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Il federalismo energetico nel settore del gas naturale 

Susanna Dorigoni* - Antonio Sileo

 

Introduzione
Le leggi Bassanini hanno avviato un processo di riforma amministrativa di recente consolidatosi nella riforma del Titolo V della Costituzione. Essa ha ridisegnato competenze, procedimenti e ruoli nel campo della regolazione energetica, delineando un nuovo sistema di governo la cui ratio risiede in un diverso criterio di distribuzione delle funzioni fra centro e periferia. Tale riforma si inserisce in un contesto nazionale e sovranazionale caratterizzato da processi di liberalizzazione ed integrazione dei mercati dell'elettricità e del gas, la cui finalità risiede nel miglioramento delle condizioni economiche e qualitative di fornitura di servizi di interesse generale attraverso la creazione di un mercato concorrenziale. Quest'ultimo dovrebbe, infatti, contribuire ad un generalizzato abbassamento dei prezzi dei prodotti e servizi energetici e, particolarmente nel caso del gas naturale, stante la considerevole dipendenza europea dall'estero per l'acquisto di questa fonte, alla diversificazione dell'offerta ed al miglioramento della sicurezza di approvvigionamento.
In questa sede, dopo un breve esame del risultato della riforma costituzionale e dei suoi possibili effetti sulle varie fasi di cui si compone la filiera del gas naturale, si cercherà di esprimere un giudizio sul nuovo emanando dettato normativo in ordine alla sua funzionalità rispetto alla suddetta liberalizzazione del mercato ed alla sicurezza di importazione, alla luce del nuovo disegno di legge "di riordino del settore energetico" .

La riforma del Titolo V della Costituzione
L'art. 117 della Costituzione, così come modificato dalla L. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, limita la competenza dello Stato a materie espressamente riservate mentre le Regioni hanno potestà legislative in tutte le altre. Ai Comuni spettano le funzioni amministrative.
Lo stesso articolo riconosce al legislatore statale un'attribuzione funzionale ben definita in campo energetico ed inserisce tra le materie a legislazione concorrente la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell'energia. Ciò significa che la potestà legislativa in queste materie spetta alle Regioni che legiferano nel rispetto dei principi fondamentali fissati dallo Stato. Tale decentramento amministrativo si muove lungo due direttrici distinte. La prima consiste nell'incrementare l'efficacia dell'azione amministrativa a mezzo del trasferimento di competenze dal centro alla periferia, consolidando la capacità di governo degli enti locali che divengono maggiormente competenti nella risoluzione dei problemi che meglio si prestano ad una trattazione diretta a livello locale. La seconda è data dalla necessità di sgravare il centro di eccessive competenze ministeriali, e di semplificare le procedure amministrative, mantenendo però in capo allo Stato compiti di indirizzo e coordinamento indispensabili per il corretto utilizzo della potestà di regolamentazione e la scelta delle modalità di concreta attuazione degli interventi da parte degli enti periferici.

Il decentramento nel settore energetico: le possibili motivazioni
Viene spontaneo chiedersi, al di là delle generiche motivazioni sin qui addotte, quale sia la ratio del decentramento del settore energetico. E' opinione di chi scrive che la decisione del legislatore sia, tra le altre, riconducibile ad esigenze di natura amministrativa: è, infatti, determinante accorciare le catene burocratiche ed i tempi decisionali per adattarsi ad uno scenario mutevole ed in evoluzione come quello energetico. Presenta, indubbiamente, un ruolo esplicativo anche la necessità di incentivare lo sviluppo economico regionale: la promozione di forme di intervento a livello locale può meglio consentire all'amministrazione interessata di trovare delle regole che siano appetibili per quanti trovano in aree specifiche l'addensamento di vantaggi competitivi. Non trascurabili appaiono anche motivazioni di ordine sovranazionale legate all'appartenenza del nostro paese all'Unione Europea. Più in particolare, tale partecipazione rende necessario allargare le competenze ed il ruolo delle Regioni che costituiscono un anello fondamentale nell'azione di politica economica nazionale. Da ultimo, ma non per ordine di importanza, pare opportuno ricordare come le attività energetiche presentino spesso una significativa necessità di integrazione territoriale e come, l'intenzione del legislatore, debba perciò essere stata quella di creare delle strutture pubbliche che, proprio perché ancorate alle esigenze del territorio, siano in grado di offrire all'utenza dei servizi migliori rispetto a quelli sino ad oggi erogati dallo stato centrale.
Nel prosieguo del testo si procederà, tuttavia, all'evidenziazione delle possibili criticità del federalismo energetico con riferimento al settore del gas naturale ed alle caratteristiche che esso presenta sia dal lato della domanda che dell'offerta.

