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Le nuove regole del Project Financing: corsi e ricorsi storici
GERARDO GUZZO*
SOMMARIO: 1. Premessa. 2. Le novità introdotte dal d.lgs. n. 152/2008: aspetti generali ed elementi di criticità. 2.1. Il ritorno del diritto di prelazione. 2.2. La nuova disciplina del project financing ad impulso del privato. 3. Considerazioni finali.
1. Premessa.
Una delle novità più significative introdotte dal terzo decreto correttivo
riguarda la riforma della disciplina del project financing. L’attuale
codificazione è tutta racchiusa all’interno dell’articolo 153 del Codice degli
appalti, essendo stati abrogati gli articoli 154 e 155. La struttura della
precedente disciplina della finanza di progetto si apprezzava per lo svolgimento
di una procedura che si articolava in tre fasi: a) la selezione della proposta
migliore; b) la scelta di due sparring partners da mettere a confronto
con l’offerta formulata dal promotore; c) una procedura negoziata alla quale
partecipavano il promotore e le due migliori offerte con possibilità per il
promotore di esercitare il diritto di prelazione nell’ipotesi in cui intendesse
tarare la propria offerta su quella migliore presentata dai due competitors.
Com’è noto, il diritto di prelazione è stato espunto dalla precedente disciplina
per effetto del secondo decreto correttivo (d.lgs. n. 113/2007) in quanto lesivo
dei principi comunitari di parità di trattamento, divieto di discriminazione e
libera concorrenza1.
Tuttavia, la Commissione europea ha ritenuto insufficiente tale soppressione
formulando una serie di rilievi aggiuntivi in merito alla disciplina nazionale.
In prima battuta, si osservava che l’avviso indicativo delle opere da
realizzarsi mediante la finanza di progetto contenuto nel programma triennale
non era soggetto a pubblicità in ambito comunitario. In secondo luogo, il
promotore, comunque, conservava una ingiustificata posizione di vantaggio
dovendo competere soltanto con due offerte. La logica che ha ispirato
l’intervento del legislatore delegato del 2008 supera i rilievi mossi dalla
Commissione europea e si muove in un ottica di rilancio del comparto delle opere
pubbliche sempre più bisognevole dell’apporto partecipativo privato in ragione
della scarsità delle risorse pubbliche.
2. Le novità introdotte dal d.lgs. n. 152/2008: aspetti generali.
La prima novità introdotta dal legislatore del 2008 riguarda la procedura di
aggiudicazione della concessione mediante la disciplina del project financing
costruita su un’unica gara. La procedura in parola nasce con la pubblicazione
del bando con cui viene affidata una concessione riferita ad una specifica opera
senza la redazione del progetto preliminare. In sostanza, tutte le fasi della
progettazione sono affidate al concessionario. La differenza rispetto alla
precedente codificazione legislativa è evidente dal momento che scompare
l’avviso contenente tutte le opere pubbliche realizzabili mediante il contributo
di risorse private rispetto alle quali il promotore presentava una dettagliata
proposta. Inoltre, la scelta del promotore nell’attuale disciplina è legata alla
presentazione del miglior progetto preliminare ma la concessione non può essere
affidata al promoter selezionato se non dopo che si è addivenuti
all’approvazione proprio del progetto preliminare. Infatti, nell’ipotesi in cui
il progetto preliminare necessiti di alcuni correttivi richiesti dalla stazione
appaltante, il promotore che intenda aggiudicarsi la concessione è obbligato a
conformarsi. Diversamente, all’amministrazione viene riconosciuta la facoltà di
interpello di tutti i concorrenti successivi in graduatoria al fine di
individuare quello disposto ad accettare le modifiche necessarie al progetto
preliminare presentato dal promotore e alle stesse condizioni da quest’ultimo
rifiutate. Qualora l’affidamento della concessione non avvenga a beneficio del
promotore originariamente selezionato, a questi viene riconosciuto il diritto di
rimborso delle spese entro i limiti del 2,5% del valore dell’investimento così
come risulta dallo studio di fattibilità posto a base della gara. In sintesi, la
procedura con unica gara si sviluppa come segue: 1) l’amministrazione
aggiudicatrice esamina le offerte pervenute nei termini fissati nel bando; 2)
viene redatta una graduatoria e nominato promotore colui che ha presentato la
migliore offerta, indipendentemente dal numero delle offerte presentate; 3) il
progetto preliminare presentato dal promotore deve essere approvato ai sensi
dell’articolo 97 del Codice degli appalti. In questo caso, è fatto carico al
promotore dare corso a tutti gli adempimenti richiesti dalla P.A. senza che ciò
determini a carico di quest’ultima nessun obbligo verso il promotore consistente
nel versamento di un compenso aggiuntivo né, tampoco, alcun rimborso spese in
incremento rispetto a quanto indicato nel piano finanziario in merito ai costi
di predisposizione dell’offerta. Qualora il progetto risulti immune da qualsiasi
modifica si addiviene immediatamente alla stipula del contratto. Se il
promotore, a fronte della necessità di modificare il progetto nel senso
richiesto dalla P.A., non intenda provvedervi, l’amministrazione pubblica ha la
facoltà di interpellare gli altri concorrenti utilmente collocatisi in
graduatoria, secondo un ordine progressivo, al fine di verificare se vi è la
disponibilità ad accettare di modificare la propria proposta al progetto
presentato dal promotore con le modifiche richieste dalla P.A. da questi non
accettate. Vale la pena ricordare che la stipulazione del contratto potrà
avvenire soltanto una volta che il progetto preliminare sia stato approvato
dalla stazione appaltante e siano state accettate le modifiche proposte dalla
stessa amministrazione dal promotore o altro concorrente (art. 153, comma 11).
