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Legge 239/2004: prime osservazioni 

Antonio Di Martino - Antonio Sileo

 

Dopo quasi due anni di esame – e, precisamente, dal novembre 2002 – il Parlamento ha approvato la Legge 23 agosto 2004, n. 239, recante norme per il “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”1 presentato su iniziativa dell'(allora) Ministro delle attività produttive, Antonio Marzano, ed approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 13 settembre dello stesso anno.

Licenziato dalla Camera il 16 luglio 2003, il testo legislativo è stato approvato il 26 maggio 2004 anche dall’Aula di Palazzo Madama con un emendamento, interamente sostitutivo del precedente testo, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

Quest’ultimo, caratterizzato da un unico articolo di 121 commi, è il testo definitivo: invero, in terza e definitiva lettura, l'Aula di Montecitorio ha annullato con sette emendamenti ad hoc del Governo le modifiche apportate dalla Commissione Attività Produttive (X) della stessa Camera, con l'effetto di approvare2 il medesimo testo già licenziato dal Senato.

La Legge 239/2004 (c.d. legge Marzano) è finalizzata alla riforma ed al complessivo riordino del settore dell’energia, sulla base degli orientamenti emersi nel corso dell’indagine conoscitiva svoltasi presso la Commissione Attività Produttive della Camera, e modifica il quadro normativo di riferimento delineato dai decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie sull’apertura dei mercati (il D.Lgs. n. 79/1999 per l’energia elettrica ed il D.Lgs. n. 164/2000 per il gas), secondo alcune linee di intervento, quali: 1) la ripartizione delle competenze dello Stato e delle Regioni, in relazione alle modifiche introdotte dalla riforma del Titolo V della Costituzione (L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3), con l'indicazione dei principi fondamentali per la legislazione regionale nel settore; 2) il completamento della liberalizzazione dei mercati energetici, al fine di promuovere la concorrenza e ridurre i prezzi; 3) l'incremento dell’efficienza del mercato interno, attraverso procedure di semplificazione e interventi di riorganizzazione del settore; 4) una più incisiva diversificazione delle fonti energetiche, anche a tutela della sicurezza degli approvvigionamenti e dell’ambiente.

Va detto comunque che il testo originario del D.d.L., partito con grandi ambizioni di riforma di tutta la complessa normativa sui temi energetici, è stato via via impoverito, a seguito dello stralcio di parte dei suoi contenuti più significativi, confluiti in altri provvedimenti3.

Tra le questioni affrontate, spiccano innanzitutto le norme sul rapporto Stato-Regioni e sui poteri dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

La riforma del Titolo V della Costituzione ha posto l’energia (rectius: produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia) tra le materie di legislazione concorrente fra Stato e Regioni, modificando i ruoli ed i compiti dei diversi livelli di governo (art. 117, comma 3, Cost.). Ne sono conseguiti il proliferare dei tentativi di pianificazione regionale e la frammistione nell’attribuzione di poteri, che mal si conciliano con le caratteristiche di fondo del settore energetico: quest’ultimo, invero, attraversa una fase di grandi potenzialità di investimento, sicché lo stato delle risorse di generazione e trasporto impone una stagione di rinnovamento e potenziamento delle infrastrutture, all’interno di un sistema di regole (giuridiche, ma non solo) chiaro e definito.

In tale ottica, la Legge Marzano si pone l’obiettivo di trovare un punto d’equilibrio tra poteri statali e poteri locali, sotto la spinta della necessità della pianificazione e gestione unitaria del sistema, che presenta esigenze di coordinamento sconosciute ad altri settori industriali: la soluzione prevista dal provvedimento, nel quadro di un più generale (ri)assetto dei poteri amministrativi, consiste nell’elaborazione e definizione in capo allo Stato degli obiettivi e delle linee della politica energetica, nonché i criteri generali per la sua attuazione a livello territoriale.