Il settore del gas naturale in Italia
Il gas naturale contribuisce significativamente alla copertura della domanda energetica primaria in Italia. Ciò è vero sia storicamente che prospetticamente. Se, infatti, già nel 1990 esso rappresentava il 24% della domanda di energia, oggi la sua penetrazione su bilancio energetico primario supera abbondantemente il 30% ed è destinata ad eguagliare quella del petrolio nell'anno 2015. La ragione di ciò è da ricercarsi nel suo ridotto impatto ambientale e nella progressiva diffusione di tecnologie gas-oriented in tutti i segmenti di utilizzo. Il riferimento va, in passato, al riscaldamento autonomo nel settore civile, alla cogenerazione industriale ed ai processi da forno nell'ambito degli usi produttivi, oggi, alla diffusione della tecnologia del ciclo combinato per la generazione elettrica che rappresenta il comparto cui si attribuisce la quasi totalità del delta di consumo atteso.
Il gas naturale attualmente utilizzato in Italia, proviene per meno di un quinto da giacimenti di coltivazione nazionale, essendo il rimanente importato da produttori extra-europei.

Produzione di gas e federalismo energetico
Nella situazione appena delineata appare evidente l'importanza di incentivare l'attività di prospezione, ricerca e coltivazione a livello nazionale allo scopo di ridurre la dipendenza energetica dall'estero. 
Se è infatti innegabile come la produzione di metano in Italia sia in fase di sensibile declino dal 1995, è però altrettanto vero che l'attività di esplorazione relativa alle cosiddette "ricerche di frontiera" ha negli ultimi tempi segnalato la probabilità che significativi quantitativi della fonte in questione siano presenti nel canale di Sicilia e nell'alto Adriatico.
Stanti le vicende di opposizione locale, in particolare relative all'attività di prospezione e coltivazione in alto Adriatico, entrambe di recente vietate dalla Legge 179/02 di accoglimento delle contrarie istanze locali, viene spontaneo chiedersi se una maggiore valorizzazione dell'intervento locale non possa andare a detrimento dell'incentivazione alla produzione nazionale.
La riforma costituzionale parrebbe infatti consentire alle Regioni di fissare delle regole diverse da quelle attuali per il rilascio dei permessi di ricerca e delle concessioni di coltivazione. L'eventuale dettatura di condizioni più stringenti per l'ottenimento delle necessarie autorizzazioni potrebbe perciò, evidentemente, scoraggiare l'attività di ricerca e produzione.
Oltre a ciò la possibile coesistenza, all'interno di un medesimo paese, di regole diverse concorrerebbe alla formazione di un quadro normativo disorganico e ad una frammentazione "istituzionale" del settore che certo non contribuirebbero all'ingresso di nuovi soggetti sul mercato, o all'intensificazione dell'attività di quelli esistenti.
Il passaggio delle attribuzioni dal centro alla periferia, già di per sé non scevro di problemi relativi alla concreta maturazione di competenze sul campo, indipendentemente dalla loro assegnazione formale, richiede verosimilmente dei tempi tecnici che potrebbero condurre ad una fase di empasse nell'attività di rilascio dei permessi e delle concessioni, con conseguente, ulteriore, rallentamento dell'attività produttiva, finendo con l'incentivare la dipendenza dall'estero. 

