Richiesta intervento
sostitutivo regionale per integrazione strumento urbanistico comunale relativa
ad area dove sono decaduti vincoli urbanistici: Problemi di tutela del privato
SALVATORE CASU
L’area assoggettata a vincolo decaduto, viene in linea di massima equiparata
alle zone bianche del territorio Comunale, prive di una regolamentazione
urbanistica.
Può quindi essere edificata solo nei limiti richiamati e stabili dall’art 4
della legge suoli, n 10/1977.
In seguito alla decadenza del vincolo sorge un specifico obbligo per il comune
di disciplinare nuovamente l’utilizzo urbanistico- edilizio delle aree rimaste
prive di una propria normativa. Tale obbligo può essere adempiuto mediante una
reiterazione del vincolo oppure attraverso una diversa regolamentazione
dell’area1.
La giurisprudenza amministrativa, ormai pacificamente, ritiene che a seguito
della decadenza del vincolo, il privato possa richiedere l’intervento
sostitutivo regionale.
Rimane però il problema di verificare se tale intervento sia ammissibile alla
luce del nuovo assetto costituzionale costituitosi in seguito alla riforma del
titolo V della Costituzione.
E’ necessario in premessa un breve excursus in merito alle problematiche del
controllo sostitutivo della regione sugli enti locali alla luce del nuovo quadro
costituzionale.
I poteri del tipo in esame, che comportano cioè la sostituzione di organi di un
ente a quelli di un altro, ordinariamente competente, nel compimento di atti,
ovvero la nomina da parte dei primi di organi straordinari dell’ente
“sostituito” per il compimento degli stessi atti, limitano l’autonomia del
sostituto costituzionalmente garantita e quindi necessitano di un
fondamento esplicito o implicito nelle norme o nei principi costituzionali che
tale autonomia prevedono e disciplinano2.
Questo presupposto è sotteso, esplicitamente o implicitamente, a tutta la
giurisprudenza costituzionale formatasi, in tema di poteri sostitutivi, prima
dell’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, sia pure con
prevalente riferimento ad ipotesi di sostituzione dello Stato alle Regioni
previste per la tutela di interessi unitari affidati alla finale responsabilità
dello Stato.
La modifica del quadro costituzionale realizzatasi in seguito alla riforma del
titolo V della Costituzione ha proposto la problematica del controllo
sostitutivo nell’ambito di un assetto costituzionale notevolmente differente.
Nel precedente assetto costituzionale (quello, appunto, del previgente Titolo V
della Parte II della Costituzione) le funzioni amministrative, nelle materie
elencate dall’articolo 117, primo comma, spettavano alle Regioni (articolo 118,
primo comma), e occorreva dunque rinvenire uno specifico fondamento
costituzionale per giustificare la collocazione in capo a organi statali di
poteri sostitutivi, che si risolvevano in altrettante ipotesi di esercizio di
funzioni amministrative regionali da parte dello Stato, in deroga alla
attribuzione costituzionale. Quanto agli enti locali territoriali, le loro
funzioni erano determinate in termini di principio dalle leggi generali della
Repubblica di cui all’articolo 128 della Costituzione (ora abrogato), non
avevano quindi un fondamento costituzionale La puntuale individuazione di tali
funzioni era rimessa, per le materie di competenza statale e quanto alle
funzioni “di interesse esclusivamente locale” inerenti alle materie di
competenza regionale (articolo 118, primo comma, della Costituzione, nel testo
previgente), alle leggi dello Stato, e, salvo quest’ultima ipotesi, per le
materie di competenza regionale, alle leggi regionali di “delega” o di
“conferimento” di funzioni.
In tale contesto, la eventualità della sostituzione di organi regionali a quelli
degli enti locali, mentre era esclusa nelle materie in cui la Regione non aveva
competenze legislative e amministrative (cfr. Cort. Cost, sentenza n. 104 del
1973), poteva invece fondarsi sulle leggi regionali di delega o di
“conferimento” di funzioni per le materie in cui, in base agli articoli 117 e
118 della Costituzione, le Regioni erano costituzionalmente titolari delle
competenze amministrative oltre che legislative. E infatti erano numerose le
ipotesi in cui leggi regionali, nel disciplinare l’esercizio di funzioni
afferenti a materie di competenza regionale, prevedevano poteri di intervento
sostitutivo della Regione nei confronti degli enti locali3.
