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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
OSSERVATORIO DI DIRITTO PROCESSUALE SOCIETARIO
(A CURA DI DAVIS EROS CUTUGNO - VALERIO de GIOIA)*
(Rif. norm.: art. 1 d. Lgs. n. 5/2003; art. 409 cod. proc. civ. ).
1. L'ambito di applicazione del rito societario: le controversie in materia di compenso dell'amministratore di società di capitali ... - Il legislatore delegato - e, a monte, l'art. 12, primo comma, lett. a) della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366 - nel prevedere alla lett. a) del primo comma dell'art. 1 l'applicazione del d. Lgs. n. 5 del 2003 alle controversie in materia di "rapporti societari" ha inteso incidere sul precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità - peraltro assai discutibile nei presupposti di diritto posti a suo fondamento e contrastato dalla dottrina commercialistica assolutamente maggioritaria - che, riconducendo il rapporto, indiscutibilmente di natura societaria, tra società di capitali ed amministratore nell'ambito dei rapporti di parasubordinazione, ne faceva discendere l'applicazione alle controversie relative a detto rapporto del rito del lavoro; così facendo, non solo vengono superate le difficoltà insite nell'applicazione dell'art. 409, n. 3 cod. proc. civ., ma soprattutto deve ritenersi che abbia inteso affermare, seppure indirettamente, ossia attraverso la previsione della disciplina processuale di tali controversie, che sul piano sostanziale il rapporto tra amministratore e società non è riconducibile nell'ambito dei rapporti parasubordinati. Conseguentemente, deve ritenersi che alle controversie in materia di compenso dell'amministratore di società di capitali instaurate a partire dal 1° gennaio 2004 (data di entrata in vigore del d. Lgs. n. 5 del 2003, secondo quanto previsto dall'art. 43), trovi applicazione il rito speciale di cognizione di cui al Titolo II del d. Lgs. n. 5 del 2003. (Tribunale L'Aquila, sent. 14 aprile 2006, Pres. C. Tatozzi, Giud. rel. M. Montanaro)
(Rif. norm.: art. 2 d. Lgs. n. 5/2003; artt. 648 e 649 cod. proc. civ.)
1.1. ... e l'opposizione a decreto ingiuntivo in materia di intermediazione
mobiliare. - L opposizione al decreto ingiuntivo in materia di
intermediazione mobiliare, in quanto soggetta alle norme della disciplina del
nuovo rito societario, deve essere proposta nelle forme e con le modalità
di cui all'art. 2 del d. Lgs. n. 5 del 2003, con eventuale richiesta di
designazione del Giudice per l'adozione dei provvedimenti di cui agli
artt. 648 e 649 cod. proc. civ.; laddove ciò non avvenga va disposto, a norma
del quinto comma dell'art. 2 del citato d. Lgs.; il mutamento di rito e la
cancellazione della causa dal ruolo. (Tribunale Bologna, ord. 11 maggio 2006.
Giudice Salina).
(Rif. norm.: art. 8 d. Lgs. n. 5/2003).
2. Le certezza dei termini tra rigidità e preclusioni. - Il quarto comma
dell'art. 5 del d. Lgs. n. 5 del 2003, non modificato dal d. Lgs. n. 310 del
2004, sembra delineare un unico termine finale di carattere generale, operante
per tutte le parti: tuttavia, da un lato un'interpretazione del genere si rivela
poco coerente con un sistema caratterizzato dall'alternanza degli scambi entro
termini tendenzialmente "rigidi", dalle preclusioni e dagli effetti processuali
"tipici" dei comportamenti (attivi od omissivi) delle parti in causa; d'altro
canto, beni si è osservato che l'esigenza di certezza dei termini in questa fase
appare ineludibile - onde evitare che l'estinzione si produca nella
inconsapevolezza dei soggetti coinvolti: ma altresì per consentire di
avvalersene a chi ne abbia interesse - poiché la sanzione destinata a colpire
l'inattività delle parti che omettano (o ritardino) di promuovere la fase
"davanti al giudice"; malgrado il processo sia maturo per tale passaggio:
costituisce il necessario contrappeso dell'ampio potere dispositivo che ne
caratterizza le modalità preparatorie (Tribunale Bologna, sez. IV, ord. 9 maggio
2006, Giudice F. Florini).
(Rif. norm.: art. 13 d. Lgs. n. 5/2003; art. 162 cod. proc. civ.).
