L’azione revocatoria. Natura giuridica, funzioni, lineamenti generali della disciplina. (*)
FEDERICO ROSELLI
. Funzione dell’azione
L’azione revocatoria costituisce il rimedio dato ai creditori dall’art. 2901
c.c. a tutela della loro garanzia patrimoniale generale (art. 2740 c.c.) contro
diminuzioni poste in essere dal debitore attraverso atti di disposizione, per
lo più negozi ad effetti reali ma anche alcune assunzioni di obbligazione.
Si tratta perciò di un rimedio inteso, al pari dell’azione surrogatoria, a conservare la garanzia del credito ossia ad assicurarne la soddisfazione coattiva; a differenza dell’azione surrogatoria, che serve a reagire all’inerzia del debitore, esso serve contro atti positivi del medesimo.
Quando il debitore, esercitando l’autonomia privata e per lo più il potere di disporre dei diritti, menoma il proprio patrimonio, rendendolo probabilmente insufficiente ad assicurare la realizzazione coattiva del credito, l’art. 2901 attribuisce al creditore il potere di ottenere la dichiarazione giudiziale di inefficacia dell’atto di disposizione e così di sottoporre i beni distratti all’azione esecutiva.
A norma dell’art. 1235, c. 1°, c.c. 1865 i creditori potevano «impugnare in proprio nome gli atti che il debitore [avesse fatto] in frode alle loro ragioni». Questa disposizione, che traduceva quasi alla lettera l’art. 1167 del codice francese, lasciava all’interprete di risolvere questioni relative anzitutto alla natura stessa dell’azione di impugnazione, introdotta nel diritto romano dal pretore insieme alla generalizzazione dell’esecuzione forzata patrimoniale in sostituzione di quella personale, e chiamata actio pauliana forse in epoca giustinianea.
Fu anzitutto dubbio, almeno in un primo tempo, se essa fosse un’azione esecutiva
oppure conservativa (lo stesso dubbio, si ricorderà, si era posto per l’azione
surrogatoria). Dottrina e parte della giurisprudenza ritenevano infatti che,
prima di impugnare l’atto del debitore, il creditore dovesse avere agito in sede
esecutiva, ivi facendo constatare l’insolvenza del debitore medesimo, e solo in
un secondo tempo si ammise che l’impugnativa potesse essere esercitata dal
creditore non munito di titolo esecutivo ed anche se il credito fosse sottoposto
a termine, essendo così sufficiente provare il semplice pericolo di insolvenza,
ossia di incapacità di adempiere. Con ciò l’azione si trasformava da strumento
esecutivo in strumento preventivo o cautelare, preordinato all’eventuale
esecuzione.
Parte della dottrina riteneva inoltre che l’espressione «in frode», adoperata
nell’art. 1235 cit., fosse un superato residuo del diritto romano, nel quale (Dig.
XXII, 1,38,4) l’azione, diretta contro la fraus creditorum, era personale ed
ex delicto: in realtà l’art. 1235 era collocato nella sezione del codice civile
disciplinante gli effetti delle obbligazioni e prevedeva non già una nuova
obbligazione, risarcitoria, a carico del debitore che avesse pregiudicato o
posto in pericolo le ragioni del creditore, bensì un’azione di nullità: il
legislatore tendeva sì ad eliminare il danno dei creditori, ma non col far
sorgere una obbligazione di risarcimento in favore dei medesimi, bensì con
l’ammettere che potesse essere dichiarato nullo o annullato l’atto da cui il danno proveniva. Ciò comportava che, una volta che l’azione avesse avuto esito
positivo e l’atto impugnato fosse consistito in un’alienazione, il bene
alienato sarebbe tornato nel patrimonio del debitore ed avrebbe potuto essere
oggetto, in caso di inadempimento, dell’azione esecutiva. Trattavasi perciò di
azione recuperatoria la quale, restituendo all’alienante la proprietà del
bene, gli avrebbe dato anche il potere di disporne di nuovo ed avrebbe destinato
il bene medesimo all’azione esecutiva di tutti i suoi creditori, e non solo di
quello che aveva agito in revocatoria.