Il sistema del nuovo Titolo V è improntato a criteri parzialmente diversi. Con
il nuovo assesto costituzionale il legislatore ha dato un fondamento
costituzionale al principio di sussidiarietà concentrando le funzioni
amministrative nei Comuni con i limiti derivati dal principio di
differenziazione e di adeguatezza dell’azione amministrativa. Cadute le norme
specifiche che attribuivano in via generale allo Stato il compito di definire le
funzioni amministrative degli enti locali (articoli 118, primo comma, e 128,
vecchio testo), il nuovo articolo 117, secondo comma, lettera p, ricomprende
nella competenza legislativa esclusiva dello Stato la determinazione delle sole
“funzioni fondamentali” di Comuni, Province e Città metropolitane; mentre il
nuovo articolo 118, primo comma, attribuisce in via di principio ai Comuni, in
tutte le materie, “le funzioni amministrative”, ma riserva la possibilità che
esse, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite, sulla base dei
principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato. Vi è quindi una “preferenza” generalizzata per
gli enti più vicini ai cittadini, ma anche un criterio flessibile, guidato da
principi generali, il principio di differenziazione e di adeguatezza, per la
concreta collocazione delle funzioni ai vari livelli di governo. L’assegnazione
di funzioni amministrative a livello sovracomunale deve riguardare quelle
funzioni che devono essere gestite a livello unitario. Poiché tale concreta
collocazione non può che trovar base nella legge, ne deriva che sarà la legge
statale o regionale, a seconda che la materia spetti alla competenza legislativa
dello Stato o della Regione, ad operare le scelte relative, nel rispetto dei
principi generali indicati.
E’ ciò che in sostanza risulta altresì dal nuovo articolo 118, secondo comma,
secondo cui gli enti locali subregionali (non solo i Comuni) “sono titolari di
funzioni proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le
rispettive competenze”. Quale che debba ritenersi il rapporto fra le “funzioni
fondamentali” degli enti locali di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera
p, e le “funzioni proprie” di cui al detto articolo 118, secondo comma, sta di
fatto che sarà sempre la legge, statale o regionale, in relazione al riparto
delle competenze legislative, a operare la concreta collocazione delle funzioni,
in conformità alla generale attribuzione costituzionale ai Comuni o in deroga ad
essa per esigenze di “esercizio unitario”, a livello sovracomunale, delle
funzioni medesime.
In questo quadro, anche l’eventuale previsione di eccezionali sostituzioni di un
livello ad un altro di governo per il compimento di specifici atti o attività,
considerati dalla legge necessari per il perseguimento degli interessi unitari
coinvolti, e non compiuti tempestivamente dall’ente competente, non può che
rientrare, in via di principio, e salvi i limiti e le condizioni di cui si dirà,
nello stesso schema logico, affidato nella sua attuazione al legislatore
competente per materia, sia esso quello statale o quello regionale.
La necessità di tale riserva di legge nasce dalla considerazione che “ se così
non fosse, si avrebbe infatti l’assurda conseguenza che, per evitare la
compromissione di interessi unitari che richiedono il compimento di determinati
atti o attività, derivante dall’inerzia anche solo di uno degli enti competenti,
il legislatore (statale o regionale) non avrebbe altro mezzo se non collocare la
funzione ad un livello di governo più comprensivo, assicurandone “l’esercizio
unitario” ai sensi del primo comma dell’articolo 118 della Costituzione:
conseguenza evidentemente sproporzionata e contraria al criterio generale insito
nel principio di sussidiarietà” 4.
Il nuovo articolo 120, secondo comma, della Costituzione si inserisce in questo
contesto, con la previsione esplicita del potere del Governo di “sostituirsi a
organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni” in
determinate ipotesi, sulla base di presupposti che vengono definiti nella stessa
norma costituzionale. L’ultimo periodo del comma prevede che sia la legge a
definire le procedure, relative evidentemente all’esercizio dei poteri
sostitutivi previsti dal periodo precedente.
