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Black-out, energia fra mercato e interesse pubblico.

Implicazioni internazionali e possibili strategie industriali*

FABIO TAMBONE**

 

Il grande buio del 2003, che ha colpito l'Italia ed altre aree del mondo, ha dimostrato che l'energia elettrica è alla base della società moderna e civilizzata. Essa rappresenta un bene insostituibile da cui dipende il nostro benessere. L'esperienza fatta ha messo a dura prova il nostro sistema politico ed economico. Saremo in grado di trarne una lezione duratura? 
Durante l'anno 2003 l'Italia ha fatto una nuova esperienza, il black-out. 
Tutto ciò ci deve portare a riflettere sul fatto che un fenomeno che prima poteva essere considerato un mero "problema tecnico-infrastrutturale" oggi ha assunto una forma "globale" data la dipendenza della società moderna dall'energia elettrica. 
Il messaggio forte che proviene dai black-out in Italia e nel mondo (Inghilterra, Stati Uniti, Scandinavia, etc) è rappresentato dalla necessità di un maggiore coordinamento a livello istituzionale che significa un più intenso dialogo fra amministrazioni centrali e locali, ed una più precisa mappatura delle responsabilità. Non solo, gli sforzi relativi a nuovi investimenti per garantire un'adeguata sicurezza degli approvvigionamenti e del sistema energetico, dovrebbe necessariamente vedere una maggiore vicinanza fra il sistema finanziario e quello industriale. 
Gli organismi preposti al governo del sistema energetico, regolatori, governi, gestori di rete percorrono il loro cammino come fossero su un filo di lana, soprattutto in un momento delicato come quello che stiamo vivendo. E cioè, appare estremamente complesso saper prendere una decisione quando ci sono da un lato interessi di mercato, e quindi imprese che mirano alla massimizzazione del profitto, e dall'altro i consumatori a cui spetta di diritto un "servizio pubblico" sicuro e garantito. Insomma il trade-off fra concorrenza e pubblico interesse. 
Appare piuttosto complesso individuare il "giusto tasso di remunerazione" che possa ripagare le imprese dei loro investimenti, ma che d'altra parte non generi un aumento spropositato dei prezzi finali. Se consideriamo poi che in Italia i prezzi dell'elettricità sono oggi sopra la media europea e che il potere d'acquisto del portafoglio dei consumatori è sensibilmente calato con l'Euro, c'è da pensare. 
Il problema è che in Italia troppo dipendiamo da materie prime d'importazione (petrolio, gas naturale, etc..) per produrre energia elettrica e ciò rende ancor più difficile far abbassare le tariffe energetiche. Circa l'80% del prezzo finale dell'energia dipende dalla somma del prezzo delle materie prime e delle imposte; scarso risulta essere quindi il margine di operatività e quindi si rende necessaria un'azione strategica per gli approvvigionamenti. Inoltre alla luce dei nuovi accadimenti a livello internazionale, e cioè la guerre in Iraq, la crisi mediorientale e la nuova ondata di terrorismo tutto ciò risulta essere ancora più importante.
Importante sarà quindi sostenere con forza una politica "nuova e coraggiosa" che da un lato sia in grado di creare le condizioni per un nuovo flusso di investimenti e dall'altro spinga verso una produzione energetica di tipo distribuito e da fonti rinnovabili. Ciò avrebbe un effetto decisamente positivo a favore della tutela ambientale, tema oggi assolutamente prioritario considerando il grave rischio di cambiamento climatico, ed andrebbe a vantaggio, in un'ottica di medio-lungo periodo, di tariffe energetiche più basse e di una maggiore sicurezza del sistema; in pratica maggiore autonomia, e quindi minore dipendenza dalle importazioni, e maggiore flessibilità ed efficienza della rete di trasporto, il sistema nervoso del settore energetico.
In un'ottica più ampia relativa al mercato energetico dell'Unione europea, ed in generale riguardo le necessità di maggiore integrazione e cooperazione fra i vari mercati nazionali, le Direttive europee rappresentano una base importante da cui poter partire, tuttavia spetta prevalentemente ai singoli Paesi adoperarsi affinché tutto vada nella direzione giusta. 
Il fenomeno del black-out ci insegna che l'energia elettrica è un bene imprescindibile, settore strategico dell'economia di un Paese, oltrechè affascinante; tante sono le discipline coinvolte, la politica, l'economia, la tecnologia, la legge, l'etica-sociale. Dovremo pertanto cercare di cogliere quest'occasione per adoperarci affinché venga posta maggiore attenzione al settore dell'energia, soprattutto considerando che il passaggio da una situazione di monopolio ad un mercato concorrenziale (come sta avvenendo in Italia e nell'Unione europea) nasconde moltissime insidie, oltre a portare enormi benefici, e deve essere opportunamente governato.

