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Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
Le fonti rinnovabili nell’evoluzione normativa e giurisprudenziale: problematiche e soluzioni giuridiche.
MICHELE CANCELLARO*
Sommario: 1. Legislazione Comunitaria. Direttiva 2001/77/CE; 2. Legislazione
nazionale. D. Lgs 387/2003; 3. Legislazione Regione Puglia in materia di energia
da fonti rinnovabili; 4. Pronunce della Corte Costituzionale in tema di riparto
di competenze tra Stato e Regioni in materia di energie rinnovabili; 5. Linee
Guida Nazionali approvate in esecuzione del D. Lgs 387/2003; 6. Legge
Comunitaria 2009;: 7. Procedimento di autorizzazione per la realizzazione di
impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili: le oscillazioni della
giurisprudenza amministrativa; 8. Conclusioni
1. Legislazione Comunitaria. Direttiva 2001/77/CE
Lo sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili, che ormai da qualche anno
costituisce uno dei settori più dinamici dell’economia italiana, tuttavia,
stenta a decollare definitivamente a causa di molteplici fattori.
Tra questi, una riflessione più attenta merita la vischiosità degli iter
autorizzativi per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti
rinnovabili, a partire proprio dalla fase di rilascio delle autorizzazioni da
parte delle varie amministrazioni pubbliche coinvolte nel relativo procedimento
amministrativo.
Tale opportuna premessa ci consente di individuare il complesso quadro normativo
che governa tale asset dell’economia nazionale ed internazionale.
Ebbene, tutta la produzione normativa che si è sviluppata nel corso di questi
anni in Italia, prende le mosse dalla direttiva comunitaria 2001/77/CE1, ove
all’art 6, par 1, si prescrive che: «Gli Stati membri o gli organismi competenti
designati dagli Stati membri valutano l'attuale quadro legislativo e
regolamentare esistente delle procedure di autorizzazione o delle altre
procedure di cui all'articolo 4 della direttiva 96/92/CE applicabili gli
impianti per la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili allo
scopo di: ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all'aumento della
produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili, razionalizzare e
accelerare le procedure all'opportuno livello amministrativo, garantire che le
norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente
conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche
rinnovabili ».
Il legislatore comunitario, con la direttiva testè citata, nel prendere atto,
all’epoca dell’emanazione, dello stato dell’arte delle fonti rinnovabili in
ambito europeo, invitava i vari Stati Membri a porre in essere politiche volte
al accelerare le procedure amministrative per la realizzazione di detti
impianti.
Va premesso altresì che l’art. 117 della Costituzione Italiana indica tra le
materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni: produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia.
Tale inciso rappresenta, come avremo modo di vedere nel prosieguo, una opportuna
premessa circa le difficoltà dell’intero sistema delle fonti rinnovabili.
2. Legislazione nazionale. D. Lgs 387 del 2003
Innanzitutto, la normativa nazionale di recepimento della suddetta direttiva
comunitaria, ovvero il D.lgs 387/032 (art. 12), in ordine alla prescritta
semplificazione delle procedure autorizzative, stabilisce che “
1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili,
nonche' le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e
all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di
pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.
2. Restano ferme le procedure di competenza del Ministero dell'Interno vigenti
per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.
3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica,
potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti
dalla normativa vigente, nonche' le opere connesse e le infrastrutture
indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono
soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto
istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in
materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi e' convocata dalla
regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione.
Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e
4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla
produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al
decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.
4. L'autorizzazione di cui al comma 3 e' rilasciata a seguito di un procedimento
unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel
rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge
7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio
dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in
conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla
rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a
seguito della dismissione dell'impianto. Il termine massimo per la conclusione
del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a
centottanta giorni.
5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2,
comma 2, lettere b) e c) per i quali non e' previsto il rilascio di alcuna
autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4.
6. L'autorizzazione non può essere subordinata ne' prevedere misure di
compensazione a favore delle regioni e delle province.
7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma
1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole
dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle
disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare
riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla
tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio
rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonche' del
decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14.
8. Gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza complessiva non
superiore a 3 MW termici, sempre che ubicati all'interno di impianti di
smaltimento rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi
di depurazione e biogas, nel rispetto delle norme tecniche e prescrizioni
specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 31 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono, ai sensi e per gli effetti
dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio
1988, n. 203, attività ad inquinamento atmosferico poco significativo ed il loro
esercizio non richiede autorizzazione. E' conseguentemente aggiornato l'elenco
delle attività ad inquinamento atmosferico poco significativo di cui
all'allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991.
9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche in assenza
della ripartizione di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, nonche' di quanto
disposto al comma 10.
10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive,
di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo
svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in
particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico
riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida,
le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla
installazione di specifiche tipologie di impianti.
Pertanto, Il legislatore, in attuazione della direttiva 2001/77/CE6, ha adottato
un modello di autorizzazione unica affidato alle regioni e strutturato sulla
conferenza di servizi, disciplinato dall’art. 12 del d.lgs. 387/2007.
Dopo aver chiarito che le opere per la realizzazione degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili, nonchè le opere connesse e le infrastrutture
indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti «sono
opere di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti», il d.lgs. 387/2003, pur
riservando allo Stato il compito di dettare i principi e le regole fondamentali
della materia, individua nel livello regionale la dimensione idonea alla
razionalizzazione ed accelerazione delle procedure autorizzative.
Si potrebbe affermare che la caratteristica di maggior pregio della normativa
sopra evidenziata risieda proprio nell’introduzione del procedimento unitario,
al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, ed al termine del
quale viene rilasciato il provvedimento di autorizzazione che costituisce il
titolo per la costruzione e l’esercizio dell’impianto.
In sintesi, il procedimento autorizzativo si attiva su istanza dell’interessato
per la costruzione ex novo, per l’esercizio, la modifica, il potenziamento, il
rifacimento totale o parziale e la riattivazione dell’impianto, nonché la
costruzione di opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla
creazione ed all’esercizio di esso. A ciò aggiungasi che il fulcro dell’intera
procedura è dato dalla conferenza di servizi, cui partecipano tutte le
amministrazioni interessate, e per la cui disciplina, non si può non rimandare
ai principi generali della legge sul procedimento amministrativo, ovvero la L.
n. 241 del 1990 e s.m.i., anche alla luce delle recenti modifiche intervenute
con il D.L. 78/2010 conv. in L. n. 122/20103, con la quale sono state apportate
significative modifiche circa gli effetti dell’istituto della conferenza di
servizi in tema di interessi alla tutela ambientale, paesaggistico –
territoriale, o del patrimonio storico - artistico.
In tal modo, l’obiettivo dichiarato del legislatore è stato, infatti, evitare la
moltiplicazione di procedure, e garantire la velocità del procedimento.
