I benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto e la loro evoluzione normativa.
Social security benefits for Italian workers in case of asbestos exposure
GIOVANNI ARONICA - MARCO VERDICCHIO
Abstract
The article concerns the evolution of the Italian legislation concerning
workers exposure to asbestos.
By including the asbestos in the list of professional sicknesses, the legislator
changed the final social security goals. First she started by anticipating
retirement age. Secondly she introduced the possibility to ask for payments
covering the health risk. In this work attention has been given to the most
recent pieces of legislation.
La definizione di amianto e i benefici connessi ai rischi professionali
Premessa
La materia dei benefici connessi all’esposizione ad amianto consta di un
insieme di disposizioni agevolative in termini previdenziali dei lavoratori, che
in relazione allo svolgimento della prestazione lavorativa, si trovino esposti a
fattori di rischio1
per la propria salute per effetto delle sostanze (polveri di amianto) contenute
nei materiali con cui vengono, direttamente o indirettamente, a contatto.
Da un lato, la legge tutela l’evento dannoso alla salute per l’insorgenza della
malattia professionale causata dalle attività lavorative esposte ai rischi delle
polveri di amianto, attraverso l’erogazione di una rendita; dall’altro, assicura
trattamenti agevolati (anticipazione dell’età pensionabile, rivalutazione del
periodo contributivo in cui vi sia stata esposizione alle sostanze nocive,
trattamento di integrazione salariale) finalizzati ad attutire il danno
occupazionale derivante dalla totale dismissione dell’amianto e dalla
conseguente riconversione industriale delle aziende che lo producevano2
e a tutela della salute del lavoratore per l’insorgenza di eventi morbosi
connessi all’esposizione all’amianto stesso3.
I benefici pensionistici riconosciuti ai lavoratori esposti all’amianto, come si
chiarirà, hanno subito un’evoluzione normativa conseguente ad una mutata, e più
avvertita, concezione della pericolosità del materiale impiegato nel corso
dell’attività lavorativa che, oltre a non essere più considerato una sostanza
suscettibile di applicazioni industriali vantaggiose, risulta, per converso,
inserito nel novero di sostanze pericolose e nocive per l’organismo umano.
Da qui, nell’ottica di un nesso di causalità ben delineato tra attività che
espongano al contatto, anche indiretto, con l’amianto e l’insorgere di gravi
patologie, si è resa sempre più necessaria la progressiva dismissione
dell’impiego del materiale nocivo, con conseguenti riflessi di tutela
occupazionale e previdenziale per i lavoratori delle aziende chiamate ad operare
tale riconversione produttiva.
L’intervento normativo si è rivolto ad assicurare una tutela finalizzata ad
incentivare l’uscita dal mercato del lavoro dei soggetti appartenenti alle
categorie speciali, e storicamente determinate nei vari provvedimenti normativi,
impiegate in differenti attività, più o meno connesse con il contatto con
amianto (estrazione, utilizzazione, esposizione) unitamente all’evoluzione
scientifica nella specificazione e delineazione del fattore di rischio accertato
rispetto all’insorgenza della malattia contratta in conseguenza di quest’ultimo
(asbestosi, mesotelioma, etc.).
La peculiarità dell’intervento pubblico di sostegno ai lavoratori impiegati
nell’attività di estrazione, utilizzazione, esposizione all’amianto consiste
nella circostanza che, differentemente dai casi più generali di crisi
occupazionale dovuta ad una riorganizzazione o riconversione aziendale derivante
da fattori macro-economici, l’uscita anticipata dal mercato del lavoro è causata
dalla prestazione di un’attività prima consentita e, successivamente, vietata
per via della sua intrinseca pericolosità.
Si tratta di un beneficio finalizzato, quindi, sia a tutelare un danno
all’occupazione, per via della perdita e definitiva incollocabilità di una
professionalità acquisita per un’attività lavorativa ritenuta ormai inservibile
ed inutilizzabile, sia un danno alla salute (presunto legislativamente in
conseguenza di coefficienti minimi di esposizione al fattore di rischio
congruamente certificati).
Deve, tuttavia, osservarsi che le modalità della declinazione del beneficio
risultano improntati ad una generalizzata monetizzazione previdenziale addossata
alla finanza pubblica4,
compensativa del rischio per la salute dei soggetti esposti, ma carente di
prospettive di coerenza e solidità nel tempo, per via della sempre più
indifferenziata estensione della platea dei beneficiari non supportata da
adeguata copertura finanziaria.
Per tale ragione, negli interventi normativi più recenti, si è assistito ad un
brusco cambio di rotta del legislatore, alle prese con carenze evidenti di
copertura finanziaria in ordine all’erogazione dei trattamenti pensionistici
anticipati nella decorrenza o rivalutati nella misura, con un tentativo, forse
non del tutto riuscito, di apportare delle correzioni agli interventi di
erogazione senza, tuttavia, corredare la normativa di una intrinseca logica
sistematica coerente con le esigenze di tutela del bene protetto.
Il contesto assistenziale in cui l’intervento normativo viene a collocarsi è
reso, infatti, complesso dalle esigenze relative alla copertura delle spese
previdenziali, alle previsioni di entrata e di copertura finanziaria, tenendo
conto degli andamenti tendenziali della spesa corrente.
La disciplina attuale interessa diversi aspetti di declinazione del beneficio
pensionistico, con una valenza innovativa, sia sul piano della definizione dei
requisiti tecnici per l’accertamento del concetto di “esposizione” al rischio di
contrazione della malattia professionale, sia su quello del contenuto del
beneficio stesso, valutabile in termini di rideterminazione dell’importo
pensionistico e non più di anticipazione dello stesso.
Il tema in discussione appare complesso a causa del coinvolgimento di vari
profili del bene protetto come la salute e la sicurezza del lavoratore, la cui
rilevanza, di rango costituzionale (art. 32 Cost., art. 38 Cost.) implica una
difficoltà di armonizzazione degli interventi di disciplina con le pur primarie
esigenze di economia della spesa pubblica.
La “tendenza” emersa nei provvedimenti normativi recenti è quella di un attenta
considerazione nei confronti della problematica dei “diritti quesiti”, imponendo
la necessità di salvaguardare le posizioni dei soggetti che abbiano conseguito
il diritto al trattamento pensionistico, senza modificare la situazione
sostanziale degli stessi, fondata sulla normativa derivante da leggi anteriori.
L’innovazione normativa più recente induce anche ad un radicale ripensamento dei
criteri con cui si imposta la disciplina di tutela del bene protetto, nella
direzione di un assetto indennitario del danno, piuttosto che in quello di
un’anticipazione dell’uscita dal mondo del lavoro in conseguenza della
prospettiva di insorgenza di uno stato invalidante derivato dalla qualificazione
delle attività lavorative che espongono all’amianto.
La nozione di amianto e le patologie ad esso collegate
L’amianto (chiamato anche “asbesto”) è un minerale naturale, che si ottiene
facilmente dalla roccia dopo macinazione e arricchimento, in genere in seguito
ad attività estrattive svolte in miniere.
Per anni, in ragione delle suesposte caratteristiche, è stato impiegato in
innumerevoli applicazioni industriali, edilizie e in prodotti di consumo. Per l’economicità
e per le già dette qualità, è stato utilizzato nell’industria, in edilizia, in
ambito domestico e nei mezzi di trasporto.
Le sue ottime proprietà tecnologiche, sono, tuttavia, accompagnate
dall’insorgenza di gravi patologie a carico dell’apparato respiratorio
(asbestosi, carcinoma polmonare, mesotelioma), per i soggetti esposti alle fibre
rilasciate dai materiali che lo contengono.
La prima malattia che venne riconosciuta come provocata dalla polvere di amianto
è l’asbestosi, consistente in una grave affezione respiratoria che, per prima, è
stata correlata all’inalazione di fibre d’amianto, caratterizzate da fibrosi
polmonare a progressivo aggravamento che conduce ad insufficienza respiratoria
con complicanze cardiocircolatorie.
Successivamente, venne descritto per la prima volta un particolare carcinoma
primitivo della pleura, che fu denominato mesotelioma, e in seguito riscontrato
anche nel peritoneo.
Anche il mesotelioma della pleura è un tumore maligno della membrana di
rivestimento del polmone che è fortemente associato all’esposizione a fibre di
amianto anche a basse dosi5.
Mentre l’asbestosi è una malattia tipicamente professionale, i casi di
mesotelioma si riscontrano anche fra la popolazione non esposta
professionalmente, ma residente in zone dove esistono insediamenti industriali
che lavorano amianto.
Le manifestazioni patologiche hanno un tempo di latenza e si verificano,
statisticamente, dopo molti anni all’esposizione: da 10 a 15 anni per
l’asbestosi ed anche 20 - 40 anni per il carcinoma polmonare ed il mesotelioma.
Inoltre, l’amianto opera un’azione di sostegno ad altri agenti patogeni,
rafforzando il loro potere cancerogeno.
In popolazioni specifiche, professionalmente esposte ad asbesto, oltre una
elevata mortalita` per le malattie provocate dall’amianto, si ha un forte
incremento della mortalita` in genere, e in particolare per cancro, soprattutto
alle vie respiratorie e all’apparato gastro-intestinale.
L’attività di asportazione dell’amianto trova una collocazione nel novero di
attività usuranti, ovvero suscettibili di anticipare l’età pensionabile rispetto
ai criteri generali fissati dalla legge.
L’art. 78, co. 11 della l. 23 dicembre 2000, n. 3886
(Legge Finanziaria per il 2001) prevede la possibilità di anticipare il
collocamento in pensione (fino ad un anno e mezzo prima dell’età pensionabile e
10 mesi prima del raggiungimento del requisito dell’anzianità contributiva) in
favore di prestatori di lavoro impegnati in attività considerate “maggiormente
usuranti”.
Tra le dette attività, di cui alla tabella A allegata al decreto legislativo11
agosto 1993, n. 374, sono anche previsti i “lavori di asportazione
dell’amianto da impianti industriali, da carrozze ferroviarie e da edifici
industriali e civili”.
