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L’intermediario senza detenzione del rifiuto.
 

Salvo Renato CERRUTO *

 

 

Traendo spunto da un caso di cui recentemente mi sono occupato professionalmente, svolgerò di seguito brevi riflessioni sulla figura giuridica dell’intermediario senza detenzione del rifiuto al fine di metterne in luce i connotati essenziali.

Chi è l’intermediario senza detenzione?
Il ruolo principale di un intermediario senza detenzione è quello di anello di congiunzione tra gli attori principali di un ciclo di gestione del rifiuto, ovvero il produttore/detentore, il trasportatore ed il destinatario finale (smaltitore o recuperatore): egli, più precisamente, si adopera per assicurare al produttore la collocazione migliore, anche sotto il profilo economico, del carico di rifiuti da avviare a smaltimento o a recupero, se del caso anche fornendo un supporto di tipo consulenziale.
Ciò che più rileva è che tale soggetto opera senza mai entrare in contatto materiale con il carico di rifiuti, cioè per l’appunto senza la detenzione del rifiuto.
Varrà ricordare al riguardo, solo per completezza di esposizione, che secondo l’insegnamento tradizionale detenzione e possesso non presentano elementi distintivi estrinseci essendo identico il rapporto di fatto che si instaura con la cosa (il corpus), mentre si distinguono tra loro solo per il differente approccio soggettivo rispetto alla cosa, nel senso che unicamente nel possessore e non nel detentore è rinvenibile il c.d. animus possidendi ovvero la consapevolezza e l’intendimento di esercitare sulla cosa un potere corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale.
Con l’avvertenza che, secondo l’approdo consolidato della giurisprudenza, è possibile conservare il possesso anche mediante il solo animus possidendi e, quindi, prescindendo dal concreto esercizio del corpus, quando il possessore, che abbia iniziato a possedere animo et corpore, pur conservando la disponibilità materiale e, quindi, la possibilità di godere di fatto della res, in concreto se ne astenga per ragioni che non dipendono dal mutato stato dei luoghi o dell'eventuale acquisto del possesso da parte di terzi, sicché egli abbia in ogni tempo la possibilità di ripristinare il corpus, senza far ricorso ad azioni violente o clandestine (in tal senso vedasi, tra le più recenti, Cass. civ. n. 1253/2000; Cass. civ. n. 6472/1997; Cass. civ. n. 11119/1997; Cass. civ. n. 7674/1994).
Ne consegue che affinché si possa parlare di intermediazione senza detenzione occorre che presso la sede / l’impianto dell’intermediario non transiti mai materialmente il rifiuto. In caso contrario il soggetto che entri in contatto con il rifiuto sarà qualificabile come recuperatore ovvero come smaltitore, a seconda dell’attività in concreto svolta sul rifiuto.

L’intermediario senza detenzione è un gestore del rifiuto?
Svolta questa doverosa premessa di carattere generale, occorre ora domandarsi se l’attività di intermediazione senza detenzione possa essere considerata un’attività di gestione del rifiuto.
Per rispondere al quesito, occorre prendere le mosse dalla disamina dell’art. 183 lett. d) T.U. ambientale che definisce l’attività di gestione del rifiuto come: “la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonché il controllo delle discariche dopo la chiusura”.
E’ agevole osservare, in primo luogo, che l’attività dell’intermediario senza detenzione non può giammai essere qualificata di “raccolta” essendo questa “l'operazione di prelievo, di cernita o di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto” (art. 183 lett. e) T.U. ambientale). Ma neppure essa consiste nel trasporto o nel recupero e/o smaltimento dei rifiuti proprio per l’assenza di qualsiasi contatto materiale con il rifiuto.
Resta da chiedersi se sussiste un aggancio normativo per poter attribuire all’intermediario senza detenzione un obbligo di controllo delle operazioni di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento, tale per cui si possa affermare che anche l’attività di costui debba essere qualificata di “gestione” del rifiuto.
Non è dato rinvenire una norma che apertis verbis addossi all’intermediario senza detenzione siffatto obbligo di controllo sul rifiuto.