Pertanto, la normativa contenuta nel d.lgs. 387/2003 non costituisce che il
minimo comun denominatore di una disciplina che si è andata frammentando a
livello locale e tra differenti livelli di regolazione. La previsione della
competenza in materia di autorizzazione rimessa alle regioni ha facilitato
l’adozione da parte di quest’ultime di normative di specificazione dell’art. 12
d.lgs. 387/2003 che spesso hanno travalicato le indicazioni e lo spirito stesso
della normativa nazionale e che certamente hanno generato una moltiplicazione
delle regole applicabili, inficiando quelle caratteristiche di omogeneità della
disciplina che sono alla base della tutela di altri valori dell’ordinamento,
quale ad esempio la concorrenza a parità di condizioni su tutto il territorio
nazionale.
Ma al di là della più che evidente frammentazione legislativa, il vero vulnus
che tuttora connota la materia delle fonti rinnovabili, è la mancanza di una
pianificazione energetica, laddove tale compito dovrebbe essere assolto a
livello nazionale dal Piano Energetico Nazionale (Pen), ma l’ultimo atto
programmatorio di questo tipo risale all’agosto del 1988, il che da solo fa
comprendere la carenza di programmazione a livello statale dal punto di vista
delle politiche energetiche. Mentre a livello periferico, a partire dalla leggi
n. 9 e n. 10 del 9 gennaio 1991, è stato introdotto l’obbligo per le regioni di
dotarsi di un piano energetico ambientale regionale (Pear), ma tuttavia, anche
queste prescrizioni sono rimaste lettera morta, ed infatti solo in tempi recenti
si è proceduto all’approvazione di alcuni piani energetici regionali.
3. Legislazione Regionale in materia di energia da fonti rinnovabili. Il
“fenomeno” Puglia
In tale ambito si inserisce la legislazione predisposta a livello regionale, e
con particolare riferimento a quanto prescritto dalla Regione Puglia in materia
di iter autorizzativi per la realizzazione di impianti di produzione di energia
da fonti rinnovabili.
La Regione Puglia, nel quadro nazionale, rappresenta la realtà più dinamica a
livello di legislazione sulle energie alternative, partendo dall’energia eolica
e da quella fotovoltaica.
Ebbene, con la deliberazione di G.R. del 13 ottobre 2006 n. 15504 ,la Regione
Puglia ha approvato la regolamentazione regionale – come previsto dal’art. 12
del D.Lgs 387/03 – del procedimento autorizzativo per la realizzazione di
impianti di energie rinnovabili (si veda allegato A deliberazione di G.R. del 13
ottobre 2006 n. 1550).
Tuttavia, considerata la massiccia presenza di impianti eolici, la Regione
Puglia con provvedimento del 4 ottobre 2006 n. 16, ha altresì approvato il
“Regolamento per la realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia”.
Tra gli elementi di maggior interesse introdotti dal suddetto regolamento
regionale, v’è senz’altro la previsione dei “Piani Regolatori per
l’installazione di impianti eolici” (PRIE), di cui ciascun comune deve dotarsi
per l’installazione di impianti eolici.
In particolare l’art. 4 del Regolamento Regionale del 4 ottobre 2006 n. 16
stabilisce che:
“1. I Piani Regolatori per l’installazione di Impianti Eolici (PRIE) sono
finalizzati all’identificazione delle cosiddette aree non idonee ovvero quelle
aree nelle quali non è consentito localizzare gli aerogeneratori, in aggiunta a
quelle di cui all’art. 6 comma 3 del presente Regolamento.
2. Ai fini della razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative di cui all’art. 12 D.P.R. 387/2003 Bollettino Ufficiale della
Regione Puglia - n. 128 del 6-10-2006 Bollettino Ufficiale della Regione Puglia
- n. 128 del 6-10-2006 17085 del DPR 387/2003 le amministrazioni comunali si
dotano di Piani Regolatori relativi all’installazione di Impianti Eolici (PRIE).
3. I PRIE sono redatti dalle Amministrazioni comunali in forma singola o
associata tra comuni confinanti (PRIE intercomunali).
4. I PRIE intercomunali perseguono obiettivi di riduzione dell’impatto
cumulativo e forme di perequazione territoriale. I benefici derivanti dalla
realizzazione degli impianti dovranno essere distribuiti fra i comuni
partecipanti alla aggregazione in maniera indipendente dalla localizzazione
degli impianti stessi, secondo forme e modalità stabilite in sede di
redazione/approvazione del PRIE.
5. E’ incentivata la aggregazione dei Comuni che vogliano procedere alla
redazione di PRIE intercomunali. In tal caso le procedure di cui al successivo
art. 5 devono essere espletate da ciascuna amministrazione coinvolta
esprimendosi sul PRIE nella sua interezza.
6. Le forme di incentivazione sono indicate al successivo art. 6 comma 3 lettera
e) per quanto attiene alle distanze dai confini e all’art. 13 comma 4 per quanto
attiene al parametro di controllo.
Va evidenziato altresì come l’art 5 del suddetto Regolamento regionale prescriva
la procedura di approvazione dei PRIE, ovvero “1. Ai fini dell'adozione e
proposizione all'autorità competente ai sensi della l.r. n. 11/2001, il Comune
interessato o i Comuni associati redigono il PRIE, con presa d'atto dello stesso
in Giunta comunale.
2. Entro dieci giorni dalla data di presa d'atto, il PRIE e i relativi elaborati
sono depositati, per quindici giorni consecutivi, presso la segreteria del
Comune o dei Comuni interessati, in libera visione al pubblico. Del deposito è
dato avviso sull'albo comunale, su almeno due quotidiani a diffusione nella
provincia.
3. Entro il termine di quindici giorni dalla data di scadenza del periodo di
deposito di cui al comma precedente, chiunque abbia interesse può presentare
proprie osservazioni, ai sensi dell'articolo 9 della L. 241/1990.
4. Ai fini della adozione del PRIE il Comune proponente (o il Comune capofila
per PRIE intercomunali) entro i successivi trenta giorni si pronuncia sulle
osservazioni presentate e convoca una Conferenza dei Servizi ai sensi della L.
241/1990 cui partecipano gli Enti locali territorialmente competenti, anche ai
fini della verifica di compatibilità con la pianificazione di area vasta e di
settore, e gli Enti preposti alla tutela dei vincoli eventualmente presenti
sul/i territorio/i comunale/i, ai sensi della legislazione vigente.
5. Entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di conclusione della
Conferenza dei Servizi, il Consiglio Comunale adotta il PRIE.
6. Entro il termine di trenta giorni l'autorità competente, preso atto
dell'esito della Conferenza dei Servizi e della delibera di adozione del
Consiglio Comunale, approva in via definitiva il PRIE.
7. La variante al PRIE segue lo stesso procedimento di formazione di cui ai
commi precedenti.
8. Nel caso di PRIE intercomunali le procedure di cui ai commi precedenti devono
essere espletate da ciascuna amministrazione coinvolta con riferimento al piano
nella sua interezza.
9. Il PRIE, formalmente approvato ai sensi del precedente comma 6, sostituisce
la documentazione di cui all'art. 4.1 commi f) e g) delle Disposizioni di cui
alla Delibera 31.05.2005 n. 716 "Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387.
Procedimento per il rilascio delle autorizzazioni alla costruzione ed esercizio
di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili". I
pareri espressi dagli enti competenti in sede di Conferenza di servizi di cui al
precedente comma 4, sono validi anche ai fini della Conferenza dei Servizi di
cui alla DGR n. 716/2005.”