La procedura sopra decritta trova applicazione per la realizzazione di lavori
pubblici o di pubblica utilità inseriti nel programma triennale delle opere
pubbliche e nell’elenco annuale, cui fa riferimento l’articolo 128 del Codice
degli appalti, oppure negli strumenti di programmazione formalmente approvati
dalla amministrazione aggiudicatrice in base alla disciplina vigente. A
proposito dell’inserimento delle opere all’interno del programma triennale delle
opere pubbliche, il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che “(…) la
scelta delle opere da offrire ai candidati promotori finanziari ha luogo
mediante la individuazione delle stesse nell'ambito del programma triennale dei
lavori, di competenza del Consiglio comunale, ove si consuma integralmente
l'attività politica di scelta delle opere da finanziare mediante l'apporto dei
privati. Successivamente a tale indicazione selettiva, ha luogo (ed aveva luogo
anche all'epoca) una procedura operativa, nell'ambito della quale vi è la
presentazione di un progetto completo, la sua valutazione, il suo inserimento a
base d'asta, una selezione successiva ed infine l'aggiudicazione della
concessione e di esercizio al promotore finanziario prescelto. E' evidente,
quindi, che la cosiddetta scelta politica si esaurisce con l'inserimento
dell'opera nell'elenco triennale, mentre tutta l'attività successiva è attività
di gestione, vale a dire attività di valutazione tecnica consequenziale a quella
scelta che, coerentemente e necessariamente, ai sensi del decreto legislativo n.
267 del 2000, è nella esclusiva competenza dei dirigenti (…)”2.
Per quanto concerne il richiamo dell’articolo 128, si tratta di una disposizione
che è stata novellata proprio al fine di meglio coordinarla con l’articolo 153,
con la conseguenza che è possibile iscrivere nell’elenco annuale delle opere
pubbliche realizzabili mediante finanza di progetto anche quelle sprovviste di
progetto preliminare ma per le quali esista uno studio di fattibilità. Altra
caratteristica della procedura in parola è costituita dalla circostanza chiarita
dall’articolo 153, comma 1, a tenore del quale viene posto a base di gara non il
progetto preliminare quanto proprio lo studio di fattibilità. Tale particolare
differenzia l’ipotesi di affidamento in project financing in
questione dalla concessione di opera pubblica. A questo punto della trattazione,
pare utile soffermarsi sul modo in cui viene strutturato il bando di gara in una
concessione da affidarsi secondo le modalità previste dal Codice in tema di
project financing. In primo luogo, il bando di gara viene pubblicato con le
modalità previste dall’articolo 66 del Codice degli appalti ovvero dall’articolo
122, tenuto conto dell’importo dei lavori, e a base di gara viene posto lo
studio di fattibilità che può essere predisposto dall’amministrazione
aggiudicatrice oppure adottato ai sensi del comma 19 dell’articolo 153. Nel caso
del project financing con un’unica gara, il bando contiene degli elementi
aggiuntivi rispetto a quelli generali, caratterizzanti l’articolo 144. In
particolare, l’amministrazione aggiudicatrice può stabilire nella lex
specialis che il promotore prescelto apporti al progetto preliminare le
modifiche che in sede di approvazione del progetto siano state ritenute dalla
P.A. indispensabili e che, per conseguenza, la concessione verrà aggiudicata al
promotore soltanto dopo l’accettazione e l’eventuale adeguamento del piano
economico-finanziario. In più, sempre nel bando di gara, la pubblica
amministrazione può riservarsi la facoltà, nel caso in cui il promotore non
reputi conveniente adeguare il proprio progetto preliminare alle indicazioni
formulate dalla P.A., di interpellare i concorrenti posizionatisi
successivamente in graduatoria al fine di verificare la disponibilità da parte
di qualcuno di essi ad adattare la propria proposta a quella del promotore,
apportandovi le modifiche richieste al promoter e da questi non
accettate. Dal momento che la valutazione delle offerte avviene utilizzando il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nel bando devono essere
indicati i criteri secondo l’ordine di importanza loro attribuita. Non è
marginale che, a differenza di quanto accada nell’aggiudicazione della
concessione, nel caso del project financing, l’esame delle proposte
comprenda anche aspetti qualitativi del progetto preliminare, il valore
economico finanziario del piano e il contenuto della bozza di convenzione.