I lavori di asportazione dell’amianto vengono tutelati allorquando le mansioni
vengano svolte “con carattere di prevalenza e di continuità”.
Le mansioni usuranti vengono considerate prevalenti allorquando abbiano avuto
una durata superiore al 50% di ciascun periodo di lavoro, ammesso al beneficio.
Il beneficio, introdotto in attuazione della normativa di cui al d. lgs. 11
agosto 1993, n. 3747,
e successive modificazioni, è di due tipi tra loro cumulabili.
Il primo è legato all’età ed è pari a due mesi di anticipazione per ogni anno di
occupazione nelle attività usuranti, fino ad un massimo di cinque anni. Il
secondo, invece, si riferisce all’anzianità contributiva ed è pari ad un anno di
riduzione ogni dieci anni fino ad un massimo di 24 mesi complessivamente
considerati.
Il d. lgs. 11 agosto 1993, n. 374 di attuazione dell’art. 3, co. 1, lettera f)
della L. 23 ottobre 1992 n. 421, recante benefici per le attività usuranti, al
1° co. dell’art. 2 prevede, infatti, che “per i lavoratori dipendenti
pubblici e privati, nonché per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS,
prevalentemente occupati...” l’anticipazione del “limite dell’età
pensionabile” è di due mesi per ogni anno di occupazione “nelle predette
attività” fino ad un massimo di 60 mesi complessivamente considerati.
Le modalità del beneficio descritto consistono, quindi, nella riduzione dei
requisiti di età anagrafica e contributiva per il pensionamento di anzianità e
vecchiaia per i lavoratori che abbiano svolto mansioni particolarmente usuranti,
i quali non beneficiano di un accreditamento di contributi utili ai fini della
rivalutazione della misura del trattamento pensionistico, ma di una riduzione
dei requisiti per l’accesso al pensionamento con conseguente rivalutazione
contributiva ai soli fini dell’accesso al trattamento, e non ai fini del
calcolo.
Inoltre, a fronte di “caratteristiche di maggiore gravità dell’usura... anche
sotto il profilo delle aspettative di vita e dell’esposizione al rischio
professionale di particolare intensità”, viene ridotto il limite di anzianità
contributiva di un anno ogni 10 di occupazione “... fino ad un massimo di
24 mesi complessivamente considerati”.
I benefici possano essere riconosciuti in favore di mansioni usuranti svolte
“... nel periodo compreso tra l’8 ottobre 1993 (data di entrata in vigore del d.
lgs. 11 agosto 1993, n. 374) ed il 31 dicembre 2001...” a due condizioni:
A) che i requisiti per il pensionamento di anzianità o di vecchiaia vengano
perfezionati entro il 31.12.2001;
B) che siano presenti i limiti di disponibilità economico-finanziaria, tracciati
dalla l. 23 dicembre 2000, n. 388, al co. 13 dell’art. 78 della legge8.
Va aggiunto che vengono riconosciuti trattamenti di maggior favore in caso di “singoli
ordinamenti previdenziali” che contengano previsioni più favorevoli (art. 2
comma 3) e che “fermo restando il requisito minimo di un anno di attività
lavorativa continuata”, il beneficio è “frazionabile” in giornate
attribuite “in ciascun anno considerato” sempre che la durata dell’attività
lavorativa sia stata “non inferiore a 120 giorni” (art. 2 comma 2).
L’art. 1 del decreto 17 aprile 2001, emanato in attuazione dell’articolo 78
della legge 23 dicembre 2000, n. 388, prevede che gli interessati ad ottenere il
riconoscimento dei benefici previdenziali di riduzione dei “requisiti
anagrafici e di anzianità contributiva” debbano presentare, a pena di
decadenza, entro 90 gg., dall’entrata in vigore dello stesso decreto, domanda
corredata da documentazione utile a comprovare, in via oggettiva, l’espletamento
di mansioni epressamente individuate dall’art. 2 del decreto del 19 maggio 19999
(pubblicato in G.U. n. 208 del 4 settembre 1999) del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale di concerto con i Ministri del Tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, della Sanità e per la Funzione pubblica.
Ai sensi del quarto comma, le domande relative alla prestazione previdenziale
possono essere presentate anche in costanza di rapporto di lavoro.
In caso di positivo accoglimento, non si consente l’ulteriore prosecuzione
dell’attività lavorativa dipendente.
La definizione del rischio
Nel quadro definitorio fissato dalla legge, e prescindendo dal verificarsi
del rischio – evento patologico, le attività connesse all’esposizione
all’amianto hanno trovato collocazione in una serie di benefici previdenziali
declinati nei termini di un’anticipazione dell’età pensionabile o di un bonus
contributivo (rivalutazione dei periodi di contribuzione), subordinatamente
all’iscrizione del lavoratore all’assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali e per i periodi da essa
coperti.
Tale nesso di correlazione può considerarsi un presupposto logico-sistemico
dell’intervento normativo, giustificato solo in presenza della possibilità di
compromissione del bene salute protetto. L’esposizione, nel corso della propria
attività lavorativa, alle sostanze contenenti amianto viene, infatti, inquadrata
nell’ambito delle attività che comportano rischi professionali, cioè derivanti
da eventi dipendenti da attività di lavoro.
La specificità della tutela trova origine nell’evento malattia professionale
derivante dall’esposizione all’amianto, sulla cui definizione si sono susseguiti
diversi interventi normativi10,
con cui il legislatore ha reso esplicita la tipicità del rischio.
In proposito è da dire che la malattia professionale è tutelata sin
dall’emanazione della legge 12 aprile 1943, n. 455, che previde l’estensione
dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali alla silicosi e
all’asbestosi.
Le prestazioni assicurative sono dovute in caso di morte o di inabilità al
lavoro permanente superiore al 20%.
Con le disposizioni di cui agli artt. 140 e ss. del d.P.R. 30 – 6 – 1965, n.
1124 (T.U. in materia di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro), si
procede alla definizione correlata dell’evento morboso (definito “asbestosi”) e
dell’attività professionale nel corso della quale esso viene contratto: “Nell’assicurazione
obbligatoria per le malattie professionali contemplate dall’art. 3 del presente
decreto è compresa l’asbestosi, contratta nell’esercizio dei lavori specificati
nella tabella, allegato n. 8, e che risultino fra quelli previsti dall’art. 1”
(art. 144 comma 1).
Il rimando alla tabella allegata consente di chiarire il concetto di
esposizione, così precisata: “estrazioni e successive lavorazioni
dell’amianto nelle miniere; applicazione di amianto e materiali che lo
contengano o che comunque espongano ad inalazioni di polveri di amianto”.
La tipizzazione delle attività lavorative che determinano l’esposizione suddetta
è oggetto di modifica con cadenza biennale, in conseguenza della revisione
operata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro
del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro della Salute,
sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, “qualora
sussistano altri lavori che espongono al rischio dell’asbestosi” (art. 144
2° comma).
Si è, in presenza, quindi di una tipicità debole, per quanto attiene la rigida
definizione delle attività lavorative che espongono all’amianto, mentre resta la
caratterizzazione, dal punto di vista medico – clinico, dell’evento morboso.
Il sistema tabellare ed il sistema “misto”
La materia è stata oggetto di alcuni interventi della Corte Costituzionale11.
La Corte, in accoglimento di ordinanze di rimessione incentrate sulla carenza
del sistema delle tassatività delle malattie professionali e sulla limitatezza
del nesso di causalità tra evento morbigeno (lavorazione pericolosa) e malattia
professionale, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 3, comma primo, del
d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, per contrasto con l’art. 38 Cost. nella parte in
cui “non prevede che l’assicurazione contro le malattie professionali
nell’industria è obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese
nelle tabelle allegate concernenti le dette malattie e da quelle causate da una
lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse,
purchè si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro”.
Con tale intervento, si è assistito al passaggio dal c.d. “sistema tabellare” al
“sistema misto”12,
in cui, cioè, non opera la presunzione legale di tipizzazione dell’evento
morboso e della sua riconducibilità all’attività lavorativa, ma è dato diritto
al lavoratore di provare il sottostante nesso causale dell’evento morboso al
fine di invocare la prestazione previdenziale a tutela.
Si è, dunque, operato un contemperamento dei due diversi e contrapposti
interessi in gioco: da un lato l’accertamento presuntivo dell’eziologia
professionale (sistema a tipizzazione forte, o tabellare), con i connessi
profili di certezza del quadro clinico ai fini dell’accertamento tecnico,
dall’altro l’esigenza di adeguamento delle situazioni invalidanti alle mutate
conoscenze scientifiche, con conseguente allargamento dell’area della eziologia
riferita ad eventi non preventivamente definibili come morbigeni.
Il Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 3813,
nel ribadire14
la vigenza del sistema misto, così come stabilito dalla Corte Costituzionale ha
previsto, all’art. 10, un elenco di malattie di probabile e di possibile
origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione
delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del
Testo Unico.
Il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 27715,
richiamato espressamente dalla legge 27 marzo 1992, n. 257 (artt. 2 e 3)
contiene una dettagliata serie di disposizioni tecniche utili a definire il
livello massimo di esposizione e i conseguenti rimedi e profili sanzionatori
apprestati dall’ordinamento al di sopra della soglia massima di esposizione al
rischio morbigeno all’interno dei luoghi di lavoro.
L’art. 24 detta il limite minimo di esposizione alle polveri di amianto16
al superamento del quale il datore di lavoro dovrà effettuare la valutazione del
rischio, al fine di adottare le misure preventive e protettive nei confronti dei
lavoratori.
Gli artt. 30 e 31 prevedono il limite massimo di tollerabilità dell’esposizione
all’amianto, facendo discendere dal superamento di essi il divieto di
prosecuzione dell’attività lavorativa (art. 31 comma 5)17
.