Furono lo sviluppo dell’economia e, insieme, l’esigenza di tutelare il credito
senza imporre sacrifici inutili al debitore ed ai terzi, a trasformare
l’istituto attraverso l’opera del diritto vivente. Il codice civile del 1942
sanzionò questa tra-sformazione, attribuendo l’azione revocatoria «anche se il
credito è soggetto a condizione o a termine» (art. 2901, c. 1°) e precisando che
essa produceva l’inefficacia, e non la nullità, dell’atto impugnato, ciò
escludendone l’effetto restitutorio, ossia il ritorno del bene alienato nel
patrimonio del debitore alienante, giacché «il creditore, ottenuta la
dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti
le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell’atto
impugnato» (art. 2902, c. 1°). La Relazione ministeriale al codice precisa nel
n. 1182 che l’azione revocatoria «giova soltanto al creditore che l’ha proposta,
il quale, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere le azioni
conservative o esecutive sui beni che formano oggetto dell’atto impugnato,
osservando le forme prescritte dall’art. 602 ss. c.p.c. I beni non rientrano nel
patrimonio del debitore, ma la revoca è pronunciata col solo effetto di
assoggettarli alle azioni del creditore danneggiato». Con ciò rimane chiaro
altresì come la revocatoria serva non già all’esecuzione bensì alla
conservazione della garanzia patrimoniale generale di cui all’art. 2740.
Si dirà in seguito (§ 67) se soggetto passivo dell’azione sia soltanto il terzo
acquirente o anche il debitore alienante.
In ogni caso, poiché il bene rimane nella sfera d’appartenenza del terzo
acquirente, i creditori del medesimo possono far valere le loro ragioni su di
esso o sul prezzo ricavato dalla sua vendita, ma il creditore agente in
revocatoria è preferito a loro.
Qualora l’atto revocato sia consistito non in un negozio giuridico ad effetti
reali bensì nell’assunzione di un’obbligazione (infra, § 48), l’esercizio dell’azione
ha il seguente effetto: a) se l’obbligazione revocata non è stata ancora
adempiuta, il creditore revocante ha una ragione di preferenza, in sede
esecutiva, rispetto a colui che è divenuto creditore grazie all’atto revocato;
b) se l’obbligazione revocata è stata adempiuta, il primo creditore può
assoggettare all’azione esecutiva il bene passato, per effetto di adempimento,
nel patrimonio del secondo creditore soddisfatto.
Quando l’atto revocato sia consistito nella costituzione di una garanzia reale,
effetto della revoca è di escludere la ragione di preferenza del terzo
garantito. Analoga soluzione quando venga revocato un atto di conferimento in
società (infra, § 49).
Quanto alla questione dei frutti percepiti dal terzo fra il momento del suo
acquisto e quello della dichiarazione giudiziale di inefficacia, si ritiene che
la posizione del medesimo sia da equiparare a quella del debitore. E poiché
quest’ultimo nel caso di esecuzione non è tenuto alla restituzione dei frutti se
non dal momento in cui viene eseguito il pignoramento ed, in quanto sia stato
nominato custode del bene pignorato (art. 599 c.p.c.), analoga soluzione varrà
nei confronti del terzo, che non potrebbe essere chiamato a rispondere in misura
maggiore del suo dante causa.
È perciò in minoranza in dottrina la tesi secondo cui il terzo, se in buona
fede, acquista i frutti fino al giorno della domanda revocatoria e, se in mala
fede, deve restituirli fin dal giorno dell’acquisto, come se fosse possessore
del bene acquistato (art. 1148 c.c.).
La giurisprudenza, per contro, ritiene che i frutti non vadano restituiti, ossia
compresi nella garanzia patrimoniale del creditore surrogante, se percepiti
prima della domanda o addirittura prima della sentenza d’accoglimento.
