L’Elio-3 lunare per la fusione nucleare di seconda generazione
Lunar He-3 for the second generation nuclear fusion
ALESSANDRO GRIMALDI*
Abstract
Helium-3 is a
light, non-radioactive isotope of helium. Except from its peculiar chemical -
physical properties, it is attracting interest since it undergoes an aneutronic
fusion reaction, virtually free from greenhouse gases emissions and radioactive
waste, with a very high electricity yeald.
The aim of this paper is to introduce the state of the art of fusion
technologies, with particular emphasis to nuclear fusion processes based on
helium particles, and the possible developing of helium-addressed space mining
activities.
1. L’ELIO: PROPRIETA’ E APPLICAZIONI
1.1 L’elio e i suoi isotopi
L’Elio (simbolo He) è il secondo elemento della tavola periodica ed è, dopo
l’idrogeno, l’elemento più diffuso nell’universo.
L’esistenza dell’elio fu scoperta durante nel 1871 da parte di astronomi: a
seguito dell’analisi della corona solare durante un’eclisse, fu individuato
nello spettro solare un elemento ignoto sulla Terra a cui fu dato il nome di
elio (dal greco ήλιος = sole).
I suoi isotopi principali sono l’elio-4, 4He, il cui nucleo è
costituito da due protoni e due neutroni, e l’elio-3, 3He, con un
nucleo di due protoni ed un solo neutrone (Figura 1). L’elio-4 a temperatura
ambiente è un gas, presente anche nell’atmosfera in piccole percentuali (5 ppm,
ovvero una particella su 200.000); mentre l’elio-3 è un milionesimo di volte più
raro.
1.1 Proprietà chimico-fisiche e applicazioni
L’elio gode di particolari caratteristiche chimico-fisiche: è il secondo gas
meno denso (dopo l’idrogeno), è il più difficilmente liquefattibile tra tutti i
gas (p.e. -268°C), è l’unico elemento non solidificabile a pressione atmosferica
(a 26 atm. il p.f. è -272°C1
), ha altissima conducibilità termica e calore specifico, come tutti i gas
nobili, gode di elevata inerzia chimica.
Tabella 1: Proprietà chimico-fisiche dell’elio
|
Numero atomico |
Peso atomico |
Carica nucleare eff. |
Raggio atomico (nm) |
potenziale ionizz. (eV) |
Temp. eboll. (°C) |
Temp.
fusione |
Entalpia
evaporaz. |
Densità |
Solubilità in H2O* |
He |
2 |
4.0026 |
0.30 |
0.15 |
24.48 |
-268.9 |
-272-2 |
0.09 |
0.178 |
0.0097 |
* 20°C, 1 atm, cc gas/cc liquido.
L’elio trova notevoli impieghi industriali come conduttore termico ed elettrico,
come agente criogeno per ottenere temperature vicine allo zero assoluto
(mediante l’evaporazione dell’elio liquido si raggiungono temeprature
dell’ordine di 0.5 K), per palloni sonda metereologici grazie alla sua bassa
densità, come diluente dell’ossigeno in respiratori, come gas per saldature ad
arco, e impieghi militari come stabilizzatore di miscele esplosive in
applicazioni missilistiche e spaziali.
Tra le principali proprietà dell’elio-3 vi è la trasformazione di fase ad uno
stato “superfluido”2
che intercorre alla temperatura di 2.19 K e alla pressione di 38 torr l’elio
(Figura 2). L’importanza teorica e applicativa di questa fase dell’elio è tale
che negli ultimi 10 anni due premi Nobel per la Fisica sono stati assegnati per
studi a riguardo, rispettivamente nel 1996 (Osheroff e Richardasonn) e nel 2003
(Leggett).
In fase superfluida l’elio si comporta come il fluido più strano che si conosca,
con una conducibilità elettrica e termica 800 volte maggiore di quella del rame,
ed una viscosità mille volte minore dell’idrogeno; si comporta, quindi, come
fosse un metallo con le proprietà di un gas. A causa della sua enorme
conduttività termica, non bolle come gli altri liquidi, ma evapora solo in
superficie. Il suo calore specifico scende a valori minimi e il coefficiente di
espansione diviene negativo. La sua tensione di vapore è tale che dovrebbe
restare liquido anche allo zero assoluto e presenta straordinari effetti di
trasporto.
