Il Diritto Privato Europeo dei mercati finanziari. (*)
Mario Bessone
Se l'argomento da discutere è il diritto privato europeo oggi tra autonomia di soggetti privati e intervento pubblico, il caso dei mercati finanziari è assolutamente emblematico e di eccezionale rilevanza. Per contenere il mio intervento nei dovuti limiti di tempo , svolgerò soltanto alcune e brevi considerazioni sulla disciplina dei mercati mobiliari , dove è più immediatamente visibile il configurarsi di un ordinamento di settore che è <diritto privato > e in grande e crescente misura diritto privato <europeo> da studiare con il metodo insegnato dagli studiosi di
law and economics. Ma a veder bene ( e immagino che altri lo preciseranno quanto occorre ) medesimi caratteri distintivi presentano il settore del credito e il comparto delle imprese assicurative , di modo che è l'intero ordinamento della
financial econonomy a configurare con sempre maggior evidenza nuovo diritto privato alla scala sovranazionale .
In via di prima approssimazione lo scenario è questo. Operano normative comunitarie al punto della necessaria interazione con le norme nazionali di costituzione economica, una consistente legislazione ordinaria che presenta ormai tutti i caratteri di una organica disciplina di settore, disposizioni originate da una ampia serie di fonti secondarie che talvolta sono disposizioni di autorità di governo e altra volta disposizioni regolamentari di autorità di vigilanza.Rilevante fonte di diritto è poi il diritto giurisprudenziale dei mercati mobiliari. E tuttavia anche altre sono le formanti di un sistema che lascia necessariamente spazio a consistenti poteri normativi di autonomia privata. Una analisi economica del diritto dei mercati mobiliari consente di valutarne costi e benefici essendo comunque ben visibile quanto i poteri di autonomia privata aggiungono alle regole del sistema.
< Mercato mobiliare > è semplicemente una formula di estrema sintesi che con linguaggio riassuntivo indica un complesso insieme di assetti organizzativi , per l'appunto i mercati dove operatori dell'industria dei financial services provvedono all'incontro tra domanda e offerta di <strumenti > e <prodotti finanziari >. Operatori che sono privato imprenditore , e più precisamente impresa commerciale sul modello delle società di capitali. Il mercato dove si scambiano valori mobiliari e denaro è anch'esso organizzazione di impresa .Le transazioni che sul mercato si perfezionano naturalmente sono contratto di diritto privato sia pure con suoi rilevanti connotati di specialità. Gli andamenti e la stessa struttura del mercato mobiliare in decisiva misura costituiscono poi una variabile dipendente dai costi di transazione e dal rendimento finanziario dello scambio negoziale. E l' analisi economica del diritto dei valori mobiliari e dei servizi finanziari è ancora una volta lo strumento da privilegiare per fare chiarezza.
Se fattori costitutivi del sistema sono attività di impresa e accordi negoziali che incrociano domanda e offerta , sarà comunque immeditamente compreso che nel numero delle sue formanti l'autonomia privata è per forza di cose in posizione primaria .Da ciò anche i già segnalati poteri normativi di autonomia privata che agiscono in ogni ambito delle economie di mercato di inizio secolo. .E con riguardo alle società che operano raccolta di risparmio sul mercato dei capitali di rischio molto rilevano le innovazioni adesso prefigurate dalla riforma della disciplina del quinto libro del codice civile. Si pensi poi alle prescrizioni di self regulation variamente elaborate dalle organizzazioni di rappresentanza istituzionale delle società < emittenti > valori mobiliari e delle imprese dell'industria dei servizi finanziari che diventano così anch'esse legislatore dei mercati mobiliari. Ma si deve considerare anche il crescente numero delle vicende che sempre più spesso movimentano il fronte delle iniziative di law making assunte da organizzazioni di rappresentanza del mondo degli investitori <risparmiatore >.
A un così multiforme universo delle fonti normative oggi (e sempre più ) si deve guardare nella prospettiva di quanto è prassi dominante e naturale dinamica dei mercati di valori mobiliari ,che per l'economia finanziaria di inizio secolo sono prassi e una dinamica conformate dai fenomeni di sconvolgente trasformazione già infinite volte segnalati. I processi di progressiva globalizzazione dell'economia finanziaria , e l'impiego a tutto campo degli strumenti offerti dalle tecnologie digitali sconvolgono in ogni sua parte l'ordine tradizionale dei mercati finanziari,comunque ormai mercati sempre più lontani da qualsiasi fattore materiale e da qualsiasi vincolo di appartenenza nazionale. E quanto a fenomeni di economia globale e di rivoluzione informatica non sarà davvero necessario un lungo discorso.
< Dematerializzati> gli strumenti e i prodotti finanziari che sono ormai per la maggior parte valori depositati nella memoria di un computer , e <dematerializzate > la loro circolazione così come le attività di mercato anch'esse organizzate per via informatica, l'economia finanziaria diventa luogo di una competizione transnazionale che già nel contesto europeo porta con sé numerosi e gravi problemi di disciplina giuridica e di pubblica vigilanza .Normative pensate sul modello di imprese e investitori che operano entro un regolamento di confini nazionali sono infatti con ogni evidenza altra cosa da quanto occorre ad una financial industry che disegna una nuova geografia di mercati telematici dove non si conoscono vincoli di territorio.Ne conseguono tutti i problemi che ben si conoscono e oggi al centro della generale attenzione.
Occorre progettare nuove normative mediante interventi di ingegneria istituzionale e un law making capaci di identificare un possibile punto di equilibrio tra aspettative ,posizioni di interesse e necessità del sistema talvolta fortemente divergenti. Il settore delle imprese attive sul lato della emissione di < strumenti> o <prodotti > finanziari , cosi' come le imprese della intermediazione mobiliare comprensibilmente domandano soft law, flessibilità di regole e l'ampio spazio di autonomia negoziale oggettivamente indispensabili per qualsiasi settore di una economia capitalista di mercato.Ma al tempo stesso si devono attivare alla scala sovranazionale tutte le garanzie di tutela degli investitori in financial products comunque imperativamente domandate dalle norme di costituzione economica.
Vale la disposizione di grande principio dell'art. 47 che pretende tutela del risparmio e <in tutte le sue forme >.Da ciò anche nel caso italiano una politica legislativa e un diritto giurisprudenziale del mercato mobiliare alla ricerca di quell'obbligato punto di equilibrio tra libertà di mercato e imposizione di regole con finalità di protezione degli investitori .Regole che si congegnano in modo diverso nei diversi ambiti dell'economia finanziaria e nei diversi contesti nazionali, essendo tuttavia in ognuno dominanti normative che se assoggettano attività di diritto privato a rigorose forme di pubblica vigilanza invariabilmente escludono il ricorso ad ormai impensabili strategie di segno dirigista.Anche in questo senso il diritto dell'economia finanziaria tende spesso ad essere soft law .E si tratta di policies che se maggiormente lo caratterizzano tuttavia non riguardano soltanto il comparto dei mercati mobiliari.