Inoltre, il bando deve richiamare anche il disciplinare di gara. Nel
disciplinare devono essere indicati l’ubicazione e la descrizione
dell’intervento da realizzare, la destinazione urbanistica, la consistenza, le
tipologie del servizio da gestire di guisa che le proposte siano presentate
secondo presupposti omogenei. Quanto ai soggetti che possono partecipare alla
procedura e al modo in cui le offerte devono essere strutturate, la risposta è
fornita dall’articolo 153, commi 7 e 8. Alla procedura in esame sono ammessi a
partecipare solo quei soggetti che hanno i requisiti previsti dal regolamento
per il concessionario, anche associando o consorziando altri soggetti, fermi
restando i requisiti generali di cui all’articolo 38 (comma 7). Le offerte
devono essere presentate comprensive di un progetto preliminare, di una bozza di
convenzione, di un piano economico-finanziario che deve essere asseverato da una
banca oltre che la specificazione delle caratteristiche del servizio e della
gestione. All’interno del piano economico-finanziario va specificato l’importo
delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte, comprensivo anche
dei diritti sulle opere di ingegno di cui all’articolo 2578 del Codice civile. A
riprova della centralità del piano economico-finanziario, la giurisprudenza
amministrativa ha più volte ricordato che “(…) il sistema di realizzazione di
opere pubbliche costituito dalla finanza di progetto comporta espressamente la
valutazione della vantaggiosità dell'offerta, a sua volta ricavabile dal piano
economico-finanziario. In tale tipo di valutazione viene in rilievo anzitutto il
principio di equilibrio come accade anche nelle concessioni di lavori pubblici
ed espresso, essenzialmente, nel meccanismo in parola, dalla capacità di
(auto)finanziamento (C.d.S IV n. 2979 del 2008). A tali valutazioni, ben
sottolineate dalla giurisprudenza (C.d.S., V, n. 3916 del 2002) non solo,
secondo il Collegio, non risulta estranea, ma è logicamente conferente ogni
valutazione (considerata di interesse pubblico) sulla effettiva e concreta
redditività dell'operazione a fronte di prezzi che si collochino al di sopra di
medie di mercato e siano quindi in grado di negativamente influenzare le entrate
previste dal piano. Tali elementi, invero, costituiscono componenti oggettive
proprio di quell'equilibrio della gestione che spetta all'amministrazione di
valutare e che a sua volta costituisce componente della vantaggiosità della
proposta che la norma impone di esaminare e che non a caso indica il "valore
economico e finanziario del piano". Perché quest’ultimo operi nei sensi qui
descritti è tuttavia necessario che lo stesso, secondo quanto previsto dal più
volte citato articolo 37 bis della legge n. 109 del 1994, sia “asseverato
da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall'istituto di
credito stesso ed iscritte nell'elenco generale degli intermediari finanziari,
ai sensi dell'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da una
società di revisione ai sensi dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n.
1966”. Si tratta di requisito essenziale per la corretta valutazione del
progetto perché pur integrando e giammai sostituendo le valutazioni
dell’amministrazione (C.d.S., V, n. 6727 del 2006), l’asseverazione costituisce
l’utile presupposto per un primo esame del progetto.
Ne consegue come non fosse consentita l’integrazione della documentazione in
epoca successiva a quella indicata nell’avviso pubblico stesso (…)”3.
Il comma 9 dell’articolo 153 precisa che l’importo delle spese sostenute per la
predisposizione delle offerte non può superare il 2,5% del valore
dell’investimento calcolato sulla base dello studio di fattibilità posto a base
di gara. Le offerte devono, poi, essere assistite da una serie di garanzie. Non
solo, infatti, è previsto che il concorrente fornisca le garanzie di
mantenimento e di esecuzione dell’offerta a che sia versata un’ulteriore
cauzione fissata nel bando nella misura del 2,5% del valore dell’investimento
calcolato tenuto conto dello studio di fattibilità posto a base di gara. Tale
cauzione serve a rimborsare il promotore nell’ipotesi in cui questi non diventi
aggiudicatario della concessione essendosi rifiutato di adattare il proprio
progetto preliminare alle “correzioni” richieste dalla amministrazione
aggiudicatrice. Invece, la cauzione che il concessionario è tenuto a versare
all’inizio dell’esercizio del servizio riguarda la fase successiva alla
presentazione delle offerte e si colloca nel momento più propriamente “gestorio”
dell’opera. Infatti, il concessionario deve corrispondere all’amministrazione
aggiudicatrice una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o
inesatto adempimento degli obblighi contrattuali che riguardano la gestione
dell’opera. Tale cauzione deve essere pari al 10% del costo annuo operativo di
esercizio nel rispetto delle modalità fissate dall’articolo 113 del Codice degli
appalti. Resta inteso che il mancato versamento di tale cauzione costituirà
grave inadempimento contrattuale con tutte le conseguenze che ne possono
discendere sul piano della risoluzione del contratto. Infine, giova ricordare
che al concessionario si applicano le disposizioni del T.U. in materia di
espropriazione (d.p.r. n. 327/2001) il che, in tesi, lo rende anche potenziale
delegatario del potere espropriativo.