Trasporto e federalismo energetico
Il nostro paese continuerà ad essere uno dei maggiori consumatori di gas naturale in Europa. Se, da un lato, il settore civile si configura come un mercato ormai maturo ed il settore industriale ha buone prospettive, con effetto sostituzione nei confronti del gasolio, dall'altro, ancor più significativa si presenta la crescita attesa nel segmento della generazione elettrica, ipotizzando la prosecuzione dell'apertura del mercato e la conseguente ulteriore diffusione di impianti a ciclo combinato.
La crescita attesa della domanda solleva il problema dell'adeguatezza delle infrastrutture di importazione in termini di portata massima. Il sistema di trasporto italiano si compone attualmente di 3 gasdotti di importazione, il TENP/TRANSITGAS che immette a Passo Gries il gas di provenienza Olandese e Norvegese, il TAG che consente l'importazione sino a Tarvisio del gas russo ed il TRANSMED che veicola a Mazara del Vallo il gas algerino, e di un unico terminal di rigassificazione situato a Panigaglia per il trattamento del Gnl, anch'esso algerino.
Sono attualmente in fase di realizzazione tre nuove infrastrutture: due terminal di rigassificazione ed un gasdotto. Quest'ultimo, nominato GREEN STREAM, consentirà l'importazione sino a Gela di gas libico, mentre il terminal di Porto Viro e quello di Brindisi rigassificheranno, rispettivamente, gas proveniente dal Qatar e dall'Egitto. Considerando il tempo medio di realizzazione di un gasdotto con caratteristiche simili a quello menzionato pari a 5-7 anni, e quello necessario alla costruzione di un rigassificatore sensibilmente inferiore, è possibile affermare come al 2010 la capacità di importazione in Italia, sarà pari a circa 110,5 Gmc. 
Essendo tuttavia la capacità nominale di un gasdotto diversa da quella reale a motivo della potenza di pompaggio installata, che, non risentendo, al pari del tubo, dell'effetto di economie di scala, risulta strettamente dimensionata sui valori di domanda correnti e non sulla portata nominale, e della sicurezza di funzionamento dell'infrastruttura che richiede l'esistenza costante di una certa spare-capacity, a tale valore corrisponde una capacità effettiva di circa 95,5 Gmc 
In tale contesto, risulta evidente come la necessità di realizzazione di nuove infrastrutture possa presentarsi nei prossimi anni.
Stanti i problemi di accettabilità sociale legati alla loro costruzione, specie ove si tratti di terminal di rigassificazione, il federalismo energetico desta ancora una volta una serie di dubbi in ordine alla sua funzionalità alla sicurezza di approvvigionamento. Sebbene non risulti al momento ancora chiaro quale potrebbe essere il ruolo delle Regioni nell'iter autorizzativo necessario alla realizzazione delle infrastrutture, è certamente da attendersi un maggiore coinvolgimento delle autorità periferiche portatrici, per definizione, degli interessi territoriali, ambientali e paesaggistici locali non sempre in linea con le esigenze nazionali di potenziamento infrastrutturale.
Da ultimo, ci sia concesso avanzare delle perplessità anche in ordine alla conciliabilità della devolution energetica con la liberalizzazione del mercato. Il riferimento va al monopolio di fatto detenuto da Snam Rete Gas nel segmento del trasporto di gas naturale e alla concentrazione dell'export nelle mani di due paesi non in concorrenza tra loro.
Il problema è dunque duplice: da un punto di vista strettamente economico si potrebbe pensare che il sopraggiunto federalismo energetico possa ostacolare la creazione di nuove infrastrutture, e quindi l'entrata sul mercato di nuovi soggetti a valle della frontiera europea. Da un punto di vista tecnico, essendo la modalità di trasporto Gnl, rispetto alla pipeline, maggiormente flessibile, ed essendo l'opposizione locale più intensa nel caso dei terminal a maggiore impatto paesaggistico-ambientale, è possibile affermare come la devolution possa ostacolare la concorrenza anche a monte della frontiera europea. Il riferimento è alla possibilità legata al Gnl di consentire il cambio di fornitore sulla base delle convenienze relative laddove il gasdotto, una volta realizzato, determina un legame fisico ed inscindibile tra produttore e acquirente.

