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Sulla legittimazione del consigliere comunale ad impugnare atti deliberativi degli organi comunali alla cui approvazione non ha attivamente partecipato
Nota a Tar Brescia, sentenza n. 214 del 7 marzo 2008
FRANCESCO NAVARO *
Sussiste la legittimazione del consigliere comunale a ricorrere contro un atto
dell’organo di cui fa parte anche se egli sia uscito dall’aula al momento del
voto sulla deliberazione o non abbia partecipato né alla discussione né alla
votazione della deliberazione stessa, pur essendo stato regolarmente convocato
alla seduta del consiglio comunale.
Così ha stabilito il Tar Brescia con la sentenza n. 214 depositata il 7 marzo
2008.
Ad avviso dei giudici amministrativi questi comportamenti del consigliere non
denotano disinteresse verso l’argomento trattato o tantomeno acquiescenza
preventiva rispetto alla volontà che sarebbe poi emersa dal consiglio ma, al
contrario, essi rafforzano il presupposto dell’interesse ad agire, costituito
dalla differenziazione tra l’opinione del consigliere e la volontà consiliare.
Il caso esaminato dai giudici riguardava un comune il cui consiglio comunale
aveva prima adottata e poi approvata una deliberazione con la quale veniva
modificata la destinazione urbanistica di una determinata area di proprietà
comunale sita all’interno del perimetro di un piano di lottizzazione.
E per l’appunto contro la modifica della destinazione urbanistica proponeva
ricorso un consigliere comunale adducendo specifiche censure di illegittimità.
Secondo il Tar non è necessario che il consigliere esprima un voto negativo e
neppure che manifesti in anticipo la sua contrarietà all’oggetto della
deliberazione attraverso iniziative pubbliche come, ad esempio, la presentazione
di osservazioni in merito allo stesso. È sufficiente, invece, che non concorra
in positivo a formare la volontà consiliare, perché solo in quest’ultima ipotesi
risulta impossibile tracciare una linea di demarcazione con l’organo di
appartenenza. Pertanto se il consigliere non apporta alcun contributo
all’adozione o all’approvazione del provvedimento in contestazione, conserva il
diritto di far valere ogni circostanza utile a caducare il provvedimento stesso.
Ad avviso del Collegio giudicante il limite esterno alla facoltà di proporre
impugnazione da parte del consigliere è costituito dall’assenza di connessione
tra il ricorso e l’esercizio del mandato e il collegamento con il munus pubblico
non può essere circoscritto alle sole questioni formali riguardanti la procedura
di approvazione dei provvedimenti (come il calcolo dei termini di convocazione,
il rispetto dell’ordine del giorno, la corretta applicazione delle modalità di
voto) ma si estende anche a quei profili dei provvedimenti approvati che
sminuiscono senza giustificazione il contributo o l’attività dei consiglieri
dissenzienti o rappresentano una conseguenza dell’erronea interpretazione dei
fatti posta alla base della scelta di una determinata procedura di approvazione.
* responsabile
dell'Ufficio Consulenza agli Enti locali della Regione Veneto
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 14/04/2008