L'energia e il terrorismo internazionale
Sin dal medioevo gli atti terroristici hanno caratterizzato movimenti di liberazione in tutto il mondo ed è stata sempre una strategia di guerra molto efficace, soprattutto in contesti territoriali delimitati (un Paese, un´area, una città). 
Tale tendenza si è invertita quando nel 1970 il terrorismo mediorientale ha iniziato ad espandersi fuori dall'area di riferimento (appunto il medio oriente), e soprattutto nei confronti di Israele e Stati Uniti, per ragioni diverse, ma non sempre: infatti nel primo caso le controversie politiche per la costituzione di un nuovo stato palestinese, nel secondo caso le politiche USA mal viste dalle popolazioni mediorientali. 
Con la rivoluzione iraniana e l´ascesa al potere dell'Ayatollah Khomeini, gli atti terroristici, soprattutto verso target di "alto profilo", sono aumentati tenendo il dito puntato sempre verso gli obiettivi storici, Israele e Stati Uniti:
· la bomba di Lockerbie sul jet Pan Am;
· la bomba a Beirut delle caserme militari USA;
· l'assassinio di numerosi diplomatici israeliani in Europa. 
Il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra in Afganistan, che portò ad espellere i sovietici nel 1989, coincise con la creazione di gruppi di militanti che si dedicarono a vendicare le "umiliazioni" patite dal popolo musulmano da parte dei colonialisti europei, americani, ed Israele il loro alleato in medio oriente.
La nuova ondata di terrorismo ispirata da Osama Bin Laden è stata sicuramente più globale, infatti i target colpiti sinora sono stati Russia, India, Asia, Medio oriente ed Europa (in particolare quei Paesi che supportano la politica USA). 
Gli attacchi sono stati pianificati meticolosamente ed eseguiti al fine di produrre il danno più grande possibile in termini economici e di sacrificio umano:
· il dirottamento di un Jet Airfrance con l´intenzione di farlo schiantare sulla città di Parigi (è stato sventato dai commandos francesi);
· le bombe alle ambasciate americane in Africa;
· il dirottamento del jet Indian Airlines in Afganistan ed altri. 
Tuttavia il culmine è stato raggiunto l´11 Settembre 2001 quando il World Trade Center di New York e il Pentagono sono stati attaccati da aerei dirottati. A distanza di poco tempo altre bombe hanno fatto stragi di carne umana a Dierba, Bali, Casablanca e Riad. 
Tutti questi attacchi hanno mostrato la vulnerabilità della società moderna rispetto a terroristi pronti a morire per la loro causa. 
Ora, se guardiamo a ciò che è successo con il black-out negli Stati Uniti, quasi un americano su due ha pensato che si trattasse di un problema legato al terrorismo, almeno durante le prime ore. 
Non resta che immaginare il panico della gente per le strade, nei palazzi, negli ospedali e cosi via.
E se domani il fenomeno terroristico puntasse il dito sugli impianti nucleari?
In Europa ce ne sono diverse centinaia e cosi anche negli altri continenti. Sembra che tempo fa Al Queda, l´organizzazione terroristica il cui principale protagonista e finanziatore è Osama Bin Laden, abbia lavorato ad un piano per dirottare un aeroplano e schiantarlo su una centrale nucleare negli Stati Uniti ed è per questa ragione che il Governo americano ha intensificato le misure di sicurezza includendo anche la no-fly zone nelle aree in prossimità di impianti nucleari ed idroelettrici (dove ci sono dighe di ampie dimensioni). In ogni caso tali misure con effetti di breve termine hanno avuto sostanzialmente due effetti: da un lato un più ampio margine di sicurezza, e dall'altro quello di screditare la costruzione di nuovi impianti idroelettrici (importante fonte di produzione di energia rinnovabile), dato che per il nucleare, comunque, la decisione di costruire un nuovo impianto attraversa fasi decisionali più complesse.
Comunque, una cosa è proteggere un impianto idroelettrico e ben altra cosa è salvaguardare da attacchi terroristici una rete elettrica di migliaia di km. 
I gasdotti per trasportare gas naturale e gli oleodotti che trasportano petrolio sono altresì difficili da proteggere; la loro lunghezza è di diverse centinaia di chilometri e in alcuni casi sono a che sottomarini (come il gasdotto che dall'Algeria arriva sino in Italia). 
Oppure pensiamo ai rischi che corrono le centinaia di petroliere che attraversano i mari e all'impatto ambientale che ne deriverebbe dalla loro distruzione (ultimamente la nave Prestige ha causato un enorme danno ecologico in Spagna). 
La conclusione che bisogna trarre è che i Governi hanno un bel da fare per le decisioni strategiche attinenti al settore energetico, se si tiene conto della grave minaccia terroristica che oggi, con mezzi finanziari e tecnologici, può colpire ovunque.

