La distinzione tra “tutela e valorizzazione”1 dei beni culturali, dopo la riforma del titolo V parte II della Costituzione.
RUGGIERO MARZOCCA
La dialettica dei rapporti Stato-Regioni circa l’attribuzione di competenze in
materia di beni culturali e ambientali ha una lunga storia, che si può far
risale alla istituzione delle regioni ad autonomia ordinaria.
Al riguardo vengono in rilievo essenzialmente due disposizioni della
Costituzione, che sono l’art. 9 , secondo il quale <la Repubblica promuove lo
sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e
il patrimonio storico ed artistico della Nazione > e l’art. 1172,
che stabilisce con una elencazione da ritenersi tassativa, le materie nelle
quali le regioni hanno competenza a legiferare.3
Per quanto riguarda l’art. 9 della Costituzione, la migliore dottrina ha da
tempo chiarito che gli interventi dei poteri pubblici ordinati alla protezione
ed alla cura del paesaggio non debbono essere in base alla Costituzione
necessariamente statale.4
L’esclusione di una riserva di competenza statale non comporta, però
automaticamente l’affidamento della medesime competenza alle regioni.
E, così anche chi escluda tale riserva non può non accettare l’indagine
sull’altra disposizione costituzionale , cioè l’art. 117 Cost., il quale ad una
sua interpretazione letterale sembra affidare alle regioni soltanto la materia
di <musei e biblioteche di enti locali>.
Più in generale, il vasto movimento di opinione regionalistica sviluppatosi nel
Paese ha teso interpretare in senso evolutivo ed estensivo le disposizioni
costituzionali , ponendo tra i fini fondamentali della regione anche la tutela e
la valorizzazione del patrimonio storico , artistico ed naturale.5
Il passaggio alle regioni del potere in materia di urbanistica ha complicato il
problema, poiché è venuto a mancare il potere di approvazione ministeriale dei
piani regolatori .
La corte costituzionale con un notevole corpus di decisioni (sentenza n. 358-359
del 19856,
n. 151-153 del 1986)7
provocate dalle reazioni agli interventi dello stato alla salvaguardia
ambientale –paesaggistica del territorio nazionale (legge Galasso del 1985),
mentre ribadisce la distinzione tra urbanistica e paesaggio, conferma che i
rapporti tra Stato e Regioni debbono essere definiti sulla base della reciproca
collaborazione.
In conclusione la Corte Costituzionale affermava sulla base del D.p.r. del 1977
n.616 art. 80 che urbanistica e paesaggio sono due distinte materie.
Con la legge del 15 marzo 1997 n. 59 la quale conferiva la delega al governo per
la riforma della pubblica amministrazione ed affermando il principio della
generalizzata assegnazione di funzioni e compiti amministrativi alle regioni ed
agli enti locali, riserva alla competenza statale, fra le altre materie anche
quella relativa <alla tutela dei beni culturali e del patrimonio storico ed
artistico>.
E all’art. 17 della medesima legge secondo la quale nell’esercizio della delega
<il Governo può prevedere il trasferimento della gestione di musei statali alle
regioni , alle provincie o ai Comuni>.
Su queste due disposizioni si può delineare un sistema di riparto di competenze
tra Stato ed enti locali fondato sull’alternativa tra tutela e valorizzazione.
La funzione della tutela del bene culturale comprende tutte le prescrizioni, le
misure, gli interventi che sono volti a garantire al bene stesso un modo di
essere conforme alla natura e alla condizione di soddisfacimento dell’interesse
della collettività alla sua fruizione integrale.8
Se la tutela persegue questa finalità essa si esprime nel perseguimento di una
pluralità di obbiettivi che possono essere ricondotti a due categorie: la
conservazione e alla valorizzazione.
La conservazione tende al mantenimento o al recupero della integrità del bene,
sia sotto il profilo strettamente materiale sia per vari aspetti attinenti a
circostanze incidenti sulla identità culturale della cosa in sé considerata.
In tema di valorizzazione si inizia a parlare nel d.p.r. del 1975 n. 805
sull’organizzazione del ministero dei Beni culturali e ambientali, cui all’art.
2 si assegna al nuovo organismo il compito di tutela e valorizzazione dei beni
culturali e ambientali.
La valorizzazione tende all’apprestamento dei mezzi diretti a consentire o
migliorare la possibilità di accesso ai beni culturali così da agevolare la
percezione e l’apprendimento dei valori che a essi inseriscono.
Infine gli obiettivi della valorizzazione possono essere realizzati attraverso
apparati e attività che incidono su realtà esterne ai beni culturali, si pensi
alla realizzazione di una strada di accesso a una area archeologica altrimenti
non raggiungibile dai visitatori.
L'art. 148 del d.lg. 112/98 prevede tre definizioni di attività pubbliche
relative ai beni culturali: la tutela, di cui alla lett. c); la gestione, di cui
alla lettera d); la valorizzazione, di cui alla lett. e).9
Nella vigente legislazione di settore i termini "tutela", "gestione" e
"valorizzazione" dei beni culturali si ritrovano costantemente, ma senza una
precisa definizione in quanto si rinvia implicitamente al senso che tali termini
assumono nelle problematiche di settore e nelle relative scienze.10
L’art.117 Cost., a seguito della riforma del Titolo V della Parte II della
Costituzione che ha diviso la materia dei beni culturali in due ulteriori
sub-materie che sono la "tutela" e la "valorizzazione", i quali appartengono
rispettivamente una alla legislazione esclusiva dello Stato e l'altra alla
legislazione concorrente delle regioni.
Di conseguenza, risulta necessariamente divisa anche la potestà regolamentare,
che risulta ai sensi dell’art. 117, comma 6, della Costituzione, spetta allo
Stato nelle sole materie di legislazione esclusiva salvo delega alle Regioni
,per cui in ogni altra materia, di non competenza dello Stato ,per deriva che la
valorizzazione, è attribuita alle regioni.
