuose.
 

 

 

Per ridurre i costi dell’implementazione delle politiche definite nel PK, sono stati introdotti tre Meccanismi Flessibili, e con essi i mercati del carbonio. Essendo, infatti, il punto di emissione dei gas-serra ininfluente ai fini dell’effetto che essi producono, era dunque possibile creare un mercato delle tonnellate di gas serra che consentisse di investire in modo efficiente in tecnologie utili a ridurre le emissioni, ossia laddove i costi marginali di abbattimento risultano essere minori. Con lo stesso fine, accanto ai tre meccanismi internazionali sono nati successivamente sistemi di scambio delle emissioni a carattere regionale. Tra questi spicca lo Schema di Emission Trading Europeo (ETS). Anche se lentamente, negli ultimi anni si è registrato un significativo sviluppo dei mercati del carbonio e la nascita di borse ad hoc, dove le tonnellate di biossido di carbonio vengono commerciate alla stessa stregua di altre commodities.
 

   

 

Meccanismi Flessibili del Protocollo di Kyoto


Sono stati introdotti per diminuire i costi delle politiche di Kyoto:


Joint Implementation (art. 6): permette ai Paesi Annex I di trasferire o acquistare da un’altro Paese Annex I Unità di Riduzione delle Emissioni (ERU) risultanti da progetti di riduzione delle emissioni di GHG


Clean Development Mechanism (art. 12): consente alle nazioni Annex I o ai loro enti privati di guadagnare Riduzioni di Emissione Certificate (CER) risultanti da progetti di riduzione delle emissioni di GHG in Paesi in via di Sviluppo


International Emission Trading (art. 17 del PK): tale meccanismo consente ai Paesi Annex B di acquistare / vendere quote di emissioni (AAU)


Ciascuna unità di ERU, CER, AAU è pari ad 1 ton CO2.

 

Ormai tutte le maggiori aziende si confrontano con obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti dedicandovi risorse specifiche, ed inglobando i crediti di carbonio tra i propri assets. Gli sforzi fatti negli ultimi anni ed il consolidamento dei mercati lasciano ben sperare che anche dopo il 2012 (anno di scadenza del regime di Kyoto) i carbon markets possano sopravvivere e con essi la speranza concreta di affrontare il surriscaldamento globale.

Ad un anno e mezzo dall’entrata in vigore del PK, proviamo dunque ad analizzare come si sono sviluppati questi mercati. Da inizio 2005, i trend riguardanti sia i volumi scambiati che il relativo valore finanziario hanno registrato una progressiva crescita fino allo scorso maggio, quando hanno subito una sensibile flessione a causa di eventi verificatisi nel mercato europeo. Il valore complessivo degli scambi sui mercati (ETS, JI e CDM) nel 20052 ammonta a quasi 9,5 mld €,di cui oltre 7 provenienti dalla compravendita di permessi di emissione europei (EUA).

 

Per valutare efficacemente il dato, basti pensare che il mercato dei permessi di emissione dell’ETS aveva avuto nel 2003 un valore finanziario di 127 mln €. Il trend crescente del 2005 rispetto agli anni precedenti trova riscontro nell’anno in corso. Infatti, la crescita registrata nel primo semestre del 2006 (nonostante gli eventi dello scorso maggio, vedi infra) consente di prevedere un incremento sostanziale degli scambi nel 2006 rispetto al 2005.


Il mercato dell’Emission Trading Scheme Europeo


Focalizzando ora l’attenzione sull’ETS, il principale dei mercati di gas serra, è dato osservare come fin dal suo avvio (gennaio 2005) si sia registrato un progressivo aumento dei volumi scambiati e della liquidità del mercato. All’approssimarsi del 30 Aprile 2006, gli operatori che nel 2005 avevano emesso più tonnellate di CO2 di quante gliene erano state allocate (condizione di shortage) hanno cominciato ad acquistare permessi dalle aziende che, all’inverso, registravano un surplus. In particolare, tra i vari settori coinvolti, il termoelettrico3 è risultato essere quello che ha avuto maggiore necessità di attingere quote dal mercato.