Come si evince dai commi 7 ed 8 del disegno di legge, lo Stato, anche avvalendosi dell’Autorità, esercita i compiti e le funzioni amministrative necessari a promuovere il funzionamento unitario dei mercati dell’energia, la non discriminazione nell’accesso alle fonti energetiche e alle relative modalità di fruizione e il riequilibrio territoriale (a titolo esemplificativo, ne elenchiamo alcuni: determinazioni inerenti importazione e l’esportazione di energia; definizione del quadro di programmazione di settore; determinazione dei criteri generali tecnico-costruttivi e delle norme tecniche essenziali degli impianti di produzione, trasporto, stoccaggio e distribuzione dell’energia, nonché delle caratteristiche tecniche e merceologiche dell’energia importata, prodotta, distribuita e consumata; imposizione e la vigilanza sulle scorte energetiche obbligatorie; identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti; programmazione di grandi reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti;utilizzazione del pubblico demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità di approvvigionamento di fonti di energia; determinazioni in materia di rifiuti radioattivi; stipula delle convenzioni per il trasporto dell’energia elettrica sulla rete nazionale; approvazione degli indirizzi di sviluppo della rete di trasmissione nazionale, considerati anche i piani regionali di sviluppo del servizio elettrico; individuazione, di intesa con la Conferenza unificata, della rete nazionale di gasdotti; autorizzazione allo svolgimento delle attività di importazione e vendita del gas ai clienti finali rilasciata sulla base di criteri generali stabiliti, sentita la Conferenza unificata); in concreto, tale risultato è perseguito mediante la creazione di una cabina di regia – individuata nella Direzione Energia del Ministero, alla quale si riconosce la possibilità di nominare esperti e procedere ad assunzioni nel prossimo triennio, anche in deroga al blocco delle assunzioni previsto dalla Finanziaria 2004 – cui si demanda la definizione degli obiettivi e delle linee della politica energetica nazionale, nonché i criteri generali per la sua attuazione a livello territoriale, in linea con le esigenze di certezza (normativa ed economica) peculiari del mercato dell’energia4.

La legge 239/2004 prevede altresì che, attraverso la Struttura sopra menzionata, il Ministero delle attività produttive, al fine di accrescere la sicurezza e l’efficienza del sistema energetico nazionale (mediante interventi per la diversificazione delle fonti e l’uso efficiente dell’energia) realizzi, nel triennio 2004-2006, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio: a) un piano nazionale di educazione e informazione sul risparmio e sull’uso efficiente dell’energia5; b) progetti pilota per il risparmio ed il contenimento dei consumi energetici in edifici utilizzati come uffici da pubbliche amministrazioni.

La legge Marzano definisce un nuovo modello organizzativo dei rapporti tra il Governo e l’Autorità di regolazione (la cui composizione viene contestualmente modificata, giacché a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, tale organismo sarà costituito da un Presidente e quattro membri, ex comma 15): è previsto che il Governo indichi all’Autorità per l’energia elettrica e il gas, nell’ambito del Documento di programmazione economico-finanziaria, le linee fondamentali di sviluppo dei servizi di pubblica utilità dei settori dell’energia elettrica e del gas, in conformità agli interessi generali del Paese; inoltre, ai fini del perseguimento degli obiettivi generali di politica energetica del Paese, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive, può definire, sentite le Commissioni parlamentari competenti, gli indirizzi di politica generale del settore per l’esercizio delle funzioni attribuite all’Autorità per l’energia elettrica.

Per parte sua, l’Autorità di regolazione è tenuta a presentare alle Camere ed al Presidente del Consiglio dei ministri, entro il 30 giugno di ciascun anno, la relazione sullo stato dei servizi e sull’attività svolta: nella relazione l’Autorità illustra anche le iniziative assunte nel quadro delle esigenze di sviluppo dei servizi di pubblica utilità e in conformità agli indirizzi di politica generale del settore.