Si tratta in definitiva di inefficacia del negozio dispositivo relativa
solamente al creditore vincitore in revocatoria, nonché parziale poiché
operante sul piano quantitativo, ossia sul piano del valore del bene oggetto
del negozio, tanto quanto basta alla soddisfazione coattiva del creditore
medesimo.
.
La revoca
Alcuni anni dopo l’abrogazione del codice civile del 1865 parte della dottrina
continuava nondimeno a considerare la revoca come sanzione di un illecito
civile.
Tesi sostenuta ancora oggi da alcuni autori, ma non persuasiva. Che un illecito
debba ravvisarsi nella fattispecie prevista nell’art. 2901, c. 1°, n. 2, seconda
ipotesi del codice civile vigente, non risulta essere posto in dubbio da
nessuno: si tratta del caso di revocabilità di un atto di disposizione compiuto
anteriormente al sorgere del credito ossia di un pregiudizio arrecato alla
garanzia patrimoniale prima ancora che essa venga costituita (cfr. art. 2740 c.c.: «… beni presenti e futuri …»). L’illiceità di natura extracontrattuale, dell’atto di disposizione è resa palese dal fatto che la revocabilità è
condizionata dal dover essere l’atto revocando frutto di dolosa preordinazione
(vedi infra, § 58): esso potrebbe dar luogo al risarcimento del danno in favore
del creditore secondo la regola generale dell’art. 2043 c.c.. Si trattà però di
ipotesi eccezionale, costruita dalla giurisprudenza in via pretoria già sotto
la vigenza del codice del 1865, seppure, in difetto di espressa previsione
legislativa, essa si presentasse come «assolutamente aberrante».
Al di fuori di questa ipotesi, oggi di diritto positivo, ossia nei casi, che
possono definirsi normali, in cui l’atto pregiudizievole alla garanzia
patrimoniale venga compiuto dal debitore quando il credito è già sorto, il
carattere illecito dell’atto medesimo e quindi l’effetto sanzionatorio della
revoca viene affermato da una parte della dottrina, ma senza base normativa.
S’è già detto (cap. I, § 6) della non configurabilità di un diritto soggettivo
del creditore, avente ad oggetto la garanzia patrimoniale generale ossia
l’intero patrimonio del debitore, e quindi dell’assenza di un obbligo, a carico
di questo, di non ridurre la garanzia attraverso la distruzione o l’alienazione
dei suoi beni.
La garanzia patrimoniale non sottrae, neppure dopo il pignoramento, il potere
di disposizione al debitore, i cui atti rimangono validi anche dopo essere stati
revocati (o i beni che ne siano oggetto siano stati pignorati), salvo il
persistente assoggettamento all’eventuale esecuzione forzata, stabilito
espressamente dagli artt. 2902 e 2910 c.c.; validità che si esplica non solo tra
le parti del negozio di disposizione, debitore e terzo acquirente, ma erga omnes.
Se l’atto di disposizione fosse qualificabile come illecito, il debitore
dovrebbe essere tenuto a risarcire il danno, e risponderebbe di tale obbligo
anche il terzo acquirente con tutto il suo patrimonio e non soltanto col bene
che ha formato oggetto dell’atto impugnato (art. 2902, c. 1°, cit.).
Se poi si concepisse l’assoggettamento di questo bene all’esecuzione forzata
esperita dal creditore come risarcimento in forma specifica (art. 2058 c.c.),
allora la sua impossibilità o eccessiva onerosità dovrebbe portare al
risarcimento in forma ordinaria. Ciò che non viene sostenuto né dagli autori che
considerano l’atto revocato come illecito perché contrario ai doveri gravanti
sul debitore ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., né da quelli che lo
qualificano come illecito contrattuale ossia definiscono «il sistema revocatorio
come un sottosistema della responsabilità civile, operante per speciali
categorie di danneggianti (i debitori ed i terzi, coinvolti negli atti di
disposizione) e di danneggiati (i creditori), in relazione ad uno speciale tipo
di danno: la lesione della garanzia patrimoniale». Ma la responsabilità civile
da atto lesivo della garanzia patrimoniale non viene affermata nemmeno da
quella giurisprudenza che, a prima lettura, sembra voler considerare la garanzia
come un bene distinto dal credito.