Il problema delle "tasse ambientali" sulle infrastrutture di trasporto
Il problema del federalismo energetico si manifesta anche con riferimento all'introduzione di tributi regionali sulle infrastrutture di trasporto. Con la Legge 2/02 la Regione Sicilia ha, infatti, istituito un tributo sul gasdotto di importazione algerino sulla base del danno ambientale derivante dalle condotte installate sul suo territorio. 
Dopo il ricorso dell'operatore al TAR che, concorde con l'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas, ha accolto la sua posizione, e l'istanza pendente presso la Corte di Giustizia Europea, con probabile messa in mora. Dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, con sentenza n. 351 del 5 dicembre, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 49 del 10 dicembre, in cui è sancita "la cessazione della materia del contendere" in quanto "l'intervenuto esaurimento del potere promulgativo, che si esercita necessariamente in modo unitario e contestuale rispetto al testo deliberato dall'assemblea regionale, preclude definitivamente che le parti della legge impugnate ed omesse in sede di promulgazione acquistino o esplichino una qualsiasi efficacia, privando di oggetto il giudizio di legittimità costituzionale". Sentenza che, in pratica, afferma che la norma in questione non ha mai avuto efficacia e sulla quale dunque non si può pronunciare. Dopo la dichiarazione di illegittimità della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, in cui il tributo ambientale della Regione Siciliana sulla proprietà dei gasdotti viene considerato in contrasto con la normativa comunitaria.
La situazione non è affatto risolta. 
Quello che preme, però, qui evidenziare è come l'implementazione di una simile misura sia in grado di avere effetti rilevanti sulle tariffe di trasporto, che vanno ben al di là dell'ambito territoriale interessato. Secondo simulazioni fatte, consistenti in un confronto fra i corrispettivi di entrata e uscita sulla rete di trasporto nazionale attualmente in vigore, e quelli che risulterebbero dall'applicazione del tributo siciliano, risulta evidente come, in caso di accertata debenza dello stesso, gli effetti sulla matrice entry-exit, che riporta i corrispettivi di trasporto per tutti i percorsi possibili del gas vettoriato, sarebbero tutt'altro che trascurabili.
Tali effetti, determinati dal modello generale del servizio prescelto in Italia del tipo entry-exit, si presenterebbero distorsivi della concorrenza fra gli operatori preposti all'importazione e discriminatori su base geografica dell'utenza.
Ciò apparirebbe in contrasto con una logica di libero mercato che prevede condizioni di accesso alla rete trasparenti e non discriminatorie ed un pari trattamento dell'utenza.
Laddove simili iniziative dovessero essere poi assunte da altre regioni l'intero sistema tariffario diverrebbe instabile e suscettibile di continua variazione non offrendo agli operatori quel quadro regolatorio certo ed uniforme, indispensabile, oltre che alla concorrenza, alla necessaria prosecuzione dell'attività di investimento nel settore.

