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IL “GIUSTO PROCESSO” NELL’ART. 111, COMMA 1, COST.: NOZIONE E FUNZIONE
GIUSEPPE VIGNERA
Magistrato
SOMMARIO: 1. Le modifiche apportate all’art. 111 Cost. dall’art. 1 l. cost. 23 novembre 1999 n. 2. – 2. Le interpretazioni “minimalista” e “massimalista” del “nuovo” art. 111, commi 1 e 2, Cost. – 3. La nozione di “giusto processo” ex art. 111, comma 1, Cost. – 4. (Segue) Nostra opinione: la clausola del “giusto processo” quale “norma di apertura” del sistema delle garanzie costituzionali della giurisdizione.
1. – Le modifiche apportate all’art. 111 Cost. dall’art. 1 l. cost. 23 novembre 1999 n. 2.
___________________________________
[1] Su tale garanzia
rinviamo alle osservazioni da noi fatte in ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti
costituzionali della giustizia civile, Torino, 1997, 191 ss., dove [previo
esame critico della c.d. concezione democratica dell’obbligo costituzionale
della motivazione (ravvisante in esso lo strumento per il controllo popolare
sull’attività giurisdizionale: in questo senso v. specialmente TARUFFO, La
motivazione della sentenza civile, Padova, 1975, 370 ss.,
405 ss.) e della c.d. concezione istituzionale dell’obbligo stesso
(individuante il profilo funzionale di codesto obbligo nell’effettività del
sindacato di legittimità conferito alla Corte di cassazione dallo stesso
art. 111 Cost., sindacato che “non sarebbe possibile se le sentenze ed i
provvedimenti sulla libertà personale non consentissero di ricostruire
l’iter logico-giuridico attraverso il quale il giudice è pervenuto alla
decisione”: DENTI, La magistratura, IV, in Commentario della Costituzione, a
cura di Branca, art. 111-113, Bologna-Roma, 1987, 1, 8-9)] l’obbligo in
discorso viene configurato quale condizione minima di effettività del
principio di legalità dell’attività giurisdizionale ex art. 101, comma 2,
Cost.
[2] Sulla funzione di tale mezzo d’impugnazione (consistente nel garantire
pienamente il valore della legalità ex art. 101, comma 2, Cost. nei
confronti dei provvedimenti decisori e sulla libertà personale), sul suo
oggetto (rappresentato dalla sentenza in senso sostanziale, caratterizzata a
sua volta dalla coesistenza dei requisiti della decisorietà e della
definitività) e sui motivi deducibili con esso [rappresentati da quelli ex
art. 360, nn. 1-4, c.p.c., nonché dal vizio della motivazione sotto i
profili dell’inesistenza, della contraddittorietà o della mera apparenza,
limitatamente ai casi in cui esso (vizio) risulta dal testo del
provvedimento impugnato] rinviamo sempre ad ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti
costituzionali della giustizia civile, cit., 205 ss.
[3] Sul ricorso per cassazione nel sistema della giustizia amministrativa v. BERLATI, “Limiti esterni” della giurisdizione amministrativa e ricorso in
Cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato, in Arch. civ., 1997,
241; MARINO, Corte di cassazione e giudici “speciali” (Sull’interpretazione
dell’ultimo comma dell’art. 111 Cost.), in Giur. it., 1993, IV, 14.
[4] Le norme attuative di questa parte della riforma costituzionale sono
state date con la l. 1° marzo 2001 n. 63 (Modifiche al codice penale ed al
codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della
prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell’art. 111 Cost.).