Il nuovo art. 118 Cost., che fa riferimento alla ripartizione delle funzioni
amministrative, sulla base del principio di sussidiarietà, il comma 3, indica
una disposizione specifica circa la "tutela dei beni culturali", si tratta di
una materia alla quale si rinvia alla legge statale la disciplina delle "forme
di coordinamento" tra lo Stato e le regioni e gli altri enti autonomi
territoriali
Il nuovo assetto dato dalla Costituzione alla materia ha reso pressanti, tra le
altre, due questioni: a) quella di definire, nel modo più sicuro ed affidabile,
le nozioni di "tutela" e di "valorizzazione" ed il loro reciproco confine,
perché a tali nozioni ora si accompagnano - come si è appena visto - regimi
giuridici costituzionalmente differenziati per quanto riguarda la titolarità e
l'esercizio delle potestà legislativa, regolamentare ed amministrativa, e b)
quella di delineare, sulla scorta dei criteri posti dall'art. 118 Cost., una
corretta allocazione delle funzioni amministrative nei due ambiti così
individuati, con più marcata urgenza per quello della valorizzazione.11
Il problema circa la definizione delle espressioni "tutela" e "valorizzazione"
dei beni culturali è diventata, oggi, centrale e di grande importanza, perché è
proprio sulla distinzione tra tali concetti che si basano i criteri di riparto
delle attribuzioni, non solo normative (legislative e parallelamente
regolamentari), ma anche amministrative, dei diversi livelli istituzionali nella
materia dei beni culturali.
Infatti si spera che si giunga ad una definizione precisa di entrambe le
espressioni.
In modo tale che le due distinte sfere di competenza siano meglio garantite e
stabilizzate, perché si pongono barriere positive all'espansione ermeneutica
della nozione innominata sul quella nominata (o viceversa, nel caso la nozione
nominata venga formulata in modo eccessivamente ampio).12
Per quanto riguarda il possibile contenuto di tali espressioni e relativamente
all'individuazione del criterio distintivo, va precisato che la nozione di
valorizzazione dei beni culturali come materia differente rispetto alla tutela
non è una innovazione introdotta dalla riforma del Titolo V, ma è già presente
da qualche tempo nel nostro ordinamento, ad esempio, la prima legge istitutiva
del ministero di settore (1974) attribuiva a quest'ultimo il compito di
provvedere "alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale del Paese.13
Originariamente non vi era la necessità di una precisa esplicitazione dei
contenuti delle due funzioni, dato che entrambe erano allocate presso il
medesimo apparato14
e non vi era alcuna espressa riserva di competenza per le regioni e gli enti
locali, se non per quanto riguardava la gestione dei "musei e biblioteche
degli enti locali"15,
materia cui era prevista la legislazione concorrente , ai sensi dell'originaria
versione dell'art. 117 Cost.
Era perciò bastevole asserire, che il contenuto delle due potestà è
sufficientemente indicato dai nomi con cui sono individuate.16
L’esigenza giuridica di una effettiva distinzione concettuale tra le due
funzioni è emersa solo in tempi più recenti, ai fini dell'attuazione della
delega di cui alla capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. Bassanini I).
Questa, infatti, nel demandare al governo l'attuazione del federalismo
amministrativo, inserì tra le funzioni statali di cui non era ammesso il
conferimento alle regioni e agli enti locali anche quelle riconducibili alla
"tutela dei beni culturali e del patrimonio storico artistico"17.
Ciò impose al legislatore delegato di specificare in modo esatto i contenuti
della funzione di tutela, in ossequio al principio informatore della riforma
Bassanini, per cui doveva intendersi devoluto alle regioni e agli enti locali
tutto quanto non fosse espressamente e tassativamente trattenuto in capo
all'amministrazione statale.
Le nozioni di cui al d.lg. 112/1998 , non possono essere trascurate ai fini
dell'interpretazione dei concetti di tutela e di valorizzazione che si
ritrovano, ora, nel testo della Costituzione.
Infatti risulta necessario fornire una definizione di tutele e valorizzazione in
modo tale da fare una ripartizione delle potestà legislative o amministrative
tra i livelli istituzionali,.
Infatti una definizione normativa dei contenuti e dei confini di tali nozioni
rappresenta una necessità ,rispetto alla stessa determinazione dei princìpi
fondamentali.
Per tale motivo, più che al criterio finalistico adoperato nelle definizioni
sintetiche di cui all'art. 148 di tale d.lg., non a torto, le censure della
dottrina, proprio per l'obiettiva difficoltà di pervenire, a risultati non
equivoci , sembra proficuo porre l'accento sul diverso criterio
tipologico-contenutistico, impiegato nei successivi articoli del d.lg. stesso (artt.
149, 150 e 152) per l'elencazione analitica dei tipi di compiti e funzioni che
rientrano nei distinti ambiti individuati in via sintetica dall'art. 148.18
Sulla base dell’analisi e del raffronto tra i compiti di tutela, (ai sensi
dell'art. 149 del d.lg. 112/1998), e i compiti di valorizzazione, (ai sensi del
successivo art. 152), è possibile, fondare il criterio discretivo tra tutela e
valorizzazione alla luce del rapporto tra l'interesse pubblico perseguito dalla
norma e le situazioni soggettive degli amministrati.
In tal modo, possono dirsi norme di tutela quelle che determinano o prefigurano,
in senso lato, effetti limitativi della sfera soggettiva dei destinatari, nel
presupposto di un contrasto, quanto meno potenziale, tra il libero svolgimento
delle situazioni soggettive degli stessi sui beni culturali e l'interesse
pubblico a salvaguardarne il valore culturale o, comunque, a consentire
un'esplicazione di tale valore più vantaggiosa per la collettività.
Sono, invece, norme di valorizzazione quelle che assecondano ed esplicano il
valore culturale dei beni cui si riferiscono, attraverso la soddisfazione di
situazioni soggettive di terzi convergenti con detto valore.19
Tale prospettiva interpretativa pare, ora, autorevolmente privilegiata dalla
Corte costituzionale, con la sentenza n. 94 del 28 marzo20
2003.21
La Corte Costituzionale con questa sentenza, ha dichiarato infondato un ricorso
governativo proposto contro una legge regionale22
per una presunta violazione di una serie di competenze statali in materia di
beni culturali e principalmente per violazione della competenza statale in
materia di "tutela" dei beni culturali.23
Si tratta della prima sentenza costituzionale che interviene a risolvere un
conflitto di competenza tra Stato e regioni fondato sulla scissione operata
dall'art. 117 Cost. tra tutela (quale competenza esclusiva statale) e
valorizzazione (quale competenza regionale concorrente) dei beni culturali.24
La sentenza in oggetto si colloca nell’ambito del dibattito, che si era basato
sul tentativo di fondare la ripartizione di competenza tra Stato e regioni
attraverso la strada della esplicitazione del contenuto delle nozioni della
tutela e della valorizzazione dei beni culturali, individuando tale sentenza un
diverso possibile programma di convivenza.