La legge in commento detta altresì nuove regole incidenti sull’attività consultiva e normativa dell’organismo di regolazione; in particolare:

- nei casi in cui sia tenuta a rendere pareri su provvedimenti o atti, l’Autorità deve pronunziarsi entro il termine di sessanta giorni (dalla data di ricevimento del provvedimento o dell’atto) decorso inutilmente il quale, il provvedimento o l’atto può è comunque adottato;

- qualora l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ometta di adottare nei termini atti o provvedimenti di sua competenza, all’Esecutivo è riconosciuto un potere sostitutivo: nella fattispecie, la norma prevede che il Ministro delle attività produttive trasmetta all’Autorità un sollecito ad adempiere entro i successivi sessanta giorni; trascorso tale termine senza che l’Autorità abbia provveduto, l’atto o il provvedimento sarà adottato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive.

Si tratta di norme assai stringenti e, come tali, incidenti in profondità sul funzionamento dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas: viene da chiedersi a questo punto se il meccanismo del silenzio/assenso – che pure, secondo autorevole dottrina (Sandulli), riflette la tendenza legislativa verso un modello di amministrazione “meno inbitoria nei confronti dei soggetti controllati” – rappresenti il meccanismo più appropriato per un mercato, come quello energetico, contraddistinto da complessità ed interrelazioni che (sembrerebbero) mal conciliarsi con l’apposizione di un termine piuttosto breve, come quello previsto dal disegno di legge che si commenta.

Le medesime questioni di governance (relative, stavolta, ai rapporti tra istituzioni e opinione pubblica) sottendono, a ben vedere, altresì alla normativa in tema di compensazioni ambientali: il disegno di legge statuisce che i proprietari di nuovi impianti di produzione di energia elettrica di potenza termica non inferiore a 300 MW6 corrispondano alla regione sede degli impianti, a titolo di contributo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio e per l’impatto logistico dei cantieri, un importo di € 0,20 euro per ogni MWh di energia elettrica prodotta, limitatamente ai primi sette anni di esercizio degli impianti7; tale importo è soggetto a revisione biennale, a cura del Ministro dell’economia e delle finanze.

Circa gli impianti oggetto di interventi di potenziamento, il contributo (calcolato con riferimento all’incremento di potenza derivante dall’intervento) è ridotto alla metà e corrisposto per un periodo di tre anni dall’entrata in esercizio dello intervento stesso.

Il contributo compensativo non è dovuto in tutti i casi in cui vengono stipulati accordi o risultino comunque già stipulati accordi volontari relativi a misure di compensazione: in tal caso, evidentemente, è da stabilire se debba riconosciuta ai soggetti stipulanti la facoltà di determinare il contributo compensativo secondo criteri derogatori in peius rispetto a quelli individuati dal legislatore nazionale.

Interessante è infine la norma alla cui stregua, con riferimento agli impianti di produzione di energia elettrica i quali, per la loro particolare ubicazione interessino o esplichino effetti ed impatti su parchi nazionali, il contributo da corrispondersi agli enti territoriali interessati andrà calcolato sulla base di criteri individuati con apposito decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

il testo (ri)affronta, altresì, nei commi da 98 a 106, la questione della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi: si integrano, infatti, le disposizioni del "decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368".