3. La mancata notifica della comparsa di risposta: conseguenze e
rinnovabilità. - L'art. 13 del d. Lgs. n. 5 del 2003 sanziona la mancata
notifica della comparsa di risposta facendovi discendere l'effetto della non
contestazione dei fatti costitutivi allegati dall'attore; va esclusa dunque, la
possibilità di disporre la rinnovazione della notifica atteso che l'art. 162
cod. proc. civ. subordina la rinnovazione degli atti ad un giudizio di
compatibilità con le preclusioni medio tempore verificatesi. (Tribunale Milano,
sez. VI, ord. 1° marzo 2006, Pres. A. M. Vanoni, Giud. est. S. Brat).
Come sostenuto anche da autorevole dottrina processualcivilistica, il giudizio
di concludenza dei fatti costitutivi allegati dall'attore nell'ipotesi di
mancata notifica ex art. 13. secondo comma, d. Lgs. n. 5 del 2003 involge le
circostanze fattuali e non la domanda nel suo complesso. Da ciò discende che
rimane pur sempre compito del giudice valutare eventuali eccezioni rilevabili
d'ufficio ed emergenti dagli atti, come anche la congruenza dei fatti esposti
rispetto alle richieste. (Tribunale Milano, sez. VI, ord. 1° marzo 2006. Pres.
A. M. Vanoni, Giud. est. S. Brat).
(Rif. norm. art. 17 d. Lgs n. 5/2003).
4. La nullità della notifica a mezzo fax della comparsa di risposta. -
Nel processo societario, deve ritenersi nulla la notifica della comparsa di
risposta effettuata a mezzo fax per scambio diretto tra difensori laddove
difetti la sottoscrizione per ricevuta sull'originale; tale nullità, tuttavia,
può essere sanata allorché la parte attrice ammetta, nei successivi atti
difensivi, di aver ricevuto detta comparsa. La fattispecie in esame va ascritta
alla categoria della nullità, in quanto la notifica é stata effettuata con un
mezzo di trasmissione previsto in determinate ipotesi dall'ordinamento, ma al di
fuori delle disposizioni normative specifiche sopra citate e da soggetti non
abilitati, determinandosi, nella sostanza, lo scambio diretto tra difensori di
cui all'art. 17, lett. c). anche se in assenza della necessaria sottoscrizione
per ricevuta sull'originale. (Tribunale Milano, sez. VI, sent. 15 marzo 2006.
Pres. A. M. Vanoni, Giud. est. S. Brat).
(Rif. norm.: artt. 2, 4 e 17 d. Lgs. n. 5/2003; artt. 136 e ss. cod. proc.
civ.).
5. L'attività di notificazione e comunicazione nel rito societario ... -
L'attività di notificazione e comunicazione nel rito societario è disciplinata da una pluralità di norme: l'art.
2 del d. Lgs. n. 5 del 2003 prevede, con riferimento al contenuto dell'atto di
citazione, "l'indicazione del numero di fax o dell'indirizzo di posta
elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni
e le notificazioni nel corso del procedimento". L'art. 4 del d. Lgs. n. 5 del
2003 stabilisce, con riguardo al contenuto della comparsa di costituzione, che
"nella stessa comparsa il convenuto deve indicare il numero di fax o l'indirizzo
di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le
comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento"; l'art. 1, quarto
comma del d. Lgs. n. 5 del 2003, stabilisce che "per quanto non diversamente
disciplinato dal presente decreto, si applicano le disposizioni del codice di
procedura civile, in quanto compatibili"; l'art. 17 del d. Lgs. n. 5 del 2003,
al secondo comma, autorizza la notificazione e la comunicazione alle parti
costituite, oltre che a norma dell'art. 136 e seguenti del codice di procedura
civile, anche con trasmissione a mezzo fax, o per posta elettronica, o "con
scambio diretto tra difensori attestato da sottoscrizione per ricevuta
sull'originale apposta anche da collaboratore o addetto allo studio del
difensore", stabilendo, inoltre, che "le disposizioni del comma 1 si applicano a
tutti i procedimenti previsti dal presente decreto e le trasmissioni di atti ai
sensi del comma 1, lettera a) e b) devono essere effettuate nel rispetto della
normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione
di documenti informatici o teletrasmessi". L'art. 137 cod. proc. civ., infine,
stabilisce che, fatta salva diversa disposizione di legge, le notificazioni sono
eseguite dall'ufficiale giudiziario. A questo punto, è necessario illustrare la
normativa di riferimento per le notificazioni nel processo informatico, partendo
dal d.P.R. 123 (regolamento recante la disciplina sull'uso di strumenti
informatici e telematici nel processo civile, nel processo dinanzi alle sezioni
giurisdizionali della Corte dei Conti), regolamento che prevede che la
notificazione degli atti processuali contenuti su supporto informatico e
sottoscritti con firma digitale possa avvenire per via telematica secondo
specifica modalità; in particolare, ai sensi dell'art. 2, secondo comma, tale
attività deve essere effettuata attraverso il sistema informatico civile (S.I.C.I.),
fatto salvo quanto disposto dal successivo art. 6. Il sistema informatico civile