In altri tempi così spesso teorizzate , e talvolta praticate mediante discipline di comando assai invasive, anche per il settore del credito e per l'attività assicurativa le possibili strategie di direzione pubblica dell'economia finanziaria appartengono al passato. E in modo particolare si pensi alle linee di univoca tendenza espresse dalle normative in materia bancaria già per quanto riguarda l'attività di banca in senso tecnico e perciò la raccolta del risparmio per l'erogazione del credito. Di esse non è qui certamente possibile l' analisi che pure sarebbe necessaria per fare davvero chiarezza .Ma il percorso e gli esiti degli svolgimenti legislativi della fase storica più recente sono ben visibili e documentati da una intera letteratura.
Operano normative di genere assai complesso e tuttavia pur sempre orientate ai risultati attesi da una medesima politica del diritto espressa con la maggiore evidenza dal Tub il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia del 1993. Recepimento di direttive comunitarie , legislazione nazionale e progressivi incrementi delle discipline regolamentari o di altra fonte secondaria in ogni caso configurano come si sa un ordinamento della banca quale < impresa > e non più < pubblico servizio >, che svolge attività di mercato finanziario in osservanza di regole costitutive di una serie di funzioni di vigilanza assegnate in competenza alla Banca d'Italia .Regole sicuramente pervasive e a contenuto forte in linea di principio essendo comunque ancora una volta esclusa qualsiasi modalità di direzione amministrativa del settore.
E una medesima policy vale per l'attività non bancaria della banca, l'attività di intermediazione mobiliare che l'ente creditizio è ammesso a svolgere con tutta la estensione di campo stabilità dal Tuf ,il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria del 1998 che all'ente creditizio guarda come operatore polifunzionale <impresa>, e perciò soggetto di diritto privato che se si assoggetta ad un rigoroso regime di vigilanza in punto di stabilità , trasparenza e correttezza dell'agire di mercato è pur sempre imprenditore che presta servizi di investimento secondo regola di autonomia negoziale.Da ciò ancora una volta nuovo diritto <privato > che anche per l'attività non bancaria della banca tende sempre più ad essere diritto privato <europeo > in incessante evoluzione.
Nel contesto di una più ampia politica del diritto che invariabilmente al suo vertice ha appunto disposizioni di fonte comunitaria , sono infatti in corso di elaborazione nuove direttive che come si sa anche per i servizi di investimento offerti dalla banca porteranno con sé ulteriori avanzamenti nella indicata direzione. E per quanto interessa il caso italiano e le sue discipline di settore, l'armonizzazione alla soglia europea delle legislazioni nazionali trova precisi referenti in un ordinamento di materia dove sono imperative norme di costituzione economica , che al legislatore ordinario comunque indicavano come percorso obbligato riforme del regime della
financial industry a misura delle esigenze di tutela del risparmio degli investitori ma al tempo stesso uniformate al principio di libertà di iniziativa dell'art. 41 .
Un principio che altrettanto inderogabilmente è punto forte del sistema e garanzia di libera determinazione per la generalità di quanti da imprenditori della industria dei servizi finanziari operano in posizione protagonista sul
financial market . E sarà chiaro in qual misura anche l'assicurazione è <finanza> . Lo è già nelle forme elementari di un qualsiasi contratto di assicurazione <sulla vita > che a veder bene è pur sempre investimento finanziario anche se qualificato in modo particolare dalla sua finalità previdenziale. Ma tanto più l'assicurazione è <finanza > quando l'impresa assicurativa offre al mercato prestazioni di servizio appartenenti al genere di <prodotto per così dire < misto>, assicurativo ma al tempo stesso finanziario nel senso sufficientemente esemplificato dalle polizze
unit linked o index linked . così come da altre emergenti modalità di offerta di prodotti finanziari.E si pensi ai
pip, le forme di piano pensionistico individuale del sistema di previdenza integrativa.
Anche in questa prospettiva di analisi lo scenario normativo è scenario di sempre più ampia compresenza di direttive comunitarie e discipline nazionali che in crescente misura sono fonte di un nuovo diritto privato europeo.Opera un ordinamento di settore con caratteri di specialità che davvero non si prestano ai discorsi di estrema sintesi ma anch'esso pur sempre espresso da regolazioni di pubblica vigilanza sul modello che si è segnalato.E guardando al caso italiano si pensi alla attività di vigilanza svolta dall'Isvap (persona giuridica di diritto pubblico e ) autorità amministrativa indipendente, resa titolare di così estesi poteri di normazione secondaria da farne un autentico law maker del comparto assicurativo.Al tempo stesso e sempre più operano tuttavia policies di soft law e limiti alle sue espansioni di campo.
Le imprese del comparto ne ricevono disposizioni talvolta stringenti e tuttavia di regola non invasive dello spazio che istituzionalmente compete alle libertà di iniziativa di privati imprenditori .E per fare soltanto un esempio si consideri il regime prefigurato dalle recenti <circolari > sulla prestazione del servizio assicurativo on line .Ne risulta con ogni evidenza il punto di equilibrio tra autonomia di soggetti privati e intervento pubblico in funzione di garanzia di tutela del risparmio investito sul mercato finanziario che con evidenza anche maggiore emerge dalle norme di disciplina del mercato mobiliare, perchè la compresenza di disposizioni comunitarie e ordinamenti nazionali origina un nuovo diritto privato europeo che nel caso del mercato mobiliare è ancor più fenomeno a grandi dimensioni.E fenomeno che forse più di qualsiasi altro rende impossibili discorsi di genere semplificante.
Come si è avvertito mercato mobiliare è soltanto una formula di prima approssimazione che rinvia ad un intero e complesso universo di mercati. Formula utile soltanto per indicare la funzione da tutti condivisa che in prima approssimazione ne delinea la logica di insieme. I soggetti strutturalmente in deficit di risorse monetarie ,e perciò lo Stato e gli altri enti del settore pubblico ( anche enti sovranazionali )così come le imprese del settore privato in deficit di moneta agiscono sul lato dell'offerta di valori mobiliari .Offerta al mondo multiforme dei soggetti in surplus di risorse monetarie, e perciò presenti sul lato della domanda di prodotti e strumenti finanziari essendo dovunque principale la posizione del risparmiatore <famiglie >che non consumi interamente il suo reddito.Imprese di intermediazione finanziaria non bancaria e investitori istizionali fanno mercato con una straordinaria varietà di contratti capaci di realizzare l' incontro tra domanda e offerta. Ma ciò che è carattere condiviso dalla generalità dei mercati non si spinge più avanti della comune funzione allocativa.
Parte ne sono infatti un grande numero di prodotti e strumenti che l'innovazione finanziaria degli anni recenti congegna nei più diversi modi. Sono < investitore> un grande numero di investitori, ognuno qualificato da sue consistenze patrimoniali e posizioni di mercato anch'esse quanto mai diversificate.E un grande numero sono le possibili varianti di portafoglio per la natura e le dimensioni del rischio finanziario di volta in volta assunto. Sarà perciò necessario distinguere. Una cosa è il mercato monetario, il mercato dei titoli con scadenza a breve termine e a contenuta soglia di rischio. Altra cosa il mercato dei capitali , il mercato dei titoli a lungo termine e spesso ad alto rischio. Con la medesima evidenza risalta la distinzione tra mercato primario e mercato secondario.Mercato di genere primario che sono luogo di emissione e di (primo ) collocamento di nuovi strumenti finanziari.E mercati di genere secondario dove i titoli di volta in volta emessi diventano oggetto di ulteriori transazioni tra investitori interessati a movimentare il loro portafoglio.
