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Gestione integrata dei rifiuti urbani affidata a società pubbliche - Deliberazione n. 2 del 13 gennaio 2010 dell'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici.
CARLO RAPICAVOLI*
L’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e
Forniture – AVCP -, apprestandosi a concludere la procedura di vigilanza avviata
il 17 giugno 2009 sulle modalità di gestione dei servizi integrati dei rifiuti
affidata a società a capitale interamente pubblico, ha adottato, il 13 gennaio
2010, la delibera n. 2, di contestazione degli addebiti, con la quale si chiede
a 19 amministrazioni comunali di adeguarsi alla normativa europea ed italiana.
Su 28 casi analizzati, 7 sono risultati conformi, 12 Comuni dovranno adottare
appositi rimedi mediante modifiche delle clausole statutarie delle società
controllate, mentre i rimanenti 9 Comuni sono stati giudicati non conformi alla
normativa.
Il provvedimento, che riguarda 25 Comuni e un Consorzio di Comuni, è la
risultante di una indagine conoscitiva con la quale l’AVCP aveva acquisito, da
Regioni, Province autonome e Comuni capoluogo di Provincia, documentazione sullo
stato di attuazione del sistema di gestione integrata dei rifiuti.
Dall’indagine svolta è emerso che la filiera della gestione dei rifiuti,
concepita dal legislatore come un ciclo chiuso, risulta frammentata e affidata
spesso a vari gestori nelle sue diverse fasi, raccolta, spazzamento, trasporto,
recupero e controllo, in contrasto con il Codice Ambientale.
Riportiamo di seguito il testo della delibera:
“Deliberazione n. 2 Adunanza del 13 Gennaio 2010
Il Consiglio
Oggetto: Procedimento di accertamento della legittimità degli affidamenti in
house ai soggetti gestori pubblici del Servizio di Gestione Integrata dei
rifiuti urbani
Visto il D.lgs. n. 163/2006 Vista la Legge n. 241/1990 Visto il D.lgs. n.
267/2000 Visto il D.lgs. n. 22 /97
Visto il D.lgs. n. 152/2006
Visto il D.L. 112/2008, convertito nella L. n. 133/2008
Visto il D.L 25 settembre 2009 n. 135, convertito in legge n.166 del 20.1 1.2009
Vista la delibera dell'Autorità n. 53 del 26.1 1.2008
Vista la delibera dell'Autorità n. 53 del 17.06.2009 di avvio del procedimento
Vista la relazione della Direzione Generale Vigilanza Servizi e Forniture in
data 30.11.2009
Considerato in fatto
1. Il Consiglio dell'Autorità, con deliberazione n. 53 del 26 novembre 2008,
ha disposto l'avvio di un'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione del
sistema di gestione integrata dei rifiuti da eseguirsi a cura delle Direzioni
Generali OSAM ed OSIT di quest'Autorità; con detta indagine è stata acquisita la
documentazione di settore disponibile, ed informazioni dalle Regioni/Province
autonome e dai Comuni capoluogo di provincia. Lo studio svolto sui servizi di
gestione dei rifiuti ha confermato quanto emerso dall'attività conoscitiva di
ordine generale circa il permanere della frammentazione dei servizi, sebbene il
decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 (decreto Ronchi) avesse recepito a suo
tempo tre direttive CEE: 91/156/CEE sui rifiuti e 94/62/CE sugli imballaggi e
sui rifiuti di imballaggio, nonché la 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi, in
ossequio alle quali è stata posta in essere la prima disciplina nazionale
unitaria della gestione integrata dei rifiuti. Tale decreto, è stato abrogato e
sostituito dal Codice Ambientale (D. Lgsl. 3 aprile 2006 n.152). Il Testo Unico
potrà essere sottoposto ad integrazioni e modifiche - entro il giugno 2010 - in
conseguenza dei decreti legislativi che verranno emanati in attuazione a quanto
disposto dall'articolo 12 della legge 18 giugno 2009 n.69, secondo i criteri
guida previsti dalla precedente legge delega (L. n. 308/2004). Va soggiunto,
altresì, che lo scorso anno è stata approvata la nuova Direttiva rifiuti
(Direttiva 2008/98/CE) che dovrà essere recepita entro il dicembre 2010.
