La discarica è un sistema di smaltimento che prevede lo stoccaggio definitivo dei rifiuti per strati sovrapposti, allo scopo di facilitare la fermentazione della materia organica.
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Concezioni innovative di discarica
GIOVANNI GIRAUDI
Flushing Bioreactor Lanfdill
Tale sistema mira a ridurre il potenziale inquinante dei rifiuti mediante un
forte dilavamento (come liquido può essere usata acqua pulita oppure è
possibile ricircolare il percolato), generalmente equivalente a 2-3 volte la
precipitazione media annua. L’obiettivo è quello di ottenere la rimozione di
gran parte del carico inquinante entro un tempo di 30-50 anni attraverso lo
sviluppo di alcune condizioni nella massa di rifiuti. Innanzi tutto deve
essere favorita una distribuzione uniforme dell’umidità, raggiungendo valori
del contenuto d’acqua superiori alla capacità di campo dei rifiuti. Questo ha
l’effetto, come largamente provato, di accelerare i processi di reazione. Il
secondo obiettivo deve essere la rimozione dei prodotti delle reazioni
(carbonio organico, azoto solubile e dagli ioni inorganici) attraverso il
dilavamento (Robinson, 1998).
In una discarica tradizionale tali prodotti vengono per lo più rimossi come
biogas (circa il 90%) e solo il 10% come percolato.
Con il flushing dei rifiuti si cerca di rimuovere il carico inquinante
dovuto all’azoto, agli ioni inorganici e al carbonio organico che normalmente
viene rimosso con la fase metanigena. Molti costituenti del percolato, in
particolare l’ammoniaca e altri ioni solubili inorganici, vengono col tempo
allontanati dai rifiuti tramite un effetto di dilavamento, il quale è funzione
sia della concentrazione, sia della miscelazione. Più il rifiuto è a contatto
con l’acqua, maggiormente avviene la solubilizzazione degli acidi grassi a
lunga catena e degli ioni inorganici. Più veloce è l’allontanamento degli ioni
disciolti, più veloce è la solubilizzazione di nuovi ioni (Friedman, 1962).
Se consideriamo una discarica come un reattore completamente miscelato, allora
ogni quantità d’acqua introdotta si miscela completamente con l’acqua
contenuta nell’ammasso e con il percolato, contribuendo a diluirlo. La
riduzione delle concentrazioni nel percolato è legata alla quantità d’acqua
introdotta. In base a queste considerazioni, la concentrazione di una specie
inquinante nelle emissioni può essere dimostrata da una legge esponenziale (Knox
et al., 1993):
Ct = Co
e (-t/θ)
dove:
• Ct = concentrazione al tempo t;
• Co = concentrazione iniziale;
• θ = tempo di ritenzione idraulico.
Grazie a queste ipotesi, Walker et al. hanno stimato una quantità d’acqua
necessaria a rimuovere interamente il potenziale inquinante dei rifiuti pari a
5-7,5 m3/tonnellata di rifiuto umido. Questo significa che ogni m3 di rifiuti
in una discarica di profondità d viene posto in contatto con 5 m3 di liquido,
per cui il volume di percolato da rimuovere per unità di superficie è 5.d
(m3/m2). Considerando un periodo di 50 anni, il tasso di flushing
richiesto sarà:
5.d (m3/m2) d
F (m/anno) = —————- = ——
50
10
Quindi, per una discarica di 30 m di profondità, F = 3 m/anno.
La realizzazione del flushing dei rifiuti presenta ovviamente delle
difficoltà:
- si deve cercare il più possibile di eliminare la formazione
di percorsi preferenziali all’interno del corpo rifiuti per garantire
uniformità nella distribuzione del fluido all’interno della massa dei rifiuti,
per cui si rende necessaria la triturazione dei rifiuti prima del loro
conferimento in discarica, cosi da uniformare le caratteristiche
idrogeologiche;
- la profondità della discarica non deve essere troppo
elevata (massimo 30 m) per ottenere un valore di permeabilità superiore a 10-7
m/s;
- si deve lasciare uno strato di rifiuti di alcuni metri in
condizioni non sature così da permettere il drenaggio del biogas.