Il ricorso governativo che ha dato luogo al giudizio di costituzionalità aveva
ad oggetto la legge regionale del Lazio n. 31/2006 ("Tutela e valorizzazione dei
locali storici") con cui la regione al fine di salvaguardare gli esercizi
commerciali ed artigianali del Lazio aperti al pubblico che hanno valore
storico, ambientale e la cui attività costituisce testimonianza storico,
culturale, tradizionale, anche con riferimento agli antichi mestieri, promuove
concorsi con le Soprintendenze per i beni culturali e i comuni, iniziative tese
alla individuazione e valorizzazione di tali esercizi e al sostegno delle
relative attività (art. 1, comma 1).
Per tale scopo la legge prevedeva la formazione di un elenco regionale dei
locali "aventi valore storico, artistico e ambientale" la cui compilazione è
affidata ad uffici comunali e regionali, previa intesa con la Soprintendenza sui
criteri tecnici da adottare ai fini dell'inserzione nell'elenco, infine vengono
pubblicati nel Bollettino ufficiale della regione.25
L'inclusione di un immobile in detto elenco comporta la possibilità di accedere
a finanziamenti regionali finalizzati a provvedere alla manutenzione o al
restauro dei locali, nonché degli arredi o strumenti in essi contenuti, oppure a
fronteggiare eventuali aumenti del canone di locazione.26
Il finanziamento concesso per la manutenzione e il restauro comportava
l'imposizione sull'immobile di un "vincolo di destinazione d'uso" da
trascriversi nei registri immobiliari, previo assenso del proprietario, se
diverso dal beneficiario.
L'Avvocatura dello Stato27
in merito di tale legge regionale ha mosso una serie di rilievi in particolare,
l'invasione della competenza statale in materia di tutela dei beni culturali
dedotta da due diverse circostanze: quella per cui la formazione dell'elenco
regionale prescinde completamente dai vincoli posti dagli organi dello stato
deputati alla tutela di tali beni e quella per cui l'agevolazione per interventi
fisici quali il restauro e la manutenzione costituisce un tipico intervento di
tutela e non di valorizzazione.
I motivi per cui la Corte Costituzionale rigetta la questione di illegittimità
costituzionale è ricostruibile attraverso tre fasi:
la prima per cui la distinzione tra le funzioni di tutela e di valorizzazione si
possono ricavare dalla legislazione attualmente (artt. 148, 149 e 152 d.lg.
112/199828
e d.lg. 490/1999);la seconda fase è data dal fatto che tali funzioni riguardano
i beni culturali quali attualmente definiti dal d.lg. 490/1999;mentre la terza
ed ultima fase si basa sul fatto che le stesse funzioni non riguardano "altri
beni" cui "a fini di valorizzazione possa essere riconosciuto particolare valore
storico o culturale da parte della comunità regionale o locale, senza che ciò
comporti la loro qualificazione come beni culturali ai sensi del d.lg. 490/1999
e la conseguente speciale conformazione del loro regime giuridico
La Corte Costituzionale nelle sue conclusioni dichiara che la legge regionale
del Lazio, non è illegittima poiché “non pretende di determinare una nuova
categoria di "beni culturali ai sensi del d.lg. 490/1999".”
29
Infatti prevede semplicemente una disciplina per la salvaguardia degli <esercizi
commerciali ed artigianali del Lazio aperti al pubblico che hanno un valore
storico , artistico , ambientale e la cui attività costituisce testimonianza
storica , culturale tradizionale , anche con riferimento ai vecchi mestieri.>.
La Corte costituzionale specifica che la nozione di <locali storici> degli
immobili non produce alcuno dei vincoli tipici della speciale tutela dei beni
culturali di cui al d.lgs. n. 490 del 1999.30
Vi sono due aspetti della motivazione della sentenza che bisogna evidenziare.
Il primo è di tipo metodologico.
Con questa sentenza, infatti, la Corte Costituzionale mostra di non ritenere
utilmente percorribile, ai fini della soluzione dei conflitti di competenze tra
diversi livelli di governo territoriale, il metodo di stabilire di volta in
volta se i concreti interventi posti in essere sul bene, o comunque quelli
previsti o possibili, rientrino in una delle definizioni normative attualmente
vigenti.
La richiesta dell'Avvocatura di dichiarare compresi nella tutela anziché nella
valorizzazione il restauro e la manutenzione è, così caduta nel vuoto,
probabilmente perché la Corte l'ha ritenuta portatrice di una modalità di
affronto del problema che va in qualche misura superata.31
Anche prima dell'entrata in vigore del d.lg. 112/1998, infatti, si erano
palesate le difficoltà intrinseche ai tentativi di perimetrazione della tutela
sui beni culturali rispetto ad altre competenze regionali quali l'edilizia, la
tutela del paesaggio, l'urbanistica.
L'impossibilità di uscire dal vicolo cieco delle possibili sovrapposizioni tra
competenze statali e regionali aveva spesso indotto la Corte "a rincorrere
affannosamente il principio della leale collaborazione al fine di dare luce alle
molte zone d'ombra provocate dalla latitanza del legislatore"32
che non aveva provveduto a definire le competenze regionali .
L'adozione del d.lg. 112/1998 non è riuscito a risolvere i conflitti, a causa
della definizione di tutela che va inevitabilmente a collocarsi in qualunque
altro ambito come la gestione, il restauro, la conservazione e la
valorizzazione.
La Corte sembra prendere atto di tali difficoltà e, questo è il secondo profilo,
pare abbandonare la strada dell'individuazione del tipo di intervento per
focalizzare l'attenzione sul bene oggetto di intervento.