A tutto questo si aggiunga quanto consegue all'evolvere di una financial economy che è economia globale con una così elevata frequenza d'uso della strumentazione telematica . Nella misura che si è già segnalata prevale la dinamica di mercati transnazionali essendo crescenti il flusso e i volumi degli scambi che ignorano i confini di territorio. Ai mercati che si configurano come luogo fisico si sostituiscono tecnologie di pura e semplice interconnessione di computers. Lo scenario di insieme è davvero scenario multiforme di fenomeni complessi. E l'economia finanziaria è settore di attività che più di ogni altro oppone resistenze a qualsiasi ordinato disegno di un legislatore che pretenda completezza di regime normativo e rigore di categorie concettuali. Cosa che in modo particolare mette a dura prova legislatori nazionali e legislatore comunitario dei mercati di valori mobiliari oggi impegnati nella difficile ricerca di normative e assetti istituzionali davvero capaci di comporre i molti e confliggenti interessi in gioco.
In questo senso l'ordinamento del mercato mobiliare continua inevitabilmente inevitabilmente a presentare tutti i caratteri di una regolamentazione
in progress che non si presta alla coerenza e alla organicità dei discorsi conclusi invece talvolta praticabili in materie diverse da questa. E se nel breve tempo a disposizione per questo intervento di avvio della discussione è comunque impensabile un qualsiasi tentativo di ricognizione del sistema ,egualmente impensabile è un sia pur sommario riscontro dei materiali normativi che pure sarebbe così utile richiamare ,essendo possibile soltanto una segnalazione delle
basic rules che già di per sé consentono di orientare l' analisi nella giusta direzione. E deve essere una prospettiva di analisi che guardi al passato perché soltanto così si comprendono il significato e la dinamica del progressivo avanzare in direzione di un evoluto ordinamento di materia .
Sarà perciò necessario almeno ricordare che nel caso italiano gli svolgimenti della
financial economy dovevano essere per lungo tempo storia di arretratezza di un sistema <paese> ancora lontano dagli assetti di capitalismo maturo.Da sempre un forte settore del credito organizzava intorno a sè l'intero insieme della
financial economy secondo logica di assoluta centralità della banca. Continuavano invece ad essere del tutto marginali le attività di intermediazione finanziaria non bancaria e la posizione del mercato dei valori mobiliari , per decenni costituito quasi esclusivamente da un piccolo comparto azionario di genere speculativo ( che non poteva davvero interessare il risparmiatore < famiglie>).Inevitabilmente risultato ne era la grave situazione di arretratezza ormai infinite volte documentata .da quanti avvertono in qual misura ad una economia evoluta servono sia un consistente settore del credito e di intermediazione creditizia sia consistenti comparti di mercato mobiliare e di intermediazione finanziaria non bancaria .
In assenza delle attività di una industria dei servizi finanziari e di mercati mobiliari che fossero luogo di una raccolta di risparmio a grandi dimensioni ,ancora negli anni Sessanta il sistema delle norme presentava anch'esso caratteri di inevitabile arretratezza e marginalità. Una legge del 1913 , la legge 272 del 20 marzo 1913 recante < Approvazione dell'ordinamento delle Borse di commercio,dell'esercizio della mediazione e delle tasse sui contratti di borsa > , e il successivo regolamento di esecuzione dell'agosto del 1913 stabilivano una disciplina del mercato azionario in allora organizzato sul modello dei pubblici servizi ,e perciò secondo una logica di sistema a diritto pubblico che sarà rimossa soltanto negli ultimi anni Novanta per deciso impulso del legislatore comunitario. Da ciò un ordinamento di materia poi variamente integrato da provvedimenti intesi a regolare lo statuto professionale e le attività degli agenti di cambio , che come si ricorderà per lungo tempo sono stati gli unici intermediari mobiliari assoggettati ad una disciplina con caratteri di rigore e di organicità.
Altre possibili attività di intermediazione non erano infatti considerate né regolate da norme di statuto professionale.Né esistevano norme di regolazione delle operazioni di sollecitazione del pubblico risparmio che si fossero avviate per la possibile raccolta di risorse finanziarie non più attratte dal deposito bancario. A segnare una notevole inversione di tendenza sono state le prime significative variazioni nell'allocazione del risparmio delle famiglie , già nel corso degli anni Sessanta in ancora limitato ma comunque consistente numero interessate ad investimenti finanziari sufficientemente capaci di assicurare guadagni di capitale.E già in allora doveva diventare di assoluta evidenza il pericoloso stato di cose imputabile alla mancanza di un adeguato ordinamento di industria dei servizi finanziari e mercati mobiliari. Come si ricorderà era infatti diventata prassi diffusa l'offerta di titoli per così dire atipici , in assenza di regole e di qualsiasi disciplina di garanzia proposti al mondo del risparmio da imprese di intermediazione esse stesse operanti in uno spazio lasciato vuoto dalle norme.
Quando poi si fosse rivolto al mercato azionario inevitabilmente l'investimento di risparmio delle famiglie avrebbe dovuto segnare al passivo tutti i rischi conseguenti ad una disciplina delle società di capitali ancora assolutamente lontana da qualsiasi normativa di protezione dell'azionista di minoranza in posizione debole ( qual è inevitabilmente il piccolo azionista risparmiatore ).Ormai sentita come problema rilevante su scala di massa ,e perciò sentita come problema politico che non era più possibile rinviare ad un imprecisato futuro, la domanda di interventi legislativi a tutela degli investitori e a garanzia di una maggior efficienza del sistema rendeva quindi obbligata una progettazione di normative che ha conseguito risultati utili soltanto con la legge 216 del 7 giugno 1974. Con le disposizioni della legge 216 si è infatti operata la riforma a grandi dimensioni che occorreva per avviare con forza la fase costituente di un affidabile ordinamento del settore.
Se per il passato non esisteva disciplina di mercato mobiliare nè altro che fosse garanzia di efficienza e di protezione del risparmio, con le norme della legge 216 si sono finalmente compiuti decisivi passi nella direzione indicata dagli evoluti regimi di securites law di altri paesi .Nel più generale contesto della legge del 1974 presentavano caratteri di evidente rilievo già le disposizioni di nuovo regime delle società con azioni ammesse alla quotazione dei mercati di borsa , essendo cosa assai importante la prima configurazione di uno speciale statuto normativo per le società di capitali che con la loro presenza di mercato sono più attive sul lato della raccolta del pubblico risparmio. A configurare un loro < statuto > di diritto speciale insieme ad altre provvedevano disposizioni della legge 216 intese ad incrementare le garanzie di informazione del mercato e di trasparenza delle loro attività.Al tempo stesso ne era stabilito un obbligo di certificazione del bilancio da parte di società di revisione contabile e guardando ai numerosi problemi di regime delle società con azioni quotate risulterà poi chiaro in che senso le normative degli anni Settanta hanno avviato con forza un processo riformatore tuttavia diventato definitiva svolta di sistema soltanto con l'entrata in vigore delle norme del Tuf.