Due sono le critiche che su tale annosa questione, in prima battuta, sentiamo di muovere al testo: a) la provvisoria individuazione di siti per la messa in sicurezza e lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi di III categoria e b) l’ampiezza dei poteri attribuiti alla “Società gestione impianti nucleari (SOGIN Spa)”.
Il comma 99 recita che la SOGIN “provvede alla messa in sicurezza ed allo stoccaggio provvisorio dei rifiuti radioattivi di III categoria, nei siti che saranno individuati secondo le medesime procedure per la messa in sicurezza e lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti radioattivi di I e II categoria indicate dall’articolo 3, comma 1-bis, del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368.”
Su tale disposto ci permetteremmo, semplicemente, di citare Guglielmo di Occam: entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem.
Circa il punto b), l’assegnazione alla SOGIN (che, ai sensi dell’art. 1 comma 1 della 368/03, ha un anno per l’individuazione del sito unico, adatto alla costruzione del Deposito nazionale: il termine scade il 10 gennaio 2005) di un ruolo principe (a discapito, soprattutto, dell’ENEA) nella gestione di questa delicata materia è una scelta di per sé coraggiosa, ma sulla cui efficacia ci sentiamo di dubitare.
La legge Marzano norma compiutamente8 aspetti relativi al settore del gas naturale. Andando per ordine, di filiera, e soffermandoci sulla fase di ricerca e coltivazione, il comma 77 prevede una semplificazione dei procedimenti per la coltivazione degli idrocarburi in terraferma e la realizzazione delle infrastrutture connesse; opera una distinzione fra competenze nell'ambito del processo di conferimento dei titoli minerari che diviene, però, unico a mezzo della Conferenza dei servizi cui partecipano contestualmente le amministrazioni statali, regionali e locali interessate, sulla base di quanto previsto dalla legge 241/90 e successive modifiche: comma 78. Ex comma 79, la procedura di V.I.A., "ove richiesta dalle norme vigenti, si conclude entro il termine di tre mesi per le attività in terraferma ed entro il termine di quattro mesi per le attività in mare. Decorso tale termine, l'amministrazione competente in materia si esprime nell'ambito della conferenza unificata". Si stabilisce, al comma 80, il termine di sei mesi nel caso dei permessi di ricerca.
Particolarmente rilevante appare alla luce di quanto sin qui esposto, il trattamento che il testo, ai commi 17 e 18, riserva alle nuove infrastrutture: alla stregua di tale disciplina, le nuove infrastrutture internazionali di interconnessione, che accrescano la concorrenza e diversifichino l'offerta, possano essere esonerate, sulla base di una valutazione fatta caso per caso, dal regime dell'accesso di terzi, da parte del Ministero delle attività produttive, previo parere dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas9. Per quanto concerne la regolamentazione della fase di trasporto, inizialmente prevista nel D.d.L. Marzano, essa è ora confluita nella legge n. 290 del 27 ottobre 2003, il cui articolo 1 - sexies, comma 1, testualmente recita: "L'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli elettrodotti, degli oleodotti e dei gasdotti, facenti parte delle reti nazionali di trasporto dell'energia, è rilasciata dalle amministrazioni statali competenti mediante un procedimento unico secondo i principi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, entro il termine di sei mesi dalla data di presentazione della domanda".  La legge in commento prevede, al comma 4, che lo Stato e le Regioni - al fine d’assicurare sull’intero territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l'energia nelle sue varie forme ed in condizioni di omogeneità, sia con riguardo alle modalità di fruizione, sia con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe e al conseguente impatto sulla formazione dei prezzi - garantiscano l'assenza oneri di qualsiasi specie che abbiano effetti economici diretti o indiretti ricadenti al di fuori dell'ambito territoriale delle autorità che li prevedono10.

Fuor di metafora, è ben noto come il dibattito parlamentare si sia incentrato principalmente sul comma 121 del testo in esame, recante la delega al Governo ad adottare “entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”. L’ampiezza e le ricadute di tale delega hanno condotto le opposizioni a presentare una pregiudiziale di costituzionalità della norma, ritenuta lesiva dell’articolo 76 della Costituzione (L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principî e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti)11: la pregiudiziale è stata respinta. 

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In conclusione, l’iter alquanto travagliato della legge 239/2004 ci pare sintomatico esempio della realtà del nostro Paese, dove le forze politiche, quasi tutte d’accordo e plaudenti quando si tratta di non fare il militare12, non paiono addivenire al termine quando si tratta delle grandi e complicate questioni energetiche che, dopo tutto, alla fine delle filiere, riguardano l’accensione di luce e fornelli. Eppure, per esempio, si cucina tutti i giorni.


