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Eolico: un'opportunità ambientale, energetica e di politica industriale. L'esperienza europea del settore
Wind power: finding the linkage among environmental, energy and industrial policies. Some lessons from the Europen experience
Antonio Di Martino - Arturo Lorenzoni*
Abstract. The cost of fossil fuels is rising
constantly and some trends, such as the increasing demand of energy from
Developing Countries and the upsurge in speculative maneuvers, seem to leave
no room for any change of the trend in the short term. Within such a steady
framework, renewable energies do represent not only a strategic instrument
of industrial as well as economic policy, but also a fair alternative to
traditional fossil fuels.
The present paper studies the efficiency and the effectiveness of the
incentive schemes implemented in several European Countries (i.e. United
Kingdom, Denmark, Germany and Spain) with the intent of assuring both the
completion and the adoption of the technologies required for increasing wind
power competitiveness against that of traditional energy sources.
* * *
Lo scenario energetico mondiale è indubbiamente caratterizzato dal prezzo
alquanto elevato dei combustibili fossili: le quotazioni del petrolio sono in
continua ascesa, com’è dato evincere attraverso il prezzo di benzina e diesel.
Sebbene a definire tale situazione contribuiscano sia fattori contingenti – si
pensi, per fare degli esempi, al conflitto iracheno, ai disordini in Nigeria,
agli scontri di potere in Russia tra gli oligarchi dell'industria petrolifera,
ai danni provocati negli U.S.A. dall’uragano Ivan –, sia speculazioni
finanziarie, è ragionevole ritenere che in futuro il prezzo dei combustibili
tradizionali, petrolio in testa, rimarrà piuttosto elevato: dopotutto, la
crescita esponenziale delle economie di Paesi in via di sviluppo (Cina ed India)
implica un aumento dei consumi energetici globali e la necessità di
approvvigionamento dei combustibili a prezzi sensibilmente più alti che nel
passato.
I rimedi a questo stato di cose potrebbero passare attraverso un nuovo e diverso
sistema di sviluppo, nel quale si consumino meno idrocarburi e più energie
pulite: ciò implicherebbe una trasformazione socio-economica in direzione sia di
un contenimento/razionalizzazione dei consumi, sia della promozione di nuove
energie pulite e rinnovabili.
Del resto, gli impatti ambientali connessi agli attuali livelli d’impiego dei
combustibili fossili – quali, ad esempio, le piogge acide e l’effetto serra –
hanno già indotto l’Unione europea a promuovere e ad incentivare lo sviluppo e
l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili, al fine di introdurre modifiche
nel panorama della produzione di energia e del mercato corrispondente.
Lo sforzo si è tradotto nell’emanazione della Direttiva 27 settembre 2001, n. 77
del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’energia1 : allo scopo di assicurare un
maggiore contributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di
elettricità nel mercato interno, la direttiva ha imposto agli Stati membri di
raggiungere entro l’anno 2010 una percentuale di energia da fonti rinnovabili
pari al 12% del bilancio energetico complessivo ed al 22% dei consumi elettrici
totali dei Paesi UE (Tabella 1).
Tabella 1. Valori di riferimento della Direttiva 2001/77/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio
Elettricità da FR – TWh
– |
% Elettricità da
FR |
% Elettricità da
FR |
|
Belgio |
0,86 |
1,1 |
6,0 |
Danimarca |
3,21 |
8,7 |
29,0 |
Germania |
24,91 |
4,5 |
12,5 |
Grecia |
3,94 |
8,6 |
20,1 |
Spagna |
37,15 |
19,9 |
29,4 |
Francia |
66,00 |
15,0 |
21,0 |
Irlanda |
0,84 |
3,6 |
13,2 |
Italia |
46,46 |
16,0 |
25,0 |
Lussemburgo |
0,14 |
2,1 |
5,7 |
Paesi Bassi |
3,45 |
3,5 |
9,0 |
Austria |
39,05 |
70,0 |
78,1 |
Portogallo |
14,30 |
38,5 |
39,0 |
Finlandia |
19,03 |
24,7 |
31,5 |
Svezia |
72,03 |
49,1 |
60,0 |
Regno Unito |
7,04 |
1,7 |
10,0 |
Comunità |
338,41 TWh |
13,9% |
22% |
* * *
Come ogni atto comunitario di tale specie, anche la Direttiva 2001/77/CE fissa
dunque un obbligo di risultato, l’obiettivo da conseguire, lasciando al singolo
Stato la scelta dei mezzi e delle modalità attuative: pertanto, il singolo Paese
membro resta libero di definire i propri obiettivi di consumi elettrici da
rinnovabili e di adottare le misure di sostegno, di natura economica e
regolamentare, più consone alla situazione sociale, ambientale e normativa
presente all’interno del proprio sistema2 .