La superfluidità è proprietà macroscopica correlata ad un elevato grado di
ordine interno delle sostanze. Questo comportamento è sorprendente per l’elio-3
che la raggiunge costitutendosi in coppie di atomi con specifici gradi di
libertà interni, similmente a quanto accade in un superconduttore.
L’elio superfluido trova applicazione nei reattori nucleari a fissione per
scoprire incrinature (attraverso cui l’elio superfluido diffonde con facilità)
e, a causa del suo elevatissimo calore specifico, come mezzo circolante nei
reattori nucleari raffreddati a gas.
L’elio-3 ha destato interesse di recente come reagente per processi di fusione
nucleare che risultano praticamente esente da emissioni inquinanti e scorie
radioattive e consentirebbe la generazione diretta di elettricità con una resa
del 70 per cento senza passare per una turbina [Schmitt 2006]. La realizzazione
di questo “sogno” energetico è legato allo sviluppo delle tecnologie di fusione
nucleare, ancora in fase embrionale, e al reperimento di elio-3, presente in
buone quantità nelle rocce lunari, per cui si ipotizza un futuribile
sfruttamento minerario della Luna.
Verranno di seguito descritti i principi della fusione nucleare e il suo
potenziale economico come fonte energetica nel lungo periodo con particolare
enfasi sui processi che vedono nuclei di elio-3 come reagenti.
|
|
Figura 1: Nuclei di elio-4 ed elio-3 | Figura 2: Diagramma di fase dell'elio-3 |
2. LA FUSIONE NUCLEARE
2.1 Fusione e fissione nucleare
La fusione nucleare è il processo in cui due nuclei si uniscono a formare un
nucleo più pesante. Se il nucleo generato è piú leggero di quello del Ferro (il
nucleo più stabile), esso ha una massa inferiore alla massa dei costitutenti e
la differenza di massa é rilasciata sottoforma di energia (processo esotermico),
in accordo con la nota formula E=mc2.
Per nuclei piú pesanti é esotermico, invece, il processo opposto di scissione di
nuclei pesanti (fissione nucleare). La fissione é la reazione nucleare più
facile da ottenere, a causa della minor quantitá di energia di attivazione
necessaria ed è notoriamente utilizzata per la produzione di energia elettrica
(centrali nucleari a fissione) e per scopi militari. La fissione è ostacolata
dagli elevati problemi di sicurezza, dallo stoccaggio/trattamento delle scorie
ad alta radioattivitá generate e dall’esser stata nel passato causa di disastri
a seguito di gravi incidenti alle centrali.
Nei reattori a fusione, invece, la produzione di scorie radioattive è molto
minore e il rischio di incidenti gravi è trascurabile, perché il combustibile
presente nella camera di reazione durante il processo è limitato e perché il
processo richiede uno stretto range di parametri, tale che in caso di
incidente la reazione si arresta. La fusione nucleare è tra le fonti di energia
di maggior interesse in scenari di lungo periodo potendo unire i vantaggi delle
fonti non rinnovabili (generazione di energia ad alta densità e costante nel
tempo) a quelli delle fonti rinnovabili (inesauribilità delle fonti ed assenza
di emissioni di gas serra).
2.2 Aspetti economici
Discordi sono i pareri sulla competitività economica della fusione rispetto
alle altre fonti di energia. In particolare, essendo la tecnologia ai primissimi
stadi del suo sviluppo, vi è ancora molta incertezza sui costi diretti e
indiretti che si dovranno affrontare. L’intervallo di costi ha un limite
inferiore competitivo, ma non drasticamente inferiore, rispetto alle altre fonti
di energia. Numerosi sono ancora gli ostacoli che sorgono nello sviluppo della
ricerca scientifica e tecnologica per l’utilizzo pratico della fusione e non è
ancora possibile stabilire se e quando un impianto economicamente vantaggioso a
fusione potrà essere realizzato. Nel 2005 è stato dato un vigoroso impulso alla
ricerca con l’annuncio della costruzione (nei pressi di Cadarache, Francia) del
primo reattore termonucleare sperimentale (ITER), progetto da 10 mil. doll.
partecipato da Unione Europea, Repubblica Popolare Cinese, Giappone Repubblica
di Corea, Federazione Russa.