Tuttavia, nell’ottica della razionalizzazione e della semplificazione delle
procedure autorizzative in materia di fonti rinnovabili, la Regione Puglia è
intervenuta in più di un’occasione nel corso degli anni, tra le tante si ricorda
la L.R. 19 febbraio 2008 n. 1, che all’art. 27, che ha stabilito come
“Per gli
impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui
all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387
(Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità), con potenza elettrica nominale fino a 1 MWe da realizzare
nella Regione Puglia, fatte salve le norme in materia di valutazione di impatto
ambientale e di valutazione di incidenza, si applica la disciplina della
denuncia di inizio attività (DIA), di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive
modifiche e integrazioni, nei seguenti casi:
a) impianti fotovoltaici posti su edifici industriali, commerciali e servizi,
e/o collocati a terra internamente a complessi industriali, commerciali e
servizi esistenti o da costruire;
b) impianti eolici on-shore;
c) impianti idraulici;
d) impianti alimentati a biomassa posti internamente a complessi industriali,
agricoli, commerciali e servizi, esistenti o da costruire;
e) impianti alimentati a gas di discarica, posti internamente alla stessa
discarica, esistente o da costruire;
f) impianti alimentati a gas residuati dai processi di depurazione, posti
internamente a complessi industriali, agricoli, commerciali e servizi, esistenti
o da costruire;
g) impianti alimentati a biogas, posti internamente a complessi industriali,
agricoli,commerciali e servizi, esistenti o da costruire.
2. Gli impianti di cui al comma 1 possono anche essere realizzati in zone
classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, tenuto, peraltro, conto di
quanto specificato dall’articolo 12, comma 7, del d.lgs. 387/2003”.
Ed ancora, con la L.R. 21 ottobre 2008 n. 31 (art. 3), la Regione Puglia ha di
fatto generalizzato lo strumento della Dia per la realizzazione di impianti di
produzione di energia da fonti rinnovabili con potenza fino a 1MW, stabilendo
che “Per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di
cui all’articolo 2, comma 1, del d.lgs. 387/2003, con potenze elettriche
nominali superiori a quelle previste alla tabella A di cui all’articolo 2, comma
158, lettera g), della legge 31 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2008), e fino a 1 MWe, da realizzare nella Regione Puglia, fatte salve le norme
in materia di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di incidenza,
si applica la disciplina della denuncia di inizio attività (DIA), di cui agli
articoli 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia edilizia emanato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380 e successive modifiche e integrazioni, nei seguenti casi:
a) impianti fotovoltaici posti su edifici, esistenti o da costruire, con
destinazione civile, industriale, agricola, commerciale e servizi, e/o collocati
a terra internamente a complessi, esistenti o da costruire, di fabbricati
civili, industriali, agricoli, commerciali e servizi;
b) impianti fotovoltaici in zona agricola, a condizione che l’area asservita
all’intervento sia estesa almeno due volte la superficie radiante. La superficie
non occupata dall’impianto deve essere destinata esclusivamente a uso agricolo.
Gli impianti collocati a terra in un’area agricola costituita da terreni
appartenenti a unico proprietario, ovvero costituita da più lotti derivanti dal
frazionamento di un’area di maggiore estensione, effettuato nel biennio
precedente alla domanda, ai fini del calcolo della potenza elettrica massima per
ricorrere alla procedura di DIA, sono considerati come un unico impianto;
c) impianti eolici on - shore realizzati direttamente dagli enti locali, nonché
quelli finalizzati all’autoconsumo costituiti da un solo aerogeneratore;
d) impianti idraulici;
e) impianti alimentati a biomassa posti internamente a complessi, esistenti o da
costruire, di fabbricati industriali, agricoli, commerciali e servizi, fermi
restando i vincoli di cui all’articolo 2, comma 4, per gli impianti ricadenti in
zone agricole;
f) impianti alimentati a gas di discarica, posti internamente alla stessa
discarica, esistente o da costruire;
g) impianti alimentati a gas residuati dai processi di depurazione, posti
internamente a complessi, esistenti o da costruire, di fabbricati industriali,
agricoli, commerciali e servizi;
h) impianti alimentati a biogas, posti internamente a complessi, esistenti o da
costruire, di fabbricati industriali, agricoli, commerciali e servizi.
2. E’ comunque salva la facoltà dell’interessato di chiedere l’autorizzazione
comunale per gli interventi di cui al comma 1.
3. Nella DIA i proponenti privati sono obbligati a dichiarare, ai sensi degli
articoli 46, come modificato dall’articolo 49 del testo unico di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, e 47 del testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa emanato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000, n. 445, di avere la disponibilità delle risorse finanziarie necessarie per
la compiuta realizzazione dell’intervento.”
Tuttavia, il quadro normativo pugliese sopra richiamato, ed in particolar modo
la possibilità di realizzare mediante il ricorso alla denuncia di inzio attività
(D.I.A.) impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili fino ad 1 MW di
potenza, è stata dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con la
sentenza n. 119/105, che statuisce nella parte motiva come ”
La costruzione e
l’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse, sono
soggetti all’autorizzazione unica, nel rispetto delle normative vigenti in
materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico (art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387 del 2003). Sussiste una
procedura autorizzativa semplificata in relazione agli impianti con una capacità
di generazione inferiore rispetto alle soglie indicate (tabella A, allegata al
medesimo decreto legislativo), diversificate per ciascuna fonte rinnovabile:
agli impianti rientranti nelle suddette soglie si applica la disciplina della
DIA, di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia edilizia), da presentare al Comune competente per territorio.
La norma regionale censurata – per alcune tipologie di impianti specificamente
elencati, per la produzione di energia da fonti rinnovabili, non solo solare ed
eolica, ma anche per impianti idraulici, a biomassa e a gas – ha previsto
l’estensione della DIA anche per potenze elettriche nominali superiori (fino a 1
MWe) a quelle previste alla tabella A allegata al d.lgs. n. 387 del 2003.
Riguardo alle ipotesi di applicabilità della procedura semplificata di DIA in
alternativa all’autorizzazione unica, è riconoscibile l’esercizio della
legislazione di principio dello Stato in materia di «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell’energia», per via della chiamata in sussidiarietà
dello Stato, per esigenze di uniformità, di funzioni amministrative relative ai
problemi energetici di livello nazionale (sentenza n. 383 del 2005); ciò anche
riguardo alla valutazione dell’entità delle trasformazioni che l’installazione
dell’impianto determina, ai fini dell’eventuale adozione di procedure
semplificate (in tal senso le sentenze n. 336 del 2005, in materia di
comunicazioni elettroniche, e n. 62 del 2008 in materia di smaltimento rifiuti).
La norma regionale è allora illegittima, in quanto maggiori soglie di capacità
di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si
procede con la disciplina della DIA possono essere individuate solo con decreto
del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata,
senza che la Regione possa provvedervi autonomamente: la dichiarazione di
illegittimità costituzionale dell’art. 3 va limitata ai commi 1 e 2.