2. A seguito di tale indagine, con deliberazione n. 53 del 17 giugno 2009, il
Consiglio ha disposto l'avvio di un procedimento volto ad accertare la
legittimità degli attuali affidamenti in house ai soggetti gestori pubblici del
servizio dei rifiuti urbani, affinché sia garantita la conformità alle
disposizioni di legge e alla giurisprudenza prevalente in materia anche in
relazione alla previsione contenuta nell'art. 23 bis della legge 133/2008,
recentemente modificato dall'art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009 n.135,
convertito in legge n.166 del 20.11.2009.
3. Sono state individuate diverse criticità che interessano il settore del
sistema di gestione dei rifiuti urbani originate dalla mancata delimitazione
degli Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.), e dalla mancata costituzione, ad
opera di tutti gli enti locali ricompresi nel territorio delle ATO. delle
Autorità d'Ambito.
Il mancato trasferimento alle stesse delle competenze in materia di gestione
integrata dei rifiuti ha comportato il perdurare della frammentazione dei
servizi dei rifiuti, non soltanto dal punto di vista territoriale, ma anche
nella gestione delle varie tipologie di servizio delle attività di raccolta,
trasporto, recupero e smaltimento ed il connesso controllo di tali operazioni e
delle discariche dopo la chiusura.
Le criticità rilevate risultano in contrasto con le indicazioni del Codice
Ambientale che orientano le varie fasi di gestione del ciclo dei rifiuti verso
una gestione unitaria e ne determina le modalità organizzative che debbono
essere adottate sull'intero territorio nazionale, lasciando alle Regioni, tra
l'altro, il compito di regolamentare le attività, ivi compresa la raccolta
differenziata dei rifiuti urbani (art. 196).
In merito, va evidenziato che la filiera della gestione dei rifiuti è concepita
dal legislatore come un ciclo chiuso, ed è definito come l'insieme delle
seguenti attività:
• raccolta, che consiste nell'"operazione di prelievo, di cernita o di
raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto" (art. 183, comma 1, lett. e)
del D. Lgs. a. 152/2006). Possono essere oggetto di raccolta sia i rifiuti
indifferenziati, sia i rifiuti selezionati da avviare al recupero (raccolta
differenziata);
• spazzamento, definito dal citato art. 183 come una "modalità di raccolta dei
rifiuti su strada";
• trasporto, inteso come l'operazione di movimentazione dei rifiuti effettuata a
partire dal sito di produzione o di deposito a un altro sito, esterno al primo,
nel quale i rifiuti vengono scaricati per essere sottoposti alle successive
attività di stoccaggio, recupero o smaltimento;
• recupero, costituito dal complesso delle operazioni attraverso le quali un
rifiuto viene utilizzato, almeno in parte, in un processo produttivo o in altre
attività che ne consentano una valorizzazione economica, conseguendo nel
contempo obiettivi ambientali di razionale uso e salvaguardia delle risorse
naturali;
• smaltimento, che rappresenta la "fase residuale della gestione dei rifiuti,
previa verifica [...] della impossibilità tecnica ed economica di esperire le
operazioni di recupero" descritte all'art. 181 del D. Lgs. n. 152/2006. I
sistemi di smaltimento più diffusi sono l'incenerimento (tramite
termovalorizzatore) e la discarica controllata;
• controllo delle operazioni di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento (per
le quali l'art. 189 del D. Lgs. n. 152/2006 prevede l'istituzione di un sistema
informatico di "tracciabilità dei rifiuti") e controllo delle discariche dopo la
chiusura.