Che poi alcune sentenze, per ragioni di bilanciamento degli interessi del
creditore, del debitore e del terzo acquirente (retro, cap. I, § 5), tendano a
valorizzare l’atteggiamento psicologico di quest’ultimo, parte nell’atto di
disposizione oneroso, e così a negare la revoca quando non emerga la malizia, è
un dato che non comporta la qualificabilità oggettiva dell’atto come illecito.
A suo tempo si dirà dei diversi problemi attinenti alla posizione del terzo
acquirente ed alla sua responsabilità per atto o comportamenti contrastanti con
lo specifico obbligo di conservazione nascente a suo carico dalla sentenza di
revoca (infra, § 65).
In conclusione l’attuale e dettagliata disciplina dell’azione revocatoria,
contenuta nell’art. 2901 c.c., come porta ad escludere l’invalidità dell’atto
revocando così non permette di ravvisarvi un atto illecito; è vero quanto
affermato da chi vide nel passaggio dall’art. 1235 c.c. del 1865 all’art. 2901
c.c. del 1942 «una progressiva e lenta evoluzione dell’istituto da sanzione
alla frode del debitore a mezzo di tutela del creditore»: evoluzione favorita
dalla dottrina e della giurisprudenza, le quali svuotarono dall’interno il
concetto di frode e costruirono uno strumento di protezione oggettiva del
credito.
Questa protezione tende a conservare l’integrità della garanzia patrimoniale: i
beni alienati continuano ad essere sottoposti all’eventuale esecuzione forzata
pur non facendo più parte del patrimonio del debitore ed il terzo è esposto a
tale esecuzione come se su quei beni gravasse un diritto di séguito del
creditore, il quale è preferito ai creditori dell’acquirente.
.
Azione di mero accertamento
Mentre sul piano sostanziale la garanzia patrimoniale si risolve così in una
limitazione del potere di disporre del creditore e nella conseguente
inefficacia, relativa e parziale, di certi atti di disposizione, sul piano
processuale l’azione revocatoria si qualifica come di mero accertamento, e non
costitutiva, come quelle di annullamento o di risoluzione o di rescissione, e
neppure di condanna ad una restituzione o ad un risarcimento.
Si è voluto ultimamente vedere una contraddizione fra questa definizione
dell’azione ed una giurisprudenza alquanto recente, che riprende la
chiovendiana nozione dell’azione giudiziaria quale diritto soggettivo
potestativo (ossia diritto che non esprime alcuna pretesa sostanziale a che
altri dia o faccia, ma vede il titolare passivo in stato di mera soggezione)
onde negare che la prescrizione di cui all’art. 2903 c.c. possa essere
interrotta attraverso un atto intimativo ossia la costituzione in mora di cui
all’art. 2943, c. 4°, c.c. Per quel che qui rileva, la riconduzione dell’azione
al diritto potestativo ne comporterebbe l’efficacia non meramente dichiarativa
ma costitutiva. Ora, nulla da obiettare contro l’affermazione secondo cui la
costituzione in mora è concepibile per la realizzazione di un credito e non di
un diritto potestativo, la cui prescrizione non può perciò essere interrotta con
un atto d’intimazione, ma ciò non significa che l’azione d’accertamento, la
quale attraverso la dichiarazione giudiziale introduce qualcosa di nuovo (la
certezza) nell’ordinamento, non possa essere riportata al diritto potestativo. È
questione di parole e quel che conta è l’efficacia sicuramente retroattiva
della sentenza revocatoria; non si dubita che, passata in giudicato la
pronuncia d’accoglimento, il bene, oggetto dell’alienazione revocata, debba
considerarsi nei confronti del creditore come mai uscito dal patrimonio del
debitore, con conseguente validità, ad es., dell’ipoteca iscritta anteriormente
su di esso e la possibilità per il creditore di attuare la garanzia speciale,
sotto il duplice profilo dell’espropriazione del bene e del soddisfacimento
preferenziale sul prezzo ricavato dalla vendita( continua ).