2.1. Il ritorno del diritto di prelazione
Il d.lgs. n. 152/2008, al fine di rilanciare il comparto delle opere pubbliche
ha reintrodotto nel sistema ordinamentale italiano il diritto di prelazione
espunto dal precedente decreto correttivo (d.lgs. n. 113/2007). In particolare,
la “nuova” procedura si sviluppa in due gare, previa pubblicazione del bando, e
si atteggia come alternativa alla procedura costruita su un’unica gara. In
particolare, nella lex specialis deve essere chiarito che la procedura
non si conclude con l’aggiudicazione della concessione al promotore selezionato
ma comporta l’attribuzione al medesimo del diritto ad essere preferito al
migliore offerente individuato nella gara volta alla selezione delle due
migliori offerte da mettere in competizione con quella del promoter e
sempre che questi accetti di adeguare la propria offerta a quella ritenuta più
vantaggiosa. Per quanto concerne la strutturazione di questa fase, la
giurisprudenza è ancora granitica nel ritenere che “(…) la procedura di scelta
del promotore, pur dovendo articolarsi come confronto concorrenziale tra più
proposte, non è soggetta, in linea generale, alle regole rigorose di una vera e
propria gara, essendo al contrario caratterizzata da maggiore elasticità e
libertà da formalismi (cfr., da ultimo, Consiglio di Giustizia Amministrativa
per la Regione Siciliana – sez. giurisdizionale, 29/1/2007 n. 7, secondo cui
“l’esame delle proposte e la scelta del promotore non sono vincolati per legge
alle rigide forme dell’evidenza pubblica”). Le stesse disposizioni in tema di
PEF, del resto, individuano con assoluta chiarezza e inequivocità gli elementi
sui quali deve cadere la valutazione di fattibilità della/delle proposta/e,
senza stabilire alcun ordine decrescente di importanza, trattandosi di
valutazione globale della “fattibilità” delle medesime sotto una pluralità di
profili che rispecchiano la complessità degli elementi da considerare
nell’ambito di un peculiare sistema di realizzazione delle opere pubbliche o di
pubblica utilità nel quale viene in gioco la “credibilità” della proposta sotto
il profilo tecnico, economico e finanziario; la conclusione è che “non possono
quindi istituirsi analogie o parallelismi di sorta tra una gara d’appalto a
licitazione privata con aggiudicazione all’offerta economicamente più
vantaggiosa (in cui, proprio in vista dell’aggiudicazione del contratto, è
imprescindibile che gli elementi valutativi siano graduati dalla lex
specialis di gara in ordine d’importanza), o anche di un appalto concorso,
ed una procedura selettiva intesa a individuare una proposta in project
financing (…)”4.
In merito, poi, alla posizione giuridica di cui è titolare il promotore, la
giurisprudenza amministrativa ha chiarito che “(…) in tema di project
financing, l’interesse a veder prescelto il proprio progetto di opera
pubblica, e quindi di assumere la posizione del promotore nella relativa
procedura, ancorché sia individuabile concettualmente come distinto
dall’interesse alla concessione di eseguire l’opera stessa, contiene ed implica
anche l’interesse all’aggiudicazione della concessione che, in definitiva,
rappresenta il vero “bene della vita” cui tende il presentatore del progetto. Si
è in presenza, invero, di un procedimento contraddistinto da una indiscutibile
unitarietà, logico – giuridica del tutto coerente e ragionevole con la stessa
natura del project financing, quale tecnica finanziaria che consente la
realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica
amministrazione e che si sostanzia in un’operazione economico – finanziaria
idonea ad assicurare utili che consentono il rimborso del prestito e/o
finanziamento e gestione proficua dell’attività (così C.d.S., sez. VI, 9 giugno
2005, n. 3043)”5.