Va detto per completezza che, sul fronte della domanda, lo scorso inverno hanno influito significativamente elementi quali l’aumento del prezzo del gas (che incentiva l’uso del carbone al posto del gas per la generazione elettrica, con conseguente aumento delle emissioni), le temperature particolarmente rigide e la diminuzione delle precipitazioni che ha ridotto l’apporto dell’idroelettrico in Spagna, Francia ed Italia. Da gennaio ad aprile si sono così registrati record progressivi in termini di volumi scambiati: la crescente domanda ha avuto ovvi riflessi sui prezzi dei permessi che hanno superato addirittura la soglia dei 30€/tCO2 (nel gennaio del 2005, il prezzo era poco superiore a 5€/tCO2), con la maggior parte degli scambi effettuati tramite brokers (mercato Over The Counter - OTC).

 

Emission Trading Scheme Europeo

 
Introdotto con la Direttiva 2003/87/CE ed avviato nel gennaio del 2005, lo schema obbliga oltre 12000 installazioni industriali europee a gestire le proprie emissioni di biossido di carbonio. A ciascuna installazione viene assegnato un quantitativo annuo di permessi o EU Allowances (EUA). Ciascun EUA è pari ad 1 tonnellata di CO2 (successivamente saranno coinvolti anche gli altri gas-serra). Le emissioni coperte rappresentano quasi il 50% delle emissioni totali dell’Ue.Per ogni periodo (durata di 5 anni, ad eccezione del primo periodo che coincide con il triennio 2005-2007) ogni Stato Membro redige un Piano Nazionale di Allocazione (PNA) in cui sono definiti i criteri di allocazione e le quote allocate per ogni installazione coinvolta. Gli impianti devono monitorare e certificare le proprie emissioni annuali. Quelli che emettono un numero maggiore di emissioni possono acquistare permessi da altre installazioni e, dal secondo periodo, esse potranno anche acquisire crediti da CDM e JI.
 

 

 

Tra le piattaforme di scambio, la britannica ECX (European Climate Exchange) ha fatto la parte del leone, seguita da Nord Pool e Powernext. Ma, proprio nel momento in cui il mercato era entrato nel vivo e qualcuno addirittura ipotizzava ulteriori innalzamenti dei prezzi, a fine aprile, è arrivata la doccia fredda delle prime indiscrezioni sulle emissioni (verificate) relative al 2005. Funzionari di Repubblica Ceca, Francia, Olanda, Belgio lasciavano trapelare che le emissioni totali per il 2005 erano notevolmente inferiori alle quote allocate per il suddetto anno nei rispettivi Piani Nazionali di Allocazione (PNA).

 


 

Ciclo annuale dell’ETS


• Febbraio: l’autorità competente rilascia al gestore le quote per l’anno successivo


• Marzo: il gestore invia all’autorità competente un report certificato relativo alle emissioni che l’installazione ha generato nel corso dell’anno precedente


• Aprile: il gestore consegna un numero di quote pari alle emissioni certificate per l’anno precedente. Gli impianti inadempienti pagano una multa che non estingue l’obbligo di restituire le quote mancanti


• Maggio: le emissioni verificate vengono pubblicate sul sito web del Registro Comunitario.

Queste notizie hanno creato un vero e proprio terremoto nel mercato: per le quote con consegna a dicembre 2006, il prezzo si è dimezzato nel giro di qualche giorno per poi raggiungere il 12 maggio addirittura i 9 €. La Commissione Europea (CE) nel frattempo si era affrettata a chiedere agli Stati Membri (SM) di non pubblicare anzitempo i dati sulle emissioni reali. Solo lunedì 15 maggio la CE ha pubblicato i dati ufficiali per 21 nazioni. L’analisi dei report pubblicati sul sito web della CE, ha confermato l’ipotesi, delineatasi a partire dalle notizie anticipate a fine aprile, che la maggior parte degli SM fossero complessivamente lunghi. Infatti, ad eccezione di sei Paesi – Regno Unito, Spagna, Italia, Austria, Irlanda e Slovenia - gli altri SM hanno registrato a livello nazionale un’eccedenza di quote allocate rispetto alle emissioni prodotte. Il 3 luglio venivano pubblicati dati preliminari relativi alla Polonia (Paese che vanta il surplus maggiore tra gli SM).