La distinzione, solo immaginata nella sentenza, vede da un lato i "beni
culturali" individuati ai sensi del d.lg. 490/99 per i quali rimane in qualche
misura prevalente l'ambito della tutela, e dall'altro "altri beni" che possono
rivestire interesse storico o culturale per la comunità regionale o locale.33
Questi ultimi beni, in forza della competenza legislativa concorrente sulla
valorizzazione e, naturalmente solo con riguardo agli aspetti relativi la stessa
valorizzazione, possono essere assoggettati a particolari discipline legislative
regionali.
La sentenza n.94 ,in conclusione, propone di sdrammatizzare il conflitto
tutela/valorizzazione spostando il fulcro del problema dal tipo di intervento al
bene-oggetto dello stesso attraverso la riproposizione della tesi di bene
culturale quale definizione aperta.
Si tratta di una proposta non innovativa, mentre invece, la proposta di farne il
criterio di convivenza delle competenze statali e regionali così come queste
sono oggi confermate nell'art. 117 Cost. scontando in anticipo che la sua
applicazione potrebbe comportare reciproci sconfinamenti: della tutela sulla
valorizzazione quando oggetto di disciplina è il "bene culturale" ai sensi del
d.lg. 490/1999 e della valorizzazione sulla tutela quando si tratti di "altro
bene" di interesse per la comunità regionale o locale.
La conferma è nella stessa legge regionale del Lazio che include gli interventi
di restauro tra le attività di valorizzazione dei locali storici.
Per quanto riguarda il concetto di "gestione", anche se indicato come una
funzione separata dall'azione pubblica nel campo dei beni culturali in base
all'art. 148, lett. d) del d.lg. 112/1998,l’attività di gestione dei beni
culturali deve essere ricondotta, ai fini dell'applicazione della riforma
costituzionale, nell'ambito della "valorizzazione".
A tale conclusione si giunge confutando le altre due soluzioni astrattamente
prospettabili: vale a dire a) la considerazione della "gestione" dei beni
culturali come sub-materia autonoma rispetto a quelle nominate dalla riforma
costituzionale ovvero b) la riconduzione della "gestione" all'altra sub-materia
,cioè alla "tutela".34
La prima delle due soluzioni porterebbe a considerare la gestione dei beni
culturali, come materia rimessa alla potestà legislativa generale-residuale
delle regioni poiché non è citata nei commi 2 e 3 dell'art. 117 Cost. che
riguardano la potestà legislativa esclusiva dello Stato in base al successivo
comma 4 del medesimo articolo.
Questa tesi che è stata prospettata dalla dottrina35,
però è stato disatteso dal parere definitivo del Consiglio di Stato n.1794/2002
, dove evidenzia la scarsa autonomia concettuale della nozione “gestione” dei
beni culturali , per cui non permetteva di considerarli come una sfera autonoma.
Si è scritto, ad esempio, che anche nei settori diversi dalla tutela dei beni
culturali vi sono comunque "esigenze di unitarietà o di cittadinanza sociale da
salvaguardare", sicché l'attribuzione di potestà esclusiva alle regioni sul
punto non parrebbe giustificata, e si osservato che il meccanismo per ottenere,
da parte delle regioni, esclusività di competenza in queste materie è solo
quello prefigurato dall'art. 116, ultimo comma, Cost.36;
ancora, si è rilevato che, se si dovesse ritenere lo Stato abilitato a dettare
princìpi fondamentali in materia di valorizzazione, ma non di gestione, ciò
condurrebbe ad esiti di “dubbio fondamento concettuale37.38
Inoltre le stesse regioni che, con i loro ricorsi alla Corte costituzionale a
difesa della propria sfera di competenza, hanno configurato la funzione della
gestione dei beni culturali come una materia di legislazione concorrente,
infatti i ricorsi, contestano le norme di legge statale ,perché non si
limiterebbero, a dettare i princìpi fondamentali della materia stessa, ma ad
invadere una competenza delle Regioni in tale materia.
Infine l'art. 117, comma 3, Cost. fa rientrare tra le materie di competenza
legislativa concorrente, la "promozione e organizzazione di attività
culturali": anche da questo punto di vista sembra difficile ritenere che,
mentre risulta testualmente assoggettata ai princìpi fondamentali stabiliti
dalle leggi dello Stato l'organizzazione di attività che potrebbero avere un
carattere anche estemporaneo (uno spettacolo, un concerto), non lo sia, invece,
la gestione dei beni culturali, che rappresenta un'attività senz'altro
contrassegnata dai caratteri della stabilità e permanenza, con un impatto ben
più significativo sull'assetto organizzativo dell'amministrazione di quanto
possa averlo una singola manifestazione culturale.
La tesi interpretativa, cioè quella di ricondurre la gestione all'ambito della
tutela , è stata sostenuta dal ministero dei beni culturali, in particolare, con
riguardo ai beni culturali in consegna al medesimo, nel procedimento che ha dato
luogo al suindicato parere n. 1794/2002.
La tesi ministeriale aveva lo scopo di dare fondamento alla potestà
regolamentare statale; ciò al fine di superare il vaglio preventivo del
Consiglio di Stato39
su uno schema di regolamento predisposto dal ministero per disciplinarne la
partecipazione a società per la gestione di beni culturali40.
Secondo questa tesi, la gestione dei beni culturali sarebbe da ricondurre alla
tutela, nella parte per cui, si perseguono le finalità di tutela dei beni
gestiti.
In realtà, la gestione, così intesa, si identifica, con l'attività di
amministrazione materiale dei beni culturali, la quale include ogni decisione
che ne concerne l'uso, la manutenzione o il restauro nonché la costituzione di
diritti di terzi e così via: insomma, l'insieme delle facoltà di godimento
comprese nel diritto di proprietà, pubblica o privata che sia41.
La gestione dei beni culturali non costituisce un'attività di tutela, ma il suo
esercizio è subordinato dalla sussistenza della funzione pubblica di tutela cioè
finalizzate a garantire l'interesse pubblico alla tutela del patrimonio
culturale.
La differenza tra gestione e tutela è evidente per i beni culturali appartenenti
a soggetti diversi dal ministero, per i quali la gestione spetta ai soggetti
stessi, in quanto hanno la disponibilità dei beni, mentre la titolarità dei
poteri di tutela è riservata al ministero.
Invece per i beni che appartengono al ministero, i due aspetti, si confondono,
perché il ministero è, contemporaneamente, sia il soggetto gestore del bene sia
il soggetto tenuto a garantirne il soddisfacimento delle esigenze di tutela, in
quanto titolare della relativa pubblica.