Inoltre, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad approvare il progetto
preliminare presentato dal promotore in conformità al comma 10, lett. c)
dell’articolo 153 e a bandire successivamente una nuova procedura selettiva
ponendo a base di gara il progetto preliminare già approvato in uno alle
condizioni economiche e contrattuali offerte dal promotore utilizzando il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il contratto verrà
aggiudicato immediatamente al promotore nell’ipotesi in cui in detta gara non
verranno presentate offerte economicamente più vantaggiose rispetto a quelle
formulate da quest’ultimo. Diversamente, nel caso in cui nella gara in parola
siano state presentate una o più offerte economicamente più vantaggiose di
quella del promotore posta a base di gara, questi diventerà aggiudicatario della
concessione soltanto nell’ipotesi in cui adeguerà la propria proposta a quella
del migliore offerente entro quarantacinque giorni dal ricevimento della
comunicazione di adeguamento da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. Pare
opportuno segnalare, riguardo a tale segmento procedurale, che la giurisprudenza
ritiene che il diritto di accesso di altri potenziali competitors sia
temporaneamente sospeso. Infatti, i giudici amministrativi hanno rilevato che
“(…) nella fase che si compie con la selezione del progetto da dichiarare di
pubblico interesse, uno degli elementi di tale progetto (il piano economico –
finanziario) è destinato a diventare l’elemento fondamentale per lo svolgimento
della successiva gara ad evidenza pubblica, ed in particolare per la selezione
dell’offerta economicamente più vantaggiosa (cfr. C.d.S., sez. IV, 26 gennaio
2009, nn. 391 e 392); il diritto di accesso consentirebbe, quanto meno al
richiedente (cui non risulta interdetta la partecipazione alla fase di gara ad
evidenza pubblica per la individuazione della offerta economicamente più
vantaggiosa), di conoscere non solo i valori degli elementi necessari del piano
economico – finanziario del progetto posto a base di gara per la determinazione
dell’offerta, ma addirittura gli elementi costitutivi del piano economico –
finanziario stesso (analisi dei prezzi, dei costi, le modalità di gestione
dell’opera, l’eventuale ammortamento degli oneri finanziari, etc) del progetto
posto a base di gara, alterando sicuramente la procedura ad evidenza pubblica e
violando, in particolare, il principio della par condicio degli offerenti. Ciò
in quanto tale specifica conoscenza (non prevista dalla legge) consentirebbe, in
tesi, di avere, rispetto agli ordinari tempi della gara pubblica, un maggiore
lasso di tempo per formulare eventualmente un’offerta migliorativa di quella
ricavabile dal presentato piano economico – finanziario. E ciò senza contare
che, in tal modo, la par condicio sarebbe sicuramente alterata nei
confronti dello stesso promotore, la cui offerta – sostanzialmente contenuta nel
predetto piano economico finanziario – non è modificabile se non in
pejus (a favore cioè della sola amministrazione)”6.
Ad ogni modo, esaurita la prima fase di selezione dell’offerta ritenuta di
pubblico interesse, qualora la successiva gara farà emergere una offerta
migliorativa rispetto a quella del concorrente rispetto alla quale il promotore
abbia inteso tarare la propria offerta, l’amministrazione aggiudicatrice,
attraverso il promotore stesso, è tenuta a rimborsare al miglior offerente le
spese sostenute per la partecipazione alla gara nella misura massima del 2,5%
dell’importo dei lavori come specificato nel piano economico-finanziario. Al
contrario, qualora il promotore non intenda adeguare la propria offerta a quella
ritenuta economicamente più vantaggiosa, sarà il migliore offerente, divenuto
aggiudicatario del contratto, a rimborsare al promotore, tramite
l’amministrazione aggiudicatrice, le spese sostenute per la partecipazione alla
gara nella misura sempre del 2,5%. Ciò che caratterizza tale procedura è,
dunque, la pubblicazione di un bando, al pari di quella “costruita” su un’unica
gara, e l’affidamento della concessione con progettazione totalmente a carico
del privato. La sostanziale differenza rispetto a quella monofasica è costituita
dalla reintroduzione del diritto di prelazione, precedentemente espunto dalla
disciplina dal secondo decreto correttivo, e dallo svolgimento della doppia
gara: una tesa a selezionare il promotore e un’altra volta a selezionare una o
più offerte economicamente più vantaggiose rispetto a quella formulata dal
promotore con conseguente, eventuale esercizio del diritto di prelazione da
parte del promotore.