Test di laboratorio dimostrano
come dopo 206 giorni di flushing i rifiuti presentavano una riduzione
del TOC (Carbonio Organico Totale) pari al 67% e un livello particolarmente
basso di ammoniaca (pari a 10 – 40 mg/l) nel percolato.
La discarica semiaerobica.
Tale tipologia di discarica sfrutta la differenza di temperatura tra
l’ambiente esterno (più freddo) e la massa dei rifiuti (più calda) per creare
un flusso d’aria attraverso i rifiuti stessi grazie ad un processo di
convezione naturale.
Questo permette l’instaurazione, all’interno dei rifiuti, di reazioni
aerobiche che hanno l’effetto di aumentare la velocità di degradazione
consentendo una veloce riduzione dei valori di COD (Richiesta chimica di
ossigeno) e BOD (Richiesta biologica di ossigeno) nel percolato, e di
diminuire i volumi prodotti di metano e H2S. I costi per il trattamento del
percolato sono quindi minori rispetto a quelli di una discarica tradizionale.
La velocità di decomposizione è, per una discarica aerobica, 2 o 3 volte
maggiore rispetto a quella della discarica tradizionale anaerobica. Il calore
generato dall’attività batterica, in ambiente aerobico, consente di ottenere
valori di temperatura pari a 50-70 °C che facilitano l’afflusso dell’aria, per
convezione naturale, verso l’ammasso. La Figura seguente riporta uno schema
del funzionamento.
Disegno
schematizzato di una discarica semiaerobica (Hanashima et al., 2000).
L’afflusso dell’aria avviene grazie al sistema di collettori di raccolta
del percolato e ad un sistema di tubi verticali situati alle intersezioni dei
tubi orizzontali, i quali garantiscono un’espansione maggiore della zona
aerobica all’interno della massa. I collettori fessurati posti sul fondo e i
tubi verticali consentono il trasporto del percolato e dell’aria. Se ci sono
diversi gradi di differenza di temperatura tra la massa di rifiuti e
l’ambiente esterno, è possibile ottenere velocità di afflusso pari a 1 m/s e
oltre all’interno dei tubi (Hanashima, 1999).
Il percolato raccolto nel bacino può essere ricircolato, per mezzo di pompe,
nel corpo discarica attraverso i collettori verticali. Questo comporta il
vantaggio di una riduzione dell’azoto nel percolato per mezzo dei processi di
nitrificazione e denitrificazione grazie al carbonio organico presente nei
rifiuti. Il trattamento del percolato risulta quindi più facile e meno
costoso.
E’ possibile gestire la discarica semiaerobica in due fasi. Infatti, se c’è
necessità di sfruttare il biogas per motivi energetici, in una prima fase è
possibile fermare l’afflusso di aria nei rifiuti. Successivamente, in una
seconda fase, quando la produzione di biogas è diminuita, si può decidere di
riprendere l’afflusso di aria, accelerando così i processi di stabilizzazione
(Hanashima, 2000).
Schema del
sistema di collettori in una discarica semiaerobica (Matsuto et al., 1991,
modificato).
La discarica aerobica
Come per la discarica semiaerobica, anche in questo caso lo scopo è quello di
ottenere una più veloce degradazione dei rifiuti grazie all’instaurazione di
condizioni aerobiche. Il metodo di applicazione è simile, solo che nella
discarica aerobica l’aria viene immessa con sistemi di iniezione (ad es.
compressori) mediante dei tubi orizzontali fessurati, che vanno ad aggiungersi
al sistema previsto dalla discarica semiaerobica. In questo modo si incrementa
il flusso di aria all’interno dei rifiuti. Mentre in una discarica
semiaerobica l’ossigeno presente è quasi nullo, dato che quello che fluisce
viene immediatamente consumato grazie all’attività batterica, in una discarica
aerobica si cerca di ottenere un eccesso di ossigeno nella massa dei rifiuti,
in modo tale da consentire lo sviluppo di reazione aerobiche in tutto il corpo
rifiuti. L’immissione forzata di aria comporta ovviamente dei costi di
gestione più elevati.