è definito come "il sottoinsieme delle risorse del dominio giustizia mediante il
quale l'amministrazione della giustizia tratta il processo civile" (art. 1 comma
I, lett. f). Requisiti essenziali ed indispensabili del sistema informatico
civile, secondo quanto indicato dall'art. 3 del citato d.P.R., sono: a)
l'individuazione dell'ufficio giudiziario e del procedimento; b)
l'individuazione dell'ufficio del soggetto che inserisce, modifica o comunica
l'atto; c) l'avvenuta ricezione della comunicazione; d) l'automatica
abilitazione del difensore e dell'ufficiale giudiziario. Il sistema informatico
civile, reso operativo con l'emanazione del D.M. 14 ottobre 2004, (regole
tecnico - operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo
civile) è costituito da un gestore centrale attivo presso il Ministero della
Giustizia e da gestori locali presenti presso ciascun ufficio notifiche,
esecuzioni e protesti (UNEP), che gestiscono, rispettivamente, i registri, i
fascicoli informatici e le notifiche. Pertanto, l'avvocato, munito di casella di
posta elettronica certificata per il processo telematico (CPECPT), può accedere
al S.I.C.I. tramite un punto di accesso istituito presso il Consiglio
dell'Ordine di appartenenza (PdA), che consente, ai soggetti abilitati, la
connessione al gestore centrale; questo, a sua volta, permette il collegamento
sia con la cancelleria dell'ufficio giudiziario - al fine di visionare i
fascicoli nei quali l'avvocato è costituito o di depositare atti o documenti nel
fascicolo informatico - sia con il sistema informatico di gestione degli
ufficiali giudiziari, al fine di trasmettere glia atti giudiziari per la
notifica. L'art. 45, terzo e quarto comma, del D.M. 14 ottobre 2004 dispone che
le richieste di notifica dei difensori debbono essere inoltrate al sistema
informatico dell'UNEP tramite il punto di accesso del mittente "nel rispetto dei
requisiti dei documenti informatici provenienti dall'esterno. La notificazione
di documenti informatici da parte dell'UNEP rispetta i requisiti richiesti per
la comunicazione da ufficio giudiziario verso soggetti abilitati esterni. Il
sistema informatico dell'UNEP , eseguita la notifica, trasmette per via
telematica a chi ha richiesto il servizio, il documento informatico con la
relata di notifica costituita dalla ricevuta elettronica sottoscritta
dall'ufficiale giudiziario con firma digitale". Come sopra accennato, l'art. 2
del D.P.R. n. 123/2001 prevede anche un'alternativa alla notifica tramite S.I.C.I. e, precisamente, quella indicata nell'art. 6, così statuisce: "le
comunicazioni con biglietto di cancelleria, nonché la notificazione degli atti,
effettuata quest'ultima come documento informatico sottoscritto con firma
digitale, possono essere eseguite per via telematica, oltre che attraverso il
sistema informatico civile, anche all'indirizzo elettronico dichiarato ai sensi
dell'art. 7", ossia all'indirizzo di posta elettronica che il difensore ha
comunicato al Consiglio dell'Ordine e da questi reso disponibile, ai sensi del
terzo comma dello stesso articolo 7. Si tratta, in sostanza, di indirizzi
elettronici comunicati dai vari ordini professionali al Ministero della
Giustizia, consultabili per via telematica, al pari degli indirizzi di posta
elettronica degli uffici giudiziari e degli uffici notifiche (UNEP). Con questo
diverso sistema di notifica, l'ufficiale giudiziario, richiesto direttamente dal
difensore della parte tramite invio telematico dell'atto da notificare, procede
alla notifica con la medesima modalità, restituendo, poi, l'atto notificato
munito di relazione di notifica attestata dalla sua firma digitale. Il terzo
comma dell'art. 6 prevede, infine, che, qualora l'ufficiale giudiziario non
proceda alla notificazione per via telematica, estragga dall'atto ricevuto come
documento informatico, la copia su supporto cartaceo, ne attesti la conformità
all'originale e provveda a notificare la copia stessa unitamente al duplicato
del documento informatico ai sensi dell'art. 138 e seguenti del codice di
procedura civile. In entrambi i casi, quindi, è consentita la notificazione per
via telematica, ma pur sempre tramite l'ufficiale giudiziario. Da ciò discende
che deve essere dichiarata la nullità della notifica effettuata per via
telematica nell'ambito del processo societario senza il rispetto dei citati
parametri normativi in quanto la stessa non consente di pervenire ad un giudizio
di certezza legale in ordine alla ricezione dell'atto, né, in assenza di
sottoscrizione con firma digitale o con firma elettronica qualificata, sono
soddisfatti i parametri normativi in ordine all'autenticità della
sottoscrizione, all'integrità del documento, alla volontarietà della
trasmissione dello stesso. (Tribunale Milano, sez. VI, ord. 1° marzo 2006, Pres.