Il Disegno di Legge Marzano 
Il settore energetico è attualmente oggetto di riassetto a mezzo del D.d.L. Marzano "di riordino del settore energetico". Tale provvedimento contribuisce in parte a chiarire il riparto di competenze fra stato e Regioni. Il disegno di legge, A.C. 3297 - B, nell'ultima versione modificata dall'Aula del Senato il 26 maggio scorso, con il ricorso al voto di fiducia, è costituito da un unico articolo di 121 commi. Andando per ordine, di filiera, e soffermandoci sulla fase di ricerca e coltivazione, prevede al comma 77 una semplificazione dei procedimenti per la coltivazione degli idrocarburi in terraferma e per la realizzazione delle infrastrutture connesse. Esso opera una distinzione fra competenze nell'ambito del processo di conferimento dei titoli minerari che diviene, però, unico a mezzo della Conferenza dei servizi cui partecipano contestualmente le amministrazioni statali, regionali e locali interessate, sulla base di quanto previsto dalla Legge 241/90 e successive modifiche, comma 78. Prevede, comma 79, che la procedura di V.I.A., "ove richiesta dalle norme vigenti, si conclude entro il termine di tre mesi per le attività in terraferma ed entro il termine di quattro mesi per le attività in mare. Decorso tale termine, l'amministrazione competente in materia si esprime nell'ambito della conferenza unificata". Stabilisce al comma 80 il termine di sei mesi nel caso di permessi di ricerca.
Per quanto concerne la fase di trasporto inizialmente prevista nel D.d.L. Marzano, e confluito ora nella Legge 290 del 27 ottobre 2003, all'art.1 - sexies, comma 1 che recita: "L'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli elettrodotti, degli oleodotti e dei gasdotti, facenti parte delle reti nazionali di trasporto dell'energia, e' rilasciata dalle amministrazioni statali competenti mediante un procedimento unico secondo i principi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, entro il termine di sei mesi dalla data di presentazione della domanda." 
Il testo dell'A. C. 3297 - B al comma 4, prevede che lo stato e le regioni, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale livelli essenziali delle prestazioni concernenti l'energia nelle sue varie forme e in condizioni di omogeneità, sia con riguardo alle modalità di fruizione, sia con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe e al conseguente impatto sulla formazione dei prezzi, garantiscano l'assenza oneri di qualsiasi specie che abbiano effetti economici diretti o indiretti ricadenti al di fuori dell'ambito territoriale delle autorità che li prevedono. Nell'attuale versione del provvedimento è stata infatti eliminata la dicitura "ad esclusione di quelli istituiti a tutela dell'ambiente" che avrebbe legittimato il sunnominato tributo siciliano sul gasdotto algerino.
Particolarmente rilevante appare alla luce di quanto sin qui esposto il trattamento che il provvedimento, commi 17 e 18, riserva alle nuove infrastrutture.
Intenzione di chi scrive è quella di porre in luce la potenziale contraddizione esistente tra il disposto dei summenzionati provvedimenti con riferimento all'incentivazione alla costruzione di nuove infrastrutture di importazione di gas naturale ed il rafforzamento delle competenze regionali in materia che potrebbe rappresentare, alla luce di quanto esposto, un vincolo in ordine al necessario potenziamento della rete ed alla sua tempistica.
Il Disegno di Legge stabilisce, infatti, come le nuove infrastrutture internazionali di interconnessione, che accrescano la concorrenza e diversifichino l'offerta, possano essere esonerate, sulla base di una valutazione fatta caso per caso, dal regime dell'accesso di terzi, da parte del Ministero delle attività produttive, previo parere dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.
Dal Disegno di Legge, ma anche dalla nuova direttiva 2004/55/CE emerge, dunque, un orientamento centralistico, laddove, nell'un caso, si attribuisce al Ministero la competenza in ordine all'attribuzione di eventuali esenzioni, nell'altro, si stabilisce come il regolatore possa essere obbligato a chiedere il parere dell'autorità competente, configurando un processo di decisione congiunta fra authority di settore e amministrazione statale. 
Tale criterio appare ancora una volta di difficile conciliazione con la riforma del Titolo V della Costituzione che attribuisce alle regioni la potestà legislativa in materia di trasporto dell'energia. In particolare diviene di difficile concezione un sistema di trasporto del gas naturale che è soggetto una regolamentazione unitaria da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, di concerto con il Ministero delle attività produttive, per ciò che attiene alla materia tariffaria, alle condizioni di accesso alla rete, agli standard di qualità del servizio e al trattamento delle nuove infrastrutture, e la cui gestione viene demandata da una legge costituzionale alle Regioni.
L'intento della legge statale di incentivare, attraverso il meccanismo delle esenzioni, la diversificazione dell'offerta ed il potenziamento della rete, che potrebbe essere non remunerativo nel caso in cui al finanziatore dell'opera non venisse garantita una priorità nell'accesso alla stessa, potrebbe in parte vanificarsi qualora l'accresciuta competenza regionale dovesse dare una maggiore risonanza alle già menzionate istanze di opposizione locale.