La legge 27 marzo 1992, n. 257
Per quanto riguarda la disciplina dei rischi derivanti da tutte le attività
lavorative che comportano l’impiego di amianto come materia prima o che
espongano alle polveri di amianto pur non comportandone l’estrazione o
l’impiego, la fonte principale è data dalla legge 27 marzo 1992, n. 25718,
finalizzata all’integrale raggiungimento dell’obiettivo della dismissione delle
attività lavorative che espongono alle sostanze pericolose dell’amianto
Posta la necessità di individuare i materiali sostitutivi di tale sostanza,
ritenuta nociva per la salute della persona e per la tutela dell’ambiente, la
legge si pone la finalità di dettare norme per la dismissione dalla produzione e
dal commercio dell’amianto, con conseguente riconversione produttiva delle
imprese del settore19,
accompagnando tali misure a forme di sostegno (anticipazione del trattamento
pensionistico e rivalutazione dei periodi contributivi, di cui al capo IV della
legge) in favore dei lavoratori interessati all’attività di estrazione
dell’amianto o che, comunque, siano stati esposti alle polveri di amianto.
E’, innanzitutto, prevista, secondo quanto stabilisce l’articolo 13 commi 2, 3,
4 e 5 l. 27 marzo 1992, n. 257, la facoltà di richiedere il trattamento
anticipato di anzianità, ai sensi dell’art. 22 della legge 30 aprile 1969, n.
153 e successive modificazioni ed integrazioni, per i lavoratori occupati nelle
imprese che utilizzano o estraggono amianto e possano far valere almeno trenta
anni di anzianità assicurativa e contributiva nell’Assicurazione Generale
Obbligatoria con una maggiorazione dell’anzianità assicurativa e contributiva
pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei trentacinque
anni prescritto dalla legge 30 aprile 1969, n. 153 e non superiore al periodo
compreso tra la data di risoluzione del rapporto lavorativo e quello del
compimento dei sessanta anni per gli uomini e cinquantacinque per le donne.
E’, inoltre, concesso il trattamento di integrazione salariale ai lavoratori
occupati in imprese che utilizzano o estraggono amianto, impegnate in processi
di ristrutturazione e riconversione produttiva, anche se il requisito
occupazionale sia pari a quindici unità per effetto di decentramento organico
dovuto al pensionamento anticipato (art. 13 comma 1).
Viene, infine, riconosciuto a una determinata categoria di lavoratori, delle
miniere o delle cave di amianto, (art. 13 comma 6), a quelli che abbiano
contratto malattie professionali (art. 13 comma 7), e a coloro che risultino
esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni (art. 13 comma 8), un
beneficio di accreditamento del numero di settimane coperto da contribuzione
obbligatoria contro le malattie professionali, ai fini dei trattamenti
pensionistici.
Si tratta di una rivalutazione contributiva, utile sia ai fini dell’accesso al
trattamento pensionistico, sia ai fini del calcolo dello stesso, che viene
subordinata ad una serie di condizioni comprendenti, oltre all’accertamento del
periodo di esposizione alle sostanze morbigene, documentato da apposita
certificazione I.N.A.I.L.20,
anche il requisito dell’iscrizione all’assicurazione contro gli infortuni e le
malattie sul lavoro gestita dall’I.N.A.I.L.
Su tale tipologia di beneficio previdenziale è recentemente intervenuto il
legislatore con il decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, convertito
con legge 24 novembre 2003, n. 326 (“Disposizioni urgenti per favorire lo
sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”) e, in
seguito, con la legge finanziaria per il 2004, legge 24 dicembre 2003, n. 350,
art. 3 commi 132 e 133, senza dimenticare il Decreto del Ministro del Lavoro del
27 ottobre 2004 che ha dato attuazione al citato art.47.
L’intervento in parola, limitatamente al caso di esposizione ultradecennale
all’amianto (art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257), riduce il
coefficiente moltiplicatore, previsto originariamente, da 1,5 a 1,25 del numero
degli anni di contribuzione, comportando una riduzione quantitativa del numero
degli anni lavorativi soggetti a rivalutazione e prevede che la rivalutazione
stessa del numero di anni di contribuzione non valga più a tutti i fini del
trattamento (accesso alla pensione e calcolo del relativo trattamento), ma ai
soli fini della misura del trattamento pensionistico.
La normativa anteriore al d. l. 30
settembre 2003, n. 269 per i lavoratori esposti all’amianto
L’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257
Ai lavoratori del settore privato dipendenti da imprese che estraggono
amianto o utilizzano amianto come materia prima21,
(anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari) esposti
all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, veniva riconosciuto un
beneficio pensionistico (art. 13 comma 8 legge 27 marzo 1992, n. 257) costituito
da un meccanismo di rivalutazione dei periodi di contribuzione obbligatoria
contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto,
mediante il quale, ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche,
l’anzianità contributiva posseduta dagli interessati, solo ed esclusivamente per
i periodi di attività lavorativa in cui vi fosse stata l’esposizione
all’amianto, doveva essere moltiplicata per il coefficiente di 1,5, fermo
restando il limite massimo di 40 anni di anzianità contributiva.
Beneficiari della norma erano solo i dipendenti di imprese che avessero
utilizzato o estratto amianto, i quali avessero contratto malattie professionali
a causa dell’esposizione all’amianto, certificate dall’INAIL, o fossero stati
esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, coperto da
assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali connesse al rischio
derivante dall’esposizione all’amianto gestita dall’INAIL, comprovato dal
pagamento del relativo premio assicurativo.
L’ambito dei destinatari: le modifiche normative e la giurisprudenza
costituzionale
Con il decreto legge 5 giugno 1993, n. 169, convertito in legge 4 agosto
1993, n. 271, (entrata in vigore il 5 agosto 1993), ferma restando l’esistenza
dei requisiti già descritti, è stata apportata una modifica alla sfera dei
destinatari del beneficio pensionistico in argomento.
L’art. 1 comma 1 del decreto legge 5 giugno 1993, n. 169, in sostituzione del
comma 8 dell’art. 13 della legge 27 marzo 1992, stabilisce che i destinatari del
beneficio siano non più i “lavoratori dipendenti dalle imprese che estraggono
amianto come materia prima”, ma i lavoratori “esposti all’amianto per un
periodo superiore a dieci anni”
Beneficiari della rivalutazione contributiva, a seguito della modifica, sono
tutti i lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa
dell’esposizione all’amianto, o possano far valere un periodo di esposizione
all’amianto superiore a dieci anni, ancorchè non occupati nel settore
dell’amianto (ossia, anche non dipendenti da imprese che utilizzano o estraggono
amianto)22.
Con la pronuncia del 12 gennaio 2000, n. 5, la Corte Costituzionale ha
dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13,
comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257, come modificato dall’art. 1, comma 1
del decreto legge 5 giugno 1993, n. 16923.
Le censure muovevano dal presupposto secondo cui, con tale intervento, il
legislatore avrebbe escluso ogni selezione dei beneficiari che potesse derivare
dal riferimento alla tipologia dell’attività produttiva del datore di lavoro,
svincolando, di fatto, la norma da qualunque parametro predeterminato, potendo
la detta esposizione all’amianto essere riscontrata senza alcuna specificazione
tecnica e affidata a valutazioni del tutto libere da standards di riferimento e,
perciò, suscettibile di applicarsi a situazioni sostanzialmente eterogenee, in
contrasto con l’art. 3 Cost.
In conseguenza, verrebbe meno la possibilità di esprimere ogni valutazione di
copertura finanziaria del provvedimento, potendo il beneficio essere esteso a
una platea indeterminata di beneficiari, in violazione dell’art. 81 Cost.24
La Corte ha ritenuto che l’indeterminatezza possa essere censurata solo in
quanto la discrezionalità legislativa si spinga sino al punto da rendere le
proprie scelte di valutazione della platea dei destinatari totalmente incoerenti
o contraddittorie.
Sul punto, non si riscontra nessuno dei due elementi menzionati, in quanto,
sorretta da interpretazione conforme a ragionevolezza, la norma oggetto di
sindacato di legittimità costituzionale deve essere interpretata, in via
letterale, alla stregua dei canoni tutt’altro che indeterminati dell’esposizione
ultradecennale all’amianto nell’ambito di attività lavorative soggette
all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti
dall’amianto gestita dall’INAIL.
La lettura della norma proposta dalla Corte colloca la ratio della
disposizione normativa nella “finalità di offrire, ai lavoratori esposti
all’amianto per un apprezzabile periodo di tempo, un beneficio correlato alla
possibile incidenza invalidante di lavorazioni che presentano potenzialità
morbigene”25.
Ciò che la norma intende introdurre è la possibilità di correlare gli elementi
dell’attività lavorativa soggetta all’assicurazione obbligatoria e
dell’esposizione alla presenza del rischio di eventi morbigeni, che si verifica
con un’esposizione superiore al tasso soglia previsto dall’art. 24 del d.l. 15
agosto 1991, n. 277, indipendentemente dalla tipologia invalidante che ne sia
derivata26.
La Corte ha, quindi, affermato che la disposizione denunciata poggia su “un
sicuro fondamento, rappresentato sia dal dato di riferimento temporale sia da
quello della nozione di rischio che, com’è noto, caratterizza il sistema delle
assicurazioni sociali”.
La giurisprudenza di legittimità successiva27
alla pronuncia della Corte Costituzionale ha approfondito la linea
interpretativa segnata nella sentenza n. 5/2000, ribadendo la connessione
esistente tra l’art. 13 della legge 257/92 e l’art. 24 del d.lgs. 277/91.
Tale interpretazione si ricava, in via sistematica, dall’indiretto riferimento
che l’art. 3 della legge n. 257/92 fa all’art. 31 del d.lgs. 277/93, richiamando
e modificando i valori limite di concentrazione al di sotto dei quali le fibre
di amianto possono considerarsi respirabili.
La concentrazione delle polveri di amianto deve, peraltro, considerarsi
portatrice del rischio morbigeno in relazione alla singola posizione
professionale del soggetto richiedente ed alle mansioni da questi effettivamente
disimpegnate, non essendo sufficiente la prova di una presenza meramente diffusa
di polveri di amianto nell’ambiente di lavoro frequentato dall’assicurato28.