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1 Pubblicata in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 215 del 13 settembre 2004.
2 Nella Seduta n. 502 di venerdì 30 luglio 2004, presidenza del vicepresidente Alfredo Biondi.
3 Tant’è che l’originario titolo era “Riordino del settore energetico, nonché deleghe al Governo in materia di produzione di energia elettrica, di stoccaggio e vendita di GPL e di gestione dei rifiuti radioattivi”(A.C. 3297).
4 Resta comunque sullo sfondo un più generale problema di (si passi il termine) democrazia: onde evitare che la cabina di regia operi senza alcun raccordo con le diverse e distinte realtà locali, diventa indispensabile l’individuazione di una sede di raccordo tra lo Stato e le Regioni, con la partecipazione delle forze sociali ed economiche, che concorra ad individuare i fabbisogni di nuovi impianti e reti di trasporto, definire sistemi d’incentivi che orientino le scelte e definire in maniera partecipativa i tempi di realizzazione degli investimenti degli operatori e gli accordi di programma con le Regioni necessari alla definizione di specifiche misure di riequilibrio territoriale.
Ciò premesso, rimane ferma l’opportunità della cabina di regia: il passaggio di attribuzioni dal centro alla periferia, già di per sé non scevro di problemi relativi alla concreta maturazione di competenze sul campo, indipendentemente dalla loro assegnazione formale, richiede verosimilmente tempi tecnici che potrebbero esporre al pericolo di situazioni paralizzanti (ad es., nell’attività di rilascio dei permessi e delle concessioni), con conseguente, ulteriore, rallentamento dell’attività produttiva, aumentando così la dipendenza energetica dall’estero e diminuendo, contestualmente, la sicurezza di approvvigionamento.
5 La norma - che , per ciascun anno, stanzia rispettivamente le somme di euro 2.520.000, 2.436.000 e 2.468.000 – nulla dice in merito alle concrete modalità attuative del piano di educazione ed informazione medesimo: è auspicabile, allora, che tale campagna di informazione e sensibilizzazione si sviluppi attraverso modalità operative (ad es.: campagne pubblicitarie, eventi pubblici, giornate informative) e canali (supporto cartaceo, web, video, comunicati radio) idonei a diffondere nell’opinione pubblica informazioni facilmente comprensibili, che possano convalidare il messaggio proposto; inoltre, trattandosi d’una comunicazione che spesso coinvolge l'agire delle persone, essa dovrà tendere ad evidenziare i vantaggi che l'assunzione di un determinato comportamento può garantire, incoraggiando la modifica di abitudini spesso consolidate.
6 Si segnala che, nel testo licenziato dal Senato, il riferimento è “agli impianti […] autorizzati dopo la data di entrata in vigore della presente legge” (comma 36); contestualmente, a Palazzo Montecitorio si discute in ordine alla possibilità di estendere il meccanismo delle compensazioni agli impianti (di potenza superiore ai 300 MW) indipendentemente se siano stati autorizzati prima o dopo l’entrata in vigore della legge: cfr. Staffetta Quotidiana: Numero 137 del 17/07/2004 – Leggi – Atti amministrativi, DDL Energia, Pochi emendamenti ma fiducia incombe.
7 La regione sede degli impianti provvede alla ripartizione del contributo compensativo tra i seguenti soggetti, nei termini seguenti: a) il comune sede dell’impianto, per un importo non inferiore al 40 per cento del totale; b) i comuni contermini, in misura proporzionale per il 50 per cento all’estensione del confine e per il 50 per cento alla popolazione, per un importo non inferiore al 40 per cento del totale; c) la provincia che comprende il comune sede dell’impianto. Nell’ipotesi di impianti localizzati in comuni confinanti con più regioni, i comuni beneficiari del contributo compensativo vengono individuati dalla Regione sede dell’impianto, d’intesa con le regioni confinanti. 
8 Diverso è il caso del settore elettrico, le cui questioni principali trovano dettato nella legge 27 ottobre 2003, n. 290.