Sicuramente, la gestione dei beni culturali da parte del ministero, per le
capacità tecniche e la vocazione istituzionale di tale apparato, è da presumere
rispettosa in re ipsa delle esigenze della tutela.
Tale attività di gestione non sembra, però, concettualmente appartenere,
all'area della tutela in senso stretto.
Anche con riguardo alla gestione, svolta dallo stesso ministero, dei beni
culturali che esso ha in consegna, la tutela rappresenta , un prius
logico, nel senso che tale gestione non può comunque svolgersi in contrasto con
le necessità inderogabili della tutela.42
Per cui il ministero non può compiere gli atti di gestione dei beni senza aver
preventivamente valutato, la compatibilità di tali atti con le esigenze della
tutela, poiché il ministero è istituzionalmente responsabile.
Ciò dimostra che l'attività di gestione dei beni culturali svolta dal ministero
con riguardo ai beni che esso ha in consegna non è riconducibile all'ambito
materiale della "tutela".
In tale ambito sembra appartenere, l’attività della gestione, cioè che deve
essere soggetta alla preventiva valutazione del rispetto delle esigenze della
tutela; valutazione che il ministero necessariamente compie in ogni caso, ma che
non risulta esplicitata in atti formali ed autonomi, in quanto sottintesa al
conseguente atto di gestione.
Il parere del Consiglio di Stato43
conclude che dal punto di vista dell'esercizio della funzione di tutela,
all'affidamento a terzi della gestione dei beni culturali in consegna al
ministero; detto affidamento a soggetti distinti dal ministero fa, difatti,
riemergere in modo pieno e formale , nella sua alterità concettuale e giuridica
rispetto all'attività di gestione , la potestà di tutela spettante al ministero,
alla quale gli atti di gestione compiuti dal terzo non potrebbero in alcun modo
dirsi sottratti.
Se la gestione dei beni culturali da parte del ministero non ha come scopo la
loro tutela, ma deve avere luogo nel rispetto delle esigenze della loro tutela,
pare lecito e ragionevole concludere che tale gestione appartiene,
concettualmente, all'ambito materiale della "valorizzazione", essendo a ciò
strumentalmente finalizzata.44
Infatti, a differenza dei beni culturali di proprietà privata, per i quali non
sussiste, in capo ai relativi proprietari, alcun obbligo normativamente imposto
di gestione finalizzata alla valorizzazione, la proprietà pubblica dei beni
culturali e, dunque, la loro gestione, in tanto si giustificano, in quanto dei
beni stessi sia assicurata la valorizzazione, facendone strumenti di promozione
dello sviluppo culturale.
Lo stesso art. 9 della Costituzione, in base al quale la tutela del patrimonio
storico e artistico, che il comma 2 pone quale compito fondamentale della
Repubblica il quale deve rappresentare uno strumento per promuovere lo sviluppo
culturale della popolazione, che è un compito della Repubblica ai sensi del
comma 145.
Nell’ambito della sfera statale, tale obbligo di valorizzazione sussiste per i
beni culturali di cui dispone il ministero46
il quale risulta la loro destinazione istituzionale alla valorizzazione47.
Per cui per “i beni in questione è l'intera gestione, ossia l'insieme degli atti
di amministrazione, a dover essere istituzionalmente orientata alla
valorizzazione, purché in modo concretamente compatibile con le esigenze della
loro tutela.
Sembra perciò confermato che la gestione, avendo come proprio scopo la
valorizzazione, rientra in tale ambito materiale, mentre il rispetto delle
esigenze della tutela rappresenta una condizione prioritaria posta al
perseguimento, attraverso la gestione delle finalità della valorizzazione.
Attualmente i concetti di tutela e valorizzazione sono disciplinati dal nuovo
Codice dei Beni culturali del 1° marzo 2004 che va ad sostituire il T.U. in
materia dei beni culturali ed ambientali (d.lgs. 490/1999).Nell’attuale codice
la tutela del patrimonio culturale è disciplinata dall’art.3. Precedentemente la
legge 1 giugno 1939, n. 1089, e neppure il successivo decreto legislativo 29
ottobre 1999, n. 490, fornivano una definizione di tutela.
Dalle disposizioni di entrambe risultava , come in dottrina48
non si era mancato di sottolineare il chiaro atteggiarsi della tutela come
tutela conservativa, ossia la sua finalizzazione alla salvaguardia .
Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, aveva fornito tale nozione, sia
pure in un'ottica di riparto delle competenze fra stato e autonomie
territoriali, ricomprendendo nella tutela "ogni attività diretta a riconoscere,
conservare e proteggere i beni culturali e ambientali" (art. 148, comma 1, lett.
c)), nozione questa frutto di una "lettura estremamente ampia della tutela "49.
Nella bozza di Codice oggetto della deliberazione preliminare del Consiglio dei
ministri del 29 settembre 2003 veniva detto che la tutela "concerne la
disciplina delle attività e le funzioni dirette a garantire l'individuazione, la
conoscenza, la protezione e la conservazione del patrimonio culturale, nonché a
conformare e regolare i diritti ed i comportamenti ad esso inerenti".
Nel testo definitivo dell'art. 350,
la formulazione subisce delle modifiche, in quanto per tutela "consiste
nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla
base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il
patrimonio culturale e a garantirne la protezione e la conservazione per fini di
pubblica fruizione ".
Inoltre si afferma che "l'esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche
attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti
inerenti il patrimonio culturale”.
Le due stesure dell'art. 3 segnano un dato di novità non indifferente rispetto
alla dizione dell'art. 148, comma 1, lett. c), del d.lg. 112/1998.
Non deve invero trarre in inganno il comune richiamo al riconoscere/individuare,
conservare e proteggere: nell'art. 148 "ogni attività" rivolta a tali obiettivi
costituiva tutela, nell'art. 3 solo "l'esercizio delle funzioni e la disciplina
delle attività" a tali fini dirette.