Al riguardo non pare pertinente richiamarsi al disposto dell’art. 178 T.U. ambientale il quale, nell’enucleare i principi cui si informa la normativa sui rifiuti, al comma 3 precisa che: “La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell'utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell'ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario "chi inquina paga". A tal fine le gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza.
L’ampiezza della formulazione legislativa potrebbe indurre a ritenere che, per effetto dell’enucleato obbligo di responsabilizzazione e cooperazione, anche per l’intermediario senza detenzione del rifiuto sia configurabile un obbligo di controllo sulla regolarità delle varie fasi di gestione del rifiuto.
Tale argomentazione non è plausibile in considerazione della natura meramente programmatica della norma in rassegna la quale invero contiene principi generali non suscettibili di dare origine a obblighi e responsabilità, tanto meno penali atteso che, in ossequio ai principi di legalità e tassatività, fonte della responsabilità penale possono essere unicamente disposizioni che delineano obblighi specifici e ben determinati (in argomento, di recente, Cass. pen., sez. III, 09/01/2007, n. 137 in Ambiente e Sviluppo 3, 2007, 248 ed ivi per precedenti contermini; in dottrina N. Furin e E. De Negri Dal “152”, troppe responsabilità penali per la figura del trasportatore di rifiuti, in Ambiente e Sicurezza, 4, 2006, 27).

Conseguentemente, sulla base del plesso normativo testé esaminato, occorre giungere alla conclusione che l’intermediazione senza detenzione non è un’attività di gestione del rifiuto. Del resto in considerazione delle peculiarità di siffatta attività, che si estrinseca in mansioni di mero coordinamento e/o di consulenza, da un lato, e l’assenza di detenzione del rifiuto, dall’altro, impediscono di patrocinare tesi alternative se non attraverso una forzatura della realtà dei fatti.
A tale esito ermeneutico peraltro approda anche autorevole dottrina secondo la quale “Con riguardo alla intermediazione senza detenzione nulla cambia rispetto al “Decreto Ronchi”; l’intermediario senza detenzione non è un gestore di rifiuti.” (P. Ficco, quesito n. 53 in Rifiuti – Bollettino di informazione normativa, n. 132, 8-9/06).
Fermo restando, si badi, che qualora l’attività di intermediazione implicasse la detenzione del rifiuto, come nell’ipotesi in cui il carico transitasse per l’impianto dell’intermediario per la messa in riserva (operazione di recupero classificata come R13 nell’Allegato C alla Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/2006) si verserebbe senz’altro in un’ipotesi di gestione del rifiuto.

Alla rassegnata conclusione, secondo cui l’intermediario senza detenzione non è un gestore del rifiuto, potrebbe muoversi l’obiezione che anche tale soggetto è tenuto ad iscriversi all’Albo nazionale gestori ambientali a norma dell’art. 212 comma 5 T.U. ambientale, che reca: “L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi, nonché di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi e di gestione di impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti, nei limiti di cui all'articolo 208, comma 15. […]”; e al riguardo il successivo comma 6 precisa che: “L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l'esercizio delle attività di raccolta, di trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre attività l'iscrizione abilita alla gestione degli impianti il cui esercizio sia stato autorizzato o allo svolgimento delle attività soggette ad iscrizione.
Ad avviso dello scrivente si tratta di obiezione non condivisibile in quanto attribuisce un valore decisivo ad un dato puramente formale - amministrativo, qual è quello dell’iscrizione all’Albo, obliterando i connotati propri dell’attività di un intermediario senza detenzione.
Pare più corretto invece asserire che l’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali anche per l’attività di intermediazione senza detenzione è contemplato al limitato scopo di consentire alle Autorità di disporre del quadro completo dei soggetti che operano nel settore dei rifiuti, sia pure solo come coordinatori di attività gestorie altrui, al fine di poter esercitare un controllo più penetrante ed efficace. Del resto si tenga presente che la Categoria 8A - alla quale dovrebbero iscriversi gli intermediari senza detenzione - in attualità, a distanza di oltre un anno dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2006, non è ancora stata istituita per mancanza del D.M. recante l’importo delle fideiussioni; derivandone che un’impresa operante nel settore dei rifiuti potrà esercitare l’attività in parola senza la necessità di alcuna previa iscrizione o comunicazione all’Albo.
Alla luce di tale circostanza occorre convenire che l’iscrizione all’Albo non è un elemento risolutivo e decisivo ma semmai, ancor di più, avvalora la tesi dell’esclusione dell’intermediario senza detenzione dal novero dei gestori del rifiuto.