L’incremento delle fonti rinnovabili è inscindibile dall’implementazione di
adeguate soluzioni tecnologiche (necessarie ad assicurarne l’impiego nella
produzione/distribuzione di energia) e richiede perciò idonei interventi tanto
in termini di investimenti finanziari, quanto, ed ancor prima, di politiche
promozionali e di sostegno alla ricerca ed allo sviluppo della produzione
nazionale di tali tecnologie.
Conseguentemente, la valorizzazione delle energie rinnovabili costituisce, oltre
che un imperativo di politica energetica ed ambientale, pure un obiettivo di
politica industriale.
* * *
Alla luce della considerazione di cui sopra, il presente contributo intende
verificare, anche in chiave storica, l’efficienza e l’efficacia dei differenti
schemi d’incentivo utilizzati, in Paesi diversi dal nostro, per rendere le fonti
rinnovabili competitive rispetto ai combustibili tradizionali.
L’analisi proposta si concentrerà in particolar modo sul settore eolico e sugli
strumenti incentivanti predisposti dai Paesi europei che maggiormente hanno
fatto ricorso a questa fonte: segnatamente, il Regno Unito, la Danimarca, la
Germania e la Spagna.
* * *
Il Regno Unito ha incentivato le fonti rinnovabili attraverso il programma
Non Fossil Fuel Obligation (NFFO), introdotto in seguito alla
privatizzazione del settore elettrico scaturita dall’Electricity Act (del
1989).
Il meccanismo – consistente nel riservare una quota di domanda elettrica
all’energia da fonti rinnovabili – prevedeva che, nell’ambito di ciascuna
tecnologia, gli operatori offrano progetti alternativi, tra i quali scegliere
quelli caratterizzati dal minor costo unitario di produzione: a questi ultimi
venivano poi garantiti i contratti d’acquisto.
Le compagnie elettriche locali sono contestualmente obbligate ad acquistare
l’energia eolica prodotta dagli operatori, attraverso un meccanismo di selezione
competitiva al prezzo d’asta: le stesse imprese vengono comunque rimborsate
della differenza tra il prezzo pagato e quello medio mensile di acquisto
attraverso la Fossil Fuel Levy (pagata, quest’ultima, da tutti gli
utenti).
Il programma NFFO (incentrato, dunque, sull’applicazione degli strumenti di
libero mercato a sostegno delle fonti rinnovabili) è stato implementato
attraverso gare di appalto per quantitativi prefissati di potenza installata:
specificatamente, negli anni 1990-2000 hanno avuto luogo cinque aste in esito
alle quali si è assistito, da un lato, all’aumento dei progetti proposti e,
dall’altro, ad una sostanziale riduzione dei costi per kWh prodotto.
Difatti, il costo medio contrattato (in sede d’asta) dell’energia eolica è
passato dai 10 UK pence/kWh (del 1990) ai 2,60 pence /kWh (del 2000)3
.
Il sistema del NFFO è stato modificato nel 2003, il meccanismo competitivo di
aggiudicazione dei contratti, imperniato sulla cessione alla rete a prezzi
prefissati, ha fatto sì che i prezzi d’assegnazione dei contratti si
contraessero notevolmente4.
Sotto la spinta dell’Utilities Act – che, emanato nel 2000, ha emendato
in parte il precedente programma –, il NFFO è stato perciò sostituito dal
mercato delle c.d. Renewable Obligations (RO), con il dichiarato
obiettivo di passare dal 3% di produzione di energia elettrica da fonte
rinnovabile (del 2003) ad una produzione del 10,4%, nel 2010. Per conseguire
questi risultati, l’Autorità di regolazione ha previsto penali a carico dei
soggetti che non dovessero aderire al programma (pari a 3,51 UK pence per kWh).