Sicchè, quello che rappresentava l’elemento di maggiore interesse per gli
investitori nazionali ed internazionali, è stato dichiarato illegittimo dalla
Corte Costituzionale, ponendo notevoli problematiche nella sviluppo delle fonti
rinnovabili nel territorio pugliese.
4. Pronunce della Corte Costituzionale in tema di riparto di competenze tra
Stato e Regioni in materia di energie rinnovabili;
Tuttavia, il recente intervento della Corte Costituzionale sulla legislazione
pugliese non rappresenta un unicum nel panorama della giurisprudenza
costituzionale formatasi medio tempore sulla materia innanzi detta.
Infatti, con la sentenza n. 383 del 20056, la Corte Costituzionale ha accolto il
ricorso della Regione Toscana, che aveva impugnato l’art. 1, comma 4) lett f),
della legge n. 239 del 2004, il quale nel prevedere che Stato e Regioni
assicurano l’adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle
infrastrutture strategiche, escludeva la possibilità di preveder misure di
compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale, qualora esigenze
connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni
territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto
ambientale. Secondo la Corte, la norma si traduceva “nella imposizione al
legislatore regionale di un divieto di prendere in considerazione una serie di
differenziati impianti, infrastrutture ed attività per la produzione energetica,
ai fini di valutare il loro impatto sull’ambiente e sul territorio regionale
(che, in caso di loro concentrazione sul territorio, può anche essere
considerevole) solo perché alimentati da fonti energetiche rinnovabili. Tale
previsione eccede il potere statale di determinare soltanto i principî
fondamentali della materia, ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost.,
determinando una irragionevole compressione della potestà regionale di
apprezzamento dell’impatto che tali opere possono avere sul proprio territorio,
in quanto individua puntualmente ed in modo analitico una categoria di fonti di
energia rispetto alle quali sarebbe preclusa ogni valutazione da parte delle
Regioni in sede di esercizio delle proprie competenze costituzionalmente
garantite”.
Inoltre, con la sentenza n. 364 del 9/11/2006, la Corte costituzionale7 ha
esaminato le questioni sollevate dal TAR Basilicata in relazione alla legge
regionale n. 9 del 2007, con cui la Regione Basilicata aveva assoggettato alla
“valutazione di sostenibilità ambientale e paesaggistica” i progetti per la
realizzazione di nuovi impianti eolici, nel rispetto di indirizzi tecnici
contenuti in una deliberazione della Giunta regionale del 2004, che aveva
anticipato l’approvazione dei criteri per il corretto inserimento di impianti
eolici nel paesaggi (previsti dall’art. 12, comma 10, del d. lgs. n. 387 del
2003, che li rimette tuttavia alla competenza della Conferenza unificata). Tale
ultima disposizione, secondo la Corte, è da ritenersi espressione della
competenza statale in materia di tutela dell’ambiente, in quanto, seppure
inserita nell’ambito della disciplina relativa ai procedimenti autorizzativi per
la realizzazione di impianti eolici, ha quale precipua finalità quella di
proteggere il paesaggio: “(…) La prevalenza della tutela paesaggistica
perseguita dalla disposizione in esame, non esclude che essa, in quanto inserita
nella più ampia disciplina di semplificazione delle procedure autorizzative
all’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, incida anche su
altre materie (produzione trasporto e distribuzione di energia, governo del
territorio) attribuite alla competenza concorrente. La presenza delle indicate
diverse competenze legislative giustifica il richiamo alla Conferenza unificata,
ma non consente alle Regioni, proprio in considerazione del preminente interesse
di tutela ambientale perseguito dalla disposizione statale, di provvedere
autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel
paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa, cosa che è
avvenuta per effetto del richiamo, operato dall’art. 6 all’atto di indirizzo, di
cui alla delibera della Giunta regionale 13 dicembre 2004, n. 2920, con
conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione”.
Da ultimo, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge
della Regione Molise n. 15 del 2008, nella parte in cui essa ha individuato le
aree non idonee all’installazione di impianti eolici e fotovoltaici, oltre a
prevedere divieti di impianti eolici off-shore anche per le opere connesse
ricadenti sul territorio regionale ed ha, infine, stabilito un contributo di
istruttoria crescente con la potenza degli impianti. Anche in tale occasione, la
Corte ha ribadito che la disciplina degli insediamenti di impianti eolici e
fotovoltaici è attribuita alla potestà legislativa concorrente in tema di
“produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” di cui all’art.
117, terzo comma, Cost., sottolineando che le esigenze di tutela dell’ambiente e
del paesaggio non fanno venir meno la centralità nella disciplina impugnata del
profilo afferente alla gestione delle fonti energetiche, in vista di un
efficiente approvvigionamento presso i diversi ambiti territoriali; la Corte ha
poi nuovamente chiarito che il bilanciamento tra le esigenze connesse alla
produzione di energia e gli interessi, variamente modulati, rilevanti in questo
ambito impone una prima ponderazione concertata nella sede della Conferenza
unificata, ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387 del 2003 ed in ossequio al
principio di leale cooperazione, al fine di consentire alle Regioni ed agli enti
locali di contribuire alla compiuta definizione di adeguate forme di
contemperamento di tali esigenze, e solo quando tale equilibrio sia stato
raggiunto le Regioni potranno adeguare i criteri così definiti alle specifiche
caratteristiche dei rispettivi contesti territoriali8.
5. Linee Guida Nazionali
Le pronunce citate mettono a nudo il problema del ritardo con cui è stata
avviata la procedura complessa (concerto tra Ministeri ed approvazione in
Conferenza unificata) finalizzata alla redazione delle linee-guida cui avrebbero
dovuto attenersi le Regioni, per la disciplina del procedimento di
autorizzazione e per il corretto inserimento degli impianti di produzione di
energie alternative nel paesaggio.
Pur in presenza di tale vuoto normativo, le Regioni hanno autonomamente
approvato leggi, regolamenti e circolari in senso più o meno restrittivo.
Tuttavia, dopo tale attesa, finalmente il settore del fonti rinnovabili potrà
pianificare con maggiore tranquillità, in considerazione della recente
approvazione, da parte della Conferenza Stato-Regioni, delle linee guida
nazionali, che di fatto provvederanno ad armonizzare i procedimenti
amministrativi introdotti dalle regioni per la realizzazione di impianti di
produzione di energia da forni rinnovabili.
Inoltre, secondo i primi commentatori, con il via libera a questo provvedimento,
le Regioni hanno espresso la volontà di dare continuità a un settore pronto a
creare posti di lavoro e benefici per il sistema paese contribuendo in maniera
determinante agli obiettivi comunitari del 2020.
6. Legge Comunitaria 2009
Tuttavia, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 119/10, si è
proceduto all’approvazione della Legge Comunitaria 2009, che introduce
semplificazioni per l’installazione di impianti alimentati da fonti alternative
e fissa un limite temporale per la definizione degli obiettivi sul risparmio
energetico.