Qualità del percolato per i diversi tipi di discarica (Hanashima, 2000, modificato).
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post smaltimento |
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Discarica |
Parametro |
Fase di smaltimento |
6 mesi dopo |
1 anno dopo |
2 anni dopo |
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|
anaerobica |
BOD (mg/l) |
40000-50000 |
40000-50000 |
30000-40000 |
10000-20000 |
COD (mg/l) |
40000-50000 |
40000-50000 |
30000-40000 |
20000-30000 |
|
N-NH4+ (mg/l) |
800-1000 |
1000 |
800 |
600 |
|
pH |
~ 6 |
~ 6 |
~ 6 |
~ 6 |
|
semiaerobica |
BOD (mg/l) |
40000-50000 |
5000-6000 |
100-200 |
50 |
COD (mg/l) |
40000-50000 |
10000 |
1000-2000 |
1000 |
|
N-NH4+ (mg/l) |
800-1000 |
500 |
100-200 |
100 |
|
pH |
~ 6 |
~ 7 |
~ 7,5 |
7 - 8 |
|
aerobica |
BOD (mg/l) |
40000-50000 |
200-300 |
50 |
10 |
COD (mg/l) |
40000-50000 |
2000 |
1000 |
500-50 |
|
N-NH4+ (mg/l) |
800-1000 |
50 |
10 |
1-2 |
|
pH |
~ 6 |
~ 8,5 |
7 - 8 |
~ 8,5 |
Analisi eseguite su campioni di
rifiuto prelevati dalla discarica, dopo 11 mesi di trattamento aerobico, hanno
rivelato come i rifiuti avevano un aspetto simile al compost ottenuto da
pretrattamenti biologici. La frazione organica, composta da resti di cibo, di
vegetazione e prodotti della carta, si presentava sotto forma di materiale
umico, con uno sviluppo molto ridotto di odori. In compenso, i campioni
provenienti da rifiuti di zone anaerobiche, aventi la stessa età, presentavano
minimi effetti di degradazione.
Alcune analisi compiute su campioni di rifiuto hanno indicato valori di sali,
pH e metalli entro i limiti di sicurezza. Inoltre, non sono stati trovati
organismi patogeni nel materiale. L’alta temperatura, creata dal calore
sviluppato dalle reazioni aerobiche, ha infatti avuto l’effetto di distruggere
gli organismi pericolosi per la salute umana. Alla fine del periodo di studio,
il materiale prelevato dalle discariche presentava una frazione (oltre il 50%)
simile a compost, con un contenuto di umidità del 30%; un altro 30% era
costituito da plastica, metalli e vetro e il resto da materiale inerte.
L’analisi del biogas ha indicato, all’inizio della ricerca, un aumento del
contenuto di O2 e una diminuzione della CO2. Successivamente, in relazione al
consumo di ossigeno, è aumentato il contenuto di anidride carbonica. Nello
stesso tempo è aumentata la temperatura. Il metano, invece, dopo 3 settimane
era già diminuito dall’80% al 5%, valore che poi ha mantenuto per tutta la
durata del test (Hudgins et al., 1999).
La tecnica della discarica aerobica può essere applicata anche alle vecchie
tradizionali discariche così da accelerare i processi di degradazione dei
rifiuti, tale metodologia prende il nome di “Aerazione in situ”.
Grazie a questo sistema si possono ottenere diversi vantaggi:
• riduzione dei costi di trattamento
del percolato e di bonifica del sito;
• riduzione dei costi della
copertura;
• riduzione della fase di post-
controllo;
• riduzione dell’impatto ambientale
di una vecchia discarica limitando le emissioni gassose e il carico inquinante
del percolato.
L’aria viene insufflata in pressione nei pozzi verticali e si diffonde nella
massa dei rifiuti grazie ai fenomeni convettivi e diffusivi. Il grado di
ossigenazione raggiunto e l’accelerazione dei processi degradativi della
sostanza organica dipendono dalla frequenza e dalla durata dell’aerazione.
Landfill Mining.