Le imprese obbligate possono procurarsi i certificati in tre diversi modi:
• proprietà e gestione degli impianti di produzione di energie rinnovabili;
• acquisto dei certificati dai soggetti proprietari degli impianti di cui sopra;
• compravendita di RO da broker, indipendentemente dall’energia elettrica
prodotta.
I produttori di energie rinnovabili sono inoltre esentati dalla tassa
sull’inquinamento, la c.d. Climate Change Levy5.
Il sistema prevede infine vari fondi a supporto degli investimenti nel campo
delle energie rinnovabili (Clear Skies Scheme, DTI’s Offshore Wind Capital
Grant Scheme, Energy Crops Scheme, Major PV Demonstration Programme, Scottish
Community Renewable Initiative).
* * *
La strategia d’incentivazione delle energie rinnovabili in Danimarca si è
concentrata in larga misura proprio sul settore eolico: basti pensare che,
all’inizio del 2001, la potenza installata in questo Paese corrispondeva a 2.013
MW, circa il 13% del totale europeo, mentre le turbine in funzione erano ben
5.953. Ad ottobre 2004, la potenza installata è ulteriormente salita a 3.094 MW
(fonte: dati EWEA e ENEA).
Il programma eolico danese si connota per la stabilità degli interventi
proposti: la qual cosa ha favorito la creazione di un mercato interno tra i più
dinamici in Europa e consentito alla Danimarca di divenire il principale
produttore mondiale di turbine eoliche (con un mercato che nel 1999 copriva una
quota del 60%).
Gli incentivi accordati alla fonte eolica variano a seconda della titolarità
degli impianti, che può essere suddivisa in tre categorie:
• le cooperative;
• la proprietà privata/domestica;
• le utility.
Nei primi due casi, la sussidiazione avviene attraverso contratti garantiti con
le imprese di distribuzione, tenute a corrispondere ai produttori l’85% del
locale prezzo al dettaglio della elettricità, pari a 0,33 DKK/kWh (circa 0,04
€). Questi ultimi ricevono anche il rimborso dell’energy tax, pari a 0,17
DKK/kWh (corrispondenti a 0,02 €) e della carbon tax, per un importo di
0,10 DKK/kWh (pari a 0,01 €). In definitiva, dunque, l’energia eolica non
generata dalle compagnie elettriche riceve un prezzo complessivo di 0,60 DKK/kWh
(circa 7 Eurocent).
I progetti eolici di proprietà delle compagnie distributive non ricevono invece
alcun trattamento fiscale preferenziale, avendo diritto al solo rimborso della
tassa sui contenuti di carbonio. Inoltre, sulla base di un accordo stipulato con
il Governo, le imprese elettriche danesi sono altresì obbligate alla costruzione
di nuovi impianti.
Come si vede, la soluzione sperimentata in Danimarca si connota per l’enfasi
posta sulla proprietà privata e cooperativa dei siti eolici, favorendo lo
sviluppo di progetti di piccole dimensioni: questo approccio permette alla
popolazione locale di trarre in via diretta un beneficio economico dallo
sviluppo dell’energia eolica ed ha conseguentemente ridotto l’opposizione
sociale alla sua diffusione (ciò che, altrove, rappresenta un ostacolo
significativo allo sviluppo di questa fonte energetica). Il Paese trae ormai un
quinto del proprio fabbisogno energetico dal vento, sfruttato anche con impianti
eolici marini.
* * *
Anche in Germania l’industria eolica costituisce il principale esempio di
promozione delle fonti rinnovabili: all’inizio del 2001, la potenza installata
raggiungeva gli 8.761 MW – pari al 58% del totale europeo – e gli impianti
installati erano 11.272; i dati più recenti, risalenti al 2004, attestano che la
produzione tedesca di energia eolica ha toccato i 15.329 MW di potenza
installata, al punto che nella regione dello Schleswig-Holstein l’eolico
assicura il 30% del fabbisogno energetico locale (fonte: CorriereEconomia
del 13 dicembre 2004, pag. 6).