Il mutamento è di rilievo perché con i termini "funzioni" e "disciplina" si
rinvia necessariamente ad un momento normativo in cui la disciplina è dettata e
le funzioni vengono definite, ossia si postula un concetto di tutela non
perimetrato dal mero collegamento a fini generali ,ma definito e precisato, sia
pure in rapporto a detti fini, dal legislatore. In buona sostanza emerge un
concetto di tutela - al pari di quello di bene culturale - "normativo" e perciò
tipizzato.51
Per cui la tutela non è più ogni attività diretta a conservare e proteggere il
bene culturale, ma il legislatore, ha ritenuto di disciplinare, l’attività
affidandone la cura alla P.A.
Le finalità della tutela rappresentano l'individuazione, conservazione e
protezione dei beni culturali.
Il patrimonio culturale, infine, va considerato in base a quanto previsto
dall'art. 2, cioè costituito dai beni culturali e da quelli paesaggistici.
La tipizzazione della tutela, che deriva dalla normativizzazione della funzione,
consente di spiegare perché non ogni attività astrattamente rivolta ad una delle
finalità che connotano la tutela rientri nel suo ambito.
Infatti ad esempio. la conservazione, è una delle finalità della tutela ex art.
3, comma 1, è al tempo stesso considerata, come la fruizione e la
valorizzazione, attività che deve essere svolta "in conformità alla normativa di
tutela" e quindi, al pari delle altre due, .
L'apparente anomalia si scioglie ove si consideri che ciò che dell'attività di
conservazione non è normativizzato come tutela, risulta estraneo alla disciplina
e all'esercizio della funzione, ma incontra un limite nell'assetto della tutela,
in particolare per quei profili ispirati da finalità di conservazione.
La tipizzazione della tutela consente, infine, di ritenere ampliata la sfera
della valorizzazione.
Ciò non perché quanto non appartiene alla tutela debba necessariamente rientrare
nella valorizzazione.
Tale tesi, che sicuramente ha acquistato peso nella nuova normativa, andrebbe
però verificata alla luce degli artt. 6 e 111 del Codice, che sembrano tipizzare
anche questa funzione, e saggiata alla luce di una complessiva riconsiderazione
della disciplina dei beni culturali.
Il fatto è, comunque, che tra le finalità richiamate per definire le attività e
funzioni di valorizzazione sono indicate alcune che toccano o sono connesse a
finalità della tutela.52
Attualmente con il nuovo Codice dei beni culturali , in particolare agli
articoli 3 e 6 , in cui si definiscono i concetti di “tutela” e di
“valorizzazione”, “in parte ricollegandosi all’art.148 del d.lgs. 112/199853
alla lett. c – e ), in parte superandole, così da far rientrare nella tutela il
complesso delle attività e delle funzioni dirette a garantire l'individuazione,
la conoscenza, la protezione e la conservazione del patrimonio culturale, nonché
a regolare e a conformare i diritti e i comportamenti ad esso inerenti:
identificando in breve nella tutela non solo tutto ciò che è regolazione e
amministrazione giuridica dei beni culturali, ma anche ciò che è intervento
operativo di protezione e difesa dei beni stessi .
Al contrario, l'art. 6 fa rientrare nella valorizzazione il complesso delle
attività di intervento integrativo e migliorativo ulteriore finalizzate alla
fruizione pubblica dei beni: conferendo quindi alla valorizzazione una posizione
complementare se non ancillare rispetto alle funzioni di tutela, talché l'art.
6, comma 2, prevede che la valorizzazione possa avvenire solo in forme
compatibili con la tutela e comunque tali da non pregiudicare le esigenze della
stessa.”54
Sulla base di questa ripartizione, viene meno la tripartizione indicata
dall'art. 148 del d.lg. 112/1998 in cui faceva riferimento alla tutela,
valorizzazione e gestione.
Infine il Codice dei beni culturali da un lato, le funzioni di tutela sono
disciplinate sulla base del presupposto della competenza legislativa esclusiva
dello stato in base all’articolo 4 del Codice e, dall'altra parte, i principi
fondamentali che bisogna osservare nella disciplina legislativa della
valorizzazione da parte delle regioni in quanto oggetto di competenza
legislativa concorrente.
La nozione di “valorizzazione” invece è disciplinata dall’art.6 del Codice dei
beni culturali.
Questa disposizione può essere definita come una norma "nuova"55
rispetto al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il quale non
riproduceva le scelte del d.lg. 112/1998, ma si limitava ad operare un unico
riferimento testuale alla valorizzazione nell'intitolazione del Capo VI, dove
compariva unitamente al godimento pubblico, e nell’art. 97, in un contesto
normativo dedicato alla espropriazione, la fruizione ed l’uso individuale dei
beni, rendendo così difficile individuarne le connessioni con la valorizzazione
definita dal decreto legislativo del 1998.56
Il T.U. all’ art. 104, si limitava a rinviare non alla valorizzazione, con il
significato che veniva attribuito dall'art. 148 del d.lg. 112/1998, ma ad uno
dei contenuti che la qualificavano in base all'art. 152 del d.lgs 112, cioè
relativo alla fruizione dei beni culturali, disciplinando, peraltro, come, dal
punto di vista li organizzativo e procedimentale, dovessero essere effettuati
gli interventi da parte dei diversi livelli di governo .
A differenza del T.U., il cui intero impianto esistevano numerose distanze dai
principi delle riforme amministrative e del settore già avviate dal legislatore
ordinario, tanto che neppure veniva recuperata l'individuazione delle
funzioni/attività in materia di beni culturali operata con la legge 15 marzo
1997, n. 59 e con il d.lg. 112/1998 , il Codice dei beni culturali non poteva
trascurare l'esigenza di collocarsi nell’ambito di quei provvedimenti hanno dato
inizio al cosiddetto “federalismo amministrativo”57.
L’adozione del Codice dei beni culturali, infatti, nasce dalla necessità, di cui
si è resa interprete la legge delega 6 luglio 2002, n. 137, con il suo art. 10,
di adeguare la disciplina in materia di beni culturali ed ambientali alla
riforma costituzionale dell'ottobre 2001.58
Inoltre la scelta del codice di non definire altre attività ,diverse dalla
tutela e valorizzazione evitando qualsiasi riferimento alla gestione59
dei beni culturali, ha la finalità di eliminare ogni difficoltà che possono
crearsi per una chiara definizione della valorizzazione distinguendola dalla
gestione.