[5] Precisiamo subito che nella nostra esposizione il concetto di
“procedimento” e quello di “processo” verranno usati promiscuamente, poiché
non ci sembra fondata su dati normativi positivi la loro distinzione
incentrata sulla mancanza nel primo e sulla presenza nel secondo del
contraddittorio tra le parti [in questo senso v. particolarmente FAZZALARI,
Diffusione del processo e compiti della dottrina, in Riv. trim. dir. proc.
civ., 1958, 861; Valori permanenti del processo, in Riv. dir. proc., 1989,
10; Istituzioni di diritto processuale, Padova, 1996, passim, spec. 73 ss.;
Processo (teoria generale), Noviss. dig. it., XIII, 1067; “Procedimento e
processo (Teoria generale), in Enc. dir., XXXV, 819, spec. 827 ss.;
Procedimento e processo (teoria generale), in Digesto, Disc. priv., Sez. civ.,
XIV, 648, spec. 653 ss. La distinzione tra procedimento e processo nei
termini predetti è recepita da PICARDI, Dei termini, in Commentario del
codice di procedura civile diretto da Allorio, I, 2, Torino, 1973, 1532 ss.,
spec. 1544 ss.; La dichiarazione di fallimento dal procedimento al processo,
Milano, 1974, passim, spec. 133 ss., 154 ss.].
Assolutamente condivisibile ci pare, infatti, l’osservazione di MONTESANO,
La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1985, 7, secondo cui “l’unico
dato certo, che abbia rilievo per l’interprete del diritto positivo, … par
quello che tale diritto non usa la parola <<processo>> per definire
procedimenti che non siano giudiziari, più precisamente ove non operi il
giudice, e la riserva, prevalentemente, a quei procedimenti giudiziari, le
cui funzioni sono giurisdizionali necessarie” (sulle quali v. pag. 17 e ss.).
Per più approfonditi rilievi critici ci permettiamo rinviare a quanto da noi
scritto in ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia
civile, cit., 113-114, nota 7.
[6] Per questa (indiscussa ed indiscutibile, peraltro) opinione v. esemplificativamente BOVE, Art. 111 Cost. e <<giusto processo civile>>, in
Riv. dir. proc., 2002, 479, 483-484, secondo cui anzi ai canoni del “giusto
processo” devono attenersi pure “la giurisdizione privata, ossia l’arbitrato
(rituale), e la giurisdizione straniera, perché esse hanno ormai assunto nel
nostro ordinamente piena ed autonoma rilevanza nel momento in cui il
legislatore ha statuito l’efficacia del lodo arbitrale e della sentenza
straniera a prescindere da ogni atto di recezione del giudice pubblico” (v.
per l’arbitrato gli artt. 823, comma 4, 827, comma 2, e 828, commi 1 e 2,
c.p.c.; e per le sentenze straniere l’art. 64 della l. 31 maggio 1995 n.
218).
[7] Sulle “imprecisioni od incertezze semantiche” caratterizzanti le
disposizioni costituzionali del 1999 v. le perspicue osservazioni di COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella dimensione comparatistica, in
Riv. dir. proc., 2002, 702, 739-740, il quale esattamente rileva (tra
l’altro) che la giurisdizione “non si <<attua>>, ma semmai <<si esercita>> o
viene <<esercitata>> dai giudici che ne siano titolari, come è possibile
argomentare dall’art. 1 c.p.c.”.
[8] E’ inutile rammentare come attualmente, in tale materia, il dibattito
tenda quasi sempre a degenerare nello scontro tra gli opposti schieramenti
politici.
[9] COSTANTINO, Il giusto processo di fallimento, in La tutela dei crediti
nel giusto processo di fallimento, a cura di Didone e Filippi, Milano, 2002,
1 ss., 5-6.
[10] Sulla genesi ideologico-politica e culturale del “nuovo” art. 111 Cost.
v. per tutti COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella dimensione
comparatistica, cit., 710 ss.; TROCKER, Il nuovo articolo 111 della
costituzione e il <<giusto processo>> in materia civile: profili generali,
in Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, 381, 383 ss.
[11] V. paradigmaticamente CHIARLONI, Il nuovo articolo 111 della
Costituzione e il processo civile, in Il nuovo articolo 111 della
Costituzione e il giusto processo civile, a cura di Civinini e Verardi,
Milano, 2001, 13 ss.