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(*) Omesse le note di riferimento bibliografico e giurisprudenziale, queste
pagine trascrivono una parte del primo capitolo della monografia ( F. ROSELLI,
Responsabilità patrimoniale. I mezzi di conservazione, Giappichelli editore,
Torino 2005 , pp. 319 ) che è volume del Trattato di diritto privato diretto da
Mario Bessone e comprensivo dei contenuti già ampiamente indicati dall’Indice
dell’opera (**) .
(* *)
INDICE
CAPITOLO PRIMO
LA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE
1. Dal codice civile del 1865 al codice civile del 1942. Adempimento e
responsabilità patrimoniale 1
2. Responsabilità e garanzia 3
3. Responsabilità del debitore e poteri del creditore. Rilevanza costi-tuzionale
di questi 7
4. Responsabilità patrimoniale e diverse forme di esecuzione forzata 10
5. Gli interessi coinvolti nel sistema della responsabilità patrimoniale 13
6. Non configurabilità di un diritto soggettivo del creditore sul patri-monio
del debitore 19
7. Diminuzione della garanzia patrimoniale e lesione del credito 24
8. I beni, appartenenti al debitore o ad un terzo, aggredibili dal credi-tore 25
9. Atti di disposizione del patrimonio compiuti dal debitore 28
10. Limitazioni della responsabilità patrimoniale 30
11. Patrimoni di destinazione 32
12. Persistenza del nucleo dell’art. 2740 36
13. Esempi 42
14. La responsabilità patrimoniale della pubblica amministrazione 45
15. Tutela preventiva del credito in caso di diminuzione della garanzia
patrimoniale 47
CAPITOLO SECONDO
L’AZIONE SURROGATORIA
16. Origine dell’azione surrogatoria 53
17. Suo fondamento 57
18. Il potere di surrogazione come diritto potestativo 58
19. Gli interessi, del creditore e del debitore, alla base dell’azione
sur-rogatoria 61
20. La posizione processuale del creditore 63
21. Funzione soltanto conservativa dell’azione 66
22. L’adempimento diretto al creditore, da parte del «debitor debito-ris» 72
23. Il credito quale situazione soggettiva che legittima all’azione 73
24. Fatti impeditivi di detta legittimazione 76
25. L’attualità del credito 79
26. Pretese esercitabili in via surrogatoria 86
27. Surrogatoria e contratto preliminare 89
28. Esercizio in via surrogatoria di diritti potestativi 92
29. Compimento di atti conservativi ed esercizio di azioni cautelari 95
30. Patrimonialità del diritto del debitore 97
31. Diritti aventi ad oggetto beni impignorabili 101
32. Diritti strettamente personali 102
33. L’inerzia del debitore 109
34. Il pericolo per la garanzia patrimoniale del creditore 113
35. Efficacia soggettiva dell’azione surrogatoria 117
36. L’esercizio giudiziale del diritto del debitore 120
37. Posizione processuale del debitore 122
38. Proponibilità delle impugnazioni in surrogatoria 123
39. L’onere della prova 126
40. Il potere di disporre della pretesa fatta valere in surrogatoria 128
41. Il debitore surrogato quale litisconsorte necessario 129
CAPITOLO TERZO
L’AZIONE REVOCATORIA
42. Funzione dell’azione 131
43. La revoca 135
44. Azione di mero accertamento 138
45. Efficacia dell’azione, conservativa e non satisfattiva 139
46. Il credito tutelato 140
47. L’atto da revocare 146
48. Segue. La disposizione patrimoniale 150
49. Segue. Altri atti di disposizione revocabili 156
50. L’adempimento del debito scaduto 163
51. La dazione in pagamento 166
52. La vendita conclusa per adempiere 167
