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Nota a sentenza del Tribunale di Castellammare di Stabia

 

Sulla competenza in materia di risarcimento del danno biologico


LUIGI VINGIANI

 

 


Si evidenzia un’interessantissima e pregevole sentenza del Giudice monocratico del Tribunale di Castellammare di Stabia dr. Ernesto Anastasio con cui è stata rigettata un’eccezione di incompetenza per materia del Giudice di pace.
La Provincia di Napoli , convenuta in giudizio per un danno derivante da insidia stradale, aveva eccepito l’incompetenza per materia del Giudice di pace giacchè questo tipo di controversie, scaturendo dalla ipotetica lesione di un diritto avente ad oggetto l’incolumità della persona, non rientra nella competenza per materia del Giudice di Pace, circoscritta in virtù dell’art. 7 co. 1 c.p.c. alle controversie sui beni mobili (entro il limite di valore dei cinque milioni di vecchie lire).
In altre parole, secondo la tesi della Provincia, le cause in materia di risarcimento del danno biologico (sempreché non si tratti, ovviamente, di c.d. infortunistica stradale) esulerebbero dalla competenza del Giudice di Pace, in quanto esse non sarebbero relative a “beni mobili”, bensì alla “persona”; quest’ultima, non costituendo “cosa”, non potrebbe nemmeno rientrare nella categoria dei “beni” (cfr. art. 810 c.c.).
La tesi della Provincia niente affatto peregrina, trova un riscontro giurisprudenziale in alcune pronunce dei Giudici di Pace evidenziando come nel caso di danni alla persona il credito risarcitorio, in quanto mero strumento di tutela, non è che un aspetto della situazione assoluta di cui gode il soggetto, da essa derivato e dunque privo di effettiva autonomia.
Il Tribunale con un condivisibile e compiuto ragionamento giuridico, ha respinto la tesi della Provincia e , nel considerare che la dicotomia beni mobili / beni immobili è così importante nel sistema che essa trascende la materia dei beni stricto sensu, [ richiamando l’art. 813 c.c., rubricato per l’appunto «Distinzione dei diritti», che si riporta per esteso: «Salvo che dalla legge risulti diversamente, le disposizioni concernenti i beni immobili si applicano anche ai diritti reali che hanno per oggetto beni immobili e alle azioni relative; le disposi¬zioni concernenti i beni mobili si applicano a tutti gli altri diritti»], ha ritenuto di applicarlo anche in ambito processuale.
Per effetto di tale applicazione a parere del Tribunale :
• pur essendo vero che i “beni”, in senso civilistico, appartengono al genus delle cose (art. 810 c.c.);
• pur essendo vero che il diritto al risarcimento del danno biologico trova la sua fonte nel diritto alla salute (art. 32 Cost.), il quale indubbiamente attiene alla persona, e non alle cose (né ai “beni”);
• pur essendo vero che nella valutazione della competenza per materia non si può prescindere dalla causa petendi, non essendo risolutivo il riferimento al petitum di tipo pecuniario (e sotto questo profilo la motivazione della sentenza impugnata va emendata o quantomeno integrata);
è, tuttavia, preminente la considerazione che, nella generale “distinzione dei diritti” introdotta anche ai fini processuali dall’art. 813 c.c., il diritto alla salute, non avendo nessun punto di contatto con la materia immobiliare, rimane assoggettato alla disciplina residuale che riguarda in via diretta i beni mobili.
Ed invero, secondo la prevalente dottrina, la norma in parola, benché non possa interpretarsi nel senso di estendere la qualificazione di “beni” ai “diritti”, stabilisce che a determinate categorie di diritti sono applicabili (con un’analogia prestabilita per legge) le norme che regolano le vicende di determinate categorie di beni. Nel caso in esame , concernente il diritto alla salute e il correlato diritto al risarcimento del danno biologico, ha sostenuto il Tribnale che non vi è nessuna contraria volontà di legge, che ai fini processuali “stralci” questa categoria di diritti dal regime residuale dei diritti mobiliari, ad essa applicabile in via analogica; anzi, deve dirsi che se il legislatore avesse voluto riservare la cognizione in subiecta materia al Tribunale (magari al fine di esonerare il Giudice onorario “di prossimità” dall’esame di problematiche di spiccato tecnicismo), certo non avrebbe affidato al Giudice di Pace la competenza (entro il limite di valore ex art. 7, co. 2, c.p.c.) per le cause di infortunistica stradale, che costituiscono l’ambito in cui più frequentemente si controverte sull’an e sul quantum del danno alla persona.