Altro elemento di innovazione introdotto dal D.L. 169/93 consiste nella
previsione secondo cui il beneficio pensionistico di rivalutazione contributiva
vale sull’”intero periodo lavorativo”, purchè vi sia stata esposizione
ultradecennale all’amianto.
La norma, modificando il comma 8 dell’art. 13 l. 257/92, ha contribuito a fare
definitivamente chiarezza su tale fattispecie, sgombrando il campo dal dubbio,
sorto precedentemente al vigore della nuova norma, circa l’effettivo periodo da
sottoporre a rivalutazione e cioè solo il periodo eccedente i dieci anni29
o l’intero periodo purchè protratto per più di dieci anni.
Sulla materia del beneficio pensionistico della rivalutazione contributiva per i
lavoratori esposti all’amianto si sono susseguiti diversi orientamenti
interpretativi da parte dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale30.
La categoria tutelata
I destinatari sono solo i lavoratori del settore privato.
Si è posto il problema dell’ambito di applicabilità ai lavoratori dipendenti
dalle Ferrovie dello Stato, precedentemente alla loro trasformazione in s.p.a.
e, conseguentemente, alla loro iscrizione obbligatoria all’I.N.A.I.L. (stabilita
a decorrere dal primo gennaio 1996), necessaria ai fini del diritto al
beneficio.
La Corte Costituzionale31,
nell’affrontare la questione, ha ritenuto che il beneficio previsto dalla legge
27 marzo 1992, n. 257 si debba riconoscere anche ai lavoratori dipendenti delle
Ferrovie dello Stato, sulla base della medesima ratio che sorregge la norma di
tutela della salute dei lavoratori dal rischio morbigeno, indubbiamente presente
nell’ambito del servizio ferroviario.
In conseguenza, il beneficio da amianto va esteso anche ai lavoratori iscritti
all’INPDAP con riferimento al periodo pregresso sulla base, ovviamente, dei
presupposti di legge previsti per tutti i lavoratori del settore privato
(esposizione ultradecennale, presenza del rischio).
In ordine alla tipologia professionale dei destinatari, per via del tenore
letterale della disposizione della legge 4 agosto 1993, n. 27132
era stato precisato33
che i titolari di pensione liquidata con decorrenza anteriore alla data di
efficacia dei singoli provvedimenti dovevano ritenersi esclusi dall’ambito
applicativo della norma.
Tale interpretazione, fatta propria dalla Suprema Corte34,
è stata limitata alle tipologie di pensione di vecchiaia, anzianità o di
inabilità.
Con riferimento alla pensione di invalidità, posto che il godimento di una tale
prestazione non preclude lo svolgimento di attività lavorativa, a seguito di
interpretazione in via amministrativa, concertata con il Ministero del Lavoro,
l’I.N.P.S. comunicava che i lavoratori titolari di pensione o di assegno di
invalidità35
liquidata con decorrenza anteriore all’entrata in vigore della legge, purché in
servizio alla data di entrata in vigore della stessa, e alle dipendenze di
imprese che utilizzano o estraggono amianto, dovevano, invece, essere annoverati
tra i destinatari del beneficio.
Venivano, in conseguenza, riliquidate, su domanda, le pensioni interessate.
Un diverso orientamento è stato espresso dalla Corte Costituzionale che è, anche
recentemente, intervenuta36
argomentando nel senso per cui la formulazione letterale della norma recherebbe
un espresso riferimento del beneficio della rivalutazione “ai fini delle
prestazioni pensionistiche”, destinato ai lavoratori che dovessero ancora
andare in pensione, concludendo nel senso di escludere i soggetti titolari di
trattamento pensionistico dal novero dei beneficiari della rivalutazione
contributiva.
Sull’argomento, parte della dottrina37
ha sostenuto che il beneficio di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo
1992, n. 257, consiste in una rivalutazione contributiva che risponde alle
esigenze di sostegno al prevedibile vuoto contributivo derivante dalla difficile
ricollocabilità del lavoratore nel mercato del lavoro, oltre che per il suo
stato di salute pur se non ancora compromesso dalla malattia professionale,
differenziandosi da quello di cui al comma 2, dovrebbe poter applicarsi anche a
chi non è più in attività, non essendo un vero e proprio prepensionamento
destinato ai soli lavoratori attivi.
Si è, altresì, posto il problema se considerare anche i lavoratori autonomi,
oltrechè i lavoratori dipendenti, come destinatari del beneficio in argomento.
L’orientamento della Corte di Cassazione38
esclude tale possibilità, pure contemplata da parte della dottrina, ritenendo
che “le esigenze di tutela perseguite dal legislatore…non potrebbero
ravvisarsi con riguardo ai lavoratori autonomi i quali, diversamente dai
subordinati, dispongono di ogni potere di autorganizzazione e dunque non
abbisognano di tutele volte a contrastare la sottoprotezione che è conseguenza
ineludibile dell’eterodirezione”.
Le procedure di accertamento
Altra questione ha riguardato le modalità di accertamento dell’“esposizione”
all’amianto, considerato l’intervento normativo per cui i beneficiari non sono
più i soli dipendenti di imprese che utilizzano amianto39.
La competenza, in materia, è stata riconosciuta, per le comprovate esperienze e
conoscenze tecniche, all’I.N.A.I.L.40,
che gestisce l’accertamento dell’esposizione valutando le richieste dei
lavoratori.
Al riguardo, l’I.N.P.S.41
ha chiarito che:
con riferimento alle aziende che attestano l’avvenuto pagamento del premio
supplementare contro l’asbestosi, l’I.N.A.I.L. rilascia al lavoratore
interessato una dichiarazione con cui viene attestato il periodo di lavoro
svolto, per il quale matura il diritto al beneficio di accreditamento;
con riferimento alle aziende presso cui non vi sia l’attestazione del
pagamento del relativo premio per il rischio di asbestosi, l’accertamento
tecnico è demandato all’I.N.A.I.L. che, previo parere tecnico di una apposita
struttura, espresso sulla base della situazione ambientale dell’azienda, delle
attività e delle mansioni a rischio di esposizione e i relativi limiti
temporali, valuterà il diritto al beneficio.
Deve ritenersi che, sotto il profilo dell’onere probatorio, la dimostrazione
dell’esistenza degli elementi di fatto costitutivi del diritto alla
rivalutazione, e quindi anche la consistenza dell’esposizione, incombe sul
lavoratore ex art. 2697 c.c.
La disciplina introdotta dall’art.
47 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269
La normativa introdotta a seguito degli interventi legislativi più recenti si
presta ad alcune considerazioni in merito all’ambito di efficacia dei
destinatari delle misure introdotte ed alla tecnica di formulazione legislativa,
che, come si vedrà, ha, in primo luogo, modificato la concezione stessa del
diritto al conseguimento del beneficio dei soggetti esposti all’amianto e, in
secondo tempo, salvaguardato i soggetti che avevano conseguito il diritto ai
benefici avendo già perfezionato i requisiti (esposizione ultradecennale
all’amianto).
Occorre, anzitutto, ripercorrere brevemente l’iter di approvazione del decreto
legge 30 settembre 2003, n. 26942
e della successiva legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326.
Le modifiche qualitative e quantitative del beneficio precedenti alla
conversione in legge del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269
L’art. 47 comma 1 prevede delle innovazioni sostanziali che, a partire dal
1° ottobre 2003, restringono la portata della prestazione previdenziale:
1 - l’intero periodo lavorativo è moltiplicato per il coefficiente 1,25 e non
più 1,50;
2 - il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini del calcolo
delle prestazioni pensionistiche e non ai fini del diritto al conseguimento
delle stesse;
3 - il beneficio previdenziale di cui al comma 1 è concesso ai lavoratori in
presenza di una esposizione all’amianto in concentrazione media annua non
inferiore a 100 fibre /litro come valore medio su otto ore al giorno, per un
periodo di almeno 10 anni43.
Si tratta, secondo parte della dottrina44,
di una tipologia innovativa di beneficio previdenziale, distinto da quello della
precedente disciplina sia in termini qualitativi (rivalutazione contributiva ai
soli fini del calcolo del trattamento pensionistico), sia in termini
quantitativi (modifica del coefficiente moltiplicatore), sia per ambito di
efficacia (modifica del criterio di calcolo del valore limite di esposizione),
con conseguenze sul piano processuale, per cui le domande fondate sulla nuova
previsione non dovrebbero poter essere convertite, in caso di insussistenza dei
presupposti relative all’entità dell’esposizione, in domande aventi ad oggetto
il beneficio di cui all’art. 13 co. 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257 (vecchio
regime).
La nuova disciplina si applica anche ai lavoratori ai quali, prima della data di
entrata in vigore del presente decreto, sia stata certificata l’esposizione
all’amianto sulla base degli atti di indirizzo emanati dal Ministero del lavoro
(art. 47 comma 2)45,
secondo quanto precedentemente stabilito dalla legge 31 luglio 2002, n. 17946.
Di particolare rilievo è la formulazione dell’art. 47 comma 3: “Con la stessa
decorrenza prevista al comma 1, i benefici di cui al comma 1, sono concessi
esclusivamente ai lavoratori che, per un periodo non inferiore a dieci anni,
sono stati esposti all’amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100
fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno. I predetti limiti non si
applicano ai lavoratori per i quali sia stata accertata una malattia
professionale a causa dell’esposizione all’amianto”.
E’ previsto inoltre che tutti i lavoratori che intendano ottenere il
riconoscimento dei benefici di cui al comma 1, compresi quelli cui è stata già
rilasciata la certificazione, dovranno presentare, a pena di decadenza, domanda
all’I.N.A.I.L. entro il termine di 180 giorni dalla data di pubblicazione del
decreto interministeriale, previsto al comma 6, di attuazione delle nuove
disposizioni, a pena di decadenza dal beneficio.
Tale decadenza, ha destato perplessità47
per quanto attiene la sfera di efficacia dei destinatari. Infatti, comprendendo
anche i lavoratori cui sia stata già rilasciata la certificazione I.N.A.I.L.,
non è dato comprendere a cosa sia finalizzata la domanda di questi ultimi.