A. M. Vanoni, Giud. est. S. Brat).
(Rif. norm.: art. 17 d. Lgs. n. 5/2003).
5.1. ...e l'intervento dell'ufficiale giudiziario. - Nel rito societario, l'art. 17 del d. Lgs. n. 5 del 2003 costituisce norma speciale e derogatoria rispetto alle ordinarie notifiche a mezzo fax e dunque non pare dovuto, per il rito commerciale e per gli atti successivi al primo, quando sia specificamente indicato il numero di fax cui inviare le comunicazioni, il rispetto delle forme generali per le notifiche a mezzo fax, che presuppongono l'intervento dell'ufficiale giudiziario. Ciò anche in un'ottica di superamento delle forme, di rapidità e di "privatizzazione" della fase di apertura del processo, che è chiaramente leggibile in questa recente riforma processuale, nella sua relazione e nella legge delega. (Tribunale Milano, sez. VIII, sent. 14 dicembre 2005, Pres. F. Ciampi, Giud. rel. E. Consolandi)
(Rif. norm.: art. 17 d. Lgs. n. 5/2003; d.P.R. n. 445/2000; artt. 136 e ss. cod. proc. civ.).
6. La notifica per via telematica.
-
La notifica per via telematica presuppone, poi, l'esistenza dell'indirizzo elettronico del
destinatario, definito in termini di "identificatore di una risorsa fisica o
logica in grado di ricevere e registrare documenti informatici", secondo quando
indicato dall'art. 22, primo comma. lett. h) del d.P.R. n. 445/2000. Con d.P.R.
11 febbraio 2005, n. 68, il legislatore ha fornito la nozione di posta
elettronica certificata, indicata in via generale dall'art. 11 del D.M 14
ottobre 2004, stabilendo, all'art. 1, secondo comma lett. g) che per posta
elettronica certificata si intende "ogni sistema di posta elettronica nel quale
è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l'invio e la
consegna dei documenti informatici". Per fruire del servizio di posta
elettronica certificata, è necessario avvalersi dei gestori inclusi in un
apposito elenco pubblico, secondo le disposizioni di cui all'art. 14 del
predetto d.P.R., che indica analiticamente i requisiti richiesti dal CNIPA per
l'accoglimento della domanda di iscrizione. (Tribunale Milano, sez. VI,
ord. 1° marzo 2006, Pres. A. M. Vanoni, Giud. est. S. Brat).
La notifica ex art. 17 d. Lgs. n. 5 del 2003 deve essere qualcosa di diverso
rispetto alla ordinaria notifica
a mezzo fax, prevista in via generale per legge, perché altrimenti non avrebbe
senso la espressione "oltre che a norma degli artt. 136 sgg. Cpc"; ne segue che
non pare corretta la argomentazione di coloro che intendono far discendere dal
mancato rispetto delle formalità previste in via generale per la notifica via
fax o via e-mail la nullità ed addirittura la inesistenza della notifica
prevista dalla norma, speciale appunto, del rito commerciale. In particolar
modo, la differenza fra la notifica generale in via informatica e quella del
rito speciale si nota ove si consideri che il regolamento adottato con decreto
14 ottobre 2004 del Ministero della Giustizia (che significativamente non
menziona il d. Lgs. n. 5 del 2003) prevede l'abilitazione di sole caselle
certificate ed abilitate (indicate con l'acronimo "CPECPT": caselle di posta
elettronica certificata per il processo telematico). Ciò contrasta con l'obbligo
di indicazione da parte dei difensori non di una casella abilitata a ricevere le
notifiche legali (CPECPT), ma di un generico e assai più semplice "indirizzo di
posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le
comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento": si tratta di fatti
ben differenti, per cui si deve concludere che il secondo comma dell'art. 17 d.