La costituzionalizzazione del federalismo amministrativo, con la seguente
concentrazione delle funzioni amministrative agli enti locali, non poteva
comportare il venir meno del controllo sostitutivo statale volto ad assicurare
alcuni interessi unitari della nazione.
Si deve quindi ritenere che “la nuova norma deriva palesemente dalla
preoccupazione di assicurare comunque, in un sistema di più largo decentramento
di funzioni quale quello delineato dalla riforma, la possibilità di tutelare,
anche al di là degli specifici ambiti delle materie coinvolte e del riparto
costituzionale delle attribuzioni amministrative, taluni interessi essenziali –
il rispetto degli obblighi internazionali e comunitari, la salvaguardia
dell’incolumità e della sicurezza pubblica, la tutela in tutto il territorio
nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali – che il sistema costituzionale attribuisce alla responsabilità dello
Stato (cfr. infatti l’articolo 117, quinto comma, ultimo inciso, della
Costituzione, per gli obblighi internazionali e comunitari; l’articolo 117,
secondo comma, lettere h e m, rispettivamente per l’ordine e la sicurezza
pubblica e per i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali). Quanto all’“unità giuridica” e all’“unità economica”, quale
che ne sia il significato (che qui non occorre indagare), si tratta all’evidenza
del richiamo ad interessi “naturalmente” facenti capo allo Stato, come ultimo
responsabile del mantenimento della unità e indivisibilità della Repubblica
garantita dall’articolo 5 della Costituzione.” 5
Parte della dottrina ha ritenuto che con la riforma del Titolo Cost V e nel
rispetto dell’autonomia degli enti locali, ora costituzionalmente garantita,
dovesse ritenersi venuto meno ogni intervento sostitutivo distinto da quello
previsto dall’art.120 Cost..
Tale orientamento dottrinale non è stato però accolto dalla giurisprudenza
costituzionale recente in quanto “ l’articolo 120, secondo comma, non può essere
inteso nel senso che esaurisca, concentrandole tutte in capo allo Stato, le
possibilità di esercizio di poteri sostitutivi. In realtà esso prevede solo un
potere sostitutivo straordinario, in capo al Governo, da esercitarsi
sulla base dei presupposti e per la tutela degli interessi ivi esplicitamente
indicati, mentre lascia impregiudicata l’ammissibilità e la disciplina di
altri casi di interventi sostitutivi, configurabili dalla legislazione di
settore, statale o regionale, in capo ad organi dello Stato o delle Regioni o di
altri enti territoriali, in correlazione con il riparto delle funzioni
amministrative da essa realizzato e con le ipotesi specifiche che li possano
rendere necessari.
Il carattere straordinario e “aggiuntivo” degli interventi governativi previsti
dall’articolo 120, secondo comma, risulta sia dal fatto che esso allude a
emergenze istituzionali di particolare gravità, che comportano rischi di
compromissione relativi ad interessi essenziali della Repubblica, sia dalla
circostanza che nulla, nella norma, lascia pensare che si sia inteso con essa
smentire una consolidata tradizione legislativa, che ammetteva pacificamente
interventi sostitutivi, nei confronti degli enti locali, ad opera di organi
regionali, anche diversi dagli organi di controllo già previsti dall’ora
abrogato articolo 130 della Costituzione.
Pertanto è da escludere anche che da questa norma costituzionale si possa far
discendere una riserva a favore della legge statale di ogni disciplina
dell’esercizio di detti ulteriori poteri sostitutivi” ...6
Il giudice costituzionale ha quindi ritenuto che ’articolo 120, secondo comma,
non preclude dunque, in via di principio, la possibilità che la legge regionale,
intervenendo in materie di propria competenza, e nel disciplinare, ai sensi
dell’articolo 117, terzo e quarto comma, e dell’articolo 118, primo e secondo
comma, della Costituzione, l’esercizio di funzioni amministrative di competenza
dei Comuni, preveda anche poteri sostitutivi in capo ad organi regionali, per il
compimento di atti o di attività obbligatorie, nel caso di inerzia o di
inadempimento da parte dell’ente competente, al fine di salvaguardare interessi
unitari che sarebbero compromessi dall’inerzia o dall’inadempimento medesimi.