Ritenendo di dover escludere l’ipotesi per cui la domanda si riferisca ai
soggetti che maturino i requisiti per il trattamento tra il 1° ottobre e lo
spirare del termine ed essendo esclusa un’ipotesi di decorrenza di ulteriore
termine per chi maturi successivamente i requisiti medesimi si deve ritenere48
che la domanda sia volta esclusivamente alla certificazione dell’esposizione
(nei nuovi valori limite), a prescindere dalla maturazione dei requisiti.
La competenza dell’I.N.A.I.L. alla certificazione non innova in ordine alla
legittimazione processuale passiva nelle controversie volte all’accertamento
giudiziale del diritto alla rivalutazione del periodo lavorativo durante il
quale vi sia stata esposizione all’amianto.
Pur in un quadro disciplinatorio sostanzialmente carente in materia, deve
ricordarsi l’orientamento della dottrina49
e giurisprudenza consolidata50,
che afferma la legittimazione passiva dell’ente previdenziale tenuto ad operare
la rivalutazione (I.N.P.S.), con esclusione di quello certificatore (I.N.A.I.L.).
Precedentemente alla conversione in legge, il decreto 30 settembre 2003, n. 269
conteneva, all’art. 47 comma 2, una disposizione51
per cui, nella sostanza, anche chi aveva già acquisito, anteriormente alla data
di entrata in vigore del decreto, il diritto alla documentazione che attestava
la propria esposizione all’amianto, e coloro che avessero ottenuto la
certificazione I.N.A.I.L., sarebbero stati assoggettati alla nuova disciplina
con conseguente riduzione del beneficio di anticipazione dell’età pensionistica.
Infatti, come precisato dall’I.N.P.S.52
anche chi avesse maturato il requisito dell’esposizione ultradecennale
all’amianto precedentemente all’entrata in vigore del decreto ma non avesse
ottenuto il certificato I.N.A.I.L. in data anteriore al 1° ottobre 2003, sarebbe
ricaduto nella nuova disciplina di cui all’art. 47 comma 2.
In sostanza si era introdotta una nuova, e meno favorevole, formula di calcolo
del trattamento pensionistico con una decorrenza immediata (1° ottobre 2003),
con l’effetto di creare ex novo, anche in capo a chi avesse maturato i requisiti
per l’accesso al trattamento pensionistico ed avesse ottenuto la certificazione
I.N.A.I.L., l’onere di proseguire l’attività lavorativa al fine di perfezionare
i requisiti minimi per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità53.
La finalità della norma era chiaramente improntata ad una razionalizzazione
della spesa previdenziale correlata al riconoscimento del beneficio, in
tendenziale aumento anche a seguito dell’estensione della platea dei beneficiari
operata dalla ricordata sentenza della Corte Costituzionale in favore dei
dipendenti delle Ferrovie dello Stato e della legge 31 luglio 2002, n. 179.
Infatti, l’articolo 18, comma 8, della legge 31 luglio 2002, n. 179 nel
prevedere che “le certificazioni rilasciate o che saranno rilasciate
dall'INAIL sulla base degli atti d'indirizzo emanati sulla materia dal Ministero
del lavoro e delle politiche sociali antecedentemente alla data di entrata in
vigore della presente legge sono da considerarsi valide ai fini del
conseguimento dei benefìci previdenziali previsti dall'articolo 13, comma 8,
della legge 257/92 e successive modificazioni”, aveva prodotto l’effetto di
estendere sensibilmente il numero dei beneficiari, con ulteriore crescita degli
oneri della finanza pubblica, senza che a tale estensione si accompagnasse
adeguata copertura finanziaria54.
Si poneva, tuttavia, una problematica di difficile compatibilità delle norme
introdotte al fine di conseguire i risparmi di spesa e di correggere lo
scostamento delle previsioni finanziarie con gli effetti degli atti di indirizzo
ministeriali suddetti, con il tema dei diritti quesiti e con la ragionevolezza
della tecnica legislativa utilizzata.
L’applicazione della norma con decorrenza 1° ottobre avrebbe, infatti,
determinato la negazione del diritto alla pensione per quei lavoratori che,
avendo già ottenuto dall’I.N.A.I.L. il riconoscimento per esposizioni superiori
a dieci anni, avevano ritenuto, legittimamente, valido il coefficiente 1,50 per
il perfezionamento del diritto a pensione.
La disciplina vigente dal 2 ottobre
2003
A seguito della conversione del decreto n. 269 in legge 24 novembre 2003, n.32655,
l’art. 47 viene modificato attraverso l’aggiunta di ulteriori commi (da 6-bis
a 6-quinquies).
Il beneficio previdenziale di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992,
n. 257 subisce le seguenti modifiche:
vengono fatti salvi i diritti acquisiti per i lavoratori che abbiano già
maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto al
trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui
all’articolo 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché per coloro che
alla data di entrata in vigore del decreto legge, fruiscano dei trattamenti di
mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in
relazione alla domanda di pensionamento.
Pertanto, l’esposizione ultradecennale all’amianto continua a dar luogo al
riconoscimento del beneficio pensionistico consistente nella moltiplicazione del
periodo di esposizione per il coefficiente 1,5, sia ai fini del conseguimento
del diritto a pensione sia ai fini della determinazione del relativo importo nei
confronti dei seguenti soggetti:
a) lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 avevano perfezionato i requisiti
contributivi ed anagrafici previsti per il diritto al trattamento pensionistico
anche in base al beneficio di cui al comma 8 dell’articolo 13 della citata legge
n. 27 marzo 1992, n. 257. Ai fini del perfezionamento di tali requisiti non
rileva né la data di presentazione della domanda di pensione né la decorrenza da
attribuire al trattamento pensionistico56.
b) lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 fruivano dei trattamenti di
mobilità57;
c) lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 avevano definito la risoluzione
del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento.
Ai fini della liquidazione delle predette pensioni le certificazioni rilasciate
dall’INAIL sono da considerarsi utili a prescindere dalla data di rilascio delle
stesse.
I soggetti cui sono stati estesi, sulla base del presente articolo, i benefici
previdenziali di cui alla legge 27 marzo 1992, n. 257, come rideterminati sulla
base del presente articolo, qualora siano destinatari di benefici previdenziali
che comportino, rispetto ai regimi pensionistici di appartenenza,
l’anticipazione dell’accesso al pensionamento, ovvero l’aumento dell’anzianità
contributiva, hanno facoltà di optare tra i predetti benefici e quelli previsti
dal presente articolo58
(art. 57 comma 6-ter).
Si tratta di una disposizione con cui viene, espressamente, sancito il divieto
di cumulo con altri, eventuali trattamenti previdenziali derogatori alla
disciplina generale59.
Agli stessi non si applicano i benefici di cui al presente articolo, qualora
abbiano già usufruito dei predetti aumenti o anticipazioni alla data di entrata
in vigore del presente decreto.
Il Ministero del lavoro, chiamato a fugare dubbi interpretativi sopravvissuti
anche dopo l’intervenuta emanazione del decreto attuativo del 27.10.2004, con
nota del 31 marzo 2005, ha precisato che “si ritengono cumulabili i benefici
previdenziali connessi all’esposizione all’amianto con quelli conseguenti ad un
particolare status del lavoratore (invalidi, non vedenti, sordomuti)”.
Il comma 6 – quinquies prevede che, in caso di indebito pensionistico
derivante da sentenze con le quali sia stato riconosciuto agli interessati il
beneficio pensionistico previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, riformate
nei successivi gradi di giudizio in favore dell’ente previdenziale, non si dà
luogo al recupero degli importi ancora dovuti alla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto60.
L’intervento normativo, a seguito dell’emanazione del decreto del Ministro del
Lavoro 27 ottobre 2004 attuativo del D.L. 269/2003, disciplina la fase
transitoria con modalità che sono state interpretate dall’Istituto Nazionale
della Previdenza Sociale61
nel senso di attribuire il beneficio previsto dalla disciplina previgente al 2
ottobre 2003 ai lavoratori che si trovino in una delle seguenti situazioni:
- siano in possesso di un certificato rilasciato dall’INAIL attestante lo
svolgimento, entro il 2 ottobre 2003, di attività lavorativa con esposizione
ultradecennale all’amianto;
- abbiano ottenuto il riconoscimento, in sede giudiziaria o amministrativa,
dell’esposizione ultradecennale all’amianto per attività lavorativa svolta entro
il 2 ottobre 2003;
- vengano in possesso della certificazione rilasciata dall’INAIL attestante lo
svolgimento, entro il 2 ottobre 2003, di attività lavorativa con esposizione
ultradecennale all’amianto, a seguito di domande presentate entro il 15 giugno
2005;
- ottengano il riconoscimento del diritto al beneficio previdenziale in
questione, per lo svolgimento, entro il 2 ottobre 2003, di attività lavorativa
con esposizione ultradecennale all’amianto con sentenze che vengano pronunciate
in esito di cause il cui ricorso è stato depositato a seguito di diniego
dell’INAIL su domande di certificazione presentate nel tempo dagli interessati a
detto Istituto e comunque non oltre il 15 giugno 2005.
Restano inoltre valide le certificazioni già rilasciate dall’I.N.A.I.L.
La tutela dei diritti quesiti
La norma attuale mostra di aver recepito, in corso d’opera, i profili di
tutela dei diritti quesiti, attraverso una dettagliata elencazione dei soggetti
beneficiari della previgente disciplina.
Seguendo l’insegnamento della Corte Costituzionale, il trattamento pensionistico
viene discrezionalmente stabilito dal legislatore62
ma l’esercizio, in concreto, del potere legislativo deve essere conforme a
ragionevolezza per non ledere l’affidamento del cittadino nella certezza
giuridica a trattamenti previdenziali che non vengano irrazionalmente modificati
rispetto alle leggi anteriori.
Sul tema si sono succeduti diversi interventi della Corte63,
la quale ha fissato i principi che devono improntare la tecnica legislativa nel
perseguimento dei propri obiettivi e finalità, all’insegna del rispetto del
canone di ragionevolezza, al fine di non incorrere in censure di illegittimità
costituzionale della norma che intenda innovare l’ordinamento previdenziale.