Difatti, l’articolo 17 della legge, che adempie agli obblighi derivanti
dall’appartenenza all’Unione Europea, si pone come quadro per le successive
norme nazionali, e stabilisce infatti che nella predisposizione del decreto
legislativo di attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso
dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione
delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, il Governo dovrà attenersi a
determinati principi, tra i quali:
“la semplificazione delle procedure di autorizzazione attraverso l’applicazione
della Dia, denuncia di inizio attività, agli impianti per la produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili con capacità di generazione non superiore
a un MW elettrico”
Pertanto, in sede di recepimento della normativa comunitaria, l’applicazione
dell’istituto della denuncia di inizio di attività alle fonti rinnovabili fino
ad 1MW diverrà utilizzabile in tutto il territorio nazionale.
7. Procedimento di autorizzazione per la realizzazione di impianti di produzione
di energia da fonti rinnovabili: le oscillazioni della giurisprudenza
amministrativa
Inoltre, ad ulteriore comprova della confusione che regna nel settore delle
rinnovabili, è opportuno passare in rassegna la giurisprudenza amministrativa
con le sue varie oscillazioni.
- SUL PIANO REGOLATORE DEGLI IMPIANTI EOLICI (P.R.I.E.)
- La mancanza del piano regolatore per l’installazione di impianti eolici9 (art.
14 del regolamento della Regione Puglia n. 16/2006) non può impedire la
realizzazione sul territorio comunale di siffatti impianti, atteso che una tale
interpretazione verrebbe a sospendere sine die le richieste di autorizzazione in
tale settore ponendosi in contrasto con il principio fondamentale del D.L.vo n.
387/2003, che esige la conclusione del procedimento in 180 giorni, come già
statuito con la sentenza della Corte Cost. n.364/2006, proprio con riferimento
ad una disposizione legislativa della Regione Puglia avente un effetto
sospensivo analogo (CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 26 febbraio 2010, n. 1139)
- SUL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO PER LA REALIZZAZIONE DI IMPIANTI DA FONTI
RINNOVABILI
La realizzazione (e la gestione) di impianti eolici rientra tra le attività di
impresa liberalizzate, non essendovi alcuna privativa in favore di enti pubblici
o soggetti concessionari; a scopo di semplificazione burocratica e in ossequio
ai principi comunitari, tale attività è sottoposta ad una autorizzazione unica
regionale, previa conferenza di servizi; tale autorizzazione unica costituisce
anche titolo per la costruzione dell'impianto, e dunque è sostitutiva anche del
permesso di costruire ed il Comune può far valere il proprio interesse ad una
corretta localizzazione urbanistica del parco eolico, e alla sua conformità
edilizia, nell'ambito della conferenza di servizi che precede il rilascio
dell'autorizzazione unica10. (Conferma della sentenza del T.a.r. Campania -
Napoli, Sez. VII n. 01733/2009).(CONS. STATO, Sez. V, 26/02/2010, n. 1139)
- SUL TERMINE PER LA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO DI AUTORIZZAZIONE DI IMPIANTI
DA FONTI RINNOVABILI
- Il complessivo termine di 180 giorni per la conclusione delle procedure
autorizzative in materia di impianti di produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili (cfr. art. 5, c. 4 del d.lgs. n. 387/2003, attuativo della dir.
2001/77/CE) è stato qualificato come principio fondamentale in materia di
“produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” dalla Corte
costituzionale (sentenza 9 novembre 2006 n. 364), al quale perciò anche le
Regioni, nell’esercizio delle proprie competenze legislative e amministrative,
devono attenersi11 (TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 8 gennaio 2010, n. 2)
- Alla luce dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, in conformità a quanto
affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n° 364/2006 (secondo cui
"L'indicazione del termine, contenuto nell'art. 12, comma 4, deve qualificarsi
quale principio fondamentale in materia di <<produzione, trasporto e
distribuzione nazionale di energia>>, in quanto tale disposizione risulta
ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità
garantendo, in modo uniforme sull'intero territorio nazionale, la conclusione
entro un termine definito del procedimento autorizzativo"), deve ritenersi che
le priorità perseguite nella materia dal legislatore siano la semplificazione
amministrativa e la celerità procedimentale (cfr. T.A.R. Basilicata, n.
144/2007). L’inerzia mantenuta dalla Regione a fronte di un’istanza di
autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto fotovoltaico viola
pertanto la normativa di riferimento, la quale impone invece la definizione del
procedimento, mediante adozione di un espresso provvedimento, nel termine di 180
giorni dalla data in cui vi è stata l’attivazione dell’iter12. - TAR CAMPANIA,
Napoli, Sez. VII - 25 marzo 2010, n. 1652
- Il Comune non può bloccare l’istallazione degli impianti eolici sine die. Un
potere di sospensione sine die è in genere vietato dall’ordinamento; deve
ritenersi a maggior ragione inammissibile qualora il legislatore abbia inteso,
come con il d.lgs. n. 387/2003, accelerare - per di più entro un termine
perentorio - e semplificare determinate procedure. Ed infatti la giurisprudenza
ha già affermato che il blocco sine die degli impianti eolici non può essere
consentito (C. Cost. n. 364/2006; Tar Molise, n. 20/2007)13. TAR CAMPANIA,
Napoli, Sez.VII - 17 novembre 2009, n.7547)
- SULLA DIA PER LA REALIZZAZIONI DI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI
- La denuncia d’inizio attività per la realizzazione di impianti di produzione
di energia elettrica alimentati da fonte eolica rappresenta, come quella
edilizia, un regime sostitutivo della normale procedura autorizzatoria. Di
riflesso, le attestazioni che devono accompagnare la dichiarazione consentita
dall’articolo 27 della legge regionale Puglia 19 febbraio 2008 n. 1 non possono
che ricalcare in linea di massima la documentazione da produrre con l’istanza
per l’ottenimento appunto dell’autorizzazione, di cui ai commi terzo e quarto
dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387. Ciò conduce
alla conclusione che, nell’assenza della documentazione, se pertinente ed
essenziale, la dichiarazione d’inizio attività non può reputarsi formalmente
presentata e che quindi dalla data del suo deposito non può iniziare a decorrere
il termine dilatorio di 30 giorni14. (TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 2 ottobre 2009,
n.2226)
- Le norme che disciplinano le procedure autorizzative in materia di energia
sono riconducibili alla “produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell’energia” di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost. (cfr. sent. 11 ottobre
2005 n. 383), mentre va esclusa l’assimilabilità della materia dell’energia al
“governo del territorio”; la delimitazione del regime autorizzatorio per nuove
attività costituisce inoltre disciplina di principio, cui le Regioni non possono
liberamente derogare (cfr., in questo senso, Corte cost., sent. 27 luglio 2005
n. 336,; Corte cost., sent. 1 ottobre 2003 n. 303). Con riferimento alle soglie
fissate per la denuncia di inizio attività, per gli impianti di produzione di
energia da fonti rinnovabili, se ne trae conferma dal disposto dell’art. 12,
quinto comma, del d. lgs. n. 387 del 2003, secondo il quale l’eventuale
innalzamento del limite di capacità produttiva degli impianti (rispetto a quello
di 60 kW fissato dalla tabella A allegata al decreto), ai fini
dell’applicabilità della d.i.a., può essere disposto solo con decreto del
Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente,
previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del d. lgs. 28
agosto 1997 n. 281. Viceversa, la Regione Puglia ha unilateralmente introdotto,
con l’art. 27 della legge regionale n. 1 del 2008, una più elevata soglia di
potenza massima (1 MW) costituente il limite per l’esperibilità della d.i.a., al