2.2. La nuova disciplina del project financing ad impulso del privato.
Una delle più significative novità introdotte dal terzo decreto correttivo in
materia di finanza di progetto risiede proprio nell’aver previsto una ipotesi di
project financing che affidi la concessione ad iniziativa del privato
senza alcuna pubblicazione di un bando di gara. In verità, anche la precedente
versione della procedura di affidamento della concessione in project
financing era costruita senza alcun bando in quanto prevedeva soltanto un
avviso generale ed indicativo e l’iniziativa veniva assunta dai privati. Le
novità contenute nel terzo decreto correttivo, pur continuando a prevedere
l’iniziativa privata, tuttavia, differenziano la nuova procedura ad impulso di
parte dalla precedente in ragione dell’esigenza di coordinamento delle nuove
regole con quelle che, invece, si caratterizzano per la previsione di un bando
di gara. L’intervento del legislatore ha riscritto le scansioni temporali che
segnano lo svolgimento della procedura in parola. Infatti, per ogni lavoro
inserito nell’elenco annuale delle opere pubbliche, qualora l’amministrazione
aggiudicatrice non provveda a pubblicare i bandi entro sei mesi
dall’approvazione del mentovato elenco annuale, i soggetti in possesso dei
requisiti fissati dal comma 8 dell’articolo 153 possono presentare entro i
successivi quattro mesi decorrenti dalla scadenza dei precedenti sei una
proposta avente il contenuto dell’offerta disciplinata dal comma 9, vale a dire
comprensiva di un progetto preliminare, di una bozza di convenzione, di un piano
economico-finanziario asseverato da una banca, nonché la specificazione delle
caratteristiche del servizio e della gestione. L’offerta in parola, inoltre,
deve essere garantita da una cauzione pari al 2% del prezzo base indicato nel
bando o nell’invito e corredata dalla documentazione che dimostri il possesso
dei requisiti soggettivi e dell’impegno a prestare una cauzione nella misura del
2,5% del valore dell’investimento previsto dal piano economico-finanziario.
Entro l’ulteriore termine di quattro mesi, le amministrazioni aggiudicatrici
sono tenute a pubblicare un avviso nel quale vengano specificati i criteri in
base ai quali si procederà alla valutazione delle singole proposte. Le proposte
rielaborate alla luce dei citati criteri e le nuove proposte devono essere
formulate e presentate entro i successivi novanta giorni dalla scadenza del
termine dei quattro mesi entro i quali l’amministrazione aggiudicatrice fissa i
criteri valutativi. Nel termine di sei mesi, finalmente, la P.A. deve ultimare
la valutazione di tutte le proposte presentate e individuare la proposta
ritenuta di pubblico interesse. La successiva fase è condizionata dalla
necessità o meno di apportare modifiche al progetto preliminare e dalla volontà
o meno del promotore di voler adeguare la propria proposta alle modifiche
richieste dall’amministrazione aggiudicatrice. Infatti, se il progetto
preliminare necessita di modifiche, l’amministrazione aggiudicatrice può indire
un dialogo competitivo, qualora ne ricorrano le condizioni, ponendo a base dello
stesso il progetto preliminare e la proposta. Nel caso in cui nessuna modifica
debba essere apportata, la P.A., previa approvazione del progetto preliminare,
può bandire una gara per l’affidamento della concessione ponendo a base della
stessa il progetto preliminare individuando all’esito della procedura di
evidenza pubblica il promotore oppure procedere ai sensi delle lettere c), d),
e) e f) del comma 15, ponendo il progetto a base di gara ed invitando il
promotore alla medesima. In ogni caso, al promotore che non risulti
aggiudicatario in tutte le predette gare spetta l’esercizio del diritto di
prelazione. In estrema sintesi, è possibile affermare che ciò che accomuna le
varianti della procedura di project financing ad iniziativa privata è
essenzialmente la prima fase che ha inizio con la presentazione di una o più
proposte. Infatti, di seguito l’amministrazione è tenuta a pubblicare un avviso
all’interno del quale vengono specificati i criteri di valutazione e alla luce
di tali criteri le proposte già presentate possono essere rielaborate e nuove
proposte possono essere a loro volta presentate entro quattro mesi dalla
pubblicazione dell’avviso. Nei successivi sei mesi dalla scadenza dei quattro
dall’avviso viene scelta la proposta ritenuta di pubblico interesse. A questo
punto, come innanzi anticipato, la procedura può seguire tre diversi percorsi a
seconda che sia possibile indire un dialogo competitivo o il progetto non
necessiti di modifiche. In tale ultimo caso, l’amministrazione o indice una
concessione ai sensi dell’articolo 143 del Codice degli appalti oppure bandisce
una gara ponendo il progetto preliminare a base di gara e invitando il
promotore. In entrambe le ultime due ipotesi il promotore può esercitare il
diritto di prelazione nel caso di dialogo competitivo il promotore non
aggiudicatario ha solo diritto al rimborso spese. Un problema potrebbe sorgere
nell’ipotesi in cui il progetto preliminare presentato dal promotore necessiti