Conclusioni
Il criterio ispiratore della riforma federalista in campo energetico risiede, da un lato, nella necessità di preservare l'unitarietà e la centralità degli indirizzi di politica energetica, in linea con l'inquadramento sovranazionale della materia, dall'altro, nella considerazione delle istanze regionali in relazione al territorio e, dunque, alla produzione e alla realizzazione di infrastrutture di trasporto dell'energia. 
L'intento del presente contributo è consistito nel fornire una descrizione critica delle problematiche inerenti al settore del gas naturale, consapevoli del fatto che, pur presentando il sistema energetico delle forti interdipendenze a livello nazionale, alcune attività della filiera energetica non possono prescindere da specificità locali. Se, infatti, produzione, trasporto e distribuzione dell'energia sono nazionali nei loro benefici, essi sono al contempo spesso locali nelle esternalità negative che generano. D'altro canto bisogna tenere presente che, se il maggiore coinvolgimento/ responsabilizzazione delle autonomie locali può condurre al superamento dei problemi di accettabilità sociale nell'ambito di una programmazione energetica concertata, il federalismo energetico implica sforzi di coordinamento tra i diversi livelli di governo allo scopo di non mettere a repentaglio la sicurezza di approvvigionamento, con una conseguente, inevitabile, lievitazione dei relativi costi e tempi.
Ci sembra di poter affermare come il decentramento decisionale attuato in Italia in materia energetica dalla recente devoluzione possa creare non pochi problemi in ordine sia all'unitarietà del mercato sia alla sua effettiva concorrenzialità.
Per quanto attiene al primo punto l'esistenza di regole diverse rispetto a quelle in vigore a livello comunitario è destinata a condurre ad una frammentazione del mercato che le riforme mirano a ridurre già a livello nazionale, essendo l'obiettivo di queste ultime la creazione di un mercato unico prima ancora che concorrenziale a livello europeo.
Con riferimento a questo secondo tema risulta chiaro come le iniziative regionali in questa sede esaminate conducano inevitabilmente a distorsioni concorrenziali e a discriminazioni del tutto contrarie alla logica di un mercato contendibile.
Per un paese come l'Italia, fortemente dipendente dalle importazioni dall'estero, la concessione di maggiori poteri alla regioni potrebbe costituire un ostacolo all'adeguamento infrastrutturale e produttivo di cui il settore necessita, e che si presenta come non procrastinabile sin dal medio periodo.
In sostanza, l'opinione di chi scrive è che la materia vada attentamente regolata e valutata allo scopo di addivenire ad un chiaro ed opportuno riparto di competenze che non sia incoerente con le esigenze di sviluppo e le logiche del libero mercato, e che sia soprattutto in grado di fornire agli operatori un quadro regolatorio certo e definito in una situazione di mercato che va rapidamente evolvendosi. L'incertezza che sta caratterizzando il processo di devoluzione e, conseguentemente, le regole del gioco, desta infatti non poche preoccupazioni. Non sembra che all'intento di regionalizzazione della materia sia fin qui corrisposto un chiaro riparto di competenze e poteri fra stato centrale e autonomie locali. Lo dimostra il fatto che l'intera materia, lungi dall'essere definita, è ancora in fase di discussione normativa(1)
Non si vuole affermare che gli enti locali non debbano esplicare un ruolo fondamentale nella strategia energetica del paese, bensì che ad essi debbano spettare le responsabilità ed i poteri che sono strettamente legati all'ambito territoriale, evitando così di minare l'unitarietà di gestione di un sistema, come quello del gas naturale, che per natura presenta una dimensione nazionale e sovranazionale, specie per ciò che attiene alla funzione di trasporto, stante l'elevato grado di dipendenza dalle importazioni.
Sia poi da ultimo concesso di esternare un'ultima preoccupazione. 
Il passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni, ancorché immediato sul piano normativo, richiede, sul piano pratico, tempi e costi.
In altri termini, in attesa che la materia venga definita, non è auspicabile che il sistema versi in una situazione di stallo che potrebbe generarsi nel momento in cui non vi fosse una chiara regolazione del transitorio in grado di fornire soluzioni certe sia in ordine ad eventuali conflitti di competenza sia in merito all'esercizio del potere sostitutivo.

 

* Direttrice di ricerca IEFE-Bocconi.

(1) Il Ddl La Loggia, sulla base di una nuova riforma costituzionale, prevedeva, infatti, un federalismo più moderato di quello della legge costituzionale 3/01, nella misura in cui proponeva di tagliare in modo netto il nodo della legislazione concorrente addivenendo ad una ripartizione netta di funzioni. In tale contesto sarebbero state peraltro riattribuite allo stato le competenze relative alla produzione, al trasporto e alla distribuzione dell'energia, superando l'attuale riparto "verticale" di poteri che assegna allo stato la fissazione di principi e alle regioni la formulazione delle norme di dettaglio.