Questa scelta secondo Barbati60
di non citare l’espressione della gestione, come era previsto dall’art.148
lett.d) del d.lgs 112/1998, nel codice e anche nella Costituzione , sia stata
attratta o “quasi diluita” nel concetto di valorizzazione .
Ma tale scelta può essere motivata anche dalla difficoltà di collocazione
dell’attività di gestione , in seguito della entrata in vigore del nuovo titolo
V della Costituzione.
L’articolo 661
al primo comma , definisce le attività di valorizzazione che, lo stato, per i
propri beni , e le regioni , per gli altri beni sono tenuti a svolgere , in
quanto si tratta di una norma che si ricollegava agli artt.111,113,120 , in cui
anche i soggetti privati sono tenuti a svolgere.
Al secondo comma62
della norma invece ribadisce la subordinazione della valorizzazione alle
esigenze prioritarie della tutela , il quale rappresenta un parametro e un
limite che determina l’estensione e le modalità degli altri interventi in
materia di beni culturali.
Il terzo comma63
invece si limita a recepire e a declinare quel principio di sussidiarietà
orizzontale previsto dall’art. 118 4°comma della Cost., come criterio per
l’esercizio delle attività d’interesse generale.64
Il codice dei Beni culturali, ha voluto mitigare quella separazione tra tutela e
valorizzazione che in prossimità della riforma costituzionale poteva creare
difficoltà, fornendo una interpretazione dell’art.117, 3°comma Cost., con cui ne
riduce il potenziale significato, quanto al ruolo spettante alle Regioni65
in materia di valorizzazione.66
__________________________________
1 Sui concetti di tutela e valorizzazione
; Vedi in proposito ALIBRANDI-FERRI, I beni culturali e ambientali Giuffrè
Milano 1995 pag.417 ; STELLA ,RICHETER, SCOTTI, Lo statuto dei beni culturali
tra conservazione e valorizzazione, in I beni e le attività culturali a cura di
CATELANI e CATTANEO, CEDAM 2002 pag.497 ; TAMIAZZO, La legislazione dei beni
culturali e ambientali Giuffrè 2000 pag. 2 ss., CASINI, La valorizzazione dei
beni culturali in Rivista trimestrale di diritto pubblico 2001 pag.651.
2 L’art.117 comma 3° della Costituzione riconosce alle Regioni
una competenza legislativa concorrente nelle materie quali il governo del
territorio, la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali etc.(articolo
sostituito dall’art.3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3).
3 ALIBRANDI , Valorizzazione e tutela dei beni culturali: ruolo
dello Stato, in Foro amministrativo 1998 pag. 1635.
4 SANDULLI, La tutela del paesaggio nella Costituzione , in
Rivista giuridica dell’edilizia 1967 pt. II pag.74.
5 Questo orientamento risulta la sintesi dei lavori di un
Convegno dal tema <Il completamento dell’ordinamento regionale per il
rinnovamento e la riforma delle istituzioni> tenutosi a Milano il 28 e 29
gennaio 1977.> A conclusione di questo convegno fu approvato un documento sui
beni culturali.
6 Sentenza della Corte Costituzionale n. 358-359 del 1985 , in
Consiglio di Stato 1985 pt.II pag. 1750
7 Sentenza della Corte Costituzionale n. 151-153 del 1986 , in
Giurisprudenza Costituzionale 1985 pt.I pag. 2505
8 ROLLA , Beni culturali e funzione sociale, in Le regioni 1987
fasc. 1-2, pag. 54-55.
9 PELILLO, I beni culturali nella giurisprudenza costituzionale
: definizioni ,poteri , disciplina, in Aedon n.2/1998.
10 AINIS, Il decentramento possibile, in Aedon n.1/1998.
11 AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e
“valorizzazione” dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni
culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza
statale, in Aedon n.1/2003.
12 AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e
“valorizzazione” dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni
culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza
statale, in Aedon n.1/2003.
13 Art. 2 d.l. 14 dicembre 1974 n. 657, convertito il legge 29
gennaio 1975 n. 5. (legge istitutiva del Ministero dei beni culturali).
14 Il ministero dei Beni culturali
15 Si fa riferimento all’art.17 comma 131 l.15 maggio 1997 n.127
secondo la quale nell’esercizio della delega <il Governo può prevedere il
trasferimento della gestione di musei statali alle regioni, alle provincie o ai
Comuni.>.
16 GIANNINI , I beni culturali , in Rivista trimestrale di
diritto pubblico 1975 , pag. 36.
17 Art. 1 comma 3 lett. D) della legge 15 marzo 1997, n. 59
(Legge – Bassanini).
18 AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e
“valorizzazione” dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni
culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza
statale, in Aedon n.1/2003.
19 AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e
“valorizzazione” dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni
culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza
statale, in Aedon n.1/2003.pag.17.
20 Sentenza della Corte Costituzionale 28 marzo 2003 n. 94 in
Gazzetta ufficiale ,1°serie speciale , 2 aprile 2003 n.13.
21 POGGI, Verso una definizione di “bene culturale” ? , in
Aedon n.1 /2003.
22 Legge regionale Lazio 6 dicembre 2001 n.31
23 La corte costituzionale dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale riguardante gli artt.1-2-3-4-6 comma 1-7-9 della
Regione Lazio n.31 del 2001 in riferimento agli art.81-117 2° comma lett.
g),l),s) e comma 3° , art.118.
24 NOTA DI BENINI , alla sentenza della Corte Costituzionale 28
marzo 2003 n. 94 ,in Foro Italiano 2003 fasc. 5 (maggio) pag. 1308.
25 Art.2 2°comma e 3° comma della legge regionale.
26 BENINI, Nota alla sentenza n.94 del 2003 in Foro Italiano
fasc.5 (maggio) 2003, pag.1308.
27 Avvocatura dello Stato : Avv. Favara.
28 L’art.148 è riferito alle definizioni di tutela e
valorizzazione; l’art.149 è dedicato alla tutela; e l’art.152 è dedicato alla
valorizzazione.
29 NOTA DI BENINI , alla sentenza della Corte Costituzionale 28
marzo 2003 n. 94 ,in Foro Italiano 2003 fasc. 5 (maggio) pag. 1312.