 

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TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA
SEZIONE DISTACCATA DI CASTELLAMMARE DI STABIA
----------------------------------- SENTENZA -----------------------------------


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


IL GIUDICE monocratico dell’Ufficio in intestazione, dott. Ernesto Anastasio, al termine della discussione, decide con sentenza la causa di cui in epigrafe


tra


Provincia di Napoli, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Aldo Di Falco e Antonino Cascone, e domiciliata, giusta procura generale alle liti per notar Satta Flores del 23 maggio 2006, in Napoli, piazza Matteotti n. 1

 - Appellante -


e


P.B., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Antonio Longobardi e Vincenzo La Mura, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di entrambi in Gragnano alla via T. Sorrentino n. 74

- Appellata -


avente ad oggetto: “appello avverso sentenza n. 3811/06 del Giudice di Pace di Castellammare di Stabia, dep. 29.5.06”.


Si dà immediata lettura del dispositivo (v. parte finale del presente verbale) e della seguente “concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione” (art. 281 sexies, co. 1, c.p.c.).


FATTO E DIRITTO


È opportuno premettere che lo stile redazionale della presente sentenza (incorporata nel verbale di udienza) si conforma alle “esigenze di semplificazione ed accelerazione” proprie del modello decisorio ex art. 281 sexies c.p.c. (secondo l’insegnamento della recente giurisprudenza: Cass., Sez. II, 11 gennaio 2006 n. 216), di modo che non si procede né alla trascrizione delle conclusioni delle parti né ad un’analitica disamina dello svolgimento del processo. In particolare, si dà per letta la sentenza di primo grado. Comunque, per la migliore comprensibilità della motivazione, si avrà cura di inquadrare nella concreta dinamica processuale le questioni affrontate.
Con sentenza parziale depositata il 29 maggio 2006, il Giudice di Pace di Castellammare di Stabia riteneva la propria competenza per materia in ordine all’azione civile di risarcimento dei danni promossa da P.B. contro la Provincia di Napoli, in caso di c.d. insidia con danni alla persona; in questo modo il Giudice di prime cure disattendeva l’eccezione formulata dalla Provincia, secondo la quale questo tipo di controversie, scaturendo dalla ipotetica lesione di un diritto avente ad oggetto l’incolumità della persona, non rientra nella competenza per materia del Giudice di Pace, circoscritta in virtù dell’art. 7 co. 1 c.p.c. alle controversie sui beni mobili (entro il limite di valore dei cinque milioni di vecchie lire). In buona sostanza, secondo la tesi della Provincia, le cause in materia di risarcimento del danno biologico (sempreché non si tratti, ovviamente, di c.d. infortunistica stradale) esulerebbero dalla competenza del Giudice di Pace, in quanto esse non sarebbero relative a “beni mobili”, bensì alla “persona”; quest’ultima, non costituendo “cosa”, non potrebbe nemmeno rientrare nella categoria dei “beni” (cfr. art. 810 c.c.).
Sul punto la motivazione del Giudice di Pace – a parte le pur condivisibili precisazioni sulla nozione di insidia e di circolazione stradale, che si fanno proprie – consta principalmente di un argomento, che si riporta testualmente: «Erra […] la difesa dell’Amministrazione quando, seguendo una peregrina tesi del GdP di Torre Annunziata, identifica quale oggetto della domanda la persona di P.B. e non la somma chiesta dalla stessa a titolo di risarcimento, per altro contenuta nei limiti della competenza per valore».
Avverso questa sentenza, propone appello – con atto notificato a mezzo posta (cfr. art. 149, co. 3, c.p.c.) il 29 giugno 2007 – la Provincia di Napoli, ripropo¬nendo la questione di incompetenza per materia, ed aggiungendo alle argomentazioni già svolte sul punto in primo grado il richiamo di alcuni precedenti di altri Giudici di Pace.