di modifiche e non sussistono i presupposti per il dialogo competitivo. In tali
casi, nel silenzio del legislatore, si ritiene che l’amministrazione sia tenuta
ad affermare che non sono state presentate proposte di pubblico interesse con
conseguente arresto di tutta la procedura dal momento che l’applicazione
analogica al caso di specie delle norme previste nella procedura monofasica
sarebbe particolarmente complicato in quanto l’amministrazione aggiudicatrice
dovrebbe aprire una negoziazione con il promotore per verificare la volontà di
quest’ultimo ad accettare le modifiche richieste e in caso di mancata
accettazione negoziare con altri proponenti. Particolarmente utile, poi, sembra
la chiarificazione offerta dal legislatore in merito alla differenza tra
“promotore” e “proponente”. In sostanza, il “promotore” formula una proposta
finalizzata alla realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità già
inserita nel programma triennale di opere pubbliche mentre il “proponente”
formula una proposta tesa prevedere un’opera da inserire nel programma triennale
ovvero a elaborare uno studio di fattibilità da inserire in un programma in
corso di formazione. Del resto, dal combinato disposto dei commi 8 e 20
dell’articolo 153 sia i concessionari sia i soggetti dotati di idonei requisiti
tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali, specificati dal regolamento,
nonché i soggetti specificati dagli articolo 34 e 90, comma 2, lett. b), possono
presentare, in uno alle Camere di commercio, alle amministrazioni
aggiudicatrici, mediante l’elaborazione di studi di fattibilità, proposte
relative alla futura realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità non
presenti nel programma triennale delle opere pubbliche o negli strumenti di
programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della
normativa vigente. Tali proposte devono essere valutate entro sei mesi dal loro
ricevimento lasciando aperta la possibilità alle amministrazioni di adottare
all’interno dei loro programmi gli studi di fattibilità ritenuti di pubblico
interesse senza che il proponente abbia diritto ad alcun compenso per le
prestazioni compiute o alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei
relativi servizi. E’ evidente che se l’amministrazione adotta uno studio di
fattibilità esso, poi, viene posto a base di gara. Infine, pare utile accennare
al problema del subentro di un nuovo concessionario nel caso di risoluzione del
rapporto concessorio per fatto attribuibile al concessionario. In questo caso,
il legislatore delegato, riformando l’articolo 159 del T.U., ha stabilito che la
designazione del subentrante dovrà avvenire entro il termine individuato nel
contratto o, in mancanza, assegnato dall’amministrazione aggiudicatrice nella
comunicazione scritta agli enti finanziatori della intenzione di risolvere il
contratto. Si tratta, dunque, di un termine variabile che sostituisce il
precedente termine di novanta giorni. Interessante è, inoltre, anche la
previsione contenuta nel comma 2-bis dell’articolo 159 a tenore della
quale l’intero articolo 159 trova applicazione a tutte le società di progetto
che sono state costituite per qualsiasi contratto di partenariato pubblico –
privato come descritto dal comma 15-ter dell’articolo 3 del Codice degli
appalti.
3. Considerazioni finali
La disciplina del project financing nel corso degli ultimi tre anni ha
subito una serie di rivisitazioni tutte dettate dall’esigenza di allineare il
reticolo di norme che la riguardano al diritto comunitario, facendo salva, nel
contempo, la necessità di far ripartire il comparto delle opere pubbliche.
L’ultima sortita del legislatore, risalente al d.lgs. n. 152/08, ha
rappresentato, per certi versi, un ritorno al passato. Con una tecnica
legislativa, invero, tutta italiana, il diritto di prelazione, appena un anno
prima espunto dal Codice degli appalti dal secondo decreto correttivo (d.lgs. n.
113/07), è stato reintrodotto nella disciplina della finanza di progetto
affiancato dall’ipotesi di affidamento della concessione costruita su un’unica
gara. In quest’ultimo caso, la sequenza procedurale prevista dal legislatore
rende molto simile la gara a quella relativa all’affidamento della concessione
della quale rischia di essere considerata una sorta di duplicato. In verità, le
stazioni appaltante possono procedere all’affidamento della concessione nella
sola ipotesi in cui avranno già approvato un progetto preliminare, avendo ben
chiaro l’opera da realizzare, le modalità di realizzazione, la fattibilità
dell’operazione e la redditività della stessa. Il ricorso alla procedura di
project financing costituisce, in questo senso, un’ipotesi residuale.
Inoltre, non è marginale che, sia nella procedura costruita su un’unica gara sia
in quella che prevede la doppia gara, la scelta del promotore continui ad essere
espressione di una discrezionalità amministrativa piuttosto che di una più
conferente discrezionalità tecnica che meglio garantirebbe il rispetto delle
regole pubblicistiche di parità di trattamento e di rispetto della concorrenza.