di fuori della Conferenza unificata, che rappresenta la sede istituzionalmente
deputata all’attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato e
Regioni. In tal modo, peraltro, la norma regionale determina il duplice effetto
di espandere l’area di applicazione del regime semplificato mediante d.i.a. e di
ampliare le competenze dei Comuni (ai quali sono indirizzate le denunce per la
realizzazione di impianti eolici, in virtù del richiamo degli artt. 32 e 33 del
Testo unico sull’edilizia), in senso opposto alla scelta operata dal legislatore
statale con l’art. 12 del d. lgs. n. 387 del 2003, che assegna in via primaria
alle Regioni ed alle Province il compito di autorizzare la costruzione degli
impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Ne deriva la non
manifesta infondatezza della questione di legittimità della ricordata norma
regionale, sollevata in riferimento all’art. 117, c. 3, Cost., con conseguente
rimessione alla Corte Costituzionale15. (TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 24 settembre
2009, ord. n. 155)
- Poiché l’art. 27 della L.R. Puglia n. 1/2008 (successivamente abrogata con
L.r. n. 31/2008, che ha ridisciplinato la materia) prevede la applicazione degli
artt. 22 e 23 del DPR n. 380 del 2001 in merito a tutti gli impianti eolici on
shore (comma 1, lettera b), a prescindere dalla destinazione finale dell’energia
prodotta e purché la potenza elettrica nominale non superi 1 MW, deve ritenersi
applicabile l’istituto della D.I.A ad un aerogeneratore di potenza pari a 0,85
MW non destinato all’autoconsumo, a prescindere dalle disposizioni di cui alla
delibera regionale n. 35 del 2007, che limita la DIA ai soli impianti eolici on
shore di potenza non superiore a 0,6 MW, oppure di potenza ricompresa tra 0,6 MW
ed 1 MW ma destinati all’autoconsumo. Tali specificazioni, infatti, oltre ad
essere sconosciute a livello di legislazione statale di principio (d.lgs. n.
387/2003), non sono state parimenti riprodotte dalla L.R. n. 1/2008, che per
posizione (nel sistema delle fonti) e criterio cronologico supera e assorbe
senz’altro le richiamate disposizioni di carattere amministrativo16. T.A.R.
PUGLIA, Lecce, Sez. I - 29 gennaio 2009, n.127
- SULLA POSSIBILITÀ DI REALIZZARE IMPIANTI DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI IN
ZONE VINCOLATE
Dall’esame della normativa comunitaria e nazionale di recepimento emerge che la
realizzazione di impianti eolici nelle aree tutelate ZPS e pSIC non è vietata in
modo assoluto ma, tenuto conto degli aspetti di criticità ambientale, è
assoggettata alle specifiche procedure di valutazione di impatto ed incidenza
ambientale.
Tanto si desume dalla Direttiva 92/43/CEE che, dopo aver imposto agli Stati
membri l’adozione di misure di conservazione necessarie per la tutela degli
habitat naturali per le zone speciali di conservazione, al terzo comma dell’art.
6 statuisce che “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e
necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su
tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma
oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo
conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni
della valutazione dell'incidenza sul sito (…), le autorità nazionali competenti
danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la
certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del
caso, previo parere dell'opinione pubblica”.
Ad ulteriore conferma dell’inesistenza di un divieto generalizzato, il quarto
comma del citato articolo prevede inoltre la possibilità di superare l’eventuale
esito negativo della valutazione di incidenza mediante opportune misure
compensative, stabilendo che “Qualora, nonostante conclusioni negative della
valutazione dell'incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un
piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante
interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato
membro adotta ogni misura compensativa necessaria (…). Lo Stato membro informa
la Commissione delle misure compensative adottate”.
Tali principi sono stati inoltre espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione
Europea che, pronunciandosi in merito alla modifica di un piano urbanistico
approvato dal Comune di Altamura e ricadente proprio nel Parco dell’Alta Murgia,
lungi dal ritenere detto intervento incompatibile con la natura dell’area
classificata come ZPS ha sottolineato la necessità di procedere alla valutazione
di incidenza ai sensi dell’art. 6 della citata direttiva per ogni progetto che
possa incidere sui siti protetti e sui relativi obiettivi di conservazione
(Corte di Giustizia CE, Sez. IV, 4 ottobre 2007, causa C-179/06).
Analoga disciplina è prevista nella normativa italiana di recepimento della
Direttiva c.d. “Habitat” (D.P.R. 357/97) che all’art. 5 (come modificato
dall’art. 6 del D.P.R. 12 marzo 2003 n. 120) disciplina la valutazione di
incidenza ambientale per gli atti di pianificazione che incidono sui siti
protetti, disponendo all’uopo al terzo comma che “i proponenti di interventi non
direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione
soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono
avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad
altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio
volto ad individuare e valutare (…) i principali effetti che detti interventi
possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di
importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto
degli obiettivi di conservazione dei medesimi”.
La disposizione in esame prevede anche un meccanismo di coordinamento tra la
valutazione di incidenza e quella di impatto ambientale statuendo al quarto
comma che “Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto
ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e del
decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 (…) e successive
modificazioni ed integrazioni, che interessano proposti siti di importanza
comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione,
come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza è ricompresa
nell'ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli
effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i
quali detti siti e zone sono stati individuati (…)”.
E’ appena il caso di precisare che, anche in seguito all’abrogazione del citato
D.P.R. 12 aprile 1996 per effetto dell’art. 48 del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152
(recante norme in materia ambientale, modificato con D.Lgs. 16 gennaio 2008 n.
4), il primo comma dell’art. 6 di quest’ultimo decreto assoggetta alla procedura
di valutazione ambientale strategica (VAS) i piani e i programmi che possono
avere impatti significativi sull'ambiente ivi compresi quelli che presentano
possibili ricadute sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone
di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli
classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat
naturali e della flora e della fauna selvatica (secondo comma lett. b).
Analogamente, il sesto comma del medesimo articolo prevede la valutazione di
impatto ambientale (VIA) per i progetti che possono avere effetti significativi
sull’ambiente, ivi compresi quelli indicati nell’Allegato IV (tra i quali sono
ricompresi gli impianti industriali per la produzione di energia eolica) che
ricadano anche parzialmente all’interno di aree naturali protette come definite
dalla L. 6 dicembre 1991 n. 394.
Il divieto generalizzato di istallare impianti eolici nelle aree ZPS e pSIC si
pone altresì in contrasto con la legislazione regionale e, in particolare, con
la L. Reg. 12 aprile 2001 n. 11 che all’art. 4 quarto comma (modificato
dall’art. 2 della L.R. 14 giugno 2007 n. 17) assoggetta a valutazione di
incidenza ambientale ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 357/1997 tutti gli
interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di
conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito,
nonché i piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani
agricoli e faunistico - venatori, che possono avere incidenze significative sul
sito stesso.