Le possibili soluzioni per il futuro
Per poter affrontare le nuove problematiche del terrorismo, dell'instabilità mediorientale e del cambiamento climatico, l'industria energetica avrà bisogno di perseguire obiettivi contraddittori e sposare cambiamenti radicali cosi da poter produrre e distribuire l'energia elettrica nei modi più diversi. 
Quattro sono le possibili trasformazioni:
· la produzione di elettricità dovrà essere di tipo "distribuito" in modo da poter avvicinare il più possibile il sito di produzione al luogo di consumo, riducendo gli sprechi e la necessità di reti distributive costose e dannose per l'ambiente circostante, e diminuendo altresì la possibilità e gli effetti del sabotaggio;
· l'energia dovrà essere prodotta nel modo più pulito possibile, riducendo progressivamente le emissioni di gas serra (per gli esperti sarebbe opportuna una riduzione del 60% entro il 2050);
· le economie occidentali dovranno ridurre drasticamente la loro dipendenza dal petrolio, diversificando altresì le aree di approvvigionamento e quindi eliminando l'importanza, oggi strategica, dell'area medio orientale e di altre aree ad alto rischio di instabilità politica;
· l'energia dovrà essere prodotta in maniera molto più efficiente rispetto ad oggi.
Tali cambiamenti saranno enormi, e una volta portati a termine rivoluzioneranno il settore dell'energia mondiale. Tale processo si scontrerà inevitabilmente con gli interessi della grande industria ed i decisori politici dovranno avere il coraggio di prendere decisioni anche impopolari. 
L'energia decentralizzata prodotta con maggiore efficienza, l'energia rinnovabile e le tecnologie che aiuteranno ridurre le emissioni di gas serra (GHG - green house gas) giocheranno inevitabilmente un ruolo strategico, soprattutto per raggiungere migliori livelli di efficienza e meglio sfruttare le abbondanti risorse a livelli locale, riducendo così il bisogno di importazioni e di estendere la rete di trasmissione. 
La sfida sarà senza precedenti e con l'attuale tasso di crescita dello sviluppo tecnologico, essa può e deve essere vinta.
Fondamentale sarà che i decisori (Autorità politiche internazionali, nazionali e locali, Authority di regolazione, Gestori delle reti) disegnino e sviluppino un sistema di incentivi per ciò che concerne nuove infrastrutture, parametri di efficienza, tutela ambientale, e qualità del servizio reso. 
Volere è potere, come dimostra un esempio concreto di incentivazione della tecnologia eolica (energia prodotta dal vento) in Spagna e la Germania dove politiche di mercato favorevoli hanno portato ad installare rispettivamente circa 3.500 e 11.000 MW negli ultimi 5-6 anni (in Italia la capacità installata è di circa 78.000 MW e gli impianti eolici installati sono equivalgono a circa 900 MW).