Nello stesso senso DIDONE, La Corte costituzionale, la ragionevole durata
del processo e l’art. 696 c.p.c., in Giur. it., , 2000, 1127, 1128-1129, che
tra i sostenitori di tale tesi menziona pure LUISO, Relazione svolta al
convegno Il nuovo art. 111 della Costituzione e il “giusto processo” in
materia civile, Campobasso, 26 febbraio 2000.
[12] V. esemplificativamente COSTANTINO, Il giusto processo di fallimento,
cit., 8-9.
[13] CHIARLONI, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il processo
civile, cit., 16.
E’ facile rilevare come tale previsione sia stata smentita dai fatti: dopo
circa tre anni, invero, sulla riforma in questione il dibattito è pienamente
in corso!
[14] CHIARLONI, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il processo
civile, cit., 14.
[15] COSTANTINO, Il giusto processo di fallimento, cit., 6.
[16] COSTANTINO, Il giusto processo di fallimento, cit., 9.
[17] Avevamo segnalato tale fenomeno in ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti
costituzionali della giustizia civile, cit., 186-187 (e già prima ne Il
modello costituzionale del processo civile italiano, Torino 1990, 167-168).
[18] Cfr. BALLERO, Tutela sostanziale del diritto di difesa e nuovo corso
della giurisprudenza costituzionale, in Giur. cost., 1972, 996, 997; BARILE,
Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1982, 360; CAPPELLETTI, Diritto di
azione e di difesa e funzione concretizzatrice della giurisprudenza
costituzionale. (Art. 24 Costituzione e “due process of law clause”), in
Giur. cost., 1961, 1284, 1286 ss.; MONTESANO, Sull’efficacia, sulla revoca e
sui sindacati contenziosi dei provvedimenti non contenziosi dei giudici
civili, in Riv. dir. civ., 1986, I, 591, 597-598; ID., “Dovuto processo” su
diritti incisi da giudizi camerali e sommari, in Riv. dir. proc., 1989, 915,
917 ss.; SCAPARONE, Rapporti civili, in Commentario della Costituzione a
cura di Branca, art. 24-26, Bologna-Roma, 1981, 82, 84; SERGES, Il principio
del “doppio grado di giurisdizione” nel sistema costituzionale italiano,
Milano, 1993, 115 ss.
[19] V. Corte cost. 31 maggio 1996 n. 177, in Foro it., 1996, I, 2278; 20
maggio 1996 n. 155, ivi, 1996, I, 1898; 15 settembre 1995 n. 432, ivi, 1995,
I, 3068; 30 aprile 1986 n. 120, ivi, 1986, I, 1753; 22 aprile 1986 n. 102,
ivi, 1986, 1762; 26 marzo 1986 n. 66, ivi, 1986, 1496.
Per una completa elencazione delle decisioni della Corte costituzionale
richiamanti la nozione di “giusto processo” v. CECCHETTI, Giusto processo
(Diritto costituzionale), in Enc. dir., Aggiornamento, V, 595, 597 ss.
[20] In tal senso v. specificamente l’articolo di Cappelletti richiamato
nella nota 18.
Sul principio in parola v. COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella
dimensione comparatistica, cit., 714 ss.; RE, Due process of law, in Enc.
giur., XII; VIGORITI, Due process of law, in Digesto, Disc. priv., Sez.
civ., VII, 228
[21] Così CHIARLONI, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il processo
civile, cit., 16.
[22] TROCKER, Il nuovo articolo 111 della costituzione e il <<giusto
processo>> in materia civile: profili generali, cit., 386, il quale così
contesta (giustamente) l’esattezza della nozione divisata da SCOTTI, Il
testo sulla giustizia approvato dalla commissione bicamerale, in Doc.
giust., 1997, 2183, 2184 (per la stessa nozione v. pure LOZZI, Lezioni di
procedura penale, Torino, 2000, 17).
Per analogo rilievo v. pure COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella
dimensione comparatistica, cit., 740.