Anche il comma 2 bis dell’art. 7 dispone che, con riferimento alla procedura di
valutazione di incidenza di cui all'articolo 5 del D.P.R. n. 357/1997, per gli
interventi che possano avere incidenza significativa sui siti protetti, si
osservano le procedure di cui all' “Atto di indirizzo e coordinamento per
l'espletamento della procedura di valutazione di incidenza, ai sensi
dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE e dell'articolo 5 del D.P.R. n.
357/1997 così come modificato e integrato dall'articolo 6 del D.P.R. n.
120/2003” approvato con Delib. G.R. 14 marzo 2006 n. 304.
In particolare, con quest’ultima deliberazione regionale sono state fornite le
direttive per l'espletamento della valutazione di incidenza e, dopo aver
premesso che detta procedura è riferita a progetti e piani riguardanti le aree
territoriali perimetrate come SIC e ZPS, prevede la definizione di due livelli
che si articolano in una fase preliminare di "screening" (attraverso il quale si
verifica se il progetto ha un effetto significativo sul sito protetto
interessato) ed una c.d. "Valutazione Appropriata", vera e propria valutazione
di incidenza.
Ancora prima, disposizioni analoghe sono state previste nelle “Linee Guida per
la realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia”, adottate con delibera
della Giunta Regionale del 2 marzo 2004 n. 131 con cui, nelle more della
definizione conclusiva del Piano Energetico Ambientale Regionale (approvato in
seguito con delibera della Giunta Regionale 8 giugno 2007 n. 827), sono state
individuate le modalità e i criteri per la redazione degli studi di valutazione
ambientale in relazione alla istallazione di impianti eolici nel territorio
regionale. In particolare, il paragrafo 3 statuisce che gli interventi ricadenti
totalmente o parzialmente nei siti protetti sono assoggettati a valutazione di
incidenza ai sensi dei DPR n. 357/97.
Ne consegue che la classificazione di aree come SIC e ZPS non esclude
aprioristicamente la realizzazione di impianti eolici ma richiede un’accurata
valutazione ambientale condotta secondo i criteri della discrezionalità tecnica
amministrativa.
In proposito, questo Tribunale ha precisato che “l’inclusione di un’area nei
siti di interesse comunitario e nelle zone di protezione speciale, individuate e
istituite con provvedimenti adottati in conformità alle direttive comunitarie,
non equivale ad imprimere all’area una condizione giuridica di inedificabilità
assoluta, bensì relativa, in quanto subordinata al giudizio positivo di V.I.A.
(…)”, aggiungendo inoltre che “sebbene l’interesse alla tutela dell’ambiente
abbia indubbio valore primario, come sancito dalla Corte Costituzionale,
tuttavia tale valenza primaria non è assolutamente ostativa al legittimo
esercizio di diritti di pari rango costituzionale riconosciuti ai cittadini,
quale è quello dell’iniziativa economica privata (art. 41 della Costituzione);
la P.A. ha il dovere di accertare in concreto se l’attività comporti pericolo di
lesione dell’interesse ambientale (…)”.17
Nè appaiono condivisibili le argomentazioni svolte dalle parti resistenti che
ritengono trattarsi di misure di salvaguardia di carattere transitorio sulla
base della considerazione che gli artt. 6 e 14 del Reg. Reg. 16/2006 proibiscono
l’istallazione di parchi eolici rispettivamente sino alla emanazione delle linee
guida statali di cui all’art. 12 decimo comma del D.Lgs. 387/2003 e
all’approvazione dei PRIE da parte dei Comuni interessati. Invero, tale effetto
di salvaguardia si tradurrebbe in una illegittima moratoria a tempo
indeterminato che inciderebbe sulla definizione delle procedure autorizzative
degli impianti eolici ricadenti nelle aree protette, in contrasto con i
descritti principi dell’ordinamento comunitario e della legislazione primaria
statale e regionale. (TAR PUGLIA – BARI 17/09/2008, N. 2128)
- SULLA LOCALIZZAZIONE IN VIA GENERALE DI IMPIANTI DI ENERGIA DA FONTI
RINNOVABILI (ZONE AGRICOLE)
- L’utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile è considerata di pubblico
interesse e di pubblica utilità, e le opere relative sono dichiarate
indifferibili ed urgenti (articoli 1, comma 4, della legge 1991, 12, comma 1,
del d.lgs. 387/2003), anche in considerazione del fatto che la riduzione delle
emissioni di gas ad effetto serra attraverso la ricerca, la promozione, lo
sviluppo e la maggior utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di
tecnologie avanzate e compatibili con l’ambiente costituisce un impegno
internazionale assunto dall’Italia con la sottoscrizione del Protocollo di
Kyoto. Espressione evidente di tale favor legislativo per le fonti rinnovabili è
la previsione dell’articolo 12, comma 7, del d.lgs. 387/2003, che costituisce
una sorta di interpretazione autentica volta a chiarire positivamente la
questione della compatibilità degli impianti eolici con la destinazione agricola
dei terreni, a scapito dell’opzione interpretativa alternativa precedentemente
prospettata, consistente nel ritenere necessaria per l’installazione la
destinazione industriale del sito (cfr. TAR Campania, Napoli, I, 10 gennaio
2005, n. 44). Peraltro, detta possibilità non è senza limiti: i Comuni possono
certamente prevedere, nell’esercizio della propria discrezionalità in materia di
governo del territorio, aree specificamente destinate ad impianti eolici. In
mancanza di una simile previsione conformativa, è indubbio che detti impianti
possano essere localizzati, senza distinzione (almeno, per quanto riguarda la
valutazione di compatibilità urbanistica) in tutte le zone agricole18 (T.A.R.
UMBRIA - 15 giugno 2007, n. 518);
- L'art. 15, comma 4, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in base al quale il permesso
di costruire decade con l'entrata in vigore di contrastanti previsioni
urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro
il termine di tre anni dalla data di inizio, è applicabile alla D.I.A. edilizia.
In forza del disposto di cui all'art. 12, comma 7, D.Lgs. 29 dicembre 2003, n.