I fattori di questo successo sono riconducibili a:
• la remunerazione dell’energia eolica, che avviene attraverso una tariffa fissa
garantita dalla legge elettrica tedesca. L’energia eolica, da chiunque prodotta,
è acquistata dalle imprese ad un prezzo predeterminato e indicizzato alla
tariffa elettrica residenziale. I produttori ricevono un pagamento pari al 90%
della tariffa civile, mentre i costi aggiuntivi (rispetto all’acquisto di
elettricità da fonte tradizionale) sono traslati dai distributori sugli utenti
finali;
• il varo nel 1990 del “MW Wind Program”: esso prevede la concessione di
sussidi in conto capitale pari a 200 DM/kW (circa € 102,00) e sino ad un massimo
di 100.000 DM (€ 51.000,00) per ogni progetto considerato (per i progetti che
prevedano impianti di potenza installata superiori a 1 MW, il contributo sale a
150.000 DM, pari a circa € 76.500,00);
• l’erogazione di finanziamenti a tasso agevolato da parte della Deutsche
Ausgleichsbank, che fornisce prestiti a condizioni favorevoli per tutti i
progetti in campo ambientale6: considerato che i
prestiti sono in grado di coprire circa il 75% dell’investimento, e data la
possibilità di ottenere ulteriori finanziamenti a livello locale, il capitale
proprio richiesto agli operatori per la realizzazione di un progetto di medie
dimensioni corrisponde al 5-8% circa del costo totale.
L’effetto combinato di queste misure è evidente: la Germania rappresenta ormai
il primo Paese produttore di energia eolica al mondo, da tempo avendo superato
anche gli Stati Uniti in termini di potenza installata (a fine 2004, oltre
15.000 MW installati).
* * *
La Spagna si è dotata di consistenti risorse eoliche e di un’avanzata tecnologia
grazie ad un massiccio programma di ricerca e sviluppo finanziato dal Governo
nei decenni passati: alla fine del 2001, la potenza installata rappresentava ben
il 16% di quella europea, pari a 2.431 MW, con 4.681 impianti installati. Il
trend si è ulteriormente rafforzato nei giorni più vicini a noi: la potenza
installata ha raggiunto i 4.825 MW di fine 2002, attestandosi poi sui 6.800 MW
dello scorso ottobre (fonte: dati EWEA e ENEA).
Il programma spagnolo di implementazione dell’energia eolica – partito agli
inizi degli anni ’80 con il dichiarato scopo di creare un’industria domestica di
settore – si è recentemente tradotto nella messa a punto del Programma per il
Risparmio Energetico e l’Efficienza (PAEE), nel cui ambito è inserito uno
specifico piano d’azione per il sostegno alle fonti rinnovabili (quest’ultimo,
basato sulla erogazione di contributi in conto capitale per l’installazione dei
siti eolici)7.
Per parte loro, le compagnie elettriche sono tenute ad acquistare l’energia
eolica prodotta dai generatori ad un prezzo garantito per un periodo di 5 anni.
I Piani di sviluppo nazionali sono affiancati dai programmi locali, ogni Regione
avendo il potere di implementare una strategia di sussidiazione e programmi di
sviluppo8.
L’esperienza spagnola mostra il ruolo essenziale svolto dalle Istituzioni,
pubbliche e private di ricerca, nella messa a punto dei programmi (di sviluppo
delle fonti rinnovabili), strumenti indispensabili nella creazione
dell’industria e del mercato dell’eolico.
* * *
I sistemi di incentivazione alla produzione energetica eolica sin qui esaminati
mostrano come gli strumenti di sostegno a questa “tecnologia verde” –
finalizzati ad integrare le energie rinnovabili nel mercato della generazione
elettrica – siano riconducibili a due categorie di fondo: gli strumenti di
prezzo e gli strumenti di quantità.
I primi si fondano sul sistema c.d. della remunerazione con tariffa fissa
– utilizzato, come si è visto, in Danimarca, Germania e Spagna –, a sua volta
accompagnato dall’obbligo delle compagnie elettriche di acquistare l’energia
prodotta con fonte eolica ad un prezzo predeterminato, e garantito per un certo
lasso di tempo (in genere, 15 anni), dall’Autorità competente.
Si tratta, dunque, d’uno strumento di prezzo nella misura in cui la quantità
prodotta non è nota ex ante, mentre il prezzo è determinato in maniera
esogena.