Soltanto con esse si è esteso quanto occorreva l'ambito delle prerogative e dei diritti dell'azionariato di minoranza ( e perciò dell' investitore famiglie che è inevitabilmente e sempre azionista minore ). Ma se è vero che già le disposizioni di nuova disciplina delle società con azioni quotate costituivano innovazione di importante significato , altro doveva tuttavia essere il punto forte della legge 216 e il fattore determinante nel suo programma di politica del diritto. Occorreva decidere quali fossero le modalità di intervento maggiormente capaci di assicurare garanzie di tutela degli investitori di mercato mobiliare.Perciò decidere in qual misura attivare garanzie di tutela costituite da normative di incremento dei loro soggettivi diritti ( e in modo particolare dei diritti del piccolo azionista< risparmiatore > ) e in qual misura fosse invece preferibile assegnare funzioni di protezione degli investitori ad una disciplina di regolazione del mercato mobiliare.
Al riguardo l'orientamento del legislatore degli anni Settanta doveva essere di segno assolutamente univoco, perché il punto forte della sua strategia di intervento sono le norme della legge 216 che hanno riformato la disciplina di vigilanza sull'assetto organizzativo e sulle attività del mercato di valori mobiliari , già in allora configurandosi un ordinamento del settore che assegna alla Commissione nazionale per le società e la Borsa ( in via breve la Consob ) un ruolo istituzionale di assoluto rilievo.Da allora e in forza delle normative che dovevano seguire (normative che non è certamente il caso di richiamare ) ,la Consob ha nella sua posizione di autorità amministrativa < indipendente > resa titolare di funzioni di pubblico controllo ma anche di poteri regolamentari che nel corso del tempo sono diventati poteri di autentico law making. E nel lungo periodo ha operato con sempre maggior estensione di campo avvalendosi delle norme che la impegnavano ad assicurare consistenti contenuti alle garanzie di trasparenza e alla serie degli obblighi di informazione così come all'osservanza dei doveri di correttezza che vincolano quanti operano sul mercato dei valori mobiliari .
Assegnando all' authority del mercato mobiliare competenze del genere che si è in via breve indicato , la legislazione degli anni Settanta impegnava la Consob ad una assunzione di responsabilità e ad una presenza istituzionale che hanno segnato in misura assai rilevante i successivi svolgimenti della disciplina. Non sempre la Consob ha interpretato in senso forte i suoi poteri normativi e le sue funzioni di vigilanza (e talvolta non sono mancati gravi punti di caduta). Ma se si guarda al suo complessivo operare si deve pur sempre riconoscere che per via di disposizioni regolamentari , interventi di vigilanza o iniziative di moral suasion e indicando a governo e parlamento in che direzione orientare le necessarie riforme di sistema , la Consob ha concorso in modo determinante alla configurazione di un evoluto regime di securities law ,talvolta spingendo le garanzie di tutela dell'investitore più avanti di quanto non fosse espressamente stabilito dalle norme di legge. E hanno progressivamente conquistato territorio rilevanti iniziative di di vigilanza ispettiva.Ma naturalmente soltanto norme di legge possono tuttavia portare con sé radicali riforme dell'esistente.
Da ciò gli interventi legislativi che nel corso degli anni Ottanta alle garanzie di trasparenza di soggetti e di attività , e alle garanzie di pubblica vigilanza già stabilite dalla legge 216 dovevano finalmente aggiungere norme di disciplina delle operazioni di sollecitazione del pubblico risparmio.Se per il passato le iniziative di tal genere potevano avviarsi in una situazione di vuoto normativo che motivava ampiamente l'immagine del far west finanziario, con le norme della legge 77 del 23 marzo 1983 per ogni sollecitazione all'investimento in valori mobiliari che porti con sé necessità di tutela dell'investitore entra in vigore una disciplina di adeguata informazione di mercato e di controlli in punto di correttezza ancora una volta consegnata alle competenze di vigilanza della Consob E muovendo nella direzione indicata dalla legge 77 che finalmente configurava disciplina dei fondi comuni di investimento dovevano poi integrare il sistema degli investitori istituzionali le norme del decreto legislativo 84 del 25 gennaio 1992 intese a disciplinare le società di investimento a capitale variabile e altre normative di sicuro rilievo,dovendosi segnalare in modo particolare tutto il rilievo del decreto legislativo 124 del 21 aprile 1993 che finalmente assegnava razionale e circostanziato regime all' <investitore istituzionale > fondi pensione .
Con gli anni Novanta il processo di integrazione e riforma dell'ordinamento della financial industry e dei mercati mobiliari entra in fase matura. E gia con le norme della legge 1 del 2 gennaio 1991 si rimuovono in via definitiva altri (e molto gravi ) fenomeni di arretratezza del sistema anch'essi nel segno di un autentico far west finanziario.Ne risultava ormai escluso che l'intermediazione mobiliare fosse spazio ancora aperto ad operatori della financial industry ammessi ad operare in assenza da regole. Continuavano a valere normative di genere particolare ad esempio per le società fiduciarie Dalle norme della legge 1 in linea di principio risultava tuttavia pur sempre stabilito che legittimate a svolgere attività di intermediazione mobiliare come operatori <polifunzionali> ,e per così dire a tutto campo erano soltanto imprese con i requisiti che contestualmente si stabilivano Alla legge del.gennaio 1991 altre leggi di significativo rilievo dovevano poi seguire prefigurando così i fattori costitutivi della politica del diritto poi diventata compiuto ordinamento di settore con le norme del Tuf .
Anche se le norme del Tuf ne hanno sostituito la disciplina alcune delle leggi degli anni Novanta meritano pur sempre una segnalazione. Con la legge 157 del 17 maggio 1991 l'uso perverso di informazioni riservate diventa la fattispecie di reato dell'insider trading E con la legge 149 del 18 febbraio 1992 si stabilisce speciale regime di regolamentazione per le offerte di sottoscrizione o vendita di <titoli > ( azioni o altri < valori mobiliari >) rivolte al pubblico, così come per le iniziative che sono invece sollecitazione del pubblico risparmio al disinvestimento finanziario variamente organizzata nelle forma delle possibili offerte di acquisto e di scambio di titoli di tal genere quotati in borsa (o al mercato <ristretto >).E si sono codificate norme di circostanziata disciplina dei diversi casi da regolare secondo principio di obbligo dell' O.p.a. . Ma altra e ben più organica politica del diritto dei mercati mobiliari domandavano le direttive comunitarie da recepire che indicavano con chiarezza e in quale direzione orientare una complessiva, radicale e ormai urgente inovazione di sistema .
Da ciò le disposizioni del decreto legislativo 415 del 23 luglio 1996 ( nel linguaggio corrente il decreto Eurosim), che dovevano provvedere alla <armonizzazione > comunitaria della disciplina nazionale delle attività di intermediazione mobiliare ,cosa indispensabile per consentire alle imprese del settore di operare in regime di <mutuo riconoscimento >. E con il decreto legislativo di luglio del 1996 si giunge al decisivo punto di svolta perchè in via di recepimento delle direttive comunitarie ( le direttive 6 del marzo 1993 e 22 del maggio di quell'anno) finalmente si riforma la disciplina delle attività di intermediazione a suo tempo disposta dalla legge del gennaio 1991, si regolano i problemi di diritto transnazionale e si prefigura la sostituzione delle normative di regolazione del mercati secondo il tradizionale modello della pubblica regolazione di pubblico servizio con le necessarie normative di genere privatistico.