In tale ultima fase è previsto anche il controllo delle operazioni di
smaltimento, da realizzarsi all'interno di ciascun ambito, esteso anche sulle
discariche dopo la loro chiusura.
Per quanto riguarda invece l'utilizzazione dei beni strumentali per il servizio
di gestione dei rifiuti, ossia gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di
proprietà degli enti locali già esistenti al momento dell'assegnazione del
servizio, sono conferiti in comodato ai soggetti affidatari del medesimo
servizio (art. 202 comma 4).
Lo spirito informatore del Codice Ambientale accorda, quindi, il riconoscimento
di infrastrutture essenziali agli impianti di smaltimento e trattamento non
duplicabili localmente. Infatti, ove non vi sia coincidenza tra il soggetto
incaricato della raccolta e del trasporto ed il gestore incaricato del
trattamento, in quanto proprietario di discarica o di impianti a ciò deputati,
tali infrastrutture dovranno essere poste nella disponibilità degli
aggiudicatari del servizio integrato.
Su tale ultimo aspetto, ovvero sui rapporti contrattuali in essere tra eventuali
gestori del servizio integrato e i proprietari di discarica, questa Autorità si
riserva di procedere ad una separata indagine volta a verificare le modalità
procedurali con cui vengono attivati tali rapporti.
4. L'attività istruttoria svolta è consistita nell'esame documentale delle
risposte pervenute in esito alle richieste di informazioni, indirizzate ai
Comuni capoluoghi di provincia, che in assenza dell'operatività delle ATO hanno
proceduto all'affidamento dei servizi dei rifiuti urbani - nella maggior parte
dei casi a società con la formula dell'in house providing
Il campione oggetto di verifica è stato selezionato isolando i casi in cui
l'affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti è avvenuto
ricorrendo alle modalità dell'in house.
Ritenuto in diritto
5. Il Consiglio dell'Autorità ha formulato una serie di valutazioni e
considerazioni di carattere generale, con la richiamata deliberazione n. 53 del
17.06.2009, che si intendono totalmente richiamate.
La circostanza che non tutte le Autorità d'Ambito sono state costituite e che
quelle operanti sono fortemente in ritardo nell'adempimento delle prescrizioni
normative contenute nel Codice Ambientale, riguarda la disciplina transitoria
ed, in particolare, le modalità di esercizio del servizio, fino all'istituzione
e organizzazione del servizio di gestione integrata dei rifiuti.
La disciplina transitoria è regolata dall'art. 204 del Codice Ambientale, in
base al quale i gestori attuali esercitano il servizio fino all'istituzione ed
organizzazione della gestione integrata dei rifiuti da parte delle Autorità
d'Ambito, nel senso che le vecchie gestioni proseguono fino all'affidamento ai
nuovi gestori, come specificato dall' art.198 "sino all'inizio delle attività
del soggetto aggiudicatario della gara ad evidenza pubblica indetta
dall'Autorità d'ambito ai sensi dell'art. 202, i Comuni continuano la gestione
dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento in regime
di privativa nelle forme di cui all'art. 113, comma 5, del decreto legislativo
18 agosto 2000, n. 267". Tale disposizione ha ipotizzato una rapida attuazione
del nuovo sistema, ma i termini previsti dal Codice Ambientale non sono stati
rispettati, pertanto le gestioni in economia e le gestioni dirette, svolte
attraverso società in house, continuano in regime di proroga ex lege, a
condizione che si tratti di gestioni in essere nell'aprile 2006.
Secondo un'interpretazione sistematica delle disposizioni citate, si ritiene che
il legislatore, con l'articolo 204 citato, non abbia inteso prolungare a tempo
indeterminato la durata delle gestioni esistenti alla data del 29 aprile 2006
data di entrata in vigore della parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006
- bensì sancirne la cessazione, anche anticipata, al momento dell'istituzione e
organizzazione del servizio da parte delle Autorità d'ambito territoriale
ottimale.