Il sistema:
genera rendite differenziali, posto che tutti i produttori beneficiano di una
tariffa comune, compresi quelli i cui costi marginali di produzione sono
inferiori;
implica che il costo della sussidiazione sia sopportato dagli utenti delle
imprese di distribuzione, ovvero recuperato attraverso il gettito fiscale;
assicura un incentivo all’entrata sul mercato elettrico, in termini di
profittabilità dell’investimento, rischio e costi di transazione. Difatti,
grazie alla garanzia di un prezzo fisso e remunerativo, si assicura la
remunerazione del KWh prodotto con fonte eolica ed un congruo ritorno
sull’investimento: ciò consente uno sviluppo sostenuto del settore in termini
sia di capacità installata, sia di crescita della relativa industria
manifatturiera;
può non offrire tuttavia un sufficiente incentivo alla riduzione dei costi e,
dunque, uno stimolo all’innovazione tecnologica.
Viceversa, i c.d. strumenti di quantità (sperimentati, ad esempio, nel
Regno Unito) implicano che sia l’Autorità di regolamentazione a definire un
mercato riservato per un certo quantitativo di energia rinnovabile e ad
organizzare un processo competitivo tra i produttori per l’allocazione di tale
quantitativo.
In questo caso, diversamente dai sistemi c.d. remunerazione con tariffa fissa, è
la quantità di energia ad essere fissata esogenamente, mentre il prezzo nasce in
sede d’asta.
Il meccanismo:
è un efficace incentivo alla riduzione dei costi di produzione:
invero, l’esperienza britannica del NFFO ha dimostrato come, in sede di asta, il
prezzo medio del KWh sia sceso da 7,6 Eurocent – della contrattazione del l994 –
a 4,1 Eurocent, nella sessione del 2001;
permette un controllo più semplice del livello di sussidi da erogare; da
questo punto di vista, i sistemi di incentivo basati sulla quantità consentono
al Regolatore di mantenere un certo controllo della spesa attraverso
l’organizzazione di sedute d’asta successive che rivelano la forma della curva
di costo;
può ingenerare fenomeni di opposizione sociale alla localizzazione dei siti
eolici, giacché alcuni aspetti (come gli studi di fattibilità ambientale,
l’equilibrata distribuzione dei siti sul territorio e i programmi di
informazione) vengono trascurati in favore della competitività.
* * *
In conclusione, il contenimento dei costi energetici e l’aumento della capacità
installata costituiscono due finalità che non sono conseguibili contestualmente
nell’implementazione della fonte eolica: le esperienze di Danimarca e Germania
stanno a dimostrare l’importanza del sistema di tariffe garantite nel creare le
condizioni favorevoli alla diffusione dell’energia eolica entro i propri
confini, tale da accompagnarsi ad un graduale e consistente incremento della
capacità installata. Viceversa, l’esperienza britannica del NFFO ha mostrato
come l’eccessiva competizione sui prezzi abbia compromesso la diffusione della
tecnologia.
Ciò malgrado, le fonti rinnovabili in genere, e l’eolico in particolare, possono
rappresentare uno strumento strategico di politica industriale e di crescita
(economica ed occupazionale) delle singole economie nazionali: i tempi appaiono
maturi affinché tali energie si affianchino in misura sempre più rilevante ai
tradizionali combustibili fossili9, anche alla luce
dei vincoli imposti dalla ratifica del Protocollo di Kyoto10.
Gli investimenti per il loro sviluppo possono rappresentare un’occasione di
crescita economica diffusa sul territorio, purché le azioni di sostegno, sul
lato della domanda, siano accompagnate da idonei interventi, sul lato
dell’offerta: a condizione, detto altrimenti, di supportare la promozione e lo
sviluppo nazionali delle “tecnologie verdi”.
___________________________________________
* Università degli Studi di Padova e direttore di ricerca IEFE-Bocconi.
1 Pubblicata in G.U.C.E, serie L, del 27 ottobre 2001, la
direttiva rappresenta la traduzione in norme di documenti di politica
energetica, già elaborati dalla Commissione europea nel decennio precedente: si
tratta, rispettivamente, del Libro Bianco per una strategia e un piano di
azione della Comunità, Energia per il futuro: le fonti di energia rinnovabili
(del 26 novembre 1997) e del Libro Verde, Verso una strategia europea per la
sicurezza dell’approvvigionamento energetico (del 29 novembre 2000).