La Corte ha, infatti, affermato64
che “non può dirsi consentita una modificazione legislativa che, intervenendo
o in una fase avanzata del rapporto di lavoro oppure quando già sia subentrato
lo stato di quiescenza, peggiorasse, senza un’inderogabile esigenza, in misura
notevole ed in maniera definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza
spettante, con la conseguente irrimediabile vanificazione delle aspettative
legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla propria
attività lavorativa”.
La stessa Corte afferma che la riduzione del trattamento pensionistico ormai
prossimo a maturazione secondo la legge previgente non può essere giustificata
da una “necessità di contenimento della spesa previdenziale” in danno di
quei soggetti che abbiano versato contributi a loro carico, per l’intero o in
parte, nella legittima aspettativa di conseguire un trattamento pensionistico
adeguato, questi ultimi tutelati dalla previsione dell’art. 38 Cost.
Tuttavia, non è agevole individuare con chiarezza il carattere di inderogabilità
per una esigenza di chiaro ordine pubblico, quale la finalità di adeguare il
sistema della spesa previdenziale alle disponibilità di risorse nel bilancio
pubblico e alle mutevoli condizioni dei destinatari delle prestazioni stesse,
condizioni determinate da una diversa tipologia di parametri (requisiti
assicurativi e contributivi, invecchiamento della popolazione, indici di
mortalità e natalità, condizioni del mercato del lavoro).
Con successiva pronuncia65
la Corte Costituzionale ha modificato il precedente orientamento chiarendo che
non sussistono limiti costituzionali nelle modalità di intervento del
legislatore dettato da inderogabile esigenza di contenimento della spesa
pubblica, considerato che esiste il “limite delle risorse disponibili e che,
in sede di manovra finanziaria di fine anno, introdurre modifiche alla
legislazione di spesa, ove ciò sia necessario per salvaguardare l’equilibrio di
bilancio dello Stato e per perseguire gli obiettivi della programmazione
finanziaria”.
Potrebbe desumersi dalla pronuncia il principio secondo cui il legislatore,
allorché si trovi di fronte ad un’inderogabile esigenza di contenimento della
spesa previdenziale, può anche incidere sui trattamenti già erogati,
diminuendone l’importo, nell’esercizio di un potere necessitato dall’esigenza di
salvaguardia dell’equilibrio di bilancio66.
E’ stato, infatti, affermato in dottrina67
che l’eventuale compressione delle aspettative di quanti avrebbero interesse
a mantenere il regime previdenziale preesistente trova giustificazione o in
valutazioni di carattere generale o nella necessaria prevalenza dell’interesse
pubblico o dell’interesse collettivo, in particolare modo nel caso in cui tale
compressione è necessaria per garantire il mantenimento della tutela
previdenziale in relazione alla ridotta disponibilità di risorse e, quindi, è
funzionalizzata alla soddisfazione degli interessi di tutti i soggetti che di
quella tutela fruiscono e fruiranno.
Il legislatore mostra di avere adottato una tecnica legislativa compromissoria
tra restrizione dei contenuti del beneficio e allargamento dell’ambito dei
destinatari del beneficio medesimo poiché, ribaltando il precedente orientamento
restrittivo, confortato da una copertura finanziaria esposta in dettaglio68,
estende il beneficio previgente, anche ai soggetti che “abbiano avanzato
domanda di riconoscimento all’INAIL o che abbiano ottenuto sentenze favorevoli
per cause avviate entro la stessa data”, secondo quanto dispone l’art. 3
comma 132 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Il riferimento alle domande all’I.N.A.I.L. appare coerente con il quadro di
disciplina dei diritti quesiti, posto che la certificazione dell’esposizione
all’amianto è da considerarsi quale mero presupposto procedimentale per il
riconoscimento del diritto (già maturato per via dell’esposizione
ultradecennale) al trattamento medesimo.
A diverse conclusioni deve giungersi con riferimento alle sentenze pronunciate
con esito favorevole in seguito a cause avviate (correttamente, secondo
l’I.N.P.S. attraverso il deposito del ricorso, ex art. 409 c.p.c.) entro il 2
ottobre 2003, non potendosi, in questo caso, parlare, ovviamente, di maturazione
del diritto al momento del deposito della domanda.
Deve, comunque, evidenziarsi che il contenuto letterale della disposizione tende
a distinguere le due fattispecie.
Infatti, solo nel primo periodo del comma 132 dell’art. 3 della legge 24
dicembre 2003, n. 350 si fa riferimento al “diritto al conseguimento del
beneficio”, mentre nel secondo periodo si dice espressamente che “la
disposizione di cui al primo periodo si applica anche…” con ciò
evidenziandosi l’estensione della fattispecie al caso, diverso, in cui il
diritto non sia stato maturato.
Resta, comunque, l’impressione di trovarsi di fronte ad una declinazione del
beneficio pensionistico, con una peculiare assimilazione di tre diverse
fattispecie in cui si è in presenza:
1. di un accertamento definito (attraverso il possesso della documentazione
I.N.A.I.L., quest’ultimo, come già detto, estraneo ad ogni legittimazione
passiva rispetto alle domande giudiziali);
2. di una domanda di certificazione (ma in cui il richiedente vanti, comunque,
il possesso dei requisiti legittimanti la prestazione);
3. di nulla più che una pretesa all’accertamento giudiziale di una posizione
giuridica, la cui esistenza risulta controversa e a cui non possa attribuirsi né
un diritto, né una legittima aspettativa.
Le criticità e l’ambiguità dell’intervento normativo suesposta emerge,
segnatamente, in conseguenza della manchevolezza di una linea certa di
interventi finanziari e di corretti stanziamenti previsionali di bilancio che,
pur nella considerazione generale che l’applicazione di norme che comportano il
riconoscimento di diritti sociali (quali quelli di carattere previdenziale ed
assistenziale) debba trovare una limitazione nelle previsioni di spesa nel
bilancio dello Stato, determina una netta linea di demarcazione tra normative,
attuale e precedente, sullo sfondo dell’assenza di un mutamento dei presupposti
per la tutela.
Tali considerazioni pongono in luce l’aspetto (finanziario) che, probabilmente,
ha maggiormente orientato il legislatore nella ri-definizione tecnica del
beneficio concesso tralasciando, tuttavia, lo sfondo peculiare dei danni
derivanti dall’impiego di sostanze nocive come l’amianto, per le quali solo con
ritardo è stato approntato un efficace piano di prevenzione e smaltimento, con
evidente impatto sulle situazioni dei lavoratori, cui certo non può chiedersi
un’immediata riqualificazione professionale, anche per la compromissione del
proprio stato di salute.
La criticità più evidente dell’intervento normativo va, allora, individuata
nella adozione di una linea di tutela che, lungi dal caratterizzarsi per
esaustività e definitività degli interventi, trova il proprio fondamento più
nella copertura finanziaria della spesa (individuata in maniera contingente e
suscettibile di modificazioni, tra entità prevista ed effettiva realizzazione)
che nella razionalizzazione del campo su cui va ad operare e ciò, con l’illogica
ed incoerente conseguenza di non orientare il piano dei benefici in relazione
alle situazioni giuridiche maturate diversamente da quelle ancora in fieri,
quanto piuttosto in una logica indennitaria sfornita di solidità e continuità
nel tempo.
A dimostrazione del non sopito dibattito sul tema le iniziative normative69
ai fini di una riforma definitiva della materia dei benefici previdenziali da
esposizione all’amianto, tendono ad orientare diversamente la portata del
beneficio nel senso di una razionalizzazione della normativa, nella direzione
dell’ampliamento della sfera dei beneficiari70,
nel senso della eliminazione esplicita del requisito di iscrizione
all’I.N.A.I.L. e all’I.N.P.S. per i lavoratori tutelati71
e di una specificazione, anche se non tassativa, delle attività lavorative
morbigene72.
Le proposte normative tendono anche ad affermare una maggiore tutela in termini
di un rafforzamento dell’attuale copertura assicurativa di legge contro le
malattie asbesto correlate, accollandone le spese ad un apposito Fondo di
garanzia73,
spostando il momento di tutela dell’evento dannoso in termini di risarcimento
dello stesso, una volta che si sia manifestato, piuttosto che continuare in una
logica di monetizzazione previdenziale addossata alla finanza pubblica, solo
apparentemente compensativa del rischio per la salute dei soggetti esposti e
carente di prospettive di coerenza e solidità nel tempo.
È di tutta evidenza, infatti, che su tale tipologia di interventi non si può
continuare ad invocare il finanziamento dello Stato, pur se non si può,
all’opposto, attuare una soluzione che aggravi, senza ulteriori compensazioni,
il costo del lavoro.
Va aggiunto che, per quanto attiene le valutazioni di impatto finanziario sulla
materia, occorre tenere conto del quadro generale della progressiva dismissione
dell’amianto74
e, dunque, della prevedibile inutilizzazione del beneficio previdenziale di cui
all’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257, per i soggetti entrati
recentemente nel mondo del lavoro, condizione che sarà resa possibile solo
attraverso un costante monitoraggio dell’attività di riconversione produttiva
delle aziende.
Nell’esame delle proposte già avviate ed orientate in tal senso, si valuta,
infatti, con attenzione l’aspetto preventivo ed il monitoraggio delle attività
di effettiva dismissione non disgiunti dalla razionalizzazione del finanziamento
degli interventi di sostegno, che dovrà gravare anche sulle imprese e sui
lavoratori, e solo in parte in una percentuale (solidaristica) addossata agli
enti previdenziali e allo Stato, nella generale considerazione di un
riordinamento delle disposizioni in materia, che tenga conto delle primarie
esigenze dei lavoratori senza eccedere nelle logiche di un intervento pubblico
generalizzato ed incapace di sostenere gli oneri, in una prospettiva, di medio e
lungo periodo.