2.3 Problematiche
Per poter ottenere fusione due nuclei devono collidere con energia
sufficiente a vincere la forza elettrostatica repulsiva tra di loro. Le reazioni
di fusione più favorevoli combinano nuclei idrogenoidi (H, idrogeno, D,
deuterio, T, trizio, i nuclei con la minor densitá di carica superficiale,
dunque anche con la minor repulsione elettrostica relativa) a formare nuclei di
elio (i nuclei a minor massa per nucleone). Attualmente la reazione più studiata
è la fusione tra D e T, in quanto è quella che produce la maggior resa a parità
di energia spesa (vedi Tab 1).
Il maggior svantaggio di questo processo è rappresentato dalla presenza tra i
prodotti di reazione di neutroni energetici (14 MeV) che non sono sfruttabili
per fini energetici e che inducono radioattività nelle strutture del reattore.
(Il trizio inoltre, non è presente in natura che in quantità minime, ha un tempo
di semivita di 12 anni e deve essere prodotto per trattamento nucleare del
litio). Il problema delle scorie radioattive non è quindi del tutto risolto.
L’emissione di neutroni pone problemi di remote handling, schermaggio,
rimozione delle pareti e impone alti e costosi livelli di sicurezza. Implica,
inoltre, tra le principali priorità, lo sviluppo di materiali innovativi
disegnati per questo utilizzo (materiali a bassa attivazione, elevata resistenza
alle radiazioni, inerzia termica e meccanica e resistenza a loro variaizoni
cicliche). I test per questi materiali potranno essere effettuati solo con il
primo reattore sperimentale ITER, dato che un’adatta sorgente di neutroni ha
circa lo stesso costo e problematiche tecnologiche di un reattore a fusione. Un
impianto sperimentale per la prova di questi materiali, l’IFMIF3
è ancora allo stato di progettazione.
La ricerca è quindi attualmente indirizzata allo sviluppo di processi di fusione
nucleare senza emissione di neutroni (aneutronica). Il primo passo in questa
direzione è costituito dalle tecnologie di fusione di seconda generazione che
studiano la reazione tra due nuclei di deuterio, D-D (reazione 2). Essa ha due
cammini di reazione di eguale probabilità di cui solo uno produce neutroni.
Inoltre tali neutroni sono lenti avendo un’energia di soli 2.45 MeV. Rispetto
alla fusione D-T tuttavia le condizioni di processo (pressione, temperatura,
campo magnetico applicato, etc) sono più spinte e a parità di energia spesa
l’energia netta prodotta è inferiore del 68%.
2.4 Elio-3 per processi di fusione nucleare aneutronica
Tra i pochi processi di fusione aneutronica possibili in natura, i due più
interessanti dsul piano applicativo sono le reazioni tra nuclei di elio-3 e
dueterio (D + 3He, reazione 3) e tra due nuclei di elio 3 (3He
+ 3He, reazione 4). In particolare, mentre la reazione 3 porta anche
la reazione secondaria D + D che produce neutroni (la cui resa, neutronicità,
però è solo dello 0.5%), la reazione 4 è virtualmente aneutronica (Figura 3). Al
posto di neutroni, questo processo emette protoni ad alta energia, che possono
essere facilmente confinati con campi magnetici/elettrici (tra l’altro con la
ulteriore generazione di energia elettrica).
Centrali elettriche basate su questo processo offrirebbero un’elevata resa
energetica, propria delle reazioni di fusione nucleare, sarebbero prive di
emissioni di gas serra, non produrrebbero scorie radioattive, avrebbero minori
costi di manutenzione (non essendo più necessaria la rimozione delle pareti del
reattore) pur fornendo la stessa resa energetica di una possibile centrale a
fusione D-D.