Finalmente i mercati mobiliari si prefigurano come soggetto < impresa > nella forma giuridica della società di gestione secondo la policy condivisa dal gran numero delle economie finanziarie a capitalismo maturo. Operando con la estensione di campo e secondo gli orientamenti di politica del diritto che mi è sembrato utile richiamare , le disposizioni del Tuf completano un assetto normativo dell'economia finanziaria che va considerato nel suo risultato di insieme.Già le disposizioni del Tub avevano segnato una svolta adeguando le discipline del settore del credito alle esigenze di una financial economy davvero evoluta. Ancora una volta in via di progressivo recepimento delle direttive comunitarie, per quanto era maggiormente necessario si era poi provveduto alle dovute riforme di regime anche quanto al comparto assicurativo. E disciplinando la materia dei mercati mobiliari il legislatore del Tuf ha impiegato con intelligente razionalità i consistenti poteri che a suo tempo gli erano stati conferiti con i risultati ormai già infinite volte documentato.
Ricevendo dalle legge comunitaria per l'anno 1994 ( la già segnalata legge 52 del 6 febbraio 1996) delega per la redazione di un < testo unico > delle norme regolatrici dell' <intermediazione> e dei mercati mobiliari,al tempo stesso l'autorità di governo ne aveva infatti ricevuto delega a riformare anche la disciplina delle società con azioni < quotate > in <mercati regolamentati >.Non sembrava più possibile rinviare ancora una volta la predisposizione di normative del comparto finalmente capaci di accrescere le garanzie di tutela dell'azionista rispamiatore. Occorreva comunque integrare lo statuto dei diritti della generalità degli azionisti di minoranza nell'intera serie delle fattispecie che coinvolgono interessi correlati al loro status socii. Questa consistente estensione della delega conferita alla autorità di governo costituiva di per sè spazio aperto ad un diverso ordinamento di parti di materia che sono del maggior rilievo. Ne doveva conseguire l' ulteriore svolta di sistema che sarà sufficiente ricordare in via breve.
E soltanto per rilevare in qual misura già il legislatore degli ultimi anni Novanta ha aperto spazio e offerto strumenti a soggettivi poteri di iniziativa dei privati. Alle necessità di protezione degli investitori di mercato azionario per il passato si era provveduto in via del tutto prevalente mediante disposizioni di disciplina delle attività di intermediazione mobiliare nel segno della pubblica vigilanza dei mercati.Si erano infatti ritenute puramente residuali le garanzie di tutela costituite dalla titolarità di soggettivi diritti dell'azionista risparmiatore o comunque di quanti sono minoranza azionaria .Diritti che si devono invece considerare una importante prima linea di difesa dei loro interessi patrimoniali e della loro posizione societaria complessivamente considerata.Da ciò le numerose disposizioni del Tuf che accrescono appunto prerogative , poteri e facoltà degli azionisti in posizione minore.Disposizioni con finalità di tutela degli investitori erano comunque tanto più necessarie per un comparto di economia finanziaria dove il rischio di portafoglio è quanto mai elevato.
Si rendeva perciò indispensabile un incremento dei mezzi di tutela degli investitori che le norme del Tuf hanno esteso a tutto campo contestualmente provvedendo ad ampio e diffuso impiego di una razionale policy di delegificazione delle discipline di mercato mobiliare. L'esperienza delle economie finanziarie di genere più evoluto insegna infatti che efficienza dei mercati e garanzie di tutela sono risultato che maggiormente si consegue se le disposizioni di legge si limitano a stabilire i principi di cornice della disciplina .E se quindi molto si rinvia a soft law così come a fonti secondarie di diritto, segnatamente rinviando a normative regolamentari la definizione delle prescrizioni di carattere particolare che in materia di mercati mobiliari devono necessariamente essere prescrizioni ad elevato grado di flessibilità . E prescrizioni aperte alle possibili varianti di regime di volta in volta rese indispensabili dal mutevole scenario dei rapporti di mercato.Alla delegificazione segna un limite la riserva di legge costituzionalmente stabilita dall'art. 41 .Si tratta di limite invalicabile ma entro quel limite il ricorso ad una normativa flessibile è tuttavia fattore di segno fortemente positivo .
Sempre più costituisce perciò importante fonte di diritto dei mercati mobiliari anche quanto è disciplina di regolamento ministeriale o insieme di regole che Banca d'Italia e Consob (ma non loro soltanto) dispongono talvolta in via regolamentare ,e altra volta invece nella forma di deliberazioni di altro genere che tuttavia costituiscono fonte di diritto immediatamente vincolante. Se è vero che non vincolano a veder bene hanno poi un loro effetto normativo anche le iniziative di moral suasion , espressioni di orientamento o valutazioni autorevoli che Banca d'Italia e Consob (ma non loro soltanto ) indirizzano ad operatori e mercati. L'ordinamento di una economia finanziaria è sempre molto più di un congegno a comandi E in questo senso molto rileva anche il crescente consolidarsi delle già segnalate regole di self regulation di operatori e mercati , intese come tali le prescrizioni che non per imposizione dall'esterno ma per senso di responsabilità professionale gli appartenti all'industria dei servizi finanziari scelgono liberamente di assegnarsi nella forma di speciali < codici di condotta > .
Ad assicurare che delegificazione e self regulation non finiscano per essere spazio aperto a cadute della certezza del diritto e a degenerazioni del mercato stanno poi pur sempre le norme di cornice del Tuf con tutto il rigore delle loro disposizioni e si ritrovano al vertice del sistema le norme di garanzia dell'ordinamento comunitario.Ne risulta delineato un nuovo diritto dei mercati mobiliari che si deve considerare nella prospettiva di analisi ormai obbligata in una fase storica di crescente <finanziarizzazione> dell'economia. E i mercati mobiliari ne sono un comparto in posizione di assoluta centralità . Naturalmente l'investimento nei <prodotti> e negli <strumenti> offerti dai mercati di valori mobiliari è soltanto una delle possibili forme di allocazione della ricchezza di volta in volta disponibile. In tempi di capitalismo maturo ( e dovunque) la ricchezza di massa tuttavia è in misura crescente ricchezza mobiliare appunto costituita da moneta e decisioni di asset allocation che diventano portafoglio di valori finanziari. E se l'ordinamento ha da essere per grande parte nuovo diritto privato(e certamente è così) inevitabilmente già oggi si tratta ma ancor più si tratterà in futuro di un complesso diritto privato di fonte comunitaria
Sul lato dei soggetti in surplus di moneta da investire si ritrovano soggetti numerosi e del più diverso genere. L'investitore famiglie occupa particolare posizione che è in ogni senso del maggior rilievo ma sono al tempo stesso presenti tutte le possibili varietà di investitori di ben altra identità, professionisti della finanza o comunque soggetti che detengono e movimentano un portafoglio di grandi dimensioni. Il repertorio dei <valori > e degli <strumenti> finanziari è di continuo incrementato dalle innovazioni di <di procedimento> e dalle <innovazioni di prodotto>. Il numero e il genere delle imprese di intermediazione così come dei mercati mobiliari sono anch'essi crescenti. E le complesse normative che si rendono indispensabili sono pensabili soltanto alla soglia sovranazionale per l'intera serie dei motivi che sono già variamente indicati quando si è rilevato in qual misura l'insieme dei flussi monetari dell'economia finanziaria di un qualsiasi sistema < paese > è ormai un aggregato multiforme dove è sempre più consistente se non dominante la complessa trama dei suoi rapporti con l'estero.