Il “Landfill Mining” prevede che i rifiuti, precedentemente stoccati e
trattati aerobicamente in discarica, vengano estratti e trattati.
Il processo tipico implica una serie di operazioni meccaniche pianificate per
permettere il recupero di:
• materiale riciclabile;
• frazione combustibile;
• frazione terrosa;
• spazio in discarica per il deposito
dei nuovi rifiuti.
Generalmente lo scavo in discarica viene eseguito con i mezzi classici usati
per effettuare uno scavo all’aperto; il materiale estratto può essere trattato
immediatamente o stoccato in pile per essere usato in seguito.
Eseguito lo scavo si procede alla separazione della massa estratta in diverse
correnti, il numero delle quali e la loro composizione, dipende dal grado di
recupero che si vuole ottenere.
Il materiale, prima di tutto, viene vagliato con un setaccio a maglie larghe;
il sottovaglio viene inviato a un secondo vaglio a maglie più fini, mentre il
sopravaglio viene scartato. Il materiale che passa attraverso i due vagli è
solitamente la frazione ferrosa. Dopo una terza vagliatura eseguita con un
vibro-vaglio, il sopravaglio viene inviato verso un magnete per recuperare la
parte ferrosa; la frazione non ferrosa, invece, è sottoposta ad una
classificazione ad aria.
La complessità del processo dipende ovviamente dallo scopo che ci si prefigge:
maggiore è il materiale che si vuole recuperare, maggiore è la complessità
dell’impianto.
La percentuale di materiale recuperato dipende da:
• le proprietà chimiche e fisiche
delle risorse;
• l’efficacia del tipo di estrazione
effettuata in discarica;
• l’efficienza con cui la tecnologia
è applicata.
La fattibilità del processo
dipende dalle caratteristiche dei rifiuti stoccati, dal tipo di materiali che
si vuole recuperare, solitamente plastica che viene usata nelle industrie in
combinazione a quella non riciclata, ferro e materiale ad alto contenuto
energetico e dalla capacità o meno di produrre una quantità di materiale
recuperato che soddisfi la domanda.
Le condizioni chiave che indicano la fattibilità o meno del “Landfill
Mining” in un preciso sito sono:
• la composizione iniziale dei
rifiuti stoccati in discarica;
• le procedure di trattamento dei
rifiuti applicate precedentemente;
• il livello di degradazione dei
rifiuti;
• la richiesta di materiale
riciclato.
I costi per il “Landfill Mining”
dipendono da una grande varietà di fattori, quali: il livello e la velocità di
estrazione stabilita, il costo delle macchine operatrici. Sulla base di alcuni
dati statistici si può affermare che il costo medio è di 10$/tonnellata, di
cui circa 16000/19000 $/mese viene recuperato con il riciclaggio del materiale
(Lee, 1989).
Il “Landfill Mining” pone le basi di un futuro sistema guida per la
gestione dei rifiuti solidi urbani cosi che il problema della salute pubblica
e del rischio ambientale diventino un “problema controllabile” (Lee and
Jones, 1989).
Il “Landfill Mining” include una serie di benefici economici:
• l’uso della frazione terrosa recuperata come copertura giornaliera della discarica risparmiando altri sistemi di copertura che possono essere usati per altre vicine discariche;
•
il recupero di rifiuti ad alto contenuto energetico;
• la riduzione della costruzione di nuove celle
risolvendo così il problema della continua estensione delle discariche;
• la riduzione dei costi di chiusura
e post- chiusura;
• il recupero di materiale
riutilizzabile (Es. plastica, vetro, ferro).
Comunque esistono ancora notevoli difficoltà per l’applicazione del
“Landfill Mining”, la presenza di materiali tossici in discarica e la
presenza di gas esplosivi (metano) fa si che il lavoro di estrazione risulti
essere particolarmente delicato. I lavoratori, quindi, devono essere
adeguatamente controllati e protetti. Questo fa sicuramente lievitare i costi
di gestione del “Landfill Mining” e fa si che tale progetto debba
ancora essere adeguatamente studiato prima di poter essere applicato su larga
scala.