Tabella 2 Processi di fusione nucleare
Reazione di fusione |
Temperatura ottimale (keV) |
Densità di potenza (MeV · ioni/ m3) |
Resa di neutroni - neutronicità |
|
Reagenti |
Prodotti |
|||
D + T |
4He (3.52 MeV)+ n (14.07 MeV) |
50 |
1 |
0.80 |
D + D |
3He (0.82 MeV)
+ n (2.45 MeV) |
500 |
68 |
0.66 |
D+3He |
4He(3.67 MeV)+ p(14.68 MeV)+18.4 MeV |
100 |
80 |
~ 0.05 |
3He + 3He |
4He (3.67 MeV) + 2p + 12.9 MeV |
1000 |
- |
0.01 |
2.5 Disponibilità di elio-3
Il deuterio si può estrarre dalle masse d’acqua in buone quantità (è
presente 1 atomo di D ogni 5000 atomi di H), è presente, quindi, una quantità di
1018Kg di D sul pianeta. Con tale contenuto da 1 litro di acqua marina sarebbe
possibile ricavare l’equivalente energetico di 4 litri di benzina4.
Al contrario l’elio-3 è virtualmente assente sulla terra e può essere prodotto
solo artificialmente (tramite bombardamento del litio) ciò costituisce il
principale fattore limitante allo sviluppo di questa tecnologia. L’elio-3 è in
realtà generato come sottoprodotto nelle fasi di manutenzione di armi nucleari.
Al mondo è prodotto nella misura di 15kg l’anno. Le riserve strategiche degli
Stati Uniti di elio-3 nel 1993 erano di 29 kg
5.
Figura 1:
numero di neutroni generati in processi di fissione e fusione nucleare
3. L’ELIO-3 LUNARE
Presenza di elio-3 nelle rocce lunari e loro sfruttamento minerario
Nel 1988 Kulcinski ed al.5
hanno individuato la presenza di elio-3 nella regolite lunare6,
giustificato come deposito dal vento solare. Altri elementi presenti sul
satellite trasportati dal vento solare sono ad esempio idrogeno, carbonio,
azoto, elio-4. Sulla Terra il vento solare è invece intercettato dall’atmosfera
terrestre.L’elio-3 è abbondante anche nelle atmosfere dei pianeti gassosi del
sistema solare Giove, Saturno, Urano, ma la possibilità di ricavare 3elio-3
da questi è solo teorica.
La presenza di elio-3 sulla luna è stata documentata da campioni di rocce lunari
prelevati dalle missioni Apollo 11-177,
come dai Lunar 16 e 20. L’elio 3 si concentra per il 50% nei mari lunari (20%
della superficie lunare). Le analisi hanno ipotizzato la presenza una
percentuale dello 0.01% di elio 3 tra le rocce lunari (circa 1mil. tonn).
1 tonn di elio-3 puo’ produrre 10.000 MW/anno di elettricità. Quindi, 25 tonn.
di elio-3 possono soddisfare il bisogno di elettricità degli Stati Uniti.
Nell’ipotesi in cui l’energia elettrica mantenga in futuro gli stessi costi, il
valore dell’elio-3 sarebbe stimabile in 3 mill. doll./kg. Il suo costo
energetico equivarrebbe a quello del petrolio a 7 doll. il barile.
Un futuro utilizzo di reattori a fusione nucleare ad elio-3 potrebbe, quindi,
affiancarsi alla volontà di riprendere in grande stile programmi di esplorazione
spaziale finalizzati allo sfruttamento minerario della Luna. Come è noto, i
primi passi dell’uomo sulla Luna furono posti nella memorabile notte tra il 19 e
il 20 luglio 1969. Le missioni umane continuarono tra il 1969 e il 1972,
dopodichè il satellite attraversò un periodo di oblio. Nuove missioni lunari
sembrano riscuotere nuovamente interesse da parte della NASA, dall’ESA, oltre
che da Cina e Giappone (vedi Tab. 2), nell’ambito dei loro futuri programmi
spaziali.
Lo sfruttamento minerario della Luna per l’estrazione di elio-3 a fini
energetici, può essere l’ideale ricaduta economica di lungo periodo di altri
progetti a carattere scientifico (storia, composizione, struttura interna della
luna e di riflesso dei pianeti interni del sistema solare, causa della diversità
topografica del lato oscuro8),
strategico (la Luna come base di lancio per le future missioni verso Marte) e
tecnologico (ricadute civile e militari: i sistemi di comunicazione radio e
laser; la miniaturizzazione dei sistemi elettronici, strumenti ad altissima
affidabilità).