Flussi monetari lasciano il territorio nazionale per diventare investimento estero e i residenti esteri originano un flusso di segno contrario.Come già si diceva in tempi di global economy e di e.commerci come i volumi delle transazioni di questo genere sono diventati quantità in altri tempi semplicemente impensabili. Ancora di recente si è rilevato in che misura dagli ultimi anni Novanta è ormai in atto e su scala di massa un forte incremento delle risorse patrimoniali ( non escluse crescenti quantità delle risorse monetarie del risparmiatore < famiglie > ) che dovunque si investono all'estero ,impiegando una crescente varietà di strumenti finanziari con una ben motivata propensione a sempre maggiori diversificazioni del loro portafoglio.Ritorni ad un passato di chiusura entro una geografia di confini nazionali non sono una eventualità da considerare.Normative sovranazionali e prassi di mercato seguono e al tempo stesso incentivano queste linee di tendenza. E si legga che cosa stabiliscono l'art.2, il quinto comma dell'art. 18 e l'art. 67 del Tuf con riguardo all'interazione tra discipline nazionali e ordinamento comunitario.
Regolando appunto i <rapporti con il diritto comunitario > la normativa del Tuf avverte che l'autorità di governo, la Banca d'Italia e la Consob esercitano e devono esercitare i poteri loro attribuiti in armonia con le disposizioni comunitarie ,applicando i regolamenti e le decisioni dell' Unione Europea e provvedendo in merito alle <raccomandazioni > espresse nella sede sovranazionale.Quando poi prefigurano il possibile incremento delle categorie di strumenti finanziari, così come le possibili innovazioni in materia di serivizi di investimento e le conseguenti forme di vigilanza prudenziale, la normativa del Tuf guarda all'evolvere e alla dinamica dei mercati ma allo stesso modo espressamente impegna il legislatore della materia a <tener conto (…) delle norme(…) stabilite dalle autorità comunitarie >.Una medesima policy di riferimento all'ordinamento comunitario è punto forte della disciplina di riconoscimento dei mercati esteri di strumenti finanziari .E le finalità da conseguire risultano di immediata evidenza.
Sia programmi generali di politica economica che policies di settore,e perciò qualsiasi politica del diritto necessariamente condividono l'intera serie degli obiettivi fondamentali già con grande chiarezza segnalati dalle norme del Tuf che volta a volta si riferiscono a soggetti <emittenti > , attività di intermediazione mobiliare e dinamica del mercato dei capitali . E si leggano in modo particolare le norme di programma degli artt. 5, 63 e 91 .Ma numerose altre occorre leggere con la medesima attenzione .Anche quando le loro indicazioni di principio sono diversamente formulate sempre le norme del Tuf domandano infatti risultati di efficienza del mercato dei capitali ,e più in generale risultati di <buon funzionamento> e di <competitività> del <sistema finanziario> complessivamente considerato. Con la medesima forza si domandano garanzie di sua <stabilità> , sana e prudente gestione delle risorse consegnate alla financial industry così come trasparenza e correttezza dell'agire di impresa .A tutto questo gli svolgimenti dell'ordinamento comunitario aggiungono dimensione sovranazionale e un più forte impulso in direzione dei fattori costitutivi di una economia capitalista di libero mercato.
.E se è vero che un obbligato processo di destatualizzazione dei sistemi normativi necessariamente coinvolge tutti gli ordinamenti e attraversa per intero le economie di questo inizio secolo ,piu' di qualsiasi altro il settore dell'economia finanziaria e i suoi mercati devono misurarsi con una domanda di efficienza operativa ma anche di vigilanza e di legalità che già nel contesto europeo a veder bene può avere sufficiente risposta soltanto da interventi del legislatore comunitario.Interventi e normative comunitarie da progettare e portare a risultati operativi con grande estensione di campo , occorrendo disciplina di e.commerce e trading on line ma contestualmente dovendosi considerare prestazione dei servizi finanziari, regolamentazione di mercati e delle ammissioni a quotazione ,offerte pubbliche del genere Opa e Opas, regole contabili, modalità di clearing e settlement dei titoli così come <manipolazioni > di mercato e molto altro ancora .
Il processo di transizione ad un diritto europeo dei mercati mobiliari è su più fronti ormai entrato in fase di rilevante operatività .E se non qui possibile una rappresentazione dello scenario di insieme sarà pur sempre almeno indicativa una una serie di concisi riferimenti ad iniziative comunitarie comprensibilmente e sempre più al centro della generale attenzione. Alcuni interventi del legislatore europeo sono di più immediata evidenza, e per fare soltanto un esempio sono certamente cosa di grande rilievo le disposizioni della direttiva che a gennaio del 2003 ha stabilito nuovo regime di prevenzione e di di reazione all'abuso di informazioni riservate e alle operazioni di manipolazione del mercato secondo un più evoluto regime di sanzione del market abuse .Dove esistono asimmetrie informative il principio del market egualitarianism è infatti gravemente violato e sicuramente occorre sanzionare l'uso dell'informazione per così dire <privilegiata> occorrendo allo stesso modo reagire ad altre possibili forme di manipolazione del mercato.
Anche molto altro e ancor più deve tuttavia essere oggetto di attenta considerazione se si vuole misurare per intero la estensione di campo dell'iniziativa comunitaria . Si pensi alle norme della recente direttiva in materia di attività e di sorveglianza dei fondi pensione <aziendali e di categoria > intese a consentire la configurazione di un mercato europeo con riguardo a forme previdenziali che sono comparto così importante dell'economia finanziaria di inizio secolo. E in tutt'altra prospettiva di analisi si consideri quale rilevante svolgimento dell'iniziativa comunitaria consegue alle discipline in materia di conglomerati finanziari finalmente intese ad attivare speciali regole di amministrazione del rischio e di vigilanza sui gruppi societari a grande dimensione.Massimamente rileva poi quanto possa diventare miglior disciplina fiscale dei mercati e delle operazioni di mercato.Ma il tempo a mia disposizione neppure in via di prima approssimazione consente una esauriente ricognizione di materia. E allora soltanto alcuni e più emblematici riferimenti di estrema sintesi.
Con riguardo al comparto dei rapporti precontrattuali ,si pensi alla definitiva approvazione della direttiva in materia di prospetto informativo , che se muove dall'assunto che <il documento informativo> deve assicurare la <chiara > e <completa >informazione necessaria per <prendere > consapevoli <decisioni di investimento > è poi dichiaratamente intesa a consentire una più agevole e meno costosa raccolta di risparmio e capitali nel contesto dell'intera Unione europea avvalendosi della autorizzazione ricevuta dall'autorità competente di un singolo Stato secondo la regola dell'home competent authority.O ancora e per il comparto degli investimenti già operati , si pensi alla recente proposta di una direttiva intesa a stabilire minimum transparency requirements come obbligo per le imprese emittenti di valori trattati in un mercato regolamentato ,così da assicurare tutela degli investitori e al tempo stesso attrarre risorse finanziarie al mercato europeo dei capitali ,che comunque si prefigura come mercato aperto,efficiente e caratterizzato dalle dovute prescrizioni di integrity .Si tratti poi dell'informazione periodica o di altre forme di disclosure intenzione del legislatore comunitario è comunque < contemperare > le prevalenti esigenze di una maggior trasparenza con le contestuali esigenze di non gravare le imprese di <costi in eccesso >.