Lgs n. 5 del 2003 indica qualcosa di ben differente rispetto alle ordinarie
modalità delle notifiche via fax o via posta elettronica. (Tribunale Milano,
sez. VIll. sent. 14 dicembre 2005. Pres. F. Ciampi, Giud. rel. E. Consolandi).
(Rif. norm.: art. 19 d. Lgs. n. 5/2003).
7. I presupposti per azionare il rito sommario ... — Nel processo
societario non costituisce una preclusione al rito sommario il fatto che la
condanna richiesta presupponga un accertamento di nullità dei contratti di cui è
causa ovvero una dichiarazione di inadempimento e quindi di risoluzione degli
stessi. Dal testuale dell'art. 19 d. Lgs. n. 5 del 2003 (in particolare dei
commi 2 bis e 3), i limiti del procedimento sommario vengono
individuati nella non manifesta infondatezza della contestazione del convenuto e
nella necessità di una cognizione non sommaria e ciò permette di ritenere che,
in ultima istanza, il limite sia costituito dalla complessità delle questioni
poste dalle contrapposte difese e dalla necessità di un approfondimento e quindi
di un maggior dibattito processuale. (Tribunale Milano, sez. VI, 25 marzo 2006,
Giudice A. M. Vanoni).
(Rif. norm.: art. 2 e 19 d. Lgs. n. 5/2003;
artt. 633 cod. proc.civ.).
7.1. ... e i suoi rapporti con il procedimento monitorio. - Il procedimento
monitorio è compatibile con la speciale procedura sommaria di cui all'art. 19
del d. Lgs. n. 5 del 2003, anche alla luce del terzo comma dell'art. 2, di tale
decreto, introdotto dal d. Lgs. n. 37 del 2004. (Tribunale Bologna, ord.
11 maggio 2006, Giudice Salina).
(Rif. norm.: art. 27 d. Lgs. n. 5/2003; art. 2437 ter cod. civ).
8. I soggetti legittimati a proporre il reclamo. - Nel procedimento promosso ex art. 2437 ter cod. civ. (espressamente contemplato dal legislatore tra quelli unilaterali), il soggetto legittimato a proporre il reclamo ex art. 27 del d. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 è solamente il ricorrente quale unico destinatario degli effetti del provvedimento ed inoltre in perché il provvedimento emesso non può pregiudicare gli interessi del soggetto rimasto estraneo alla prima fase. (Tribunale Mantova, ord. 30 marzo 2006, Pres. A. Dell'Aringa, Giud. rel. M. Bernardi).
(Rif. norm.: art. 23 d. Lgs. n. 58/1998)
9. La forma scritta dei contratti
relativi alle prestazioni dei servizi di investimento. - L'art. 23 comma del
d. Lgs. n. 58/1998 (TUF) sancisce la necessità della forma scritta dei contratti
relativi alle prestazioni dei servizi di investimento e ne commina espressamente
la nullità in caso di inosservanza di tale forma. La previsione di nullità,
peraltro relativa, non é senza deroghe, in quanto le CONSOB è legittimata a
"prevedere con regolamento" che "particolari tipi di contratto possano o debbano
essere stipulati in altra forma". L'art. 30 del regolamento CONSOB n. 11522 del
1998 ribadisce la necessità di forma scritta in relazione al c.d. contratto
quadro, precisando che nello stesso devono essere specificate, tra l'altro,
anche le "modalità attraverso cui l'investitore può impartire ordini e
istruzioni"; il successivo art. 60, secondo comma stabilisce che "gli
intermediari autorizzati registrano su nastro magnetico o su altro supporto
equivalente gli ordini impartiti telefonicamente dagli investitori".
Dall'insieme di queste norme si deduce che il contratto quadro deve, a pena di
nullità (ancorché relativa) essere redatto per iscritto, mentre per i singoli
ordini la generale forma scritta di cui all'art. 23, primo comma TUF può essere
derogata da espressa previsione contenuta nel suddetto contratto quadro, con
obbligo dell'intermediario di provvedere alla registrazione degli ordini
telefonici (forma ritenuta ad probationem). (Tribunale Milano, sez.