__________________________
1 Sui principi
generali in materia di esposizione ai fattori di rischio professionale, cfr. tra
gli altri: AA.VV. Esperienze, evoluzione e prospettive dell’assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, in Digesto, sez. comm,
Torino, 1999, M. PERSIANI, La tutela del rischio professionale nel quadro della
previdenza sociale, 1986, I, 311, P. SANDULLI, La prevenzione nello schema
giuridico dell’assicurazione infortuni in Quaderni Riv. Inf. Mal . prof., 1989,
47, G. DE SIMONE, Malattia professionale e infortuni sul lavoro, in Digesto,
sez. comm., IX, Torino, 1993, F. DI CERBO, L’assicurazione contro gli infortuni
nel lavoro e le malattie professionali nella giurisprudenza, Milano, 1998.
2 Tale lettura della norma è presente in dottrina, N. CASUCCIO
“In tema di benefici previdenziali connessi alla dismissione dell’amianto” in
Dir. Lav., 1997, II, 493 ed in giurisprudenza, cfr. Cass. Sent. n. 6605 del 7
luglio 1998, n. 6620 del 7 luglio 1998, n. 7407 del 28 luglio 1998 in Dir. Lav.
1998, 896, Cass. SS.UU. 1° aprile 1999, n. 207.
3 In tal senso, v. Corte Cost., sent. n. 5 del 12 gennaio 2000.
4 Il relativo finanziamento è addossato, infatti, alla Gestione
degli interventi assistenziali e di sostegno delle gestioni previdenziali, o
G.I.A.S., istituita presso l’I.N.P.S. dall’art. 37, legge 9 marzo 1989, n.88
recante norme in materia di “Ristrutturazione dell’Istituto nazionale della
previdenza sociale e dell’Istituto nazionale per l’Assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro”.
5 Il mesotelioma e` un segnalatore tipico di presenza di
amianto, in quanto la quasi totalità dei casi è riconducibile ad un’esposizione
ad asbesto.
6 Circ. INPS n. 115 del 25 maggio 2001.
7 Pubblicato in G.U. 23.9.1993, n. 224. Art. 1, co. I, d. lgs.
11 agosto 1993, n. 374: “Sono considerati lavori particolarmente usuranti quelli
per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente
intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti
con misure idonee”.
8 Per quel che concerne la prima “condizione” va detto che
l’art. 78 della succitata L. 388/2000 all’8° co. (lett. b) prevede che siano
ammessi al beneficio di cui trattasi gli “assicurati” che, entro il 31.12.2001,
potrebbero far valere:
— i requisiti per il pensionamento di anzianità, tenendo conto della riduzione
di età anagrafica e di anzianità contributiva ai sensi dell’art. 1, co. 36,
della L. 8 agosto 1995, n. 335 e del secondo periodo del co. I dell’art. 2 del
d. lgs. 11 agosto 1993, n. 374 (come introdotto dall’art. 1, co. 35, della L. 8
agosto 1995, n. 335);
— i requisiti per il pensionamento di vecchiaia nel regime retributivo (o misto)
tenendo conto della riduzione dei limiti di età pensionabile e di anzianità
contributiva, previsti dall’art. 2, co. I, del d. lgs. 11 agosto 1993, n. 374;
— i requisiti per il pensionamento di vecchiaia nel regime contributivo con la
riduzione del limite di età pensionabile prevista dall’art. 1, co. 37, della L.
8 agosto 1995, n. 335.
9 Gli indicatori di usura individuati dal decreto 19 maggio
1999, art.1 sono utilizzati ai fini della determinazione delle aliquote
contributive da definire secondo criteri attuariali riferiti all’anticipo
dell’età pensionabile, finalizzate alla copertura dei conseguenti oneri da porre
a carico delle categorie interessate. Si tratta :
- dell’attesa di vita al compimento dell’età pensionabile;
- della prevalenza della mansione usurante;
- della mancanza della possibilità di prevenzione;
- della compatibilità fisico psichica in funzione dell’età;
- della frequenza degli infortuni;
- dell’età media della pensione di invalidità;
- del profilo ergonomico;
- dell’esposizione agli agenti chimici, fisici e biologici individuati dalla
normativa vigente.
10 D..P.R. 30 – 6 – 1965, n. 1124, Decreto Legislativo 15
agosto 1991, n. 227, Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38.
11 Sentenza 18 febbraio 1988, n. 179.
12 M. CINELLI, “Diritto della Previdenza Sociale”, ed.
Giappichelli, 2003, pp. 426 e ss.
13 Recante “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55,
comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144”.
14 L’art. 10 stabilisce, infatti “fermo restando che sono
considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di
cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l’origine professionale…”
15 Emanato in attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n.
83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei
lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e
biologici durante il lavoro, a norma dell’art. 7 della legge 30 luglio 1990, n.
212.
16 Il comma 3 stabilisce che, se l’esposizione dei lavoratori
alla polvere di amianto, espressa come numero di fibre per centimetro cubo in
rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore supera 0,1 fibre per
centimetro cubo, il datore di lavoro ha l’obbligo di informare i lavoratori
circa i rischi per la salute dovuti all’esposizione alla polvere proveniente
dall’amianto o dai materiali contenenti amianto.
17 I valori limite di esposizione alla polvere di amianto
nell’aria, espressi come media ponderata in funzione del tempo su un periodo di
riferimento di otto ore, sono:
0,6 fibre per centimetro cubo per il crisotilo;
0,2 fibre per centimetro cubo per tutte le altre varietà di amianto, sia isolate
sia in miscela, ivi comprese le miscele contenenti crisotilo.
18 Pubblicata nella G.U. 13 aprile 1992, n. 87.
19 L’art. 14, comma 3, della legge 27 marzo 1992, n. 257,
nell’ambito delle agevolazioni per l’innovazione e la riconversione produttiva
delle imprese che producono materiali sostituivi dell’amianto o che utilizzano
amianto, prevede l’istituzione di un “Fondo speciale per la riconversione delle
produzioni di amianto” per la concessione di contributi finalizzati ai programmi
di dismissione dell’amianto, sulla base di programmi concordati con le
organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative.
20 L’ufficio tecnico preposto all’accertamento e al rilascio
della documentazione si chiama CON.T.A.R.P.
21 La disciplina generale vigente sino al 2 ottobre 2003 era
data dalla legge 27 marzo 1992, n. 257 – art. 13 comma 8, modificata dalla legge
4 agosto 1993, n. 271 di conversione del decreto legge 5 giugno 1993, n. 16 artt.
1 commi 1 e 1 – bis.
22 Tale modifica normativa ha, evidentemente, generato una
diffusa aspettativa di accesso ai benefici contributivi, con un incremento
notevole delle domande rivolte all’I.N.P.S. (v. i dati riportati nella tabella
aggiornata al 31 gennaio 1998 inviata alle Autorità competenti tra cui il
Ministero del Lavoro e della Funzione Pubblica, in F. TOFACCHI “Benefici
contributivi per amianto. I presupposti fissati dalla Corte Costituzionale e le
questioni irrisolte” in Mass. Giur. Lav. 2000, 552).
23 La questione era stata sollevata per un presunto contrasto
con gli art. 3 e 81 Cost.
24 La norma di cui all’art. 81 Cost. era stata invocata dai
giudici remittenti in quanto la legge, a causa della sua portata indeterminata,
risulterebbe priva di copertura finanziaria, nonostante la previsione di
specifici stanziamenti previsti per ciascuno degli anni 1994 e 1995.
25 Può essere utile, a tal proposito, ricordare, in materia di
invalidità pensionabile, la nozione di c.d. “danno da previsione” connesso al
perdurante svolgimento di attività lavorative usuranti, che, pur non producendo
immediate patologie, affrettano ed accentuano il logoramento dell’organismo, con
prevedibili effetti biologici ed immediati danni da riduzione della capacità di
guadagno (Cass. sent. n. 3591 del 24-5-1988, Cass. n. 10352 del 4-10-1991).
26 In senso critico a tale lettura, cfr. F. TOFACCHI, cit., il
quale ritiene di dover evidenziare l’omessa indicazione, da parte della Corte,
delle finalità occupazionali e di sostegno al lavoro sottese dalla norma, in
quanto l’individuazione del bene salute come bene tutelato in via principale non
consente di comprendere la correlazione tra un beneficio di rivalutazione
contributiva e il rischio di eventi morbosi (asbestosi, mesotelioma,) che, nel
comune avviso della scienza medica, hanno un tasso di verificazione, in presenza
del tasso soglia indicato dall’art. 24 del d.l. 15 agosto 1991, n. 277, non
compatibile con l’arco temporale del decennio considerato.
27 La costante giurisprudenza della Suprema Corte è nel senso
di applicare il beneficio di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992
n. 257 solo in presenza di una concentrazione delle polveri di amianto
nell’ambiente di lavoro in misura superiore ai valori stabiliti dall’art. 24 del
d. lgs. 277/91 (Cass. 2926/02, 15 maggio 2002, n. 7084 in Foro It. Rep. 2002, I,
1970, 11 luglio 2002, n. 10114, id. 2003, I, 1358, 12 luglio 2002, n. 10185, id.
Rep. 2002, n. 493, 23 gennaio 2003, id. I, 1357).
Tale valore, come si vedrà (v. cap. IV) è stato modificato, a decorrere dal 1°
ottobre 2003, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 di conversione del decreto
legge 30 settembre 2003, n. 269, nel nuovo limite, non inferiore a 100
fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno.
28 Cass. 4913/01 e 8859/01.
29 Tale interpretazione aveva ricevuto l’avallo del Consiglio
di Stato (C. di Stato, Sez. I, 24 marzo 1993, in “Cons. di Stato”, 1994, I,
507).
30 Circ. INPS 23
giugno 1993, n. 143 – Circ. INPS 1 ottobre 1993, n. 219 – Circ. INPS 1 marzo
1994 n. 70- Circ. INPS 27 aprile 1994 n. 129 – Circ. INPS 15 dicembre 1995 n.
304.
31 Sent. n. 127/2002.
32 La disposizione precisa che i destinatari sono “i
lavoratori”.
33 Circ. n. 219 del 1 ottobre 1993 punto 1.3.
34 Tra le altre, Cass. 6605/98 e 6620/98, per quanto riguarda
le pensioni di inabilità, Cass. 6163/03, 13270/02 9529/02, 14955/01, 13786/01.