2 L’Italia ha attuato la normativa comunitaria in oggetto
mediante il Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da
fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità),
pubblicato in G.U., Serie Ordinaria, n. 25 del 31 gennaio 2004.
Senza alcuna pretesa di un’esegesi puntuale del testo normativo, si può dire che
il decreto 387/2003 è connotato da una logica di innovazione nella continuità:
per un verso, esso mantiene l’attuale meccanismo di sostegno delle energie
rinnovabili, basato sull’obbligo della quota minima e sui certificati verdi; per
altro verso, si apportano taluni correttivi, necessari per dare nuovo impulso
allo sviluppo del settore.
Ferma restando tale premessa metodologica, si segnalano le seguenti
disposizioni:
• la quota minima di elettricità prodotta con impianti alimentati da fonti
rinnovabili - già fissata nel 1999 al 2% -viene innalzata di 0,35 punti
percentuali l’anno per il triennio 2004-06. Ulteriori incrementi di quota,
ripartiti per i trienni 2007-’09 e 2010-’12, sono stabiliti con decreti del
Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e sentita la Conferenza unificata, rispettivamente
entro il 2004 e il 2007 (articolo 4);
• al fine di assicurare che agli incrementi di quota si accompagni un’effettiva
nuova produzione di energie rinnovabili, si eliminano gli ostacoli procedurali
riguardanti il collegamento alla rete elettrica e le procedure autorizzative.
Con riguardo al collegamento alla rete, l’articolo 14 demanda all’Autorità per
l’energia elettrica e il gas il compito di emanare le direttive necessarie a
definire le condizioni tecniche ed economiche per la connessione degli impianti;
per quanto attiene invece alle procedure di autorizzazione, l’articolo 12 del
decreto delegato ne prevede una semplificazione ed un’accelerazione mediante la
previsione di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli
impianti, rilasciata in esito ad un procedimento singolo che è svolto dalla
Regione – o da altro soggetto istituzionale da essa delegato – ed al quale
dovranno partecipare tutte le Amministrazioni interessate (con il meccanismo
della Conferenza di servizi), da concludersi entro il termine massimo di
centottanta giorni;
• rilevanti sono infine le norme finalizzate alla creazione di un clima di
condivisione sociale degli obiettivi fissati dal Governo ed a supporto d’un
corretto svolgimento del procedimento di autorizzazione. È prevista (per il
triennio 2004-’06) l’effettuazione di una campagna di informazione e di
comunicazione istituzionale sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza negli usi
finali dell’energia, a cura del Ministro delle attività produttive e di concerto
con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio (articolo 15); viene
inoltre istituito un Osservatorio nazionale sulle fonti rinnovabili e
l'efficienza negli usi finali dell'energia, con il compito di raccogliere tutti
gli elementi necessari per valutare l’efficacia e gli effetti delle misure
adottate (articolo 16).
3 Maggiori ragguagli in A. Lorenzoni e L. Zingale (a cura di),
Le fonti rinnovabili di energia. Un’opportunità di politica industriale per
l’Italia, Franco Angeli, Milano, 2004, pagg. 50-51.
4 Le conseguenze del parziale fallimento del NFFO si sono
manifestate anche sul lato dell’offerta, con le imprese britanniche che hanno
sofferto la concorrenza esasperata per la riduzione dei costi, sino ad uscire
dal mercato internazionale.
5 In vigore dal 1° aprile 2001, la Climate Change Levy è una
tassa che grava sulla vendita dei prodotti energetici e sui consumatori
industriali e commerciali: nel caso specifico dell’elettricità, la tassa ammonta
a 0,43 UK pence/KWh (equivalenti a 0,75 cent/kWh). Trattandosi di una tassa
finalizzata a ridurre il livello delle emissioni di gas serra, sono comunque
esentate e/o escluse dall’imposizione alcune commodity: è il caso, appunto,
delle fonti rinnovabili. Sull’argomento, amplius, si rinvia ad A.
Lorenzoni e L. Zingale (a cura di), Le fonti rinnovabili di energia.
Un’opportunità di politica industriale per l’Italia, cit., pagg. 124-126.