Il futuro dell'industria centralizzata
Le interruzioni elettriche degli ultimi tempi un po' in tutto il mondo hanno anche fatto riflettere su come allocare le risorse future in termini di ricerca e capitali. 
Sembra evidente che la cosiddetta generazione distribuita, cioè la miriade di piccoli o medi impianti che possono stabilizzare il sistema e renderlo più flessibile (cioè capace di reagire a situazioni di difficoltà relativamente alle aree interessate).
Tutto ciò ha rilevanza per la produzione di energioa elettrica nelle zone rurali.
L´Italia, come tutti sappiamo, non è un Paese strutturalmente facile, è lungo, con due isole molto grandi e diverse catene montagnose in lungo e in largo (gli Appennini e le Alpi). 
Il fatto che la ricerca negli ultimi anni si stia concentrando sulle diverse tipologie di generazione distribuita, non vuol dire che la tradizionale generazione centralizzata verrà messa da parte. Infatti, in seguito alle diverse stime di numerosi studiosi del settore, si prevede che nei prossimi 30-40 anni (a meno che i Governi non decidono di accelerare il processo) la generazione distribuita potrà raggiungere con il suo potenziale massimo circa il 55-60% della capacità installata totale. 
Ne deriva che una riduzione della percentuale di produzione da generazione centralizzata sino al 40-45% assieme ad una consistente percentuale di generazione distribuita derivante da risorse rinnovabili avrebbe effetti importanti sui sistemi energetici mondiali:
· maggiore sicurezza del sistema dal punto di vista dell'approvvigionamento (anche più flessibilità), ma anche da quello della protezione da attacchi terroristici (sabotaggi) o black-out derivanti da problemi di trasmissione o produzione (avere tanti piccoli impianti significa diversificare i punti di carico e quindi attenuare la grandezza media dell'area interessata);
· energia prodotta con effetti negativi minimi sul sistema climatico e quindi migliore qualità dell'aria che respiriamo, se consideriamo le sostanze inquinanti tradizionali (particolari nitrati o zolfo);
· minore dipendenza di approvvigionamento energetico (petrolio e gas) dalle aree del mondo meno stabili politicamente.
Nonostante ci sia la tendenza verso una produzione di energia elettrica di tipo distribuito, è una realtà che la generazione centralizzata continuerà a giocare un ruolo strategico.
E' per questo motivo che in un'ottica di breve periodo i Governi dovranno sempre di più riadattare le loro politiche energetiche ricorrendo ad energia rinnovabile e combustibili fossili meno inquinanti, o che non inquinano affatto (ad esempio il gas naturale o l'applicazione di tecnologie di "sequestro" o assorbimento di CO2, presto mature, che potranno rimuovere l'anidride carbonica, prima che questa venga rilasciata nell'atmosfera, e trasformarla in sostanze non inquinanti da iniettare nel sottosuolo ). 
La generazione centralizzata sarà utile non solo per la produzione di energia elettrica, ma anche per produrre idrogeno (utile per le microturbine e le celle a combustibile).
Gli investimenti non devono trascurare però la rete di trasmissione. Infatti investimenti consistenti dovranno essere pianificati per incrementare la capacità di trasmissione (cioè la quantità fisica di energia che viene trasportata sulla rete), per diminuire le perdite di energia (maggiore efficienza) e creare le condizioni per un numero più elevato di punti di accesso alla rete, locale, regionale, nazionale.