In quanto però si tratta di interventi sostitutivi che limitano l’autonomia
degli enti locali è necessario che siano sottoposti ai medesimi limiti
individuati dalla giurisprudenza costituzionale con riferimento all’intervento
sostitutivo delle regioni sugli enti locali e che possono identificarsi in:
1) In primo luogo, le ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi debbono
essere previste e disciplinate dalla legge (cfr. Cort.Cost, sentenza n.
338 del 1989), che deve definirne i presupposti sostanziali e procedurali.
2) In secondo luogo, la sostituzione può prevedersi esclusivamente per il
compimento di atti o di attività “prive di discrezionalità nell’an
(anche se non necessariamente nel quid o nel quomodo)” (Cort. Cost, sentenza n.
177 del 1988), la cui obbligatorietà sia il riflesso degli interessi unitari
alla cui salvaguardia provvede l’intervento sostitutivo: e ciò affinché essa non
contraddica l’attribuzione della funzione amministrativa all’ente locale
sostituito.
3) Il potere sostitutivo deve essere poi esercitato da un organo di governo
della Regione o sulla base di una decisione di questo (cfr. Cort. Cost, sentenze
n. 460 del 1989, n. 342 del 1994, n. 313 del 2003): ciò che è necessario stante
l’attitudine dell’intervento ad incidere sull’autonomia, costituzionalmente
rilevante, dell’ente sostituito.
4) La legge deve, infine, apprestare congrue garanzie procedimentali per
l’esercizio del potere sostitutivo, in conformità al principio di leale
collaborazione (cfr. ancora Cort. Cost, sentenza n. 177 del 1988), non a caso
espressamente richiamato anche dall’articolo 120, secondo comma, ultimo periodo,
della Costituzione a proposito del potere sostitutivo “straordinario” del
Governo, ma operante più in generale nei rapporti fra enti dotati di autonomia
costituzionalmente garantita. Dovrà dunque prevedersi un procedimento nel quale
l’ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare la sostituzione
attraverso l’autonomo adempimento, e di interloquire nello stesso procedimento (cfr.
Cort. Cost, sentenze n. 153 del 1986, n. 416 del 1995; ordinanza n. 53 del
2003).
La legittimità di un intervento sostitutivo regionale in materia urbanistica
deve quindi essere verificata in considerazione di tali criteri.
Da questo quadro istituzionale emerge a nostro avviso la necessità che
l’intervento sostitutivo debba essere considerato come estrema ratio in
ipotesi di inerzia dell’amministrazione comunale con riguardo a specifici
obblighi di legge ed in riferimento ad interessi essenziali tutelati
dall’amministrazione regionale che costituiscano dei limiti all’autonomia
comunale come indicato dalla sent . n 177/1988 della Corte Costituzionale.
Devono valere nel caso specifico le indicazioni che la giurisprudenza
costituzionale poste con riferimento all’intervento sostitutivo dello Stato in
relazione ad attività regionali. Che, in ragione della sentenza della Corte
Costituzionale n 43/2004, sono estendibili all’intervento sostitutivo della
regione sugli enti locali.
La Corte Costituzionale ha infatti ritenuto che l’intervento sostitutivo
costituisca “ …un potere collegato a posizioni di controllo o di
vigilanza, ovviamente esulanti da relazioni di tipo gerarchico, che può esser
esercitato dallo Stato soltanto in relazione ad attività regionali
sostanzialmente prive di discrezionalità nell'an (anche se non necessariamente
nel quid o nel quomodo), ora perchè sottoposte per legge (o norme equiparate) a
termini perentori, ora per la natura degli atti da compiere, nel senso che la
loro omissione risulterebbe tale da mettere in serio pericolo l'esercizio di
funzioni fondamentali ovvero il perseguimento di interessi essenziali che sono
affidati alla responsabilità finale dello Stato.