VI, 25 marzo 2006, Giudice A. M. Vanoni - Conforme - Tribunale Milano,
sez. VI, sent. 15 marzo 2006, Pres. A. M. Vanoni, Giud. est. S. Brat).
(Rif. norm.: art. 670 cod. proc. civ.; art. 2024 cod. civ.).
10. Il sequestro giudiziario delle azioni: procedimento. - Le azioni possono essere assoggettate a sequestro giudiziario (art. 670 cod. proc. civ.) tramite la diretta apprensione del documento incorporante il diritto da parte dell'ufficiale giudiziario, annotazione del vincolo sul titolo e successivo affidamento al custode nominato dal giudice (cfr. Cass. civ., 22 febbraio 1952, n. 477) laddove l'iscrizione sul libro soci costituisce un mero adempimento successivo all'esecuzione della misura finalizzato a rendere il vincolo opponibile alla società e ai terzi ex art. 2024 cod. civ. (Tribunale Mantova, ord. 13 aprile 2006, Pres. G. Scaglioni, Giud. rel. M. Bernardi).
(Rif. norm. Art. 2 - 17 d. Lgs. n. 5/2003; art. 76 Cost.).
11. Questioni di legittimità costituzionale - È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario), e, «per derivazione», degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'art. 2 della legge 3 ottobre 2001, n. 366), sollevata - in riferimento all'art. 76 della Costituzione - dal Tribunale di Napoli, che, non solo non adempie l'obbligo di ricercare un'interpretazione costituzionalmente orientata di una delle norme impugnate ma propone, nel medesimo contesto motivazionale, due opzioni ermeneutiche sostanzialmente alternative, demandando alla Corte la scelta fra di esse. (Corte Costituzionale, ord. 26 maggio 2006, n. 209, Pres. A. Marini, Giud. red. F. Bile).
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo n. 5 del 2003, «limitatamente al titolo II capo I agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17», sollevata - in riferimento agli artt. 3, 76, 97 e 111, primo e secondo comma, della Costituzione - dal Tribunale di Brescia che, con l'ordinanza di rimessione, mentre non censura la norma di delega, ravvisandovi un implicito riferimento al processo ordinario di cognizione previsto dal codice di procedura civile, e quindi una sufficiente determinazione di principi e criteri direttivi - impugna (nelle questioni "subordinate") l'intero complesso normativo della legge delegata diretto a regolare il procedimento societario di primo grado davanti al tribunale in composizione collegiale (articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003); tuttavia, le norme impugnate - da un lato - sono caratterizzate da ambiti di applicazione e da effetti del tutto eterogenei e - dall'altro - riguardano destinatari differenti; infatti gli articoli da 2 a7 disciplinano l'attività preparatoria delle parti; gli articoli da 8 a 16 concernono la fase processuale davanti al giudice; e l'art. 17 riguarda le notificazioni e le comunicazioni da eseguire nel corso del procedimento. La scelta di censurare le citate norme del decreto legislativo, pertanto, avrebbe dovuto essere supportata da una specifica motivazione, riferita sia all'effettiva rilevanza della questione sulla singola disposizione concretamente applicabile nel relativo giudizio a quo, sia alla non manifesta infondatezza di ogni dubbio proposto in riferimento a ciascuno dei parametri evocati. Lo scrutinio di legittimità costituzionale - richiesto con generico riferimento alle disposizioni regolatrici di tutto il procedimento societario di primo grado - coinvolgerebbe anche norme non più (o non ancora) applicabili nel particolare momento processuale in cui la questione è stata posta, onde essa si presenterebbe in parte tardiva, in parte prematura e, comunque, connotata da un rilevante grado di ipoteticità (Corte Costituzionale, ord. 26 maggio 2006, n. 209, Pres. A. Marini, Giud. red. F. Bile).
Nota
IL RITO SOMMARIO SOCIETARIO
L'art. 19 del D.Lgs n. 5/2003 ha introdotto un procedimento sommario di cognizione che consente a colui che assume di essere titolare di un diritto al pagamento di una somma di denaro - ancorché non liquida - o alla consegna di una cosa mobile determinata di ottenere, con ordinanza immediatamente esecutiva, un'ingiunzione di pagamento ovvero di consegna. Il provvedimento di accoglimento è titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziaria, ma non ha attitudine a costituire giudicato tra le parti, sicché colui che ha interesse ad ottenere un accertamento giudiziale che faccia stato ai sensi dell'art. 2909 cod. civ., non può ricorrere al rito sommario di cui all'art. 19 del Decreto, ma dovrà introdurre la domanda nelle forme ordinarie del rito societario (art. 2 e ss.).