Incoraggiare il cambiamento
L'industria energetica è tra le più complesse, essa richiede grossi capitali e le decisioni sugli investimenti intraprese oggi hanno rilevanza per decenni. Inoltre le politiche nazionali si riflettono sempre di più a livello internazionale e i mercati tendono ad integrarsi tra loro (regionalizzazione dei mercati: iberico, scandinavo, dell'Europa centrale, dell'est Europa, balcanico, etc…).
E´ ovvio quindi che il processo di trasformazione, nonostante la sua urgenza, sarà lento e necessiterà del sostegno di politiche industriali ben definite ed in armonia tra loro (ad esempio il mercato interno dell'energia nell'Unione Europea), anche al fine di ottenere un adeguato e coerente sviluppo. 
La liberalizzazione dei mercati, che coinvolge una moltitudine di operatori, con interessi spesso contrapposti e in competizione fra loro, fa si che tale processo sia difficile da coordinare, tuttavia segnali di prezzo più chiari consentiranno agli operatori di individuare le migliori opportunità di business e permetteranno di riadattare al meglio il modello imprenditoriale ed il servizio offerto (a vantaggio dei consumatori).
Quale deve essere allora il ruolo dei Governi e delle istituzioni (ad esempio le Autorità di regolazione e i Gestori della rete) per rendere il sistema energetico più sicuro, sostenibile dal punto di vista ambientale e protetto dagli effetti negativi dovuti all'instabilità politica di molti Paesi esportatori di combustibili fossili? 
Quali misure dovranno essere prese per sostenere ed incoraggiare le nuove tecnologie per l'energia rinnovabile e l'efficienza energetica?
Prima di tutto i Governi dovrebbero fare in modo che tutte le nuove fonti energetiche possano competere con quelle tradizionali che spesso beneficiano di sussidi di tipo diretto o indiretto. Ad esempio negli Stati Uniti l'industria del petrolio e del carbone sono spesso sostenute dal sistema di imposte, mentre in Germania il Governo spende più di 12 milioni di euro all'anno a favore dell'industria del carbone. L'industria nucleare beneficia altresì di fondi pubblici nella maggior parte dei Paesi OCSE (in particolare i costi sostenuti per smaltire le scorie radioattive), cosicché da rendere tale risorsa, anche per queste ragioni, competitiva.
I Governi inoltre potrebbero utilizzare leve fiscali e riaggiustare il paniere dei combustibili da utilizzare (cosiddetto fuel mix) a favore di impianti ad energia rinnovabile sia di tipo centralizzato che decentralizzato. Ad esempio l´energia rinnovabile può essere trattata ad un tasso più basso dell´imposta sul valore aggiunto (IVA), mentre le carbon taxes possono essere imposte sugli impianti che emettono GHG (green house gas) sulla base di unità di emissione rilasciate nell´atmosfera. Inoltre incentivi fiscali potrebbe anche essere utilizzati a favore di chi produce energia con le nuove tecnologie come celle a combustibile o pannelli solari (in questo senso diversi Paesi, tra cui l´Italia, stanno già facendo qualcosa).
Ancora, i Governi, potrebbero decidere che una certa percentuale di energia debba essere prodotta da nuove fonti (ad esempio il meccanismo vigente dei certificati verdi che in Italia obbliga i produttori a garantire il 2% circa di fonti rinnovabili). Il produttore da fonti rinnovabili pertanto potrebbe essere compensato con un fisso di euro per kWh prodotto, finchè il target prestabilito non viene raggiunto (il dato potrebbe essere calcolato poi a livello di un piccolo territorio, una regione, un Paese, un continente). La Spagna, ad esempio, ha utilizzato questo sistema per incentivare l´energia eolica, garantendo ai produttori che l´energia prodotta venisse acquistata ad un prezzo superiore a quello dell´energia derivante da fonti tradizionali. La Germania ha utilizzato un sistema simile per incoraggiare l´energia solare fotovoltaica ed eolica, e ciò ha determinato una crescita senza precedenti in questo Paese, infatti nel 2003 la Germania è risultato essere il più grande produttore di energia solare fotovoltaica ed eolica con, rispettivamente, 400 MW e 11.000 MW installati. 
I Governi dovrebbero favorire l´entrata di nuovi operatori nei rispettivi mercati garantendo l´accesso di terzi alle reti e lo scambio di energia prodotta con procedure trasparenti e non discriminatorie. A questo proposito risulta essere di estrema importanza il ruolo dei regolatori (in Italia, l´Autorità per l´energia elettrica e il gas).
E' importante un approccio di politica industriale di medio lungo termine (almeno 20 anni) cosicchè le imprese energetiche possano pianificare i loro investimenti e quindi contribuire a rendere il mercato competitivo.
I Governi potrebbero sempre di più favorire la creazione di fondi per la ricerca e sviluppo a favore delle nuove tecnologie energetiche. Questo perché le imprese energetiche private spesso non perseguono questo tipo di attività soprattutto a causa dei ritorni sugli investimenti di lungo termine (tipico dei servizi a rete).
Un ultimo appunto va fatto a vantaggio dell´efficienza energetica, che spesso viene trascurata (si sta pensando di introdurre in Italia un sistema di incentivazione che potrebbe avere qualche analogia con quello dei certificati). Le politiche di efficienza energetica spesso sono impopolari agli occhi dei consumatori, infatti esse possono comportare alti costi (ad esempio per il miglioramento del livello tecnologico), per cui incrementare la capacità produttiva è spesso la decisione più ovvia. Tuttavia quest'altra soluzione sta diventando sempre più difficile da intraprendere proprio perchè costruire nuovi impianti è sempre più complicato (numerose sono le dispute tra imprese ed autorità locali, relativamente soprattutto a problematiche di tutela ambientale). 
In ogni caso, qualunque siano le politiche che i decisori adotteranno in merito ad un tipo di energia più pulita e di tipo distribuito o decentralizzato, un grande senso di responsabilità e grande coraggio saranno necessari in futuro. 

* Il presente testo è tratto, quasi in toto, da BLACK-OUT, energia fra mercato e interesse pubblico (a cura di Fabio Tambone, prefazione di Enrico Letta. Palomar editore, Bari). 

** Affari Internazionali e Relazioni Esterne, Autorità per l'energia elettrica e il gas