P.B. si costituiva ed eccepiva diffusamente la inammissibilità dell’appello, sottolineando di aver notificato la sentenza in data 7 giugno 2006 presso la Cancelleria del Giudice di Pace, e sostenendo che tale notifica fosse idonea, giusta l’art. 82 R.D. 22.1.1934 n. 37, a far decorrere il termine breve per l’impugnazione. In via subordinata, nel merito (o, per meglio dire, in punto di competenza), l’appellata chiedeva la conferma della sentenza parziale del Giudice di Pace, sostanzialmente condividendone gli argomenti.
L’appello è ammissibile ma infondato.
L’art. 82 cit. non è applicabile nel caso di specie, perché pacificamente gli avvocati che hanno difeso la Provincia in primo grado risultano iscritti all’Albo del Tribunale di Torre Annunziata, e quindi non operavano extra districtum e non erano soggetti alla disciplina testé richiamata, che è di stretta interpretazione costituendo essa – mercé la fictio iuris della domiciliazione in Cancelleria – sostanzialmente una deroga al principio espresso dall’art. 170 c.p.c.; perciò la disposizione de qua, dettata con univoco riferimento al procuratore operante extra districtum, non può estendersi al caso oggi in esame, in cui i procuratori hanno difeso la Provincia davanti al Tribunale ove essi sono iscritti all’Albo. Vero è che la Provincia è domiciliata (con i suoi difensori) in Napoli, ma resta il fatto che, non potendo applicarsi l’art. 82 cit., per far decorrere il termine breve di impugnazione occorreva notificare la sentenza presso il procuratore della parte e nel domicilio eletto, come risultante dalla procura generale alle liti. Ciò non è avvenuto, e dunque l’appello proposto entro l’anno e quarantacinque giorni dalla Provincia risulta ammissibile.
Veniamo, quindi, alla questione della competenza.
Occorre premettere che, in ossequio al canone tantum devolutum quantum appellatum, non ci si dovrà occupare di competenza per valore, ma solo di competenza per materia. Solo su quest’ultima, infatti, la Provincia ha formulato un motivo di appello.
Al riguardo, la sopra riferita tesi della Provincia non può essere liquidata come peregrina: essa trova un riscontro giurispru¬denziale in alcune pronunce dei Giudici di Pace; inoltre, in comparsa conclusionale la difesa dell’Ente cita – replicando all’argomenta¬zione del Giudice di Pace di Castellammare di Stabia, sopra virgolettata – uno scrittore di indiscussa autorità, il quale evidenzia come nel caso di danni alla persona il credito risarcitorio, in quanto mero strumento di tutela, non è che un aspetto della situazione assoluta di cui gode il soggetto, da essa derivato e dunque privo di effettiva autonomia.
Ad avviso di questo giudicante, giova ammettere che le controversie in materia di risarcimento del danno biologico non sono ontologicamente “relative a beni mobili”, perché il punto di riferimento, nell’applicazione del cit. criterio di competenza per materia ex art. 7, co. 1, c.p.c. è (anche) la causa petendi (da identificarsi, nel caso di specie, nella lesione del diritto alla salute e all’incolumità fisica) anziché il (solo) petitum (da identificarsi, ovviamente, in una somma di denaro a titolo risarcitorio). Se il criterio de quo dovesse riferirsi al petitum, dovrebbero p. es. attribuirsi alla competenza del Giudice di Pace le cause di minor importo relative al pagamento di canoni, o al rimborso di spese, nei rapporti di locazione immobiliare, e questo sarebbe un risultato manifestamente contrario alla legge: cfr., in motivazione, Cass., Sez. III, 28.5.04 n. 10300, laddove si stabilisce che “a termini dell'art. 7 Cod. Proc. Civ., il Giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili, onde le locazioni immobiliari, come quella di specie [trattandosi, nel caso esaminato dalla S.C., di rimborso per spese di pitturazione delle scale], esulano dalla sua competenza”.