6 I finanziamenti sono ottenibili ad un tasso inferiore di due
punti percentuali rispetto a quello di mercato ed il loro rimborso è previsto
soltanto a partire dal quinto anno successivo alla messa in opera del progetto.
7 I contributi vengono erogati a cura del Ministero
dell’Industria e dell’Institute for Energy Diversification and Conservation
(IDAE): quest’ultimo è un Ente pubblico incaricato dell’amministrazione e
dell’erogazione dei fondi. Nell’ambito del suddetto programma, ciascun anno
viene emanato un apposito decreto, che fissa l’ammontare massimo del sussidio in
relazione alla tecnologia contemplata: nell’anno 2001, tale contributo ammontava
al 30% dell’investimento totale.
8 Sul punto, si rinvia a A. Lorenzoni e L. Zingale (a cura di),
Le fonti rinnovabili di energia. Un’opportunità di politica industriale per
l’Italia, cit., pagg. 58-60: ivi il rilevo secondo cui “[…] a livello regionale
l’opportunità di creare una nuova industria manifatturiera ha rappresentato una
forte motivazione per i relativi governi nell’adottare misure di supporto al
settore eolico, da subito mostratosi in grado di creare nuove opportunità,
dirette e indirette, di lavoro e di fornire un nuovo slancio alle economie
locali”. In alcune regioni, come la Navarra, si è giunti al 50% di energia
prodotta dal vento.
9 Quanto riportato nel testo non deve intendersi in termini di
incondizionata corsa all’eolico tout court: difatti, l’energia generata dal
vento soffre di limiti intrinseci quali, ad esempio, l’imprevedibilità
climatica, il fatto che le zone di maggiore interesse siano sovente lontane
dalle aree di utilizzo e la necessità di richiedere l’occupazione di ampie
superfici (con conseguente impatto visivo sul paesaggio). Né va dimenticato che,
in alcune delle esperienze straniere considerate, lo sviluppo dell’eolico si è
intimamente legato alla creazione di un’industria domestica di settore: si
tratta perciò di verificare con attenzione la compatibilità di simili soluzioni
alla luce della nuova (e sopravvenuta) normativa comunitaria di liberalizzazione
dei mercati energetici.
La scelta in favore dell’eolico deve essere ponderata cum grano salis
dalle Istituzioni Pubbliche e costituire il portato di un processo partecipativo
e decisionale che coinvolga attivamente l’opinione pubblica, alla quale andranno
rappresentate con chiarezza l’obiettivo, le alternative, le ricadute economiche
e gli effetti di una simile opzione (onde evitare fenomeni di opposizione
sociale, tanto eclatanti quanto deprecabili, come gli attentati ai construendi
siti eolici recentemente accaduti in Sardegna).
In tale prospettiva, ci si limita a richiamare un dato riportato dal primo
Atlante eolico italiano - pubblicato dal CESI in collaborazione con l’ENEA -
alla cui stregua l’Italia, pur vantando medie di vento inferiori a quelle del
Nord Europa (nello specifico, la Sardegna, la Sicilia ed i crinali appenninici
del Centro-Sud assicurano medie di ventosità intorno ai 3,5 - 4,5 metri al
secondo, contro i 6 m/s dei Paesi nordeuropei), presenterebbe comunque
condizioni geografiche ideali per l’installazione di generatori, tali da
soddisfare fino al 15% del fabbisogno energetico nazionale grazie alle nuove
tecnologie in grado di produrre energia eolica a costi notevolmente inferiori
rispetto al passato (per maggiori ragguagli, si rinvia all’articolo “Energia,
silenzio si alza il vento”, in CorriereEconomia del 13 dicembre 2004, cit.).
L’Atlante eolico italiano è consultabile all’indirizzo www.ricercadisistema.it/html/ita/doc/3/37/index.htm
10 È recente la notizia (fonte: “L’energia eolica diventa
una vera opportunità”, in La Repubblica Affari&Finanza del 6 giugno 2005)
della realizzazione, da parte di General Electric, di un impianto eolico in
Irlanda, già in grado di fornire energia elettrica a circa sedicimila abitazioni
(per un totale di 175 MW) e con una prospettiva di incremento della potenza
installata fino a 520 MW, pari al 10% dell’intero fabbisogno energetico di
questo Paese.