 

 

Complessivamente, rispetto alle emissioni del 2005 si registra un eccesso di quote allocate di quasi 100 MtonCO24!

Figura 1: Prezzi Spot nel mercato OTC da inizio 2005 (Elaborazione dell'Autore su dati Point Carbon)

Gli eventi di maggio hanno dato senz’altro un serio colpo alla credibilità dell’ETS. Qualche osservatore ritiene tuttavia che la situazione attuale potrebbe consentire al sistema di rodarsi nel primo periodo con meno pressioni del previsto, in vista poi di una situazione di regime da realizzarsi nel secondo periodo (2008 – 2012).

 

È sul secondo periodo dell’ETS che deve dunque focalizzarsi l’attenzione. Da diverse settimane è iniziato l’iter di presentazione ed approvazione dei PNA della seconda fase (PNA 2). La CE aveva già chiesto (cfr. Linee guida pubblicate lo scorso inverno in materia di PNA 2) un abbassamento dei tetti nazionali al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto da parte degli SM.

 

Contratti Spot e Forward


Nel mercato ETS vi sono due tipologie di contratti:
• Spot: contratto per la compravendita immediata di EUAs ad un determinato prezzo
• Forward: gli operatori si impegnano a comprare / vendere un determinato numero di EUAs ad un dato prezzo con scadenza futura (dicembre o marzo di ogni anno).

 

 

 

Alla luce di quanto è accaduto nelle passate settimane, c’è da pensare che la Commissione richiederà ancora maggior rigore e vaglierà ancora più attentamente i Piani, al fine di non commettere gli stessi errori di giudizio commessi sui PNA della prima fase, circostanza che potrebbe affossare definitivamente l’ETS. Contemporaneamente, però, la CE non dovrà eccedere nel limitare i tetti di emissione per non incidere sulla competitività delle aziende europee. In particolare ricordiamo le polemiche a livello europeo relative alla spalmatura da parte delle compagnie elettriche dei costi dell’ETS sul prezzo del kwh (discussioni comuni a tutti gli SM). Ci si aspettava dunque che gli SM risultati lunghi presentassero PNA più restrittivi, come richiesto dalla CE. Una parte degli SM hanno già presentato i primi draft di PNA: la prima impressione che se ne ricava, è che la Commissione dovrà faticare molto per fare recedere alcuni di essi dall’intento di preservare situazioni di comodo per le proprie aziende.

Nei mercati prevale comunque un certo ottimismo per il secondo periodo. L’andamento dei prezzi degli EUA con consegna al dicembre 2008 (cfr. 2008 delivery nel grafico di fig. 2) ha, infatti, registrato una caduta dei prezzi contenuta. È dunque molto probabile che dopo il 2008 vi sarà una notevole riduzione dei permessi disponibili sul mercato che potranno essere solo in parte sostituiti dai crediti provenienti da CDM e JI. In tal senso, va detto che da un primo esame dei draft dei PNA 2 fin ora pubblicati, la maggior parte dei grandi Paesi si sono allineati intorno al tetto del 10%5 . Unica eccezione la Spagna che darà la possibilità ai propri impianti di utilizzare crediti CERs ed ERUs fino al 50% del proprio tetto di allocazione.
 

Figura 2: Prezzi Spot e Forward nel mercato OTC da inizio 2006 (Elaborazione dell'A. su dati Point Carbon)

 

 

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* renato.defilippo@feem.it

 

1 I cicli produttivi in quelle aree del pianeta sono notoriamente molto poco efficienti dal punto di vista energetico.
2 Fonte Point Carbon.
3 Relativamente al 2005, a livello europeo, il Termoelettrico è l’unico settore che ha registrato un deficit di quote rispetto alle emissioni generate. Viceversa, i settori manifatturieri hanno registrato un notevole surplus.
4 Mancano ancora (luglio 2006) le emissioni di una piccola percentuale di installazioni che tuttavia non dovrebbero produrre grandi variazioni.
5 Percentuale di quote acquisibili da ciascuna installazione da progetti CDM e JI rispetto ai permessi ad essa allocati.

 

Pubblicato su www.ambientediritto.it il 24/09/2006