In secondo luogo, il controllo sostitutivo nei confronti di attività proprie
delle regioni può esser legislativamente previsto a favore dello Stato soltanto
come potere strumentale rispetto all'esecuzione o all'adempimento di obblighi
ovvero rispetto all'attuazione di indirizzi o di criteri operativi, i quali
siano basati su interessi tutelati costituzionalmente come limiti all'autonomia
regionale (v.Cort Cost , sentt. nn. 177 e 294 del 1986, 64 e 304 del 1987). Solo
in tali ipotesi, infatti, possono riscontrarsi interessi in grado di permettere
allo Stato, quando ricorrano le necessarie condizioni di forma e di sostanza per
un intervento sostitutivo, di superare eccezionalmente la separazione di
competenza tra lo Stato stesso e le regioni stabilita dalla Costituzione (o
dagli Statuti speciali) nelle materie attribuite all'autonomia regionale.
In sostanza si ritiene che in mancanza di un solido fondamento legislativo su
cui fondare l’intervento sostitutivo regionale, tale intervento potrebbe essere
cassato come illegittima lesione della sfera di autonomia costituzionalmente
garantita agli enti locali in materia di pianificazione urbanistica del proprio
territorio.
Tale soluzione non comporta una carenza di tutela per il privato.
La giurisprudenza amministrativa ha ammesso la possibilità di proporre un piano
di lottizzazione delle aree con vincoli decaduti. Proposta sulla quale il
Consiglio Comunale ha l’obbligo di esprimersi.
Il Consiglio di Stato ha infatti evidenziato che sebbene la decadenza del
vincolo comporti una situazione del tutto peculiare di area edificabile nei
limiti di cui all’art 4 legge n. 10/1977 (propri dei comuni privi di strumento
urbanistico generale), non risulta equiparabile ad un’area localizzata in un
Comune privo di uno strumento urbanistico generale, essendo situata in un’area
in cui le aree circostanti sono pianificate.
Da ciò si desume la non applicabilità alle aree in questione del divieto
assoluto di lottizzazione – che sussiste invece per i Comuni privi di strumento
Urbanistico e la conseguente possibilità per il comune di approvare un piano di
lottizzazione convenzionata che assuma un carattere di raccordo con le
circostanti pianificazioni generali o atuattive7.
Accanto a tali forme di tutela se ne aggiungono poi di nuove a seguito dei
mutamenti legislativi e giurisprudenziali intercorsi. Si tratta della tutela
risarcitoria ed indennitaria.
E’ infatti possibile agire in via giurisdizionale seguendo il procedimento del
silenzio rifiuto la cui concreta effettività è stata notevolmente implementata
in seguito alle disposizioni di cui all’art 21 bis della legge 6 dicembre 1971,n
1034, nel testo novellato dall’art 2 della legge 21 luglio 2000,n 205.
Se deriva a carico del fondo, come nel caso di specie, una protrazione del
divieto di ogni sua utilizzazione ( secondo i criteri fissati dalla Corte Cost n
177/1999) è ipotizzabile il diritto del proprietario ad un indennizzo come
sentenziato nella sopraccitata sentenza di accoglimento.
Il proprietario può poi , in considerazione delle norme introdotte dal gli artt
34 e 35 del D.lgs n 80/1998 , nonché del revivemant giurisprudenziale di Cass,
S.U., 22 luglio 1999, n 500, richiedere il risarcimento del danno qualora in
ragione di una diffida rimasta inottemperata o per altra causa, l’inerzia del
Comune sia qualificabile come illecito aquiliano.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 19/08/2005
_________________________
1 Tale
obbligo è stato ribadito di recente dal Consiglio di Stato (Consiglio di stato,
IV sez 28/1/2002 n 456 in riv. giur. Edil. 202,I 671) il quale ha sentenziato
che “ è certo che però, “in caso di inerzia del Comune, … il privato che vi
abbia interesse, può promuovere gli interventi sostitutivi della Regione oppure
agire in via giurisdizionale, seguendo il procedimento del silenzio-rifiuto” (A.p.,
n. 7/84).
2 Cort. Cost. Sent. n. 43/2004
3 Cort. Cost. sent. n. 43/2004
4 Cort. Cost. sent. n. 43/2004
5 Cort. Cost. sent. n. 43/2004
6 Cort. Cost. sent. n. 43/2004
7 Cfr. in tal senso C.S, V sez,1.-2-1995,n 163,in Giust Civ,1995,I,1686
ed in Riv.giur.edilizia,1995, I,414.