[23] Son parole di COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella dimensione
comparatistica, cit., 740.
[24] Tale nozione è fatta propria da COSTANTINO, Il giusto processo di
fallimento, cit., 8-9; FERRUA, Il “giusto processo” in Costituzione, in
Diritto e giustizia, 2000, f. 1, 5.
[25] V. nota 1.
[26] V. nota 2.
[27] V. ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile,
cit., 21 ss., dove vengono esaminati il profilo sostanziale della garanzia
de qua (rappresentato dalla parte della norma che impone la precostituzione
del giudice) ed il suo profilo formale (rappresentato dalla parte della
norma che copre la materia della precostituzione stessa con una riserva di
legge).
[28] Sul diritto alla prova, sulla sua correlazione con la garanzia
costituzionale dell’azione e sulle sue proiezioni sulla disciplina positiva
delle prove civili v. ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della
giustizia civile, cit., 97 ss.
[29] Sul diritto alla tutela cautelare quale condizione di effettività della
garanzia costituzionale dell’azione e sulle “oscillazioni” giurisprudenziali
in subiecta materia v. ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della
giustizia civile, cit., 66 ss.
[30] V. Corte cost. 24 aprile 1996 n. 131, in Foro it., 1996, I, 1489.
[31] Per analogo rilievo v. pure BOVE, Art. 111 Cost. e <<giusto processo
civile>>, cit., 493.
[32] Ci stupisce, pertanto, l’entusiasmo manifestato nei confronti di tale
nozione da CECCHETTI, Giusto processo (Diritto costituzionale), cit., 598,
secondo cui la surricordata formula espressa da Corte cost. 24 aprile 1996
n. 131 “è divenuta punto di riferimento essenziale per l’interprete”.
[33] Per questo significato del “giusto processo” (già da noi intravisto in ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile, cit.,
187, anche sulla base delle considerazioni di SCAPARONE, Rapporti civili, in
Commentario della Costituzione a cura di Branca, art. 24-26, cit., 84, che a
proposito dell’art. 24, comma 2, Cost. parla icasticamente di “disposizione
generica ed <<aperta>> cosicchè, qualora l’esperienza dimostrasse e la
coscienza collettiva riconoscesse l’utilità, ai fini di una più efficace
difesa dell’imputato, di un qualsiasi altro diritto, potere o facoltà, anche
questo dovrebbe immediatamente dirsi compreso nella garanzia offerta dalla
norma in esame”) v. BOVE, Art. 111 Cost. e <<giusto processo civile>>, cit.,
493 ss. (che parla di “autonoma garanzia, ancorchè indeterminata”, dalla
quale la Corte costituzionale può trarre “la necessità di rispettare
garanzie ulteriori rispetto a quelle esplicitate nel 2° comma dello stesso
articolo” 111 Cost.); COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella
dimensione comparatistica, cit., passim, spec. 751 ss. [dove si rileva in
particolare che la nozione de qua “si configura quale sintesi superiore (e,
sul piano tecnico, quale <<categoria ordinante>>) di più valori sottesi ad
una ben determinata ideologia di giustizia – con forti componenti
etico-deontologiche, basate sull’inviolabile rispetto dei diritti
fondamentali della persona – nonché quale risultante di talune scelte
fondamentali di civiltà e di democrazia, che appartengono per millenaria
tradizione alla natural justice”]; CONTI, Giusto processo (Diritto
processuale penale), in Enc. dir., Aggiornamento, V, 627, 628 (“Preferibile
appare la tesi secondo cui la locuzione allude ad un concetto ideale di
Giustizia, preesistente rispetto alla legge e direttamente collegato a quei
diritti inviolabili di tutte le persone coinvolte nel processo che lo Stato,
in base all’art. 2 cost., si impegna a riconoscere”); TROCKER, Il nuovo
articolo 111 della costituzione e il <<giusto processo>> in materia civile:
profili generali, cit., 386 (“giusto è il processo che si svolge nel
rispetto dei parametri fissati dalle norme costituzionali e dei valori
condivisi dalla collettività”); nonché sostanzialmente PIVETTI, Per un
processo civile giusto e ragionevole, in Il nuovo articolo 111 della
Costituzione e il giusto processo civile, a cura di Civinini e Verardi,
cit., 55 ss., 61-61 (“il principio del giusto processo è stato reso comando
autonomo, il cui significato – in mancanza di prescrittive definizioni
normative – non può che essere ricavato dall’interprete in base ad una
molteplicità di elementi non definita a priori”).