Peraltro, questo rilievo, pur corretto, non appare decisivo.
Ed invero, l’appellante non considera che la dicotomia beni mobili / beni immobili è così importante nel sistema che essa trascende la materia dei beni stricto sensu, e – per così dire – solca trasversalmente tutto il campo dei diritti. La prova di ciò è nell’art. 813 c.c., rubricato per l’appunto «Distinzione dei diritti», che si riporta per esteso: «Salvo che dalla legge risulti diversa¬mente, le disposizioni concernenti i beni immobili si applicano anche ai diritti reali che hanno per oggetto beni immobili e alle azioni relative; le disposi¬zioni concernenti i beni mobili si applicano a tutti gli altri diritti». Non c’è motivo di ritenere che questa norma non si applichi in ambito processuale.
E quindi:
pur essendo vero che i “beni”, in senso civilistico, appartengono al genus delle cose (art. 810 c.c.);
pur essendo vero che il diritto al risarcimento del danno biologico trova la sua fonte nel diritto alla salute (art. 32 Cost.), il quale indubbiamente attiene alla persona, e non alle cose (né ai “beni”);
pur essendo vero che nella valutazione della competenza per materia non si può prescindere dalla causa petendi, non essendo risolutivo il riferimento al petitum di tipo pecuniario (e sotto questo profilo la motivazione della sentenza impugnata va emendata o quantomeno integrata);
è, tuttavia, preminente la considerazione che, nella generale “distinzione dei diritti” introdotta anche ai fini processuali dall’art. 813 c.c., il diritto alla salute, non avendo nessun punto di contatto con la materia immobiliare, rimane assoggettato alla disciplina residuale che riguarda in via diretta i beni mobili. Ed invero, secondo la prevalente dottrina, la norma in parola, benché non possa interpretarsi nel senso di estendere la qualificazione di “beni” ai “diritti”, stabilisce che a determinate categorie di diritti sono applicabili (con un’analogia prestabilita per legge) le norme che regolano le vicende di determinate categorie di beni. Nel nostro caso, concernente il diritto alla salute e il correlato diritto al risarcimento del danno biologico, non vi è nessuna contraria volontà di legge, che ai fini processuali “stralci” questa categoria di diritti dal regime residuale dei diritti mobiliari, ad essa applicabile in via analogica; anzi, deve dirsi che se il legislatore avesse voluto riservare la cognizione in subiecta materia al Tribunale (magari al fine di esonerare il Giudice onorario “di prossimità” dall’esame di problematiche di spiccato tecnicismo), certo non avrebbe affidato al Giudice di Pace la competenza (entro il limite di valore ex art. 7, co. 2, c.p.c.) per le cause di infortunistica stradale, che costituiscono l’ambito in cui più frequentemente si controverte sull’an e sul quantum del danno alla persona.
In conclusione, l’impugnata sentenza parziale, pur se emendata nella motivazione, deve essere confermata, perché il risarcimento del danno alla persona è, per volontà di legge, un diritto equiparato nel trattamento processuale – segnatamente ai fini della competenza per materia – ai diritti aventi ad oggetto beni mobili.
Quanto alle spese processuali, è giusta ragione per compensarle la mancanza di precedenti di legittimità sul punto da ultimo affrontato.


P.Q.M.


Il Giudice, pronunciando sull’appello proposto dall’Amministrazione Provinciale di Napoli in persona del Presidente pro tempore nei confronti di P.B., avverso la sentenza parziale n. 3811/06 del Giudice di Pace di Castellammare di Stabia, così provvede, disattesa ogni contraria o diversa istanza ed eccezione:


- rigetta l’appello, e per l’effetto conferma l’anzidetta sentenza;
- dichiara integralmente compensate le spese di giudizio.


È verbale. Il Giudice
(dott. Ernesto Anastasio)
 

 


Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 19/11/2009

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