Il riferimento legislativo che introduce nel nostro ordinamento la modalità di
affidamento cosiddetta in house providing è il comma 5 lett. c) dell'art. l13
del d.lgs n. 267/2000 (così come modificato dalla legge n. 326/2003), che
testualmente recita:
"5. L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel
rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità
del servizio:
a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con
procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato
venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza
pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie
in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità
competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti
pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo
analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la
parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che
la controllano."
La terza modalità (lett. c) è quella comunemente definita in house providing;
trattasi di una espressione usata per la prima volta in sede comunitaria nel
Libro Bianco sugli appalti del 1998 che identifica il fenomeno di
"autoproduzione" di beni, servizi o lavori da parte della pubblica
amministrazione, che si verifica quando quest'ultima acquisisce un bene o un
servizio attingendoli all'interno della propria compagine organizzativa senza
ricorrere a terzi tramite gara e dunque al mercato. E' un modello che si
contrappone a quello dell'outsourcing o contracting out (la c.d.
esternalizzazione), in cui la sfera pubblica si rivolge al privato,
demandandogli il compito di produrre e/o fornire i beni e servizi necessari allo
svolgimento della funzione amministrativa.
Il giudice comunitario si è occupato per la prima volta della figura dell'in
house providing nel 1999 quando ha affermato che non è necessario rispettare le
regole della gara in materia di appalti nell'ipotesi in cui concorrano i
seguenti elementi:
"a) l'amministrazione aggiudicatrice esercita sul soggetto aggiudicatario un
"controllo analogo'' a quello esercitato sui propri servizi;
b) il soggetto aggiudicatario svolge la maggior parte della propria attività in
favore dell'ente pubblico di appartenenza."
Per il giudice comunitario, l'in house rappresenta il tentativo di conciliare il
principio di auto-organizzazione amministrativa (che trova corrispondenza nel
più generale principio comunitario di autonomia istituzionale), con i principi
di tutela della concorrenza e del mercato.
L'Amministrazione si rivolge per reperire una determinata prestazione ad un
soggetto che, pur essendo formalmente dotato di personalità giuridica diversa
dall'Amministrazione stessa, è sottoposto tuttavia ad un controllo gerarchico da
parte dell'Ente, che può essere assimilato al controllo che l'Amministrazione
esercita sulle proprie strutture interne.
In virtù di tali elementi l'ente in house non va considerato "terzo" rispetto
all'amministrazione procedente, ma piuttosto come uno dei servizi propri
dell'amministrazione stessa. In presenza di tali condizioni, quindi, non c'è
neppure il contratto perché esso implica l'esistenza di almeno due soggetti che
siano sostanzialmente distinti e tra i quali vi sia una relazione
intersoggettiva. C'è, al contrario, un rapporto organico o di delegazione
interorganica; la delega interorganica e il conseguente rapporto di
strumentalità dell'ente affidatario rispetto all'amministrazione aggiudicatrice
rendono allora lo svolgimento della prestazione una vicenda tutta interna alla
pubblica amministrazione.
Quanto appena evidenziato consente di capire perché il soggetto in house possa
beneficiare di affidamenti diretti, ossia senza gara: non si tratta di una
fattispecie contrattuale che eccezionalmente è sottratta all'applicazione del
diritto comunitario degli appalti e delle concessioni; si tratta, al contrario,
di una fattispecie non contrattuale (perché manca la relazione intersoggettiva),
che, come tale, per sua stessa natura si sottrae al diritto comunitario degli
appalti e delle concessioni e, quindi, all'applicazione delle regole che
impongono la gara per la scelta del contraente.
"Un'autorità pubblica che sia una amministrazione aggiudicatrice, ha la
possibilità di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti
mediante propri strumenti amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere
obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi. In
tal caso. non si può parlare di contratto a titolo oneroso concluso con entità
giuridicamente distinta dall'Amministrazione aggiudicatrice. Non sussistono
quindi i presupposti per applicare le norme comunitarie in materia di appalti
pubblici" (Sentenza Stadt Halle).