Questi progetti tuttavia, oltre alle enormi problematiche tecnologiche
associate, hanno come ostacolo i trattati internazionali che pongono precisi
limiti allo sfruttamento economico della Luna (giudicato bene comune, come ad
esempio l’Antartide). Nel 1967 fu stabilito all’interno dell'Outer Space Treaty
che per la Luna «nessun soggetto nazionale ne può rivendicare la sovranità con
fini di sfruttamento o di occupazione». Successivamente con le tre edizioni
dello US Commercial Space Act, nel 1997, 1998 e nel 2004, le interpretazioni
sono diventate più possibiliste. In pratica, però, lo sfruttamento commerciale
della Luna richiederebbe nuovi accordi internazionali.
Tabella 3: Principali progetti di esplorazione lunare degli enti spaziali
internazionali
Anno |
Programma spaziale di esplorazione lunare |
2006 |
Due missioni lunari dell’Agenzia spaziale Giapponese: Lunar A (100 mil. doll.) e Selene (300 mil. Doll. la più costosa missione dopo il programma Apollo) |
2007 |
Missione lunare cinese, con il lancio della sonda Chang’è per analizzarne la superficie |
2008 |
Sonda americana in
orbita intorno alla Luna per individuare un sito di allunaggio. destinata ad un’orbita lunare di 100 Km di altezza |
2010 |
Va in orbita il
James Webb space telescope, il successore dello Hubble space
telescope. |
2015 |
Parte la missione NASA con equipaggio umano sulla Luna |
2025 |
Missione ESA con equipaggio umano sulla Luna |
Bibliografia
E. Atkins, Liquid Hlium, New York 1959.
Z. Cook, Argon, Helium and the rare gas, New York 1961.
Kulcinksi, Cameron, Santarius, Sviatoslavsky, and Wittenberg, "Fusion Energy
from the Moon for the 21st Century." 1988. Fusion Technology Institute,
University of Wisconsin.
Murray,R.L.Nuclear Energy Woburn,Massachusetts:Butterworth-Heinemann.
Nave,C.R.(2005).Nuclear Fusion.Retrieved July 24,2005,from the Hyper
Physics Website:
http://hyperphysics.phy-astr.gsu.edu/hbase/nucene/fusion.html.
Schmitt, Return to the moon, 2006, ed. Praxis/Springer.
S.A. Weissman, J. Chem. Educ. 23, 223, 1946.
P.D. Spudis “Ritorno alla Luna” Le Scienze n. 426 pp.48-57, Feb. 2004.
________________________
(*)
alessandrogrimaldi@hotmail.com.
1 un
grado sopra lo zero assoluto.
2 detto di una sostanze a viscosità o resistenza interna
estremamente bassa (Ad esempio se sul cammino dell’elio-3 si interpone un setto
con diametro<100 m il superfluido lo attraversa in un tempo t<1 sec. mentre un
normale gas impiegherebbe giorni creando zampilli di altezza dell’ordine dei cm.
3
International Fusion Materials Irradiation Facility.
4 Nave, C.R. (2005). Nuclear Fusion, July, 2005.
5 Harris, K.R., H.Y. Khater,G.L. Kulcinski (1994) Proc.of the
4th International Conference on Engineering, Construction, and Operations in
Space, R.G. Galloway, S. Lokaj, eds. (ASCE Albuquerque, New Mexico) 1, 648-657
6 La regolite è lo strato di materiale eterogeneo che copre le
rocce lunari, (ilmenite stechiometrica, TiFeO3, o non stechiometrica per
incorporazione di magnesio, MgxTi1-xFeO3)
7 Harris-Kuhlman, K.R. (1998) Ph.D. Thesis, University of
Wisconsin – Madison.
8 Spudis Paul D. The once and future of the moon, Smithsonian
Instituttion University Press, 1996; Cohen Barbara A., Lunar Meteorites and the
Lunar Cataclysm, in “Planetary Science Research Discovery” Ge. 2001
Pubblicato su
www.ambientediritto.it il 23/10/2006