E le barriere nazionali una volta di più dovrebbero in ogni caso essere rimosse incentivandosi l'accesso delle imprese a più di uno dei mercati dell'Unione Europea. E' un generale orientamento nella direzione di una policy sovranazionale di genere aperto che trova altro e decisivo riscontro nella recente e assai discussa proposta di direttiva in materia di servizi di investimento e di regolamentazione dei mercati.Si muove dal riscontro dei mutamenti che over the last decade hanno caratterizzato attività di servizio e mercati per dichiarare l'urgente necessità di normative di incremento della armonizzazione delle discipline nazionali..E si considerano prerequisiti del completamento del mercato comunitario sia regole di single passport che consentano alle imprese di operare nell'intero contesto europeo ,sia regole di tutela degli investitori che allo stesso modo a loro consentano di allocare risparmio <dovunque in Europa > con le necessarie garanzie di protezione normativa.
Ne risulta progettato un regime di organizzazione dei servizi di investimento e di assetto dei mercati regolamentati e non regolamentati tutto nel segno della concorrenza tra sistemi di negoziazione,ritenendosi che per via di liberalizzazione delle attività e avviando un processo di riforma del sistema dichiaratamente rivolto a mettere imprese di intermediazione e mercati in concorrenza nella conquista e nella esecuzione degli ordini si conseguano positivi risultati di rimozione delle barriere all'ingresso di nuovi operatori nel comparto dell'industria dei servizi finanziari. E insieme con questo risultati utili quanto a riduzione dei costi delle attività e a miglior qualità dei servizi offerti al pubblico degli investitori . In estrema sintesi è la policy della concorrenza quale incentivo alla inovazione e alla maggior efficienza di mercato. Ma da parte di molti e molto autorevolmente si è osservato che occorre valutare ,e valutare a fondo in che misura la progettata riforma prefigura realmente il dovuto equilibrio di sistema tra <liberalizzazione > e regole d'ordine in linea con le emergenti necessità di maggior tutela degli investitori.
Nuovo regime sovranazionale dei prospetti informativi per la sollecitazione del pubblico risparmio, disposizioni della direttiva di in materia di insider trading e abusi di mercato, le tormentate progettazioni di un ordinamento sovranazionale delle attività di intermediazione e dei mercati e molto altro ancora in ogni caso sono il segno di una svolta storica forse ancora non interamente compresa nelle sue dimensioni e nelle sue valenze di politica del diritto. Come si è avvertito una politica del diritto inevitabilmente multiforme essendo perciò impensabile una sua documentazione in via breve e in chiusura di questo mio intervento di contenuti così approssimativi. Ma è pur sempre possibile indicare almeno la univoca direzione del percorso comunitario. E se gli li interventi operati in prevenzione e a sanzione dei comportamenti devianti che configurano fattispecie di illecito e di market abuse fanno parte a sé ,uniformandosi all'obbligato modello delle normative che stabiliscono invalidità di atti o applicano misure di genere punitivo,quando invece occorre precostituire normative di ordinario regime dei mercati con ogni evidenza prevalgono policies di costruzione di un nuovo diritto privato europeo sul modello che si è già più segnalato.
Quale che sia l'oggetto della regolazione comunitaria la strumentazione giuridica comunemente privilegiata è infatti quella di genere privatistico nel senso stretto del termine , dominando una logica di sistema in linea di principio dichiaratamente intesa ad ampliare lo spazio aperto ai poteri di libera determinazione dell'autonomia operativa dei soggetti attivi sul mercato dei valori mobiliari . E' comunque logica di sistema finalmente pensata a misura di una financial industry di genere transnazionale si tratti di una disciplina di prospetto informativo che consente di scegliere dove conseguire una approvazione a valere per l'intero contesto comunitario, di una disciplina dell'intermediazione mobiliare e dei mercati che azzera vincoli di appartenenza nazionale e di concentrazione delle transazioni o di altro ancora.Ma se questa è la politica del diritto che disegna il futuro tanto più sarà chiaro in che misura diventano cruciali i contestuali problemi dell'iniziativa efficiente e delle garanzie di pubblica vigilanza. E non tutti gli indicatori sono di segno positivo.
In punto di iniziativa efficiente si deve pur rilevare che se non mancano i risultati utili spesso il legislatore europeo continua tuttavia a trovare ostacolo in resistenze che per una parte si devono ai caratteri di complessità procedimentale del law making comunitario e per altra parte al gioco di forze degli interessi nazionali. Si devono segnare al passivo dell'iniziativa comunitaria i tempi lunghi dell'operatività .E per fare soltanto un esempio , la direttiva intesa a regolare <la vendita a distanza di servizi finanziari ai consumatori > adesso finalmente in vigore è il risultato di una contrastata vicenda attuativa di un progetto in elaborazione dal luglio del 1999 .Ancor più si devono segnare al passivo le contrapposizioni di poteri forti che diventano scontro di polices , in questo senso essendo assolutamente emblematico il caso della progettazione comunitaria di una disciplina uniforme di Opa e Opas ,che in elaborazione da più di dieci anni sembra ancora lontana da qualsiasi posizione generalmente condivisa ( e perciò rinviata ad un imprecisato futuro).
In altra ma convergente prospettiva di analisi istituzionale si consideri poi quali resistenza incontrano le iniziative sovranazionali con finalità di garanzia della pubblica vigilanza. E non sarà il caso di ripetere quanto si è già osservato in apertura del discorso. Economia di mercato massimamente aperta non significa mercato senza regole . Da ciò la necessità (che è ormai urgente necessità ) di progettare e portare a risultato normative al giusto punto di sintesi tra nuove regole per mercati nel segno delle libertà di impresa e nuove modalità organizzative delle funzioni di pubblico controllo , che se non possono essere pensate come direzione pubblica del settore devono tuttavia pur sempre garanzia di market integrity e di tutela forte degli investitori. Anche in questo senso occorre una strategia di intervento legislativo che sia davvero molto più di una politica del diritto sul modello dei frammentati interventi di pura e semplice correzione dell'esistente. Da ciò tutto l'importante rilievo delle policies e delle strategie di intervento a suo tempo progettate appunto per avviare un complessivo programma di incremento dell'efficienza di mercati sopranazionali e di miglior organizzazione delle funzioni normative ma anche di integrazione comunitaria dei principi e delle modalità di svolgimento delle attività di vigilanza delle diverse authorities nazionali.
Policies e strategie di intervento già in chiusura degli anni Novanta formulate in documenti che costituiscono un riferimento obbligato per ogni possibile discussione in materia di nuovo diritto europeo dei mercati mobiliari. Mi riferisco in modo particolare alle grandi linee della organica riforma di sistema prefigurata dalla Commissione Europea già con l' approvazione nel 1998 del Financial Services Action Plan , per l'appunto pensato come <piano d'azione >che sembrava indispensabile congegnare in modo tale da conseguire con la dovuta completezza di regole i risultati indispensabili per assicurare consistenza reale al progetto di < creazione di un mercato europeo integrato dei servizi finanziari> .Si trattava di avviare un processo normativo di grande complessità ma ormai da ogni parte considerato come cosa da segnare molto in alto nell'agenda delle cose da fare. . E si ricorderà che se il Consiglio europeo di Lisbona aveva stabilito al 2005 il termine ultimo per la assunzione dei provvedimenti previsti dall'Action Plan , quanto al settore dei mercati mobiliari il Consiglio di Stoccolma aveva poi imposto di stringere i tempi con una dichiarazione di indirizzo ancora di recente richiamata.