Lo stesso COSTANTINO, Il giusto processo di fallimento, cit., 7, dopo avere
scritto nel testo che “il processo <<giusto>> è quello che la legge, nel
caso di specie la Costituzione, definisce tale”, riconosce (alla fine della
nota 10) che “la effettiva portata dei nuovi principi costituzionali è
destinata ad essere definita dalla giurisprudenza”.
Del tutto ambigua si rivela, infine, la posizione di CECCHETTI, Giusto
processo (Diritto costituzionale), 605 ss., secondo cui “la corretta
ricostruzione della nozione di <<giusto processo>>, come formula di sintesi,
<<aperta>> e suscettibile di espansioni e integrazioni (rispetto al testo
dell’art. 111, ma pur sempre rigorosamente nell’ambito di quanto si può
ricavare dal sistema del diritto costituzionale positivo, impone di
respingere non soltanto ogni riferimento a concezioni che in qualche modo
riecheggino il <<diritto naturale>>, ma anche quelle posizioni
(manifestatesi da più parti) tendenti a <<svalutare>> la portata
autenticamente normativa dell’espressione <<giusto processo>>”: la superiore
puntualizzazione da noi trascritta in corsivo, invero, non solo mal si
concilia con il riconoscimento della “portata autenticamente normativa
dell’espressione <<giusto processo>>”, ma ci sembra pure pericolosamente
indonea a comprimere quelle che abbiamo sopra definito “potenzialità
espansive” della norma de qua.
[34] V., anche per indicazioni, COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella
dimensione comparatistica, cit., 715.
[35] Tale Convenzione, com’è noto, è stata ratificata in Italia con la l. 4
agosto 1955 n. 848.
[36] Per un quadro panoramico di tali Accordi e delle relative garanzie
processuali v. sempre COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella
dimensione comparatistica, cit., 721 ss.
[37] Così, icasticamente, COMOGLIO, Le garanzie fondamentali del <<giusto
processo>>, in Nuova giur. civile commentata, 2001, II, 1, 6.
[38] V. gli scritti e le decisioni ricordati alle note 18 e 19.
[39] Di “direttiva di razionalità tutelata dall’art. 3, comma 1, Cost.” la
Corte costituzionale ha incominciato a parlare ex professo verso la metà del
1980 (v. in particolare Corte cost. 28 giugno 1985 n. 190, in Foro it.,
1985, 1, 1881; 23 aprile 1987 n. 146, ivi, 1987, 1, 1349).
Alla stregua di questo “principio di razionalità”, com’è noto, la Consulta
riesce “a sindacare l’intrinseca ragionevolezza delle scelte legislative,
anche indipendentemente dalla comparazione di singole norme” (son parole di
SAJA, La giustizia costituzionale nel 1988, in Foro it., 1989, V, 175).
Su codesto “giudizio di ragionevolezza assoluto” v. le nostre osservazioni
in ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile,
cit., 131 ss.; nonché SILVESTRI, Legge (controllo di costituzionalità), in
Digesto, Disc. pubbl., IX, 128, 145 (dove si fa esattamente notare che “la
natura della Corte tende a trasformarsi ancora per assumere la veste di
<<custode della razionalità>> dell’ordinamento. Piaccia o non piaccia, così
sta avvenendo”); ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, Bologna, 1988,
147 ss.; ID., Processo costituzionale, in Enc. dir., XXXVI, 521, 555 ss.