387, secondo cui nell'ubicazione di impianti di produzione di energia elettrica
da fonti rinnovabili si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di
sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione
delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così
come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale, i Comuni, nell'esercizio
della propria discrezionalità in materia di governo del territorio, possono
prevedere aree specificamente destinate ad impianti eolici; in mancanza di una
simile disciplina conformativa comunale, in base al citato art. 12, detti
impianti possono essere localizzati, senza distinzione (almeno, per quanto
riguarda la valutazione di compatibilità urbanistica), in tutte le zone
agricole19 (T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 22/04/2009, n. 983)
- PROCEDURA AD EVIDENZA PUBBLICA PER LA SELEZIONE DI PROGETTI DI RELIZZAZIONE DI
IMPIANTI DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI (Comune di Cerignola c/ Farpower)
In tema di autorizzazione alla costruzione di impianti eolici spettano ai Comuni
significativi poteri di amministrazione attiva, sia a livello di pianificazione,
sia nella fase della conferenza dei servizi sui progetti presentati alla
Regione; analogo potere viene riconosciuto dalla normativa della Regione Puglia,
anche nel rispetto del principio di sussidiarietà di cui all'art. 118 Cost.: ne
consegue che non sussiste alcuna carenza assoluta di potere o incompetenza
assoluta nell'esercizio, da parte del Comune, del potere di assegnare le aree su
cui saranno costruiti gli impianti eolici e di selezionare i soggetti che li
realizzeranno. Vi è però vizio di incompetenza relativa nel comparare e
selezionare i progetti e nel respingere le istanze eccedenti rispetto a quelle
assentibili, dal momento che titolare del procedimento di autorizzazione ai
sensi dell'art. 12, D.Lgs. n. 387/2003 è la Regione, cui spetta anche
l'approvazione del piano regolatore per l'installazione degli impianti eolici (Prie);
né tali poteri possono essere compresi nella materia del "governo del
territorio", vertendosi della diversa materia dell'energia20 (T.A.R. Puglia
Bari, Sez. I, 08/03/2008, n. 530).
8. Conclusioni
Il quadro a tinte fosche sopra delineato, tuttavia, lascia aperto qualche
spiraglio di ottimismo alla luce della recente approvazione delle linee guida
nazionali che dovrebbero costituire il punto di riferimento fondamentale per le
regioni che, in assenza di una puntuale regolamentazione, hanno affrontato in
maniera disomogenea la materia delle energie rinnovabili.
Di talchè, ove, come è assolutamente auspicabile, dovesse essere superata
l’incertezza delle regole che governano i singoli procedimenti amministrativi,
ciò rappresenterebbe un importante contributo alla crescita degli investimenti e
allo sviluppo della cd. Green Economy.
* Avvocato
Amministrativista del Foro di Foggia
1 direttiva comunitaria. 2001/77/CE
2
D. Lgs 387/2003
3
Manovra di assestamento del bilancio approvata con decreto legge n. 78/2010 conv.
nella L. n 122/2010, www.altalex.com
4
“In applicazione dell'art. 12 del D.Lgs. n. 387/03 sono soggetti ad una
autorizzazione unica rilasciata dalla Regione:
1. gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti
rinnovabili, di cui all'art. 2 comma 1 lettere b) e c) del D.Lgs. n. 387/03;
2. le centrali ibride come definite dall'art. 8 comma 2 del D.Lgs. 387/2003;
3. gli impianti alimentati da fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime
riservato alle fonti rinnovabili, di cui all'art. 17 del D.Lgs. n. 387/03.
In applicazione dell'art. 6 del D.Lgs. n. 387/03, gli impianti di cui al comma
precedente, punti 1 e 3, con potenza elettrica nominale non superiore a 20 kW:
1. non necessitano dell'autorizzazione unica;
2. sono disciplinati, per quanto concerne gli adempimenti connessi con l'accesso
e l'utilizzo della rete elettrica, dalla Delibera n. 28/06 dell'Autorità per
l'Energia Elettrica e il Gas (G.U.R.I. n. 55 del 7 marzo 2006) recante titolo
Condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto dell'energia
elettrica prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili di potenza
nominale non superiore a 20 kW;
3. sono soggetti a Denuncia di Inizio dell'Attività (DIA) che costituisce titolo
abilitante ai fini degli adempimenti in materia edilizia e di energia, salvo il
caso in cui occorra, per la realizzazione e l'esercizio degli stessi interventi,
l'acquisizione di autorizzazioni di carattere ambientale, paesaggistico, di
tutela del patrimonio storico-artistico, della salute e della pubblica
incolumità.
In deroga alle prescrizioni di cui al comma 1, non necessitano
dell'autorizzazione unica, essendo comunque soggetti alla DIA:
1. gli impianti fotovoltaici con potenza superiore a 20 kWp e fino a 1 MWp posti
su edifici industriali alo collocati a terra internamente a complessi
industriali esistenti o da costruire,
2. gli impianti fotovoltaici con potenza superiore a 20 kWp e fino a 1 MWp
realizzati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici,
dovendosi tener conto, nell'ubicazione, di quanto specificato nell'art. 12 comma
7 del DLgs. n. 387/03;
3. gli impianti eolici on-shore di piccola taglia, di cui al comma b) dell'art 2
del Regolamento Regionale 04 ottobre 2006 n. 16,
4. gli impianti eolici on-shore costituiti da un unico generatore di potenza
nominale superiore a 60 kW e fino a 1 MW, destinati in via prioritaria a
produzione di energia per autoconsumo, ai sensi dell'art. 2, comma 2, del D.Lgs.
79/99 e della L.R. 9/2005 e ferme restando le procedure di valutazione
ambientale previste dalla L.R. 11/2001.
I proprietari degli impianti di cui al commi da 2 a 3 sono tenuti a comunicare
al Comune competente per territorio la cessazione definitiva delle attività
dell'impianto ed a fornire indicazioni sulle tipologie di smaltimento previste
per i materiali e le attrezzature di cui è composto l'impianto, comprese le
opere connesse ad infrastrutture indispensabili alla sua costruzione ed
esercizio, secondo la normativa nazionale e regionale vigente all'atto della
definitiva cessazione della produzione. Gli uffici competenti del Comune sono
tenuti a verificare che lo smaltimento definitivo dell'impianto avvenga entro un
anno solare dalla data di comunicazione di fine attività".
- di confermare quanto già stabilito ed approvato con la DGR n. 1550/2006;
- di trasmettere copia del presente provvedimento agli uffici competenti dei
Ministeri Attività Produttive, Ambiente e Tutela del Territorio ed all'Autorità
per l'Energia Elettrica ed il Gas a cura del Settore Industria;
- di trasmettere copia del presente provvedimento all'Assessorato regionale
"Assetto del territorio" nonché alle Amministrazioni Provinciali della Regione e
Valutazione Impatto Ambientale a cura del Settore Industria;
5
CORT. COST. sentenza n. 119/10;
6
CORT. COST. sentenza n. 383/05
7. CORTE COST., sent. 9 novembre 2006 n. 364
8. CORTE COST., sent. 29 maggio 2009 n. 166
9. CONS. STATO, Sez. V - 26 febbraio 2010, n. 1139), www.ambientediritto.it
10. CONS. STATO, Sez. V, 26/02/2010, n. 1139, www.ambientediritto.it
11. TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 8 gennaio 2010, n. 2
12. TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 25 marzo 2010, n. 1652;
13. TAR CAMPANIA, Napoli, Sez.VII - 17 novembre 2009, n.7547)
14. TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 2 ottobre 2009, n.2226;
15. TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 24 settembre 2009, ord. n. 155
16. T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 29 gennaio 2009, n.127
17. TAR PUGLIA – BARI 17/09/2008, N. 2128, www.giustizia-amministrativa.it
18. T.A.R. UMBRIA - 15 giugno 2007, n. 518, www.ambientediritto.it;
19. T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 22/04/2009, n. 983;
20. T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 08/03/2008, n. 530
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 20/9/2010