Si tratta di un aspetto particolarmente controverso che, mentre nella procedura
monofasica trova una sorta di bilanciamento nella facoltà riconosciuta al
promotore selezionato di sottrarsi alla realizzazione delle modifiche ritenute
necessarie dalla stazione appaltante in sede di approvazione del progetto, con
conseguente “riapertura” della gara a beneficio degli altri concorrenti, nella
procedura articolata su due gare, invece, si scontra con l’obbligo imposto al
promotore di recepire le modifiche richieste dalla stazione appaltante sia nel
caso in cui all’esito della seconda gara non fossero presentate delle offerte
migliorative sia nell’ipotesi in cui non ne fossero presentate affatto; il che
determina una irreversibile chiusura della procedura concorsuale con evidente
doppio vulnus agli altri partecipanti: 1) costituito dall’esito
prevedibile dopo la prima gara (paraconcorsuale), in virtù del diritto di
prelazione; 2) rappresentato dalla cancellazione della possibilità di ritornare
in gara a seguito della rinuncia del promotore. A ben vedere, l’imposizione a
carico del promotore di adeguare, suo malgrado, la propria proposta alle
richieste della stazione appaltante, oltre a incidere verosimilmente in modo
negativo sul piano della fattibilità e profittabilità dell’opera, suscita
qualche perplessità anche dal versante della libertà di iniziativa privata - che
dovrebbe assorbire anche il diritto negativo di rinunciare ad investire – la
quale verrebbe fortemente compressa da una previsione così stringente. Sarebbe
stato meglio se il legislatore avesse, in casi del genere, previsto lo stesso
meccanismo codificato per la procura monofasica, tanto più se si consideri che
l’attuale formulazione della norma non prevede in caso di adeguamento della
proposta alcun compenso e/o rimborso aggiuntivo per il promotore. Altro aspetto
particolarmente spinoso è quello della pressoché totale assenza di termini
procedimentali che, associata alle diverse architetture procedurali, conferisce
al project financing i caratteri di un “sistema a geometria variabile”.
Il problema è fortemente sentito soprattutto riguardo all’ipotesi di affidamento
della concessione ad impulso privato codificata dai commi 16, 17 e 18
dell’articolo 153. In questo caso, infatti, il viatico per giungere
all’affidamento degli interventi appare piuttosto articolato in ragione dei
diversi momenti procedurali che se, da un lato, sono chiamati garantire
l’implementazione dei principi di concorrenzialità e trasparenza, da un altro,
in qualche modo, rischiano di comprimere i principi di speditezza ed efficacia
dell’azione amministrativa, anche in virtù di una tempistica che,
obiettivamente, per come strutturata, potrebbe rendere poco appetibile
l’utilizzo di tale meccanismo di finanziamento. Stesso discorso può essere
svolto riguardo alla procedura attivata a seguito di pubblicazione di bando
pubblico, dunque, su iniziativa della stazione appaltante. L’eliminazione dei
termini a carico dell’amministrazione per il completamento della procedura,
infatti, finisce per conferire maggior rilievo al rischio di carattere
amministrativo che si specifica proprio nell’indeterminatezza dei tempi di
realizzazione dell’opera e, in ultima analisi, nel buon andamento dell’azione
amministrativa. Inoltre, ricadute, non proprio positive, potrebbero registrarsi
proprio sul versante della capacità degli operatori privati di pianificare
adeguatamente interventi pubblici, irrimediabilmente esposti alla variabile
incontrollabile dei termini procedurali di aggiudicazione della concessione, con
la conseguente compressione dell’interesse ad investire in virtù del rischio
concreto di lievitazione dei costi nel corso di svolgimento della gara. In
conclusione, il legislatore, nel tentativo di imprimere una svolta acceleratoria
alla procedura di project financing, dettata dalla complessità e
farraginosità della precedente disciplina, ha finito per licenziare un reticolo
di norme che, anche in ragione del forte condizionamento esercitato dalle
censure mosse a livello comunitario, sembra abbiano tradito l’obiettivo
prefissosi.
* Professore di
Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi della Calabria e
partner dello studio legale Cristofano, Guzzo & Associates.
1 G. GUZZO, Project
financing: il de profunfis del diritto di prelazione. Meccanismi compensativi e
norme regionali di reazione (riflessioni a margine delle novità introdotte dal
d.lgs. n. 113/07 e di alcune leggi regionali)”, in Appalti&Contratti, n. 3/2008.
2 Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 5136 dell’1
settembre 2009.
3 Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 5503 del 15
settembre 2009. Pare opportuno evidenziare che la sentenza in parola ancora fa
riferimento alla possibilità di asseverazione del piano economico-finanziario da
parte di una società di servizi costituita dall’istituto di credito e iscritta
nell’elenco degli intermediari finanziari, ai sensi dell’articolo 106 del T.U.
in materia bancaria e creditizia, di cui al d.lgs. n. 385/93, oltre che di una
società di revisione, ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 1966 del 23
novembre 1939, prescrizione scomparsa a seguito del terzo decreto correttivo
(d.lgs. n. 152/2008).
4 Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 1741 del 23 marzo
2009. In senso contrario, G. GUZZO, Project financing: fu vera gloria? Alcune
riflessioni sul project financing alla luce delle recenti pronunce del Consiglio
di Stato, V Sezione, n. 6287, del 10 novembre 2005, del CGA della regione
Sicilia, n. 974, del 22 dicembre 2005 e della legge n. 266, del 23 dicembre 2005
(finanziaria 2006), in Rivista Trimestrale degli Appalti, n. 1/2006.
5 Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 3319 del 28 maggio
2009. Sul punto vedi anche G. GUZZO, Project financing: fu vera gloria?op. cit..
6 Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 3319/2009, cit.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
l' 1/3/2010