Per più complete informazioni v. MORRONE, Il custode della ragionevolezza,
Milano, 2001, 145 ss. (dove si parla al riguardo di “giudizio di
razionalità”).
[40] CONTI, Giusto processo (Diritto processuale penale), cit., 627-628.
[41] V. esemplificativamente ALLORIO, Sul doppio grado nel processo civile,
in Riv. dir. civ., 1982, I, 317; BELLOMIA, Corte costituzionale e doppio
grado di giurisdizione, in Giur. cost., 1982, I, 43; CERRI, Il principio del
doppio grado di giurisdizione e la sua irrilevanza costituzionale, ivi,
1965, 628; FERRI, Appello nel diritto processuale civile, in Digesto, Disc.
priv., Sez. civ., XII, 555, 557; MELE, Doppio grado di giurisdizione
(principio del) (diritto processuale penale), in Enc. giur., XII, 5;
PIZZORUSSO, Doppio grado di giurisdizione e principi costituzionali, in Riv.
dir. proc., 1978, 33; RICCI, Doppio grado di giurisdizione (principio del)
(diritto processuale civile), in Enc. giur., XII, 9-10; VERDE, Profili del
processo civile. Parte generale, Napoli, 1991, 21.
In giurisprudenza v. ex plurimis Corte cost. 22 giugno 1963 n. 110, in Giur.
cost., 1963, 875; 23 aprile 1965 n. 36, ivi, 1965, 323; 31 maggio 1965 n.
41, ivi, 1965, 626; 4 luglio 1977 n. 125, ivi, 1977, I, 1087; 15 aprile 1981
n. 62, in Foro it., 1981, I, 1497; 21 luglio 1983 n. 224, ivi, 1984, I, 925;
7 marzo 1984 n. 52, ivi, 1984, I, 625; 29 marzo 1984 n. 78, ivi, 1984, I,
1151; 22 novembre 1985 n. 299, ivi, 1986, I, 1516; 18 luglio 1986 n. 200,
ivi, 1987, I, 342; 31 dicembre 1986 n. 301, ivi, 1987, I, 2962; 26 gennaio
1988 n. 80, ivi, 1989, I, 1058; 31 marzo 1988 n. 395, in Cons. stato, 1988,
II, 569; 14 dicembre 1989 n. 543, in Foro it., 1990, I, 366; 3 ottobre 1990
n. 433, Cons. stato, 1990, II, 1377; 23 dicembre 1994 n. 438, in Foro it.,
1995, I, 754.
Ammettono, di contro, la costituzionalizzazione del principio del doppio
grado di giurisdizione soltanto LIEBMAN, Il giudizio d’appello e la
Costituzione, in Riv. dir. proc., 1980, 401 [che basa le sue convinzioni
sull’art. 125, secondo comma, Cost. e sulla situazione di diritto positivo
presupposta dal Costituente: argomentazioni puntualmente confutate da RICCI,
Doppio grado di giurisdizione (principio del) (diritto processule civile),
cit., 9-10]; e più recentemente SERGES, Il principio del “doppio grado di
giurisdizione” nel sistema costituzionale italiano, cit., spec. 115 ss.
(dove si riconduce il principio in esame alla sfera di operatività dell’art.
24, comma 2, Cost., inteso come norma corrispondente alla clausola del due
process of law), 197 ss. [dove, riprendendosi la nota tesi di Cerino-Canova
sulla garanzia costituzionale del giudicato ex art. 111, comma 2° (oggi 7°),
Cost., si assume che quest’ultima disposizione deve essere valutata quale
norma postulante un modello procedimentale articolato in almeno due gradi
(perché?) e concluso dalla ricorribilità in Cassazione: ragionamento,
codesto, privo di forza dimostrativa in quanto meramente apodittico].