I tempi consentiti al mio intervento non consentono se non riferimenti di superficie .Ma vorrei almeno ricordare che in una prospettiva di organica riforma dell 'ordinamento del settore presentava certamente caratteri di grande rilevanza la proposta di <adozione> di una <procedura semplificata> per la normazione < in materia di valori mobiliari> efficacemente formulata dal < Comitato dei Saggi> presieduto da Lamfalussy. Proposta formalmente approvata dal Consiglio di Stoccolma e organizzata secondo logica di law making comprensiva di < quattro livelli> di possibile intervento.Al vertice del modello istituzionale che ne risultava configurato si situano le indicazioni di policy in materia di normazione primaria,e perciò la prefigurazione di direttive conformate ad una serie di regole di principio con caratteri di tendenziale <stabilità> (ma anche di <flessibilità > con riguardo alle possibili evoluzioni di assetto e dinamica dei mercati),cosa che nelle intenzioni del Comitato doveva consentire di contenere i perversi fattori di frammentazione ma anche di <ritardo > in così grande parte imputabili alle modalità di organizzazione della funzione legislativa ancora del tutto prevalenti..
Configurava policy di <secondo livello> l'avvio di processi di normazione secondaria e regolamentare in osservanza dei criteri e per l'oggetto indicati dalle disposizioni di delega contenute nella legislazione di fonte primaria.E alla deliberazione di questa normazione regolamentare a carattere tecnico si impegnava la Commissione con l'ausilio dei due <comitati> costituiti a giugno del 2001. Da ciò un European Securities Committee composto da rappresentanti dei Ministeri dell'Economia degli Stati membri e un European Securities Regulators Committee composto dai presidenti delle autorità di vigilanza presenti nel comparto dei mercati mobiliari di ciascun paese dell'Unione.A fronte di una delega che fosse prevista da disposizioni di fonte primaria, la Commissione con suo < mandato > provvederebbe a ad incaricare il Regulators Committee della elaborazione di < proposte tecniche >, successivamente discusse dal Securities Committee per la finale e formale approvazione della Commissione. E precisazione assai importante l'intero procedimento era pensato come comprensivo delle <consultazioni pubbliche> necessarie per conoscere e valutare posizioni e aspettative dei soggetti protagonisti del mercato e dell'industria dei servizi finanziari..
Sarà infatti chiaro che nessuna normazione dell'economia finanziaria è corpo legislativo che si possa stabilire seguendo metodo diverso da quello di un
law making se non contrattato quanto meno capace di trovare consensi sufficientemente diffusi .Essendo in ogni caso assicurata la dovuta trasparenza del processo normativo nei confronti del Parlamento Europeo, quale < terzo livello > di intervento si segnalava una politica del diritto intesa ad assicurare finalmente <cooperazione rafforzata > quanto al complessivo sistema delle < azioni di vigilanza > assegnate in competenza alle authorities nazionali. Una cooperazione < rafforzata > anche mediante l'adozione di <misure di convergenza> delle prassi regolamentari e di controllo impiegate nei diversi < Paesi dell'Unione> . Si indicava infine come < quarto livello > l'operare della Commissione Europea per verificare che l'attuazione di tali misure sia uniforme ed <omogenea a livello europeo>, non essendo escluso il ricorso agli ordinari strumenti di <richiamo > e di avvio di una <procedura di infrazione > in caso di < mancato adeguamento di uno Stato > all'acquis comunitario. Ne risultava completato un modello e un progetto di regolamentazione di servizi finanziari e mercati finalmente capace di offrire strumenti a quant'altro occorrerà in un non lontano futuro.
Un futuro di integrazioni che con ogni probabilità dovranno trovare formale riscontro anche nelle prescrizioni dei trattati che sono costituzione dell'Unione Europea. E sembra dover essere questo il contesto normativo dove trovare soluzione al problema del regime comunitario della pubblica vigilanza ,che sicuramente non è più problema da consegnare ai discorsi di lungo periodo o da lasciare al gioco di forze delle contrapposizioni nazionali. Offrono utili indicazioni quanti anche per l'ordinamento dei mercati mobiliari pensano alla possibile attivazione di una
authority sul modello privilegiato per il settore del credito con la configurazione di una Banca Centrale Europea. E per fare veramente chiarezza alle iniziative di ingegneria istituzionale ancora una volta occorre guardare da punti di osservazione che consentano di allontanare il pericolo di errori di prospettiva. Si sbaglia quando si guarda al sistema delle norme che regolano la economia finanziaria in una prospettiva pericolosamente unilaterale quasi che le vicende dell'economia finanziaria fossero cosa che forma giuridica e prescrizioni legali possono governare per intero.Ma allo stesso modo occorre scongiurare il rischio di altre perverse semplificazioni.
Se è vero che i suoi congegni e i modi essere dei mercati mobiliari sono molto più di quanto emerge nella prospettiva delle norme che li regolano,allo stesso modo si sbaglia se non si considera che per tutti i fenomeni finanziari la forma giuridica e le prescrizioni legali costituiscono pur sempre un fattore fortemente condizionante. E più di quanto non sembri ad osservatori lontani dalla realtà a veder bene ogni comparto di financial economy è in consistente misura una variabile dipendente dal suo diritto.Molto in questo senso insegnano le indagini svolte con un realistico metodo di analisi economica del diritto. Regole di procedimento inefficienti , tempo lungo degli adempimenti richiesti, incertezze interpretative sono costi che azzerano i benefici di qualsiasi possibile accesso al mercato. E norme che lasciano spazio aperto ad asimmetrie informative, lacune disciplinari che agevolano comportamenti devianti o inadeguatezze degli apparati amministrativi con funzioni di pubblico controllo sono anch'esse all'origine di passività sistemiche ( e di costi ) che finiscono per essere disincentivo alla presenza sul mercato.
Lo scenario internazionale di inizio secolo in ogni caso conferma che la concorrenza tra
financial economies ,e perciò la competizione tra economia finanziaria del continente europeo e altri mercati di
financial services è in grande misura anche competizione sulle regole che insieme ad efficienza dei mercati devono garantirne una affidabile integrità.Non esiste documento comunitario di intenti o <considerando> di direttive che a tutto questo non guardi con la maggior attenzione . E se è vero alla disciplina dei rapporti di mercato sempre più si provvede con una strumentazione normativa che assegna il ruolo protagonista ai mezzi e agli istituti in appartenenza al sistema del diritto privato , gli assetti istituzionali e le regole di pubblica vigilanza perciò sono con altrettanta forza elementi costitutivi del sistema perché come non sono congegni a comando allo stesso modo i mercati mobiliari neppure possono essere luogo di un
far west finanziario. Non lo possono comunque essere mercati davvero vincenti in un confronto internazionale che è ormai il contesto necessariamente condiviso dalla generalità dei paesi a capitalismo maturo.
(*) Queste pagine trascrivono l'intervento di partecipazione un convegno di ambiente professionale che si è svolto ad aprile del 2003 e intitolato appunto a
Il nuovo diritto privato europeo .