53. L’eventus damni 169
54. Momento dell’eventus damni. Nesso di derivazione dall’atto di dispo¬sizione
172
55. Creditore munito di garanzia reale 174
56. Azione revocatoria e solidarietà passiva 175
57. I momenti di nascita del credito e di compimento dell’atto di dispo¬sizione
176
58. L’elemento soggettivo 179
59. La doppia alienazione immobiliare 183
60. Atti di disposizione onerosi e gratuiti 187
61. Segue. Esempi 189
62. Le prestazioni di garanzia 193
63. Effetti della revocatoria 196
64. Responsabilità dell’acquirente 198
65. Trascrizione della domanda di revoca e posizione dei subacquirenti 201
66. Questioni sulla competenza 202
67. Legittimazione, attiva e passiva, alla causa 203
68. Onere della prova 207
69. La prescrizione 208
70. La revocatoria ordinaria nel fallimento 210
71. Segue. Prescrizione 215
72. Passaggio dalla revocatoria ordinaria a quella fallimentare 216
73. Applicabilità dell’art. 2903 c.c. alla revocatoria fallimentare 217
74. La revocatoria penale 218
CAPITOLO QUARTO
MEZZI DI TUTELA DEL CREDITO CON ELEMENTI SIMILI
A QUELLI DELLA SURROGATORIA E DELLA REVOCATO-RIA
75. Premessa 223
76. Eredità beneficiata. Tutela dei creditori ereditari 224
77. Separazione dei beni del defunto da quelli dell’erede 225
78. Impugnazione della rinuncia all’eredità 227
79. Azione di adempimento del modo o onere 229
80. Intervento nel giudizio di devoluzione dell’enfiteusi 230
81. Intervento in giudizio dei creditori dell’usufruttuario 231
82. Intervento dei creditori nella divisione 232
83. Compensazione opposta da terzi garanti 233
84. Legittimazione all’azione di simulazione del contratto 233
85. Azione diretta del locatore contro il subconduttore 235
86. Azione diretta del lavoratore contro l’appaltante 237
87. Le azioni del mandante contro il terzo 239
88. L’azione del danneggiato contro l’assicuratore 241
89. Azione del lavoratore per conservare il fondo speciale di previden-za 242
90. Azione di responsabilità a carico degli amministratori sociali 243
91. Opposizioni dei creditori sociali 245
92. Azione di purgazione dell’ipoteca 248
93. Opposizione del creditore al pagamento ad altro creditore 249
94. Opposizione della prescrizione 250
95. Opposizione revocatoria 251
96. Sostituzione esecutiva 253
97. L’azione di accertamento del credito pignorato 254
98. L’azione dell’equipaggio per il compenso di assistenza o di salva-taggio 255
CAPITOLO QUINTO
IL SEQUESTRO CONSERVATIVO
099. La funzione del sequestro conservativo 259
100. Casi speciali di sequestro, diversi dal sequestro conservativo 264
101. Il credito quale fonte di legittimazione 266
102. Credito a termine, condizionato, eventuale 270
103. Il credito della parte civile nel processo penale 273
104. Fumus boni iuris e periculum in mora 274
105. Credito munito di garanzia speciale. Debito solidale. Sequestro presso se
stesso 277
106. Credito munito di titolo esecutivo 279
107. Beni sequestrabili 280
108. Quote di società di persone 285
109. Riduzione del sequestro 287
110. Efficacia del sequestro 287
111. Atti di disposizione della cosa sequestrata 291
112. Conversione in pignoramento. Se il sequestro giovi ad altri credito-ri 293
113. Trascrizione 294
114. Il sequestro nei confronti del terzo acquirente 295
115. Il sequestro penale 296
116. Responsabilità aggravata 298
INDICE ANALITICO 301
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 22/12/2005