Da quanto esposto discende che su tale operatore economico non grava alcun obbligo di controllo sulla regolarità del tragitto seguito dal rifiuto fino al sito di destino. Anche perché, si badi, detto controllo non gli sarebbe in concreto possibile.
Una breve digressione aiuterà a comprendere meglio tale punto.
Nella prassi il nominativo dell’impresa intermediaria viene indicato nelle annotazioni del formulario di identificazione del rifiuto ma, si badi, né nel D.M. 01/04/1998 n. 145 (che riporta il modello approvato di formulario), né nella circolare ministeriale 04/08/1998 GAB/DEC/812/98 (la circolare esplicativa sulla compilazione dei registri di carico e scarico e dei formulari del rifiuto), né tanto meno nell’art. 193 T.U. ambientale (che disciplina i formulari in parola) si rinviene l’espressa previsione di siffatto obbligo di annotazione.
A ciò si aggiunga che l’art. 193 T.U. ambientale neppure include tale soggetto tra i destinatari delle copie del citato formulario.
E non si tratta certo di lacune: anzi tale assetto normativo è del tutto coerente con la posizione rivestita dagli intermediari senza detenzione i quali non partecipano in alcun modo alla redazione del formulario del quale per lo più vengono in possesso solo dopo che il rifiuto è ormai giunto all’impianto di destino.
E per l’intermediario senza detenzione l’impossibilità di provvedere alla compilazione del formulario permane anche nell’ipotesi in cui costui riceva una specifica delega da parte del produttore/detentore del rifiuto poiché, come opportunamente osservato da autorevole dottrina, “la disciplina sostanziale prevede che, in ogni caso, il soggetto che compila il formulario sappia “materialmente” che cosa sta attestando con la sua compilazione. Ovviamente, se l’intermediario non ha la detenzione può attestare solo qualcosa di cui è venuto a conoscenza non in modo diretto ma per relationem. Il che fa venire meno ogni possibile efficacia esimente della delega circa la responsabilità in capo al produttore o al detentore o al trasportatore.” (P. Ficco quesito n. 22 in Rifiuti – Bollettino di informazione normativa, n. 137, 2/07).
La stessa circolare esplicativa 04/08/1998 supra citata, nella sezione relativa alle modalità di tenuta e di compilazione del registro c/s, prevede al punto 2 j) che l’intermediario senza detenzione debba allegare al registro di carico e scarico la copia fotostatica del formulario relativo al carico interessato: e solo da tale copia del formulario, che gli avrà fatto pervenire il produttore / detentore, il trasportatore ovvero il gestore dell’impianto di destino del rifiuto (cioè i gestori del rifiuto), l’intermediario senza detenzione potrà conoscere con precisione le caratteristiche del rifiuto ed il tragitto seguito dal medesimo (in argomento ci si permette di rinviare a S.R. Cerruto “MUD, registro di carico e scarico e formulario di identificazione del rifiuto: quali obblighi e quali sanzioni per l’azienda” in www.supermercato.it , canali tematici – legale – diritto dell’ambiente).
Se si considera che nel ciclo del rifiuto talora intervengono anche più intermediari si comprende come sia ipotesi del tutto verosimile che uno (o più) di costoro non conosca a priori con precisione la tipologia del rifiuto e/o il suo destino, dati questi dei quali potrà egli avere contezza solo “a tragitto concluso”, cioè solo dopo che il rifiuto è stato già conferito all’impianto di smaltimento e/o di recupero.

Per tutte le argomentazioni sopra esposte si ritiene di dover anche escludere l’applicabilità all’intermediario senza detenzione dell’art. 188 T.U. ambientale; tale norma nel riprodurre il contenuto del previgente art. 10 Decreto Ronchi, enuclea gli obblighi gravanti sul produttore e/o sul detentore per il corretto smaltimento e/o recupero del rifiuto prevedendo al comma 1 che “Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento, nonché dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti.
In considerazione del chiaro ed esplicito riferimento testuale a produttori e detentori pare preferibile escluderne l’applicabilità anche all’intermediario senza detenzione, escludendosi ogni sorta di interpretazione estensiva o analogica.
A favore di tale assunto milita anche un’ulteriore considerazione: all’art. 188 comma 4 T.U. ambientale, ultimo periodo, si prevede che il decreto ministeriale che dovrà disciplinare il certificato di avvenuto smaltimento “dovrà anche determinare le responsabilità da attribuire all'intermediario dei rifiuti.” Tale inciso, pur se riferito ad un’ipotesi specifica (ovvero il conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare) costituisce un solido appiglio testuale sulla base del quale poter affermare che nel contesto dell’intero art. 188 non viene contemplata la posizione dell’intermediario dei rifiuti e - più in generale - che la posizione dell’intermediario non è assimilabile a quella del produttore / detentore.

Conclusione.
Alla luce delle svolte argomentazioni occorre pervenire alla conclusione che l’intermediario senza detenzione non rientra nel novero dei gestori del rifiuto andando conseguentemente esente dagli obblighi che la legge addossa a questi ultimi.
Ciò posto, è da considerare auspicabile un intervento giurisprudenziale che faccia chiarezza sul punto, anche al fine di dipanare dubbi interpretativi ed evitare indebite estensioni di obblighi di legge.


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* avvocato in Venezia,  studio legale Cerruto - Galzignato 

  avv.cerruto@virgilio.it

 


 

Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 28/05/2007

 

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