30 FOA’, La legge regionale sulla tutela dei locali storici è
legittima perché non riguarda i beni culturali ma i beni a rilevanza culturale,
La corte costituzionale <sorvola> sulla distinzione tra tutela e valorizzazione,
in Le regioni n.6 /2003 pag.1236.
31 POGGI, Verso una definizione di “bene culturale” ? , in
Aedon n.1 /2003.
32 PELILLO , I beni culturali nella giurisprudenza
costituzionale : definizioni , poteri, disciplina , in Aedon n. 2/1998.
33 POGGI, Verso una definizione di “bene culturale” ? , in
Aedon n.1 /2003.
34 AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e
“valorizzazione” dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni
culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza
statale, in Aedon n.1/2003.pag.11.
35 Vedi in proposito, SCIULLO, Beni culturali e riforma
costituzionale , in Aedon 1/2001,pag.6 dove riconosce che “la nuova mappa delle
competenze legislative che deriva dal nuovo art. 117 appare del tutto
inadeguata", ritiene comunque di dover concludere nel senso che la disciplina
concernente la gestione dei beni culturali "risulta assegnata alla potestà
"piena" delle regioni".
36 POGGI , Dopo la revisione costituzionale : i beni culturali
e gli scogli del “decentramento possibile” , in Aedon n. 1/2002,.pag.5
37 Vedi in proposito, i ricorsi presentati contro l’art.33
della l.n.448/2001 proposti dalle Regioni Emilia-Romagna, Marche e Toscana, in
Aedon 1/2002, il ricorso della Regione Toscana in Aedon 2/2002, e NARDELLA,
L’art.33 della finanziaria 2002 davanti alla Corte Costituzionale, in Aedon
1/2002.
38 AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e
“valorizzazione” dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni
culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza
statale, in Aedon n.1/2003.
39 La versione originaria dello schema di regolamento , poi
parzialmente modificato in seguito al primo parere interlocutorio del Consiglio
di Stato del 1°luglio 2002 è pubblicato in Aedon 2/2002. Anche le modifiche allo
schema del regolamento non hanno consentito di superare il vaglio del Consiglio
di Stato.
40 Vedi in proposito ,ROCCO, Le società di gestione dei beni
culturali, in Aedon n. 3/2001.
41 AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e
“valorizzazione” dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni
culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza
statale, in Aedon n.1/2003.pag. 13.
42 AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e
“valorizzazione” dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni
culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza
statale, in Aedon n.1/2003, pag.14.
43 Consiglio di Stato sez. Consultiva per gli atti normativi,
parere n. 1794 Adunanza generale del 26 agosto 2002 in Aedon 2/2002 ;il quale ha
ad oggetto lo schema del d.m. recante disposizioni concernenti la costituzione e
la partecipazione a società da parte del Ministero per i beni e le attività
culturali a norma dell'articolo 10 del d.lg. 20 ottobre 1998, n. 368 e
successive modificazioni.
44 AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e
“valorizzazione” dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni
culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza
statale, in Aedon n.1/2003.pag.15
45 Vedi in proposito SANDULLI, La tutela del paesaggio nella
Costituzione , in Rivista giuridica dell’edilizia 1967 pt.II pag. 70.; VOLPE ,
Tutela del patrimonio storico-artistico nelle problematiche della definizione
delle materie regionali, in Rivista Trimestrale di diritto pubblico1971 pag.
375.
46 I beni che sono nella disponibilità del Ministero sono
:musei, archivi, biblioteche, aree archeologiche, siti monumentali.
47 AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e
“valorizzazione” dei beni culturali e sul ruolo del ministero per i beni
culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza
statale, in Aedon n.1/2003.
48 FERRI, Beni culturali e ambientali nel diritto
amministrativo, in Digesto Discipline pubblicistiche 1987 ,Vol.II pag.233.
49 PITRUZZELLA, art. 149 ,in Lo stato autonomista , Il Mulino
1998 pag.499.
50 Come risultante dal parere della Conferenza unificata del 10
dicembre 2003
51 SCIULLO, La tutela del patrimonio culturale, in Aedon
1/2004.
52 SCIULLO, La tutela del patrimonio culturale, in Aedon
1/2004.
53 Ora abrogato dall’art.184 del Codice.
54 PASTORI, Le funzioni dello Stato in materia di tutela del
patrimonio culturale, in Aedon 1/2004.
55 BARBATI, La valorizzazione del patrimonio culturale, in
Aedon 1/2004.
56 SCIULLO, Le funzioni, in Il diritto dei beni culturali, a
cura di BARBATI, CAMMELLI, SCIULLO, Il Mulino 2003 pag.58.
57 Si fa riferimento alla Riforma del Titolo V con
l’approvazione della legge costituzionale n.3/2001.
58 BARBATI, La valorizzazione del patrimonio culturale, in
Aedon 1/2004.
59 Infatti il riferimento alla “gestione” si ha solo nella
locuzione “forme di gestione” che da il titolo all’art.115 del Codice dei Beni
culturali.
60 BARBATI, L’attività di valorizzazione , in Aedon 1/2004. pag.34.
61 L’articolo 6 afferma al 1° comma “ La valorizzazione
consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette
a promuovere lo conoscenza del patrimonio culturale ed assicurare le migliori
condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso .Essa
comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione
del patrimonio culturale.”
62 L’art.6, secondo comma afferma : “la valorizzazione è
attuata in forme compatibili con la tutela e tali da non pregiudicare le
esigenze”.
63 L’art.6, terzo comma afferma : “ La Repubblica favorisce e
sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla
valorizzazione del patrimonio culturale.”
64 BARBATI, La valorizzazione del patrimonio culturale in Aedon
1/2004.pag.35.
65 Il ruolo delle regioni in materia di valorizzazione è
disciplinato dall’art.112 2°comma, del Codice con cui afferma che la
legislazione regionale “disciplina la valorizzazione dei beni presenti negli
istituti e nei luoghi della cultura non appartenenti allo Stato o dei quali lo
Stato abbia trasferito la disponibilità sulla base della normativa vigente”.
Vedi in proposito, BARBATI, Funzioni e compiti in materia di valorizzazione del
patrimonio culturale, in Aedon 1/2004.
66 BARBATI, La valorizzazione del patrimonio culturale in Aedon
1/2004
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 21/11/2005