L'ordinanza ex art. 19 del D. Lgs. n. 5/2003 è, infatti, solo uno strumento processuale finalizzato a dare una risposta celere ed immediata a colui che ha interesse ad ottenere, in breve tempo, un titolo esecutivo che - ancorché privo del valore di cosa giudicata - contenga, appunto, una condanna al pagamento di una somma di denaro o alla consegna di una cosa determinata.
Il procedimento sommario in esame non ha sostituito, per quanto riguarda la materia societaria, il procedimento monitorio disciplinato dagli art. 633 ss. cod. proc. civ., avverso il quale può essere proposta opposizione secondo le norme del rito societario, ex art. 2, terzo comma, D. Lgs. n. 5/2003. Il provvedimento di accoglimento emesso ai sensi dell'art. 19 del Decreto non è, infatti, assimilabile al decreto ingiuntivo per una serie di motivi: in primo luogo, perché l'istante non può giovarsi della prova attenuata di cui all'art. 634, secondo comma, cod. proc. civ., avendo l'onere di fornire la dimostrazione della "sussistenza dei fatti costitutivi" posti a fondamento della sua domanda; secondariamente, il procedimento in esame prevede l'instaurazione immediata - non differita ed eventuale - del contraddittorio con la parte resistente.
La domanda deve avere la forma del ricorso, il cui contenuto minimo - nonostante il legislatore processuale non dica nulla sul punto - deve essere quello stabilito per l'atto che introduce un giudizio a cognizione piena (art. 1, quarto comma, D. Lgs. n. 5/2003 e 125 cod. proc. civ.), con la specificazione di quegli elementi propri dell'atto di citazione nell'ambito del processo societario. Il ricorrente, pertanto, oltre ai motivi di fatto e di diritto fondanti l'istanza d'ingiunzione di pagamento o di consegna, dovrà indicare - anche in prospettiva dell'eventuale giudizio a cognizione piena disposto ex art. 19, terzo comma, D. Lgs. n. 5/2003 - il numero di fax o l'indirizzo di posta elettronica presso cui intende ricevere tutte le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento.
L'istanza del ricorrente può essere accolta solo se esistono quattro indefettibili presupposti: 1) deve trattarsi di materia rientrante nell'ambito di applicazione del rito societario, così come elencate dall'art. 1, primo comma, dello stesso Decreto; 2) la domanda deve avere ad oggetto la condanna al pagamento di una somma di danaro (ad esempio, il pagamento del corrispettivo per la cessione di quote di una società di capitali), ovvero alla consegna di una cosa mobile determinata (ad esempio, la documentazione inerente il rapporto intrattenuto dall'investitore con l'intermediario presso il quale ha sottoscritto un contratto d'investimento in valori mobiliari); 3) la parte istante deve dimostrare i fatti costitutivi posti a fondamento della domanda d'ingiunzione; 4) le contestazioni del convenuto devono essere manifestamente infondate.
L'ammissibilità del rito sommario societario è esclusa con riferimento alle domande di condanna al pagamento di somme di danaro conseguenti ad azioni di responsabilità, da chiunque proposte, contro i componenti di organi sociali (artt. 2392-2396 cod. civ. e 2407 cod. civ.).
Dopo qualche incertezza giurisprudenziale è stato, invece, ammesso il ricorso ex art. 19 per le domande di condanna al pagamento di somme di danaro conseguenti alla declaratoria d'invalidità o di inadempimento contrattuale (ad esempio, le azioni di nullità, di annullamento o di risoluzione di un contratto d'investimento il cui accoglimento costituisce il necessario presupposto logico-giuridico per la restituzione del capitale investito), purché, comunque, la parte istante abbia dimostrato i fatti costitutivi posti a base della domanda (ad esempio, mancanza della forma scritta di un contratto d'investimento in valori mobiliari) e le contestazioni mosse dal convenuto siano talmente infondate da non richiedere un approfondimento in sede di cognizione piena.
Il procedimento ha inizio con il deposito del ricorso, avvenuto il quale devono essere compiute le seguenti attività: la cancelleria trasmette il fascicolo al presidente del tribunale, il quale provvederà a nominare un giudice (monocratico) per la trattazione e la decisione della domanda; il giudice designato dovrà fissare a non oltre 60 giorni la comparizione delle parti, assegnando al resistente un termine per la sua costituzione; questi dovrà costituirsi entro 10 giorni prima dell'udienza; il ricorso, unitamente al decreto di fissazione d'udienza, deve essere notificato - a cura del ricorrente - alla controparte almeno 30 giorni prima della data dell'udienza, termine da considerarsi ordinatorio non essendo previsto dalla legge a pena di decadenza (art. 152 cod. proc. civ.).