9 Dal Disegno di Legge, ma anche dalla nuova direttiva 2004/55/CE emerge, dunque, un orientamento centralistico, laddove, nell'un caso, si attribuisce al Ministero la competenza in ordine all'attribuzione di eventuali esenzioni e, nell'altro, si stabilisce come il regolatore possa essere obbligato a chiedere il parere dell'autorità competente, configurando un processo di decisione congiunta fra autorità di settore e amministrazione statale. 
Tale criterio appare di difficile conciliazione con la riforma del Titolo V della Costituzione, che attribuisce alle regioni la potestà legislativa in materia di trasporto dell'energia. In particolare, diviene di difficile concezione un sistema di trasporto del gas naturale che è soggetto una regolamentazione unitaria da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, di concerto con il Ministero delle attività produttive, per ciò che attiene alla materia tariffaria, alle condizioni di accesso alla rete, agli standard di qualità del servizio e al trattamento delle nuove infrastrutture, e la cui gestione viene demandata da una legge costituzionale alle Regioni. L'intento della legge statale di incentivare, attraverso il meccanismo delle esenzioni, la diversificazione dell'offerta ed il potenziamento della rete, che potrebbe essere non remunerativo nel caso in cui al finanziatore dell'opera non venisse garantita una priorità nell'accesso alla stessa, potrebbe in parte vanificarsi qualora l'accresciuta competenza regionale dovesse dare una maggiore risonanza alle già menzionate istanze di opposizione locale.
10 Nell'attuale versione del provvedimento è stata eliminata la dicitura "ad esclusione di quelli istituiti a tutela dell'ambiente", sulla falsariga del tributo ambientale imposto dalla Regione Sicilia sul gasdotto algerino, di cui alla l.r. Sicilia 2/02. Su tale questione, sia permesso rinviare a A. Sileo – H. Franchini, “Il tributo “ambientale” della Regione Siciliana”, in AmbienteDiritto.it (disponibile in www.ambientediritto.it).
11 Si riporta il testo della questione pregiudiziale: […] il disegno di legge in esame è finalizzato al complessivo riordino del settore energetico, mediante la definizione dei principi fondamentali e degli obiettivi generali di politica energetica, anche con riguardo al riparto delle competenze legislative e amministrative tra Stato e autonomie territoriali, recando altresì una delega legislativa al Governo volta al riassetto normativo per settori della materia in oggetto; l'intervento con disposizioni sia di carattere generale che di carattere specifico su di una materia la cui disciplina legislativa risulta particolarmente complessa, pone problemi di coordinamento con la disciplina vigente, atteso che il disegno di legge in esame non dispone direttamente un riassetto complessivo della legislazione in materia di energia, ma si limita a recare in tal senso, all'articolo 1, comma 121, un'apposita delega legislativa;all'articolo 1, comma 121, ove si definiscono i principi e criteri direttivi della delega per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia, la clausola prevista dalla lettera c), ovvero «l'adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali» non appare idonea a consentire una piena armonizzazione della disciplina normativa interna e comunitaria; la soppressone da parte del Senato della disposizione relativa al parere parlamentare che, nel testo approvato dalla Camera, era previsto in due fasi (in sede istruttoria ed in sede di definitiva elaborazione del testo), e che prefigurava un meccanismo particolarmente idoneo a consentire un rafforzamento delle prerogative parlamentari ed il massimo coinvolgimento del Parlamento al procedimento di emanazione dei decreti legislativi di attuazione della delega, insieme all'ampliamento dell'oggetto della delega, aggrava la violazione dell'articolo 76 della Costituzione per la carenza dei principi e dei criteri direttivi."

12 La Camera dei Deputati, infatti, nella Seduta n. 501 di giovedì 29 luglio 2004, presidenza del vicepresidente Mario Clemente Mastella, ha approvato in via definitiva il disegno di legge 4233-B, presentato dal Ministro della Difesa, Antonio Martino, relativo alla "Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata", ora Legge 226/2004, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 204 del 31 agosto 2004.