Contraddittoria pare la posizione di PROTO PISANI, Lezioni di diritto
processuale civile, Napoli, 1994, 530-531, il quale, dopo aver osservato che
il principio del doppio grado di giurisdizione “non è stato
costituzionalizzato, almeno per quanto riguarda il processo civile”, assume
nondimeno che del diritto di difesa ex art. 24, secondo comma, Cost. “una
componente essenziale è indubbiamente costituita dalla possibilità di
ottenere il riesame della causa da parte di un giudice diverso da quello che
ha emanato la sentenza” [conclusione, a nostro avviso, tutt’altro che
“indubbia” perché l’art. 24 Cost., “stabilendo che la difesa è diritto
inviolabile in ogni stato e grado del processo, precisa l’implicito
riferimento alla” possibile “esistenza di più di un grado, ma non ne
determina né il numero né la consistenza e deve leggersi pertanto come
diritto alla difesa in ogni momento in cui sussista il processo, essendo
evidente che non si può ledere tale diritto se non è previsto il grado in
cui la difesa stessa deve esercitarsi”: così esattamente MELE, Doppio grado
di giurisdizione (principio del) (diritto processuale penale), cit., 5].
La revisione dell’esclusione del doppio grado di giudizio dalle garanzie
costituzionali è auspicata da DENTI, La magistratura, IV, in Commentario
della Costituzione a cura di G. Branca, art. 111-113, cit., 27 ss.
Sembra (isolatamente) ammettere la rilevanza costituzionale del principio de
quo Corte cost. 12 luglio 1965 n. 70, in Giur. cost., 1965, 863, secondo cui
è “manifestamente in contrasto col diritto di difesa il non potere
interloquire sui motivi di un provvedimento, da cui dipende l’ulteriore
svolgimento del processo, e non poter proporre contro di esso alcun
gravame”.
Sulla costituzionalizzazione del principio del doppio grado in relazione
alla giurisdizione amministrativa v. in dottrina GALLO, Appello nel processo
amministrativo, in Digesto, Disc. pubbl., I, 316; SERGES, Il principio del
“doppio grado di giurisdizione” nel sistema costituzionale italiano, cit.,
233 ss.; ed in giurisprudenza Corte cost. 15 aprile 1981 n. 62, cit.; 1°
febbraio 1982 n. 8, in Foro it., 1982, I, 329.
Va ricordato, però, che Corte cost. 31 dicembre 1986 n. 301, cit., e Corte
cost. 31 marzo 1988 n. 395, cit., hanno circoscritto la portata della
garanzia del doppio grado di giurisdizione nel giudizio amministrativo,
assumendo che l’art. 125, secondo comma, Cost. “comporta soltanto
l’impossibilità di attribuire al Tar competenza giurisdizionale in unico
grado e la conseguente necessaria appellabilità di tutte le sue pronunce, e,
quindi, una garanzia del doppio grado riferita alle controversie che il
legislatore ordinario attribuisce agli organi locali della giustizia
amministrativa”: donde la (ritenuta) legittimità di competenze
giurisdizionali attribuite in unico grado al Consiglio di Stato.
[42] Conf. BOVE, Art. 111 Cost. e <<giusto processo civile>>, cit., 494-495,
il quale, tra i principi suscettibili di “essere riconosciuti come
imprescindibili dalla nostra Corte costituzionale appunto passando
attraverso lo sviluppo interpretativo del <<giusto processo>>”, annovera
anche quello della pubblicità dei giudizi.
A proposito di quest’ultimo principio, nondimeno, mette conto osservare come
già da tempo esso sia stato considerato munito di copertura costituzionale
dalla Consulta, che peraltro negli ultimi anni tende ad affermarne il
carattere non assoluto e la conseguente derogabilità giustificata da
esigenze ragionevoli (quali la moralità, l’ordine pubblico, la dignità
umana, la sicurezza nazionale, il rapido funzionamento del processo): cfr.
ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile, cit.,
227 ss.
[43] Così esattamente BOVE, Art. 111 Cost. e <<giusto processo civile>>,
cit., 495.