Per le medesime ragioni, la giurisprudenza - argomentando dall'art. 152 cod. proc. civ. - ritiene che i 10 giorni anteriori all'udienza di comparizione previsti per la costituzione del resistente abbiano natura ordinatoria, per cui è stata ritenuta ammissibile la costituzione tardiva, avvenuta, addirittura, all'udienza medesima. A fronte di tale irregolarità - e in considerazione del fatto che il rito delineato dall'art. 19 presuppone che il giudice e la parte ricorrente abbiano conoscenza delle difese del resistente prima dell'unica udienza all'esito della quale dovrebbe decidersi la controversia - deve, tuttavia, ammettersi la concessione al ricorrente di un termine per potere replicare, soprattutto nei casi in cui il resistente si sia costituito proponendo una domanda riconvenzionale.
Generalmente, le allegazioni poste a fondamento dell'ingiunzione sono prove costituite, ma nulla vieta di chiedere l'assunzione di prove costituende, purché si tratti di prove compatibili con la celerità del rito sommario in esame, che nelle intenzioni del legislatore processuale dovrebbe concludersi in un'unica udienza. Volendo fare un'elencazione esemplificativa delle attività istruttorie elementari, collocabili all'interno del rito sommario societario di cui all'art. 19 del Decreto, possono annoverarsi: - la richiesta di informazioni ex art. 213 cod. proc. civ.; - l'audizione di sommari informatori a conforto di fatti storici di contorno, laddove già vi sia una sorta de semiplena probatio offerta con le prove (documentali) poste a fondamento del ricorso; - l'ammissione del giuramento suppletorio (art. 241 cod. proc. civ.).
Non è, invece, ammissibile l'istruttoria volta ad assumere prove costituende (testimonianza, interrogatorio formale, etc.) o l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio, non essendo compatibili con una cognizione sommaria.
Il resistente ha l'onere di costituirsi con una comparsa di costituzione e risposta, che deve contenere la contestazione puntuale della pretesa del ricorrente, pena l'accoglimento della domanda d'ingiunzione. In considerazione del fatto che il procedimento sommario può confluire, ai sensi dell'art. 19, terzo comma, D. Lgs. n. 5/2003 - in un processo a cognizione piena, è opportuno che anche il resistente indichi il numero di fax o l'indirizzo di posta elettronica presso cui intende ricevere tutte le comunicazioni e le notificazioni.
Il procedimento può concludersi:
a) con l'accoglimento, ex art. 19, comma 2-bis, della domanda al pagamento della somma di denaro o alla consegna di una cosa mobile determinata, con conseguente statuizione anche sulle spese, ai sensi degli artt. 91 e ss. cod. proc. civ.;
b) con il passaggio, ex art. 19 terzo comma, della controversia dal rito sommario a quello a cognizione piena - con assegnazione all'istante dei termini per la notifica della memoria di replica di cui all'art. 6 del Decreto - quando: b.1) la domanda del ricorrente non consista nel pagamento di una somma di denaro o nella consegna di una cosa mobile determinata; b.2) la domanda del ricorrente risulta infondata alla luce delle contestazioni avversarie; b.3) il thema probandum et decidendum richiedano, comunque, la trattazione della causa nelle forme della cognizione piena;
c) con l'accoglimento parziale del ricorso nell'ipotesi in cui il ricorrente abbia proposto una pluralità di domande: in tal caso, sarà disposta una conversione del rito - con assegnazione all'attore dei termini di cui all'art. 6 del Decreto - in ordine alle restanti domande.
Benché l'ordinanza di accoglimento non abbia attitudine a costituire giudicato tra le parti ai sensi dell'art. 2909 cod. civ. - essendo, piuttosto, finalizzata a fare conseguire al richiedente un titolo esecutivo - essa è impugnabile innanzi alla corte d'appello competente, nei termini e nelle forme del rito societario a cognizione piena, ai sensi dell'art. 20 del Decreto.
* Per un approfondimento in materia v. D.E. CUTUGNO - V. de GIOIA, Il nuovo processo societario, Forlì, 2005.
Si ringrazia per la gentile concessione gli autori e "Il nuovo diritto - Rassegna Giuridica Pratica"
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 24/07/2006