35 Ciò, nel presupposto che la legge abbia voluto concedere il
beneficio stesso a tutti i lavoratori del settore considerato, compresi quindi i
lavoratori titolari di pensione o titolari di assegno di invalidità.
36 Sent. n. 434 del 2002.
37 Cfr. G. COCUZZA, “I benefici previdenziali per esposizione
all’amianto negati ai lavoratori già in quiescenza all’antrata in vigore della
legge: ovvero: quando l’amianto non è dannoso” in Riv. Giur. Lav. 1999, II, 171.
38 Cass. 11110/02, 13882/2000, 5082/02.
39 V. supra, cap. II.
40 V. anche la legge 31 – 7 – 2002, n. 179, art. 18 comma 8.
41 Circ. 15 dicembre 1995, n. 304.
42 Pubblicato nel supplemento ordinario n. 157/L alla Gazzetta
Ufficiale n. 229 del 2 ottobre 2003.
43 La fissazione del nuovo valore limite di esposizione innova
la precedente formula di calcolo che distingueva tra tipi di fibre e abbassa la
soglia per conseguire il beneficio, con una portata espansiva della platea dei
beneficiari, pur nella considerazione della differenziazione qualitativa del
beneficio, che vale solo ai fini del calcolo e non dell’anticipazione del
trattamento pensionistico.
44 G. DE MARZO, “Esposizione all’amianto tra acquisizioni
giurisprudenziali e novità normative” in Il Foro Italiano, 2004, I, 79.
45 Si tratta degli Atti di Indirizzo emanati negli anni 2000 e
2001 e successivamente confermati dalla legge 31 luglio 2002, n.179, sugli
interventi di bonifica ambientale dei siti inquinati, art. 18 comma 8.
46 La legge 31 luglio 2002, n. 179 (“Disposizioni in materia
ambientale”) è pubbl. in G.U. n. 189 del 2002.
47 G. DE MARZO, cit.
48 Cfr. DE MARZO, idem.
49 Cfr. N. CASUCCIO, “In tema di benefici previdenziali
connessi alla dismissione dell’amianto”, in Dir. Del Lav., 1997, II, 493.
50 Cfr. Cass. 28 giugno 2001, n. 8859, 25 febbraio 2002, n.
2677, 19 giugno 2002, n. 8937, 29 novembre 2002, n. 17000 e, da ultimo, Cass.
Sez. Lav. 29 ottobre 2003, n. 16256 in Il Foro It., 2004, I, 79.
51 Il comma 2, originaria formulazione, prevedeva che “Le
disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai lavoratori a cui sono state
rilasciate dall’INAIL le certificazioni relative all’esposizione all’amianto
sulla base degli atti di indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali antecedentemente alla data di entrata in vigore
del presente decreto”.
52 V. Messaggio n. 363 del 22 ottobre 2003.
53 Il beneficio, a regime, viene concesso, infatti, solo ai
fini della misura del trattamento e non ai fini dell’accesso allo stesso.
54 Si può ricordare, a testimonianza della difficoltà di
copertura della spesa, che l’art. 39, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n.
n. 289 (finanziaria 2003) aveva previsto un trasferimento all’I.N.P.S. (Gestione
Interventi Assistenziali) di una quota dei fondi non utilizzati per l’elevamento
a 516, 46 euro mensili delle pensioni dei soggetti disagiati (legge 28/12/2001
n. 448 art. 38) per le prestazioni in materia di amianto previste in conseguenza
degli Atti di Indirizzo del Ministero del lavoro di cui alla legge 31 luglio
2002, n. 179.
55 Pubbl. in G.U. n. 274 del 25 novembre 2003.
56 Pertanto, per quanto riguarda le pensioni di anzianità, la
data corrispondente alla c.d. “finestra di accesso” non rileva e può risultare
anche successiva al 2 ottobre 2003 cfr. circolare INPS n. 195 del 18 dicembre
2003.
57 La previsione della norma va ad incidere sulla maggiorazione
contributiva prevista ai fini dell’accesso alla mobilità lunga ex art. 7 comma 7
della legge 23 luglio 1991, n. 223. Se, infatti, la maggiorazione di cui al
comma 8, articolo 13, della legge 27/3/92, n. 257 non fosse più utile ai fini
della maturazione del diritto alla pensione, ma solo ai fini del calcolo, la
mobilità dei lavoratori che hanno già beneficiato della maggiorazione
contributiva avrebbe dovuto essere prolungata per un periodo corrispondente al
beneficio previdenziale goduto, con conseguente perdita del diritto
all’indennità di mobilità per sforamento del limite massimo previsto dall’art. 7
comma 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223.
58 Si tratta dell’applicazione del principio del trattamento
più favorevole per il lavoratore che, in ipotesi, si trovi a beneficiare di più
di un trattamento anticipato di pensione, il quale viene preferito in quanto
diritto acquisito (ossia, conseguito in data antecedente all’entrata in vigore
della nuova legge) con effetti migliorativi della condizione pensionistica
dell’interessato.
59 Così, G. DE MARZO, “Esposizione all’amianto tra acquisizioni
giurisprudenziali e novità normative” in Il Foro Italiano, 2004, I, 79.
60 Si tratta di una norma che orienta l’ente previdenziale
nella gestione dei contenziosi in atto per il riconoscimento dei benefici
pensionistici derivanti dall’esposizione all’amianto.
La norma va a modificare l’art. 80 comma 25 della legge 23 dicembre 2000, n.
388, estendendo la sanatoria derivante dall’abbandono dell’azione, da parte
dell’Istituto, a tutte le controversie per recupero di indebiti pensionistici,
in materia di amianto, in atto tra lavoratori e I.N.P.S., per le quali sia stato
ottenuto giudicato favorevole all’Istituto, successivamente a un giudizio di
primo grado favorevole agli interessati.
61 Circ. I.N.P.S.15 aprile 2005, n. 58.
62 Tra le altre, Corte Cost. 9 dicembre 1968, n. 124, 7 luglio
1986, n. 173, 23 luglio 1974, n. 231.
63 Tra le altre, Corte Cost. sent. n. 210 del 1971 in Foro It.
1972, I, 285, sent. n. 36 del 1985 in Giur. Cost. 1985, I, 137, sent. n. 349 del
1985 in Giur. It. 1986, I, 1, 1585, sent. 14 luglio 1988, n. 822 e, da ultimo,
sent. n. 390 del 1995, e sent. n. 446 del 24 ottobre – 12 novembre 2002.
64 Sent. 14 luglio 1988, n. 822.
65 Corte Cost. sent. n. 417/1996 in Consiglio di Stato 1996, II,
210.
66 Così S. PICCININNO, in nota a sentenza della Corte Cost. 2
luglio 1997, n. 211 in Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, 1997, p. 531. V.
anche Corte Cost. sent. n. 361 del 1996, 240 del 1994, 822 del 1988 e n. 446 del
24 ottobre – 12 novembre 2002.
67 M. PERSIANI “Aspettative e diritti nella previdenza pubblica
e privata” in Argomenti di diritto del Lavoro, 1998, p. 316.
68 Si tratta di 25 milioni di Euro per l’anno 2004, 97 milioni
di Euro per l’anno 2005 e 182 milioni di Euro a decorrere dall’anno 2006,
mediante corrispondente riduzione del Fondo per l’Occupazione di cui al d.l. n.
148/93, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
69 Al riguardo, si segnala l’Ordine del Giorno 9/4489/85,
presentato dall’On. Innocenti ed altri, approvato nella seduta del 17 dicembre
2003, che impegna il Governo, preso atto delle modifiche sostanziali alla
normativa della legge 27 marzo 1992, n. 257, di “adottare iniziative normative
volte a rivedere e rimodulare i criteri per l’accesso al beneficio previdenziale
per i lavoratori esposti all’amianto”.
70 Disegni di legge n. 230/S della XIV Legislatura,
d’iniziativa del Sen. Muzio ed altri, n. 590/S d’iniziativa del Sen. Bettoni ed
altri, n. 760/S d’iniziativa del Sen. Forcieri ed altri, n. 1882/C del Dep.
Costa, disegno di legge n. 3696/C del Dep. Cordoni ed altri, tendenti ad
eliminare il requisito del limite minimo di esposizione ultradecennale, o a
rimodularlo ad un limite soglia inferiore (quattro anni), o accompagnare
l’esposizione minore ad un più basso coefficiente (1,2 - 1,3 – 1,5).
71 Con rilevanti effetti economico-finanziari, considerata
l’allargamento della platea dei beneficiari (es. vigili del fuoco e militari),
cfr. Audizione del Presidente dell’I.N.P.S. alla Commissione Lavoro del Senato
ex art. 47 del Regolamento, nella seduta del 3 luglio 2003.
72 D.d.l. n. 1253/S d’iniziativa del Sen. Gaburro ed altri,
d.d.l. n. 1240/S d’iniziativa del Sen. Ripamonti, disegno di legge n. 3696/C del
Dep. Cordoni ed altri.
73 In questo senso, v. d.d.l. n. 1240/S del Sen. Ripamonti, che
prevede l’istituzione di un Fondo di Solidarietà alimentato in parte dallo
Stato, in parte da una quota dei contributi I.N.A.I.L. versati dalle imprese, in
parte dalle sanzioni previste per il mancato assolvimento della copertura
assicurativa suddetta , in parte da una quota dei proventi percepiti dagli enti
previdenziali derivanti dalla locazione o vendita dei propri immobili.
74 L’art. 10 della legge 27 marzo 1992, n. 257 prevede la
predisposizione, ad opera delle Regioni e delle Province autonome o, in caso di
loro inerzia, del Ministro della Sanità, di concerto con il Ministro
dell’Industria e dell’Ambiente, di programmi per dismettere l’attività
estrattiva dell’amianto e per la realizzazione della relativa bonifica dei siti,
nonché l’individuazione dei siti che devono essere utilizzati per l’attività di
smaltimento dei rifiuti di amianto.
Pubblicato su www.ambientediritto.it il 10/12/2006