Chiarita la collocazione giuridica di questa tipologia di affidamenti, il
problema che si è posto negli anni successivi è stato quello di dare un
contenuto alle due espressioni generali: "controllo analogo" e "destinazione
prevalente dell'attività". In tal senso, dopo le inevitabili oscillazioni
iniziali si è formata una giurisprudenza abbastanza concorde che fa capo ad
alcune sentenze tra cui occorre citare le seguenti:
sentenza 11 gennaio 2005, causa C-26/03 - Stadt Halle;
sentenza 13 ottobre 2005, causa C-458/03 - Parking Brixen GmbH;
sentenza 11 maggio 2006, causa C-340/04 - Carbotermo;
sentenza 9 giugno 2009, causa C-480/06;
sentenza 10 settembre 2009, causa C-573/07.
E' anche il caso di dire che nel corso degli anni. a seguito degli abusi
compiuti nell'utilizzo di questo strumento, la giurisprudenza comunitaria è
stata concorde nel ribadire il carattere di eccezionalità e nel fissare
requisiti via via più restrittivi e rigorosi per la definizione delle due
espressioni citate.
Si propone, pertanto, una sintetica elencazione di tali requisiti.
II concetto di "controllo analogo"
6. Dal momento che questa procedura costituisce una deroga alle regole di
evidenza pubblica il giudice europeo ha ritenuto necessari strumenti che
consentano all'ente pubblico un controllo stringente, maggiore di quello
ottenibile con gli ordinari strumenti previsti dal diritto civile. Essi sono:
a) il Consiglio di Amministrazione della società in house non deve avere
rilevanti poteri gestionali e l'ente pubblico deve poter esercitare maggiori
poteri rispetto a quelli che il diritto societario riconosce alla maggioranza
sociale;
b) l'impresa non deve avere una vocazione commerciale; tale vocazione
risulterebbe implicita in caso di ampliamento dell'oggetto sociale, apertura
obbligatoria della società ad altri capitali, espansione territoriale;
c) le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo
dell'ente affidante;
d) il controllo analogo è da ritenersi escluso nel caso in cui nello statuto sia
prevista la possibilità di cedere quote a soggetti privati (sul punto, però,
occorre tener presente il recente orientamento della Corte di Giustizia espresso
nella sentenza de! 10 settembre 2009, resa nella causa C-573/07);
e) Il controllo analogo non è escluso dalla circostanza che il pacchetto
azionario della società sia posseduto da una pluralità di enti pubblici, anche
in misura esigua per ciascuno di essi. In tal caso, la verifica sul "controllo
analogo" si sposta necessariamente nel rinvenimento di clausole o prerogative
che conferiscono agli enti locali partecipanti con quote societarie esigue,
effettive possibilità di controllo nell'ambito in cui si esplica l'attività
decisionale dell'organismo societario attraverso i propri organi (assembleari o
di amministrazione). Tale controllo deve intendersi esercitabile non soltanto in
chiave propulsiva o propositiva di argomenti da portare all'ordine del giorno
del consesso assembleare bensì, e principalmente, di poteri inibitivi di
iniziative o decisioni che si pongano in contrasto con gli interessi dell'ente
locale nel cui ambito territoriale si esplica il servizio (TAR Lazio, sentenza
16 ottobre 2007, n. 9988).
Appaiono, inoltre, con riferimento all'argomento, rilevanti le decisioni assunte
dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza del 13 novembre 2008, causa
C-324/07, "sentenza Coditel ".
La Corte ha affrontato, infatti, la questione del controllo analogo nel caso in
cui questo debba essere esercitato da associazioni intercomunali, cioè da più
comuni associati per perseguire determinate finalità di interesse comune. In
merito, la stessa Corte ha formulato le seguenti considerazioni: "Da un lato, va
ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte, quando un ente
concessionario è detenuto da varie autorità pubbliche, la condizione relativa
alla parte più importante della sua attività può ricorrere considerando
l'attività che tale ente svolge con l'insieme di dette autorità (v., in tal
senso, citate sentenze Carbotermo e Consorzio Alisei, punti 70 e 71, e Asemfo,
punto 62). Sarebbe coerente con il ragionamento sotteso alla citata
giurisprudenza considerare che la condizione relativa al controllo esercitato
dalle autorità pubbliche possa essere parimenti soddisfatta tenendo conto del
controllo esercitato congiuntamente sull'ente concessionario dalle autorità
pubbliche che lo detengono" (punti 44-45).
I principi della sentenza succitata, concernenti la possibilità che l'esercizio
del controllo analogo possa essere soddisfatto dalla presenza di un organo
rappresentativo, nonché esercitato in forma congiunta, è stato recepito dalla
sentenza del Cons. di Stato, Sez. V, 9 marzo 2009. n.1365.
Il requisito dell'attività prevalentemente svolta a favore dell'ente
affidante
7. La giurisprudenza prevalente ritiene che tale condizione sia soddisfatta
quando l'affidatario diretto non fornisca i suoi servizi a soggetti diversi
dall'ente controllante, anche se pubblici, ovvero li fornisca in misura
quantitativamente irrisoria e qualitativamente irrilevante sulle strategie
aziendali, ed in ogni caso non fuori dalla competenza territoriale dell'ente
controllante.
Più che l'individuazione di una soglia percentuale, necessita un giudizio
pragmatico nel caso concreto che si basi, però, non solo sull'aspetto
quantitativo, ma anche su quello qualitativo. In altri termini, la natura dei
servizi, opere o beni resi al mercato privato, oltre alla sua esiguità, deve
anche dimostrare la quasi inesistente valenza nella strategia aziendale e nella
collocazione dell'affidatario diretto nel mercato pubblico e privato. Sotto
questo profilo la giurisprudenza della Corte di Giustizia e del Consiglio di
Stato mostrano di ritenere a priori che l'espansione territoriale, anche a
vantaggio di altri enti pubblici analoghi, violi la prevalenza.
Nella sentenza Parken Brixen la Corte esprime un concetto fondamentale. Essa,
infatti, sinteticamente considera l'aspetto qualitativo e quantitativo,
riferendosi al fatto che il soggetto "ha invece acquisiti una vocazione
commerciale che rende precario il controllo del comune. In questo senso
militano: a) la trasformazione della azienda speciale in società per azioni; b)
l'ampliamento dell'oggetto sociale; l'apertura obbligatoria della società, a
breve termine, ad altri capitali; c) l'espansione territoriale; d) i
considerevoli poteri conferiti al Consiglio di Amministrazione."
Come è evidente il punto chiave è "l'acquisizione di una vocazione commerciale"
che, dietro lo schermo della forma giuridica della società pubblica, di fatto
consegna questo imprenditore al mercato libero, pur in condizioni di privilegio.
In tale motivazione sono, quindi, compendiati i concetti del controllo analogo,
ma anche della prevalenza dell'attività.
L'in house nell'ordinamento nazionale
8. Nel corso degli anni la giurisprudenza nazionale e comunitaria hanno dato
risposta ai numerosi interrogativi posti, riempiendo di contenuti le definizioni
di "controllo analogo" e "attività prevalente" così come sinteticamente esposto.
Un primo riferimento va ricercato, come detto, nel Testo Unico degli Enti
Locali, d.lgs. n. 267/2000 all'art.113 come novellato dalla l. n. 326/2003 cui
si è già fatto cenno.
Un secondo riferimento é costituito dal Codice dei contratti pubblici.
L'argomento, del tutto assente nella parte relativa ai settori ordinari, é
trattato nella parte relativa ai settori speciali; recependo la direttiva
2004/17 CE, il Codice disciplina questa modalità di affidamento all'art. 218
limitatamente alla problematica della attività prevalente, stabilendo il limite
quantitativo dell'80% del fatturato medio realizzato dall'impresa collegata
negli ultimi tre anni.
Il d.lgs. n. 152/2006, il cd. Codice Ambientale, in relazione alle modalità di
affidamento del servizio nella disciplina dei rifiuti dispone all'art. 202,
comma 1, come modificato dal d.lgs. n. 4/2008, che l'ATO aggiudica il servizio
di gestione integrata dei rifiuti urbani mediante "gara", e precisa che la
stessa deve essere disciplinata dai principi e dalle disposizioni comunitarie,
in conformità ai criteri di cui all'art. 113, comma 7, del D.Lgs. 267/2000. E'
scomparsa quindi la possibilità di scelta tra diversi modelli di gestione come
consentito dal comma 5 dell'art. 113 del TUEL, sostituita dalla previsione della
procedura ad evidenza pubblica per la scelta del gestore. Il Codice Ambientale,
dunque, ammette una sola modalità di affidamento del servizio, ritenendo che in
questo settore esista un mercato dove operano soggetti economici ed è quindi
intervenuto a tutela di quel mercato, e in definitiva della concorrenza, creando
per i rifiuti una disciplina di settore diversa rispetto a quella ordinaria.
Infine, è da evidenziare che, secondo le previsioni di cui all'art. 23 bis del
D.L. 112/2008 convertito in Legge n. 133/2008, cosi come novellato dall'art. 15
del D.L. 135/2009, convertito in legge n.166 del 20.11.2009, le gestioni in
house, esistenti alla data del 22 agosto 2009, cessano al 31 dicembre 2011 se
conformi ai principi comunitari ed al 31 dicembre 2010 se difformi rispetto a
detti principi, salvo che entro il 31 dicembre 2011 le amministrazioni cedano
almeno il 40% del capitale attraverso modalità competitive e di evidenza
pubblica.
9. I risultati dell'attività istruttoria, svolta in base ai criteri sopra
enunciati, sono riassunti, caso per caso, nelle schede allegate, parte integrale
della presente deliberazione, in cui sono riportate, in forma sintetica, le
valutazioni dell'esame, che hanno reso possibile classificare gli affidamenti
esaminati nelle tre seguenti tipologie:
a) affidamenti che sostanzialmente confermano le caratteristiche necessarie per
il ricorso all'in house providing, quindi ritenuti conformi alle disposizioni di
legge e alla giurisprudenza prevalente in materia;
b) affidamenti la cui conformità è subordinata all'adeguamento delle clausole
statutarie;
c) affidamenti che non sono stati ritenuti conformi alle disposizioni di legge e
alla giurisprudenza prevalente in materia.
Totale casi esaminati | A: Conformi alle disposizioni di legge e alla giurisprudenza prevalente in materia | B: Conformità subordinata all'adeguamento delle clausole statutarie | C: Non conformi alle disposizioni di legge e alla giurisprudenza prevalente in materia |
28 | 7 | 12 | 9 |
Occorre, tuttavia, evidenziare, come l'attuazione delle misure correttive
individuate da questa Autorità, possa avere solo carattere derogatorio rispetto
alle previsioni di cui all'art. 23-bis del D.L. n.112/2008, convertito con Legge
n.133/2008, così come novellato dall'art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009
n. 135, convertito in legge n.166 del 20.11.2009, che introduce per l'in house
ulteriori restrizioni.
Può certamente essere indicato come nuovo limite dell'in house la norma del
comma 8 lett. a) del citato art. 15 che stabilisce la cessazione al 31.12.2011
delle gestioni in house esistenti alla data del 22 agosto 2008 anche se conformi
ai principi comunitari (quelli difformi cessano al 31.12.2010), salvo che entro
il 31 dicembre 2011 le amministrazioni cedano almeno il 40% del capitale
attraverso modalità competitive e di evidenza pubblica.
Si ritiene, pertanto, che, allo stato, i Comuni nei quali l'affidatario del
servizio di gestione integrata dei rifiuti non rispetta i requisiti necessari
per l'in house, possano, in alternativa:
1. adeguarsi ai requisiti richiesti affinché possa ritenersi ammissibile la
modalità di affidamento in house providing, fermo restando l'obbligatorietà,
entro il 31 dicembre 2011, di procedere a gara ad evidenza pubblica per
l'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani;
2. ovvero procedere, senza attendere la scadenza del 31 dicembre 2010, ad
espletare una gara di evidenza pubblica per l'esternalizzazione del servizio,
secondo le previsioni dell'art. 23bis citato.
Sono esclusi dall'obbligo della esternalizzazione del servizio con procedure
concorsuali, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo, solo quegli affidamenti
per i quali situazioni eccezionali, a causa di peculiari caratteristiche
economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di
riferimento non permettono un efficace e utile ricorso al mercato. E' evidente
come un'applicazione non corretta di tale disposizione, da riferirsi
esclusivamente a contesti ambientali particolari. possa condurre all'inefficacia
della norma.
Ulteriori criticità riscontrate
10. Sulla base delle informazioni fornite dai Comuni sono stati rilevati n.
5 (cinque) affidamenti diretti del servizio di gestione dei rifiuti urbani a
società miste pubblico-private, che evidenziano aspetti di non conformità alle
disposizioni legislative vigenti ed alla giurisprudenza costituitasi in materia.
Dette criticità specifiche devono essere superate adottando opportune misure,
ovvero procedendo all'esternalizzazione del servizio.
L'esame dell'affidamento del servizio in parola per le società miste
pubblico-private, sarà oggetto di specifiche indagini volte a verificare la
procedura di evidenza pubblica esperita per l'individuazione del socio privato.
In base a quanto sopra considerato,
Il Consiglio
a) dispone l'invio ad opera della Direzione Generale Vigilanza Servizi e
Forniture della presente deliberazione ai soggetti interessati (Comuni e Società
gestore), corredata per ciascun soggetto delle schede di competenza con le quali
si riassumono le valutazioni relative al caso specifico;
b) con riferimento alle gestioni la cui conformità è subordinata all'attuazione
dei rimedi secondo gli indirizzi espressi dall'Autorità nella specifica scheda,
invita i soggetti interessati a confermare all'Autorità l'impegno a porre in
atto le conseguenti misure, indicando le precise modalità e i termini per
l'attuazione delle stesse, entro il termine di 60 gg. dal ricevimento della
presente deliberazione;
c) relativamente agli affidamenti per i quali è stata accertata la non
conformità alla disciplina dell'in house providing, invita i soggetti
interessati a dare evidenza, indicando modi e tempi, delle procedure che gli
stessi intendono adottare per assicurare il rispetto delle disposizioni di cui
al D.Lgs. n.163/2006, entro il termine di 30 gg. dal ricevimento della presente
deliberazione;
d) relativamente agli affidamenti a società miste, dispone un rinvio di 90 gg.
per la conclusione della verifica istruttoria, ad opera della Direzione Generale
Vigilanza Servizi e Forniture.
e) dispone, altresì, la pubblicazione della presente deliberazione sul sito
internet dell'Autorità.
Firmato
I Consiglieri Relatori: Andrea Camanzi, Piero Calandra
Il Presidente: Luigi Giampaolino
Depositato presso la Segreteria del Consiglio in data 18 Febbraio 2010
Il Segretario: Maria Esposito”
L’Autorità ha inviato ai Comuni ed alle società di gestione interessate la sopra
riportata deliberazione, corredata di singole schede contenenti le valutazioni
specifiche.
Le amministrazioni hanno da 30 a 60 giorni per adeguarsi alle indicazioni
dell’Autorità.
* Direttore Generale
e Dirigente del Settore Ambiente e Pianificazione Territoriale della